BIBLIOGRAFIA DISARMATA: DANILO DOLCI

Danilo Dolci (1924-1997). Mentre scrivo queste piccole biografie, noto che mi sto riferendo in gran parte al Novecento. I pacifisti e i nonviolenti appartengono dunque solo al passato? Davvero sono vecchi utopisti che hanno fatto il loro tempo, e che devono lasciare il passo ai nuovi strateghi, al cinismo che ci accompagna da decenni, nonché a certo desiderio di battaglia che parecchi miei coetanei maschi evidentemente rimpiangono dai tempi della giovinezza?
Bene, nella mia giovinezza c’è stato Danilo Dolci, come c’è stato Aldo Capitini. Ovvero coloro che miti non erano affatto, ma che cercavano strade diverse. Fin da subito. Dolci, che si forma leggendo Tolstoj e Russell, inizia la sua pratica di disobbedienza civile da ragazzo, strappando manifesti fascisti, rifiutando di militare nella Repubblica sociale, e infine, nel 1952, trasferendosi in Sicilia, lui nato in provincia di Trieste. Combatte contro la mafia, contro la povertà. Usa il digiuno: nel 1952 inizia il primo sciopero della fame. Lo fa sul letto dove è morto Benedetto Barretta. Un bambino, morto di denutrizione. Dolci inaugura una staffetta: se dovesse morire altri avrebbero preso il suo posto, finché le autorità non fossero intervenute per costruire un impianto fognario e prendere iniziative contro la povertà. Accadde. La protesta si moltiplicherà nel 1956: mille persone in sciopero della fame contro la pesca di frodo. Sempre nel 1956, lo sciopero alla rovescia di Partinico: ovvero, disoccupati che protestano lavorando per riattivare una strada comunale. Dolci viene arrestato.  L’accusa è quella di aver realizzato una “manifestazione sediziosa”, di essersi reso colpevole dei reati di “resistenza e di oltraggio alla forza pubblica”, di “abusiva conduzione di lavori sul suolo pubblico”, di “rifiuto all’ordine di scioglimento”. L’opinione pubblica si mobilitò: deputati, senatori e numerosi intellettuali italiani e stranieri (Silone, Parri, Pratolini, Vittorini, Carlo Bo, Sereni, Moravia, Fellini, Cagli, Mauriac, Sartre, Huxley) diedero il loro appoggio a Dolci. A difenderlo fu Piero Calamandrei. Qui trovate la sua arringa, e sotto uno stralcio.

“[Il Pubblico Ministero] ha detto che i giudici non devono tenere conto delle “correnti di pensiero”. Ma cosa sono le leggi se non esse stesse delle correnti di pensiero? Se non fossero questo non sarebbero che carta morta. […] E invece le leggi sono vive perché dentro queste formule bisogna far circolare il pensiero del nostro tempo, lasciarci entrare l’aria che respiriamo, metterci dentro i nostri propositi, le nostre speranze, il nostro sangue, il nostro pianto. Altrimenti, le leggi non restano che formule vuote, pregevoli giochi da legulei; affinché diventino sante esse vanno riempite con la nostra volontà”

Dolci venne condannato a 50 giorni di carcere. Non smise. Diede vita alla prima radio libera, Radio Partinico Libera : il tempo di lanciare un appello per mobilitarsi contro le terribili conseguenze del terremoto, alle 17:31 del 25 marzo 1970, e viene chiusa. Ovviamente non finisce qui: la sua è stata una vita mai arresa, nonostante gli insulti e le denigrazioni e le irrisioni che toccano ai, come si dice oggi, “pacifinti”. Risponde così, in “Una rivoluzione nonviolenta”:

“A chi obietta che finora nella storia non sono stati possibili cambiamenti strutturali con metodi nonviolenti, che non sono esistite rivoluzioni nonviolente, occorre rispondere con nuove sperimentazioni per cui sia evidente che quanto ancora non è esistito in modo compiuto, può esistere. Occorre promuovere una nuova storia”

Sembra evidente che non sia andata così. Ma sembra altrettanto evidente che vale sempre, e sempre, la pena provarci.

 

2 pensieri su “BIBLIOGRAFIA DISARMATA: DANILO DOLCI

    1. Mi scusi Giulia, ma ho capito bene che il vostro è uno sciopero per “mettere fine alla dittatura [sanitaria]”? Draghi=Putin, dunque? Italia=Russia? Davvero se la sente di appropriarsi delle riflessioni di Danilo Dolci piegandole alla sua causa?

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