CARTA IGIENICA

Venerdì abbiamo fatto un esperimento: i musicisti ospiti (per Medimex, a Bari) di Valerio Corzani per Alza il volume dialogavano con editori e scrittori ospiti di Fahrenheit. In pochissime parole (spero di fornire al più presto il podcast), tutti i musicisti parlavano serenamente di autoproduzione e, in alcuni casi, della necessità di essere i promotori di se stessi. Affermazioni note anche in ambito editoriale, con la particolarità che in quello musicale tutto è già avvenuto: ci si autoproduce, autofinanzia e autopubblicizza, punto, basta così.
Se avverrà lo stesso  nel piccolo e rissoso mondo dei libri, nessuno è in grado di dirlo: di fatto, temo che le cose siano vagamente più complesse, perchè il numero di chi scrive è, mi sembra, enormemente più alto rispetto a quello dei musicisti, e il numero dei lettori enormemente più basso di quello di chi ascolta musica.
Però l’intervento di Maurizio Maggiani era degno di nota e attenzione. Un mercato dove l’ottantacinque per cento di quel che viene pubblicato torna indietro – ha detto – è folle e insensato. Tanto più se si considera che una buona fetta di mondo non ha a disposizione la carta igienica, che è più necessaria di tanti libri. Quanto alla strada del futuro, Maggiani ne ha scelta una: leggere, anzi, recitare capitoli del suo nuovo romanzo, ovunque venga chiamato. Senza stamparlo, senza pubblicarlo. A voce. Come agli inizi delle storie. E forse ha ragione lui, chissà.

15 pensieri su “CARTA IGIENICA

  1. Qual’è il problema? A chi può importare dell’obesità del settore editoriale se non a quelle stesse persone che vi appartengono? Quali sono i vantaggi per il lettore finale se il 90% dell’attuale produzione editoriale viene meno? Di Grazia, il darwinismo editoriale farà sopravvivere i più adatti che non sono necessariamente i migliori. Logico che a piangere sia soprattutto chi lavora nella critica ma francamente per il lettore è indifferente.
    Si troveranno un altro lavoro, assieme ai librai e a tutto il resto della filiera. Crudele ma così va il mondo tutte le volte che le automobili dismettono le carrozze. Guardi che è già successo per interi settori e in quello editoriale ci sono comunque ottimi spazi eccelletni per l’autopromozione, come ricordano i musicisti ospiti nella sua trasmissione. Anche perché volendosi mettere dalla parte dello scrittore, la sopravvivenza editoriale era un terno al lotto pure prima. Ora almeno uno potrà gestire la sua presenza nell’arena digitale con meno arbitrio altrui.
    Insomma, detto senza livore al mondo editoriale: trovatevi un altro lavoro. Come d’altronde è nello spirito dei tempi. Farhenheit è prima di tutto un’unità di misura dello stato termico di un sistema: ora è freddo e il freddo è della morte.

  2. Davvero, il mondo dei libri è assai diverso da quello della musica. Se qualcuno stona, stecca o quant’altro se ne accorgono tutti, invece la cosa non è così riguardo alla parola scritta. In sintesi potrei dire che la musica risente meno del’ impoverimento culturale e intellettuale dei giovani, naturalmente mi riferisco alla sua diffusione, non certo alla qualità.
    Non ci resta che aspettare l’ imminente tracollo dell’editoria, vedremo se dopo sarà possibile ricostruire sulle macerie, io credo, mi auguro, di si.

