Greenham Common (1981-2000). Non è una persona, è un’iniziativa. A proposito, sono perfettamente consapevole che continuare a scrivere post sulle figure storiche del pacifismo o sulle azioni pacifiste mi ricaccia, per alcuni, dritta dritta nel campo del terrapiattismo, dell’irrazionale (vi ricorda qualcosa?), o peggio ancora del filo-putinismo. Poi, un giorno, sarebbe così bello che gli agitatori di questi stendardi spiegassero il perché dell’accostamento. L’ho visto scritto sulla mia bolla, direbbero. Va bene, questa storia, forse, nelle vostre bolle non c’è.
Il Greenham Common era una base militare inglese destinata a ospitare i missili Cruise. A protestare, a bloccare per quanto poteva il posizionamento delle armi fu un movimento femminista, Women for Life on Earth. Inizialmente doveva essere una marcia di protesta, nel 1981, ma in effetti non sarebbe stata sufficiente. Dunque, le donne rimasero a Greenham attrezzando un campo per la pace che durò anni. Nel maggio 1982 bloccarono la base: arrestarono 34 femministe su 250. Andarono avanti: intralciando i lavori, bloccando i cancelli, invadendo i locali, inseguendo i convogli dei Cruise. L’azione era rigorosamente nonviolenta. Fu contagiosa, e i campi si moltiplicarono in molti punti dell’Europa.
Quando si sbeffeggiano i pacifisti, quando qualcuno o qualcuna viene a strillare sui miei social dicendo basta, voglio menare le mani (è successo) o postando le foto di bambini morti (succede in continuazione) forse non si rende conto che non fa che rafforzare l’idea che soltanto un’azione pacifista e nonviolenta protratta nel tempo e, sì, come altri meglio di me scrivono, anche condotta nel tempo presente può sperare di porre fine a questa guerra e possibilmente di fermare le altre.
Il campo venne sciolto nel 2000. Ci sarebbe bisogno di altre iniziative, e quelle iniziative, singolarmente, ci sono: cos’è la protesta di Marina Ovsyannikova con l’irruzione di un cartello contro Putin durante una diretta televisiva se non un’azione nonviolenta? Ne stiamo parlando da giorni, ma è raro che si riconosca come tale, è raro che si riconosca che il pacifismo femminista non è mite, materno e curante. Agisce. Con il proprio corpo, come sempre nei pacifismi.
Ma chiama in causa un modello di pensiero, quello virilmente guerrafondaio, che in questi giorni ringalluzzisce dalle nostre parti, sperando in non si sa cosa. Di certo, il prossimo che mi viene a decantare la razionalità contro l’irrazionale, si sentirà risponderà che la prima irrazionalità è la sua. E che provoca danni pesanti.
Grazie per aver ricordato la potenza di Greenham Commons. Suggerisco di quell’esperienza il libro Common women, uncommon practices di Sasha Roseneil che riprende questa potenza nel creare forme nuove di relazione
grazie per il suggerimento