BUON LUNEDI'

Va bene, ragioniamoci. Dalla discussione
di/a/da/in/con/su/per/tra/fra Baricco sono scaturite almeno tre possibili
diramazioni che provo a riassumere:

-la salute, la funzione, il senso ultimo della critica
letteraria e il suo rapporto con gli scrittori. Questione mai risolta davvero,
certo, ma che negli ultimi tempi riemerge con tale e tanta insistenza da far
pensare che obiettivamente i vecchi ruoli vadano ridefiniti. Rileggere i
commenti agli ultimi tre post per farsene un’idea.

-la
salute, la funzione, il senso ultimo della blogosfera. C’entra? In qualche
modo, sì: vedasi la discussione sorta su un articolo di Gemma Gaetani che dalla bariccheide partiva:
ne ha preso spunto Massimo Mantellini qui.
Su Nazione Indiana lo stesso articolo ha dato luogo ad un dibattito
che anche della natura blogghesca tratta, qui.
Ma contemporaneamente Giuseppe Granieri e poi Vittorio
Zambardino
provano a rifare il punto sull’argomento. Ci ritorno.

-la salute, la funzione, il senso ultimo del rapporto fra cultura e
mercato. Ci risiamo? Sì, perché resta uno dei nodi irrisolti di questa e altre
discussioni . Prendo ad esempio l’articolo di Beppe Sebaste uscito oggi
su L’Unità. E oso, prendendomene tutte le
responsabilità, contrapporre alla citazione di Ortega una frase di Luca
Raffaelli, che nel suo Le anime disegnate dice:
“il
mercato arriva comunque prima: a raccontare il presente e i suoi sentimenti, i
suoi desideri, i suoi bisogni e non solo sfruttando i gusti più bassi del
pubblico. Perché, rispetto al mondo culturale, ha molto più coraggio, più
apertura, sa sfruttare più e meglio, ovviamente, la comunicazione. La sua
finalità è il successo, il denaro e non il bene dell’umanità. Certo. Ciò non
toglie che qualche volta faccia anche
delle belle cose, e perfino del bene”.

C’è uno scrittore, già affermato promotore
radiofonico e televisivo di libri e altra merce culturale, in testa alle
classifiche dei libri venduti, che si lamenta di non essere recensito da due
critici che, en passant, lo additano a esempio di cattiva letteratura.
Dall’articolo esce un tale disprezzo nei confronti dei due critici, presunti
“mandarini della nostra cultura”, che non si capisce perché egli pretenda la
loro attenzione. Lo scrittore, grazie ai suoi meriti televisivi, ha acquisito
così bene le tecniche del marketing che i suoi libri hanno successo a priori, a
prescindere dalla loro qualità. Non c’è bisogno di essere Jean Baudrillard per
sapere che l’informazione degli eventi ha da tempo ceduto il passo all’evento
dell’informazione, cioè il potere mediatico di un dire le cose che è già farle.
E non so quante volte ho già ripetuto che il successo, a differenza della
qualità, non si giudica ma si constata. Confondere successo e valore è uno dei
più grossi problemi di questo Paese (l’argomento che se i libri della Fallaci
vendono tanto vuol dire che le sue idee sono giuste).

Ora, il
mercato e il successo rientrano in ciò che il filosofo Ortega, tra i primi
studiosi della “società di massa”, definiva “regime dell’ottusità”, in cui
prevale il luogo comune o cliché. Caratteristica del luogo comune è di essere
privo di un soggetto che lo enuncia, dal che trae un’autorevolezza che diventa
facilmente autoritarismo. Lo scrittore si lamenta, come se fosse ovvio, che i
due critici “mandarini”, ai suoi libri che hanno una massa di lettori, ne
preferiscano altri che interessano a pochi, inattuali come “un collezionismo
raffinato e inutile”; proferisce una minaccia: “faranno fatica a trovare uno
stipendio per campare”, così poco connessi col presente e i suoi valori
dominanti (subito dopo cita il proprio estratto conto). Eppure si lamenta,
ostaggio del luogo comune, impersonale come il mercato, da cui vorrebbe
ansiosamente uscire (un po’ come, in nome di una “salvezza” senz’altro diversa
da quella letteraria, Vittorio Sgarbi). Questione di “poetic justice”, che in
inglese traduce la legge del contrappasso? Mah.