  3. “Si troveranno un altro lavoro, assieme ai librai e a tutto il resto della filiera. Crudele ma così va il mondo tutte le volte che le automobili dismettono le carrozze.”
    Sa una cosa, Buran? Ogni volta che si prova a fare questo discorso salta fuori il concetto che chi prova a rifletterci su sia un vecchio passatista che rimpiange i bei tempi della carta e il cortese libraio.
    Si prova, invece, a sostenere che il futuro rischia di non essere così radioso. Ricordiamo i dati: anche se le vendite degli e-book crescono del 366%, nel 2011 solo settanta autori self-published hanno venduto più di 800 copie al mese. La metà degli scrittori autopubblicati guadagna meno di 500 dollari l’ anno. E c’è un solo soggetto che, almeno al momento, fa affari d’oro prendendo poco da moltissimi: Amazon.
    Insomma, non è che una volta scesi nell’arena digitale ci si appaga, temo.
    Quanto al “trovatevi un altro lavoro”, mi sembra davvero difficile credere alla mancanza di livore. Auguri, comunque. E mi creda: davanti a testi che faranno a meno del lavoro di traduttori o editor professionali, il lettore sarà il primo a perderci.

  4. Da non addeto ai lavori, da lettore insomma: il self publishing è un arricchimento se affianca l’editoria classica, non se la sostituisce (magari nemmeno per scelta consapevole, ma semplicemente perché gli editori chiudono i battenti). Un bravo editor, tanto per dirne una, è fondamentale per la riuscita di un libro. Se Vittorini non avesse fatto riscrivere il testo sette volte a Rigoni Stern, oggi non avremmo “Il sergente nella neve”, e questo è solo un esempio dei più eclatanti. Oltre tutto, chi si sente impregnato di una cultura di mercato (tipo il signor Buran) che tutto giustifica in nome della presunta necessità del darwinismo economico, dovrebbe riflettere su quanto sia rozza una tale concezione, se non filtrata dai principi del liberalismo. A queste persone va bene tutto: monopoli, abusi di posizioni dominanti, la pura forza bruta. Ma siete davvero sicuri che da questa ordalia uscirà una società migliore? O anche solo ottimale, come piace dire a voi?

  5. La differenza principale con il mondo musicale è, a mio avviso, il fatto che i musicisti ormai usano il cd come mezzo promozionale per farsi conoscere e avere più gente ai concerti, dove si guadagnano un po’ di soldi veri, e si può vendere qualche cd in più nei banchetti per arrotondare.
    Gli scrittori non fanno concerti, e oltre alle briciole di vendita, l’unico colpaccio è sperare che qualcuno compri i diritti per un film(e da qui un ulteriore condizionamento alla scrittura).
    Il rischio è che sopravvivano solo gli esperti di marketing e i ricicloni per un pubblico conservatore, nella musica sta già succedendo, i giovani cantanti di successo ormai fanno dischi di cover o vengono lanciati con canzoncine simil-sanremo, adatte al pubblico televisivo, dalla De Filippi.
    “Abbiamo già stroncato la discografia
    e diamo gli ultimi colpi all’editoria
    guardateci ammazzare questa melodia
    ma l’assegno Siae quello me lo dia
    che le faccio un remix di Romagna mia”
    (J.Ax – I bei tempi)

