Franz Wedekind (1864-1918). Molti anni fa, nel 1984, ho assisto al saggio finale degli studenti dell’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico (c’erano, in quel saggio, Luca Zingaretti e Massimo Popolizio, fra gli altri). La regia era di Lorenzo Salveti, il testo era Risveglio di primavera di Wedekind. Della bellezza e ferocia degli scritti di Wedekind ognun sa. Meno nota, credo, è la sua attività satirica. Con Albert Langen fondò nel 1896 la rivista Simplicissimus. Fra i testi che vi pubblicò, uno, contro l’imperatore Guglielmo II, gli costò sette mesi di carcere per lesa maestà, nel 1899. Cadde in miseria. Fra il 1900 e il 1904 Wedekind si esibì come chansonnier nel cabaret tedesco.
“Compariva in scena con indosso una tunica rosso sangue e una mannaia in mano inneggiando alla libertà: era il più celebre degli Undici Boia, questo il nome del primo, leggendario Kabarett di Monaco. Deposta la scure, afferrava la chitarra e intonava con voce tagliente, scandendo bene le parole, canzoni folk e ballate grottesche, come ‘L’assassino delle zie’, in perfetto stile pulp, che mandavano il pubblico in visibilio. Il giovane Brecht fischiettava le sue canzoni, Heinrich Mann lo adorava, tutta la città lo conosceva per le sue vistose proteste di piazza contro la censura.”
(da “Kabarett! Satira, politica e cultura tedesca in scena dal 1901 al 1967”, a cura di Paola Sorge. LIT Edizioni 2015)
(da “Kabarett! Satira, politica e cultura tedesca in scena dal 1901 al 1967”, a cura di Paola Sorge. LIT Edizioni 2015)
Dall’inizio della prima guerra mondiale, la avversò in tutti i modi, fino alla morte, avvenuta in quello stesso 1918. Pietro Gobetti, lo chiamò «odiatore fierissimo di tutte le convenzionalità, condottiero audace di ogni lotta per la franchezza». Pagata cara.
Le grandezze immaginarie sono dovere e volere.
(Risveglio di primavera, il personaggio mascherato)