Il fatto è che i libri dello scrittore in questione non sono
solo “patinati” (Ferroni), ma così attuali e organici al modello linguistico e
culturale dominante, quello efficace e fluido della pubblicità e del
management, da avere eliminato gli Dei dell’Iliade come perdita di tempo in una
versione appunto più efficace e fluida; e avere trasformato Il giovane Holden
in una “giovane holding”. A quando una letteratura delle tre I? (Beppe Sebaste)

 
 
 

22 pensieri su “BUON LUNEDI'

  1. Posto che non credo esista una vera e interessante “critica letteraria” da fare in generale, ho trovate disgustose il 75% delle analisi sull’argomento fatte sui blog (letterari e non).
    Criticare Baricco partendo dal presupposto che è “uno che guadagna tanto” e QUINDI non può permettersi colonne sui giornali è qualcosa di talmente anti-culturale da rasentare il ridicolo.
    Ero sicuro che si sarebbe finiti a discutere dei libri di Baricco. Del tipo: “Ma che vuole questo? Oceano Mare fa schifo”. Oppure: “Ma chi, Baricco? Quello che ha pubblicato un libro con quattro copertine diverse?”. Per finire con l’equivoco più grosso: “Avete visto che Baricco è uno scemo? Il suo libro era stato recensito eccome”. Il che equivale a confessare di non aver capito nulla dell’articolo di sfogo di Baricco (relativo a COME si era commentata una sua opera e a come si commenta la letteratura in Italia tout court, perché è così che si fa dai tempi di Manzoni).
    Volendo riassumere, io riassumerei così: Baricco/Citati/Ferroni battono i blog letterari 3-0.
    [Ste]

  2. Come non commentare con una citazione della C. Maier (cit. Buongiorno Pigrizia – Ed. Bompiani):
    “Ci sono certi cretini che non incrocerete mai, per due ragioni principlali: in primo luogo perchè operano nelle alte sfere, alle quali non avete accesso, e poi perrchè attraversano la galassia dell’imprenditoria (editoria N.d.R.) come stelle cadenti, prima di essere inghiottiti in qualche immancabile buco nero…”
    Si parlerà ancora di Baricco & Co. fra cinquanta anni? Difficile, altri (non sta a me fare classificazioni N.d.R.) assurgeranno all’olimpo della letteratura italiana di fine secolo? Su Baricco e certi quintetti anonimi non ci punterei, ed allora, visto che, nonostante tutto, sono così noti, non punteri neanche su certa critica. Questa è anarchia dei consumi?

  3. Loredana scusa ma i link a l’Unità e a Le anime disegnate non funzionano, in particolare quello a Le anime disegnate punta su Minimum fax…

  4. les, il link all’unità dovrebe funzionare, adesso. le anime è pubblicato da minimum fax, quindi il link è alla scheda.
    saltino,più che fare l’anarchico stai facendo il citati…:)

  5. Cultura (non solo umanistica) e mercato sono due bisogni profondi dell’umanità, entrambi insopprimibili. Forse nel nostro tempo il mercato tende ad essere troppo pervasivo ed irrispettoso (per frenesia, per ignoranza, per imbarbarimento dei costumi ecc.) degli ambiti e delle forme della cultura. Se così è, credo che il fattore tecnologico sia un elemento particolarmente interessante da prendere in considerazione, perché giocha nel nostro mondo un ruolo non secondario, ed agisce – rispetto ai due bisogni di cui sopra – in maniera decisamente diversa. Anche per questo non disprezzerei tanto le vecchie mappe, che possono servire pensare e disegnare meglio anche quelle del presente e del futuro.

  6. ‘a quando una letteratura delle tre i?’ è bellissima… grande Sebaste… 😉
    il commento di noantri, invece, non mi è proprio piaciuto: l’ha capito solo lui l’articolo di Baricco…?.. ma per piacere…!!.. è già stato ribadito: nel momento in cui Ferroni ha dimostrato inequivocabilmente che lui una recensione l’aveva scritta è Baricco ad aver fatto un figuraccia. Punto e basta. Che sarebbe (sarebbe…) dovere di un intellettuale anche piccolo piccolo come lui conoscere molto bene lo stato del dibattito, nella stessa misura con cui pretende – nell’articolo su ‘Repubblica’ – la giusta attenzione e il corretto atteggiamento verso la sua produzione.
    Ma come si fa a pensare che Baricco esca indenne da una situazione in cui si è cacciato così bellamente da solo?
    Baricco: – “Critici: siete pregiudiziali: invece di fare battutine, leggeteli i miei libri, ché altrimenti sono legittimato a pensare che il vostro schema interpretativo sia più vecchio di voi che già non siete tanto giovani”
    Ferroni: – “Ma io veramente ho scritto più volte del suo romanzo, e non mi è piaciuto per questo e questo motivo…”
    Baricco: – “Ah. Scusate [acc! che figura di m…a!]”