  6. Nessun livore, glielo assicuro. Per quanto mi riguarda ricordo due decenni di visiste ai Feltrinelli store in cui si potevano indovinare testi e autori sugli scaffali a priori. Poi c’erano le librerie indipendenti, in costante calo di fatturato.
    Se le persone non vi comprano ci saranno dei motivi no? Però lei sta sopravvalutando il lettore con il suo discorso in traduzione. E lei sta pure sopravvalutando il ruolo dello scrittore. Ma chi se ne frega se uno scrittore dovrà fare altri lavori?Primo Levi ha continuato a fare il chimico, Joyce il bancario. Ma di cosa stiamo parlando? Uno torna a casa dal suo lavoro e scrive di narrativa. Se poi è un saggista è scontato che scriva del suo lavoro, che non è scrivere per scrivere. Voleva forse impostare un mondo editoriale per cui la maggior parte degli autori campa di questa ludica attività? Devono esserci stati proprio dei bei tempi per poter recriminare oggi questo diritto perduto…
    Quanto al fatto che “ogni volta che si prova a fare questo discorso salta fuori il concetto che..”
    Guardi che la critica è rivolta al fatto che è inutile porsi continuamente la stessa domanda sperando che il solo parlarne generi soluzioni – e non è invece il parlarne con la stessa funzione della veglia funebre, in cui si sta lì a contemplare il morto più per se stessi che per lui.
    @Maurizio
    Come si permette di attribuirmi le sue nevrosi? Liberista sarà lei, così come le rispedisco al mittente le sue forze brute e abusi. Conosce la differenza tra descrivere un fenomeno e condividerlo? Oppure crede che facendo penitenza scenda dal cielo il diritto a un’editoria equilibrata?
    Il traduttore oggi lavorerà in accordo con la maggior velocità che la tecnologia permette al suo lavoro. E, per quanto remota sia, quando avremo una AI semantica così evoluta da permettere traduzioni automatiche che vadano oltre all’attuale stato dell’arte (si fa per dire) dovremmo porci il destino del traduttore, che cambierà o si ridimensionerà.
    Io sto dalla parte del lettore e del consumatore cittadino. E da questo punto di vista l’editoria digitale ha solo vantaggi perché il lettore ha milioni di titoli da leggere (gratis, sovente) senza sentire la coazione all’acquisto compulsivo. Ci si chieda piuttosto chi ha alimentato la cultura della bulimia iperproduttiva dell’editoria in tempi di vacche grasse e poniamoci il problema se questa abbia grande utilità per la stragrande maggioranza dei lettori. Il self publishing diventa la rappresentazione di un mondo cambiato ma non necessariamente in peggio. O era meglio quando tutti leggevamo gli stessi titoli entrando a ore nei grandi bookstore pensando di essere lettori raffinati e non omologati? Perché era così anche prima. Solo che il processo che portava quei libri a essere permanentemente esposti, dalla saggistica alla narrativa e tutto ciò che vi sta i mezzo, era deciso da altri, tra cui molti di quelli che oggi si lagnano. Ma era migliore del metodo amazon?

  7. Forse non mi sono spiegata bene, o uomo ridente: gli scrittori non vivono affatto del loro lavoro. Quelli che ci riescono si contano sulle dita di una mano, almeno nel nostro paese. Non è un problema solo di scrittori, ma proprio del lettore e del consumatore cittadino che avrà a disposizione minor qualità, se viene meno il supporto – come detto – di editor e traduttori, e una non indifferente difficoltà a orientarsi.

  8. ..“consumatore cittadino che avrà a disposizione minor qualità, se viene meno il supporto – come detto – di editor e traduttori, e una non indifferente difficoltà a orientarsi.”
    Per quale motivo lei parla di minor qualità? Proviamo da profani e non addetti ai lavori a ragionarci su.
    Il traduttore entra in gioco solo per testi che hanno già avuto un discreto successo editoriale nei Paesi della lingua primigenia. È chiaro che un testo di successo andrà tradotto comunque e poiché la traduzione non è automatica neppure per Amazon – non occorre leggersi gli Eco per comprendere il problema semiotico delle traduzioni -iltraduttore è una figura che si conserverà dignitosamente. Perciò non vedo per quale motivo il traduttore sia professionalmente a rischio nel passaggio al digitale. Non vorrei che fosse confuso il depauperamento dovuto alla crisi editoriale (per motivi economici) nel suo complesso con la minaccia costituita dal self publishing.
    Quanto all’editor non so cosa dire. È una figura importante non tanto per migliorare il testo ma per confezionare il testo in funzione di un’aspettativa culturale di vendibilità. Nessuno ci dice che il testo originale così come l’ha concepito lo scrittore fosse peggio o meglio, sopratutto nella narrativa. Altrimenti occorrerebbe dire che più persone partecipano al processo migliore è il risultato. Ma ciò è pura arbitrarietà.
    Per quale motivo aver bisogno di un editor quando sarebbe così facile cambiare il proprio stile,qualora lo si volesse? Tuttavia se lei riesce a vedere gli stessi scriventi dietro nomi e IP diversi vorrà dire che come lettrice è in grado di discernere, comparare, analogizzare. Il processo di comunicazione tra me e lei non sarebbe migliore con un editor in mezzo. Sarebbe solo diverso. Ha capito l’antifona?

  9. Ah, l’uomo che ride… mi sa che ormai ci sono rimasto solo io a non riconoscerlo, e sì che lo stile è parlante… sarà perché a me invece di ridere fa cadere le braccia, ‘sta gente onniscente che di tutto scrive e su tutto versa il suo PH. Ricordo una dissertazione a base di percentuali alla fine della quale il ridente individuo mi intimò di dichiarare le mie generalità. Non pago, evidentemente, di essersi così miseramente qualificato con la sostanza dei propri ragionamenti a pera e, soprattutto, attraverso l’uso di maschere atte a nascondere quell’identità che ad altri intima invece di svelare. E sì, qui si ride davvero di gusto.

  10. basterebbe che chi coltiva sane aspirazioni alla pubblicazione,saggiamente consigliato da uno sguardo esterno,si impegnasse,di proprio pugno,a non mettere in circolazione altra plastica(per colorare il cielo di metafore).Forse allora una certa armonia universale tornerebbe ad aggiustare il giocattolo.Altrimenti continuiamo pure a farci del male soddisfando una certa segreta vocazione al masochismo
    http://hcmaslov.d-real.sci-nnov.ru/public/mp3/Era/Era%20'Ameno‘.mp3

  11. Lipperini, tempo fa avevo proposto un anno sabbatico per la protezione delle palle italiane martellate da scrittori e pseudoscrittori, compreso il sottoscritto. Ma nessuno mi ha dato retta… 🙂

  12. Cito da Prudenzano (cosa faremmo senza questo solerte gossipparo dell’editoria?)
    ” Dal ‘mommy-porn’ (vedi il trionfo mondiale della trilogia delle “Cinquanta sfumature” di E. L. James) al ‘teen-porn’… E’ l’informatissimo settimanale Bookseller (www.thebookseller.com) ad anticipare l’arrivo nelle librerie inglesi di “Irresistible”, romanzo sadomaso per adolescenti (il primo di una serie…) firmato dall’esordiente Liz Bankes. Lo pubblica il prestigioso marchio Piccadilly, che finora ci aveva abituati a titoli per i più piccoli di qualità sempre medio-alta…
    La casa editrice difende la scelta e parla di romanzi “stimy” (“al vapore”…). La nuova serie, in cui non mancano spunti erotici (oltre che “romantici”), punta alla fascia d’età che va tra i 14 e i 18 anni. E, ovviamente, la trama vede protagonista l’ennesimo “triangolo”. La Piccadilly, che non crede che il romanzo susciterà scandalo, parla senza problemi di un testo “costruito” insieme all’autrice, in base ai nuovi gusti degli adolescenti…Inevitabile la domanda: in Italia quale editore punterà per primo sul teen-porn?”
    Avanti, esordienti, c’è posto.

  13. @Binaghi oddio non dovevi segnalarlo ora mi si blocca la digestione! Anche perché per una volta sono d’accordo con te e non sono abituata 😉
    Mi sono accorta anche io di questa tendenza l’altro giorno quando ho visto i libri esposti in un centro commerciale, i titoli e le fascette sembravano rubati a un sexy shop : “Il libro a cui nessuna può resistere” “Lasciatevi tentare” “Io sadomaso” Con fascetta “Non sono una pervertita, almeno non più di tutti gli altri”
    E’ davvero questa l’editoria che dobbiamo aspettarci?

  14. Quella di Maggiani più che un idea è una costrizione; il Libro non ha più valore condiviso, non si stampa più e quindi ritorna, o meglio, si ferma ad essere chiacchiera. il che non è sempre male, come dice anche Buran che è provocante ma dice cose anche vere. certo che fa impressione veder chiudere tante librerie.
    Con un po’ di romanticismo si potrebbe sperare che dopo le sfrondature il libro stampato, ritorni ad avere il valore intrinseco che aveva qualche secolo fa, e un po’ dei posti di lavoro persi tra scrittori editor e commessi, siano rimpiazzati dagli artigiani che ricuciono i vecchi volumi
    ciao,k.

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