  7. Non volevo mettere l’accento sull’anarchia Lipperini, bensì sui consumi… e comunque, anche se non sarei all’altezza di approfondire da “da Omero a Nabokov”, ti ringrazio per il complimento indiretto.

  8. Supporto in pieno Luca Raffaelli. Io sono della generazione cresciuta con i cartoni animati giapponesi.
    Ho mangiato con gli occhi Miyazaki venticinque anni fa, complici una nonna e una tata, che difendevano Conan il ragazzo del futuro contro i tuoni di mia mamma.
    Ora sono tutti buoni a dare del maestro a Miyazaki, dopo gli oscar, gli orsi e i leoni, compresi mia mamma e Pietro Citati.
    Ma 25 anni fa chissà quale TV privata ha scommesso su una serie bislacca, difficile e poetica, con un linguaggio innovativo. Potrei rifare l’esempio con Lady Oscar. Certo, ho anche mangiato schifezze all’epoca, ma quelle mi hanno lasciato meno.
    Al tempo, che si diceva dei cartoni animati giapponesi? Quali intellettuali li difendevano? Idem valse a lungo per il fumetto, varrà forse domani per il videogame.
    E – scusate – la critica, nel frattempo, quanto “nuovo” ha prodotto?
    (@ Loredana: l’ho letto, tutto ciò che fa male ti fa bene… stimolante).

  9. baricco è “il giovane holding” della ns leteratura, beato lui. poi però me pareva più furbo, scrive che feroni non scrive di lui e poi si scopre una recensione all’ultimo libro, mah. chw dire?
    anche i comercialisti hanno un’anima.

  10. Sembra ragionevole attribuire gran parte della responsabilità per i consumi letterari (cattivi?) agli editori che si adeguano a diavolerie come il mercato per vendere ciò che stampano e per stampare ciò che si vende. È sempre stato il loro quasi onesto mestiere. A partire da secoli passati le cronache segnalano editori imbonitori, truffatori, contraffattori, contrabbandieri, pirati pur di vendere. Eppure quando la letteratura è stata movimento di corpi vivi gli editori si sono adattati con gioia a lasciarli correre, agitarsi, scontrarsi, scapricciarsi persino nel salto in alto di contenuti e forme.
    Ora la letteratura “alta” appare spesso, in Italia soprattutto, e non senza ragioni, vanità e vaneggiamento di corpi morti o quasi. Tale la reputa una buona porzione degli addetti all’informazione mainstream. Ci sono giornalisti, e lettori, che lo spazio in pagina dedicato alla letteratura lo considerano pressoché uno spreco. L’ala della casa concessa a parenti strambi per salvare le apparenze e perché c’è chi dice che hanno relazioni utili. Può capitare che uno di loro riesca simpatico in giro, che arrivi a farsi notare in tv, in un film, in teatri, in tribunali, in padiglioni e manifestazioni con affluenza di cantanti, attori, viceministri, soubrette, giocolieri. Questa si gente che fa in fretta a strapparti l’applauso, a ispirarti un titolo, mica pretende di ottenerli rifilandoti supplizi di due o trecento pagine e passa. Allora non è meglio che un libro lo abbia scritto chi ha dimostrato di saper conquistare la celebrità nello spettacolo? In modo che il prodotto sia annnunciabile come istantaneo cimelio, come nuovo oggetto di culto popolare.
    Chi ne trae fama e profitto, di che può lamentarsi? È inevitabile che nei nostri tempi contrastati, un po’ integralisti e un po’ sacrileghi, gli oggetti di culto attirino devozione e ogni tanto sberleffi.

  11. Vorrei rispondere alla gentile Spettatrice sull’invocata ristampa di Fanon. (Vero che è nel capitolo precedente ma visto che si continua qui con le stesse robe..e che era OT anche di là..)
    Ai tempi “I dannati” sembrava tutto oro colato, ricordo soprattutto questa conclusione degli psichiatri criminali francesi degli anni 30 che l’algerino medio fosse uno sgozzatore nato vista la sua propensione a risolvere così i suoi problemi affettivi, quand’era evidente per Fanon che i delitti con gola tagliata nascevano dall’alienazione indotta dalla colonizzazione francese e bla e bla.
    Poi, dopo cinquant’anni dall’indipendenza arriva il GIA e ricominciano a sgozzare allegramente, ma stavolta a villaggi interi mica a un adultera per volta..
    Allora un dubbio m’è venuto: che i bistrattati psichiatri coloniali ci avessero invece dato dentro ?
    Insomma ristampiamo pure il Fanon (sempre meglio di Baricco) ma sottoponiamolo a lettura critica e non ai soliti osanna a priori solo perché sta dalla parte degli oppressi.
    E pure quel bel discorsino di Sartre.. in una via popolare della mia città che più rossa non si può son diventati tutti razzisti da quando sono stati invasi da “negri” che berciano, s’accoltellano e cacano sulle soglie, non prima.

  12. Nautilus,
    grazie dei tuoi dettagli su Fanon. Vedi, i casi della vita, io ho comprato casa (consapevolmente anche se chi me l’ha venduta pensa di avermi rifilato il bidone) proprio in un condominio pieno (non tutto) di negher e negheresse e ci vivo benissimo. Sorridono, ti salutano, se chiedi una mano sono gentilissimi, vivono in tanti in poco spazio (vero, ma sfido a non farlo pagando quello che pagano) e non ho mai visto cacche per le scale. Se fanno qualcosa non prevista dai regolamenti condominiali lo dico e mai una volta che si siano offesi. Conosco anche mediorentali che hanno figli con italiane, convivono e, se credenti, non rompono i coglioni a noi che non lo siamo. A volte la fortuna è così. Invece conosco un’amica napoletana (laureata e pure cranietto) che ha preso casa in un quartiere di tutti italiani professionisti. Nessuno saluta se non a denti stretti, tutti si guardano in modo torvo e lei è l’unica eccezione del palazzo che ha fatto amicizia con dei vecchietti.
    Non so, se dovessi basarmi su cosine così (ma ho all’attivo una casistica ben più vasta) dovrei forse darti ragione, ma non posso perchè prima sarei costretta a ‘crearmi il negro’ e proprio, lasciamelo dire, non ci riesco. Spero solo che presto, dalle nostre parti, non scoppino delle epidemie di epatite viste le tossine che circolano.
    besos

  13. Marco V.: posto il tuo diritto di non condividere quanto ho detto, vorrei farti notare che hai commesso – nel tuo commento – lo stesso preciso errore di cui ha accusato Baricco (che, ribadisco, non ha accusato la critica o la non-critica, ma il modus operandi della critica).
    Tu hai scritto: sarebbe (sarebbe…) dovere di un intellettuale anche piccolo piccolo come lui conoscere molto bene lo stato del dibattito. Cioè, hai immesso in un discorso del tutto esterno, un tuo commento personale e offensivo non motivato.
    Io queste cose le disprezzo (a livello intellettuale, non sto parlando di livello umano, per carità). E anche Baricco. Poi de gustibus: e proprio per questo ti dico che nella mia lista di autori preferiti, lo scrittore di Torino figura di sicuro dopo i primi 50, minimo.
    [Ste]

  14. beh, se torniamo alla notte dei tempi, a proposito di editori imbonitori, basti pensare alle Bibbie Pauperum (ideate per analfabeti e stampati per immagini).
    Ancora più indietro…i Vangeli dei quattro. A mio modo di vedere, ancor oggi, il miglior ufficio stampa mai esistito.

  15. @dan
    ti offro molto di piu’ – vai sul nostro sito (lo trovi nella firma ) leggi il pop-up abbiamo un brevetto sui libri ed abbiamo stampato il primo libro_bis ( Epo patent ) – i libri secondo me si vendono con il passaparola
    se la cosa t’interessa vai sul sito sopra ce’ la @ e mandami una mail –

  16. Un’altra cosa: non condivido del tutto l’idea della Giovane Holding.
    Chredo che quella della scuola Holden sia comunque un’idea interessante, da studiare e da valutare con attenzione prima di essere bollata come iniziativa commerciale.
    Come dire che i Miserabili è pura autopromozione del GG: mi sembrerebbe quantomeno riduttivo!

  17. sono d’accordo con quello che dice sebaste, anche con quello che dice tra le righe… Invece, leggendo altri commenti (quello che parla dei cartoni animati giapponesi, per esempio) mi chiedo: perché chi solidarizza col mercato pensa di essere trasgressivo, o di rivendicare una libertà? mi sembra un equivoco tremendo… mi piacerebbe che sebaste ci rifletesse, e magari ci scrivesse su. per quanto riguarda la critica letteraria, credo che la critica dovrebbe parlare anche di questo, dei linguaggi, e di quello che i diversi linguaggi significano, anche politicamente, o esistenzialmente. la posta in gioco… saluti, franco

  18. vabbè, la scuola holding è interesante, ma che c’entra con l’essere scrittori? barrico scrittore va giudicato sui testi letterari, non sui libri de testo, me spiego?

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