LE MADRI NON SONO UNO ZOO

Fateci caso. Quando si parla di mamme, scatta il parallelo con il mondo animale: tigri, orse, pecore (giuro!). E, naturalmente, chiocce. Con un po’ di ritardo, leggo su Doppiozero l’intervento di Olivia Cornago che usa fin nel titolo l’accostamento: La mamma italiana. Da chioccia a rapace. Nelle prime righe la parola “animale” torna apertamente:
“Ma se osserviamo da vicino questi domestici animali che da sempre custodiscono la prole, notiamo che nell’ultimo trentennio hanno subito strane metamorfosi.Se la cura e l’attenzione al neonato spesso diviene maniacale, è forse anche per il legame stretto con il pediatra di base, recettore involontario delle ansie da puerperio, che le trasforma in avamposti delle case chimico-farmaceutiche in fatto di igiene e pulizia ambientale. “Sterilizziamo tutto,” dal biberon alle mura domestiche, fino alle mani parentali che osano toccare la preziosa creaturina.””
L’articolo è, nei fatti, un’invettiva nei confronti del materno accudente: che è in effetti una realtà, anche se – credo – estremamente più complessa, e per spiegarla non basta citare Pasolini, la chiesa e la pubblicità.  Quanto all’accostamento con l’animalità, è un vecchio espediente di dis-umanizzazione, sia pur benevolo, che però inchioda le madri al ruolo di tutte istinto e natura. Basta con lo zoo, per favore: nè chiocce, nè aquile, nè elefantesse. Persone.
Anche nel titolo del libro di Luisella Costamagna, “Noi che costruiamo gli uomini“,  si legge in trasparenza un richiamo alla responsabilità materna. Come se, al solito, la parte maschile della genitorialità fosse tagliata fuori, al pari di un intruso che viene cancellato dalla fotografia.
Ora, che ci sia una questione da affrontare (più d’una, anzi) per quanto riguarda il materno è cosa vera. Che sulle madri si carichino pesi e che le madri tendano ad accogliere e moltiplicare quei pesi è cosa verissima. Mi chiedo però quanto sia utile rappresentarle come ossesse, come membri di un branco stolidamente prono alle insidie della pubblicità e sempre disposto alla guerra fra povere.
Certo che nel materno c’è anche questo: ma non solo questo. E, soprattutto, questo tipo di rappresentazione distoglie dalla solitudine assoluta in cui le madri sono lasciate in questo paese: a cui fa comodo sospingerle in uno stereotipo, purché si tolgano dai piedi, lascino liberi i posti di lavoro e facciano le veci di un welfare che non c’è.

48 pensieri su “LE MADRI NON SONO UNO ZOO

  1. Ecco perché ho scelto di chiamarmi “la solita” mamma. Perché se sei mamma, non puoi che essere così: uno stereotipo ambulante! Quella che tanto ha un marito che lavora e con tre figli potrebbe stare a casa sua…
    Dopo i tuoi, Ave Mary, Il corpo delle donne e Sii bella e sti zitta, credi che sia un libro da non perdere? O ne hai da consigliarmi assolutamente imperdibili? Grazie e buona giornata.

  2. Direi, se non lo hai già letto, il “solito” “Il secondo sesso” 🙂 E poi, non è imperdibile, ma “Di mamma ce n’è più d’una” esce, infine, il 20 febbraio: provo a ragionare proprio sui punti elencati nel post. Provo, eh.

  3. Cara Lipperini, ho letto il suo commento al titolo del mio libro. Se le capiterà di andare oltre la copertina si renderà conto di essere completamente fuori bersaglio, visto che non ha nulla a che vedere con la “responsabilità materna” e con “la parte maschile della genitorialità tagliata fuori”, cui lei fa riferimento. Un giorno un tale mi disse che non avrebbe letto “Le particelle elementari” di Houellebecq perchè non gli interessavano i trattati di fisica. Un saluto, Luisella Costamagna

  4. Prima di tutto prenoto subito una copia del tuo libro!
    La realtà che descrivi la sto vivendo sulla mia pelle di futura mamma al quasi 5° mese!
    Una gravidanza è la cartina al tornasole degli stereotipi, dei pregiudizi e dello sfruttamento commerciale delle speranze, delle ansie e dei bambini!
    Prima di tutto ogni riferimento al compagno e futuro padre scompare, tutto è “Cara mamma” “Sogni di mamma” “Per te che sarai madre”.
    Si sarò madre ma continuerò a essere compagna, lavoratrice, amica, volontaria ecc.
    Visto che questo bambino non l’ho fatto da sola e ho la fortuna di avere accanto un compagno non capisco perché debba essere considerato una specie di troglodita incapace di occuparsi dei propri figli, o al massimo un divertente compagno di giochi.
    I primi a ribellarsi dovrebbero essere proprio i padri, per fortuna il mio compagno la pensa come me. Qualche settimana fa gli ho suggerito di leggere il blog “Congedo Parentale” che racconta la vita di Fefo, come modello ideale di genitori, al di là delle considerazioni personali si è infuriato per l’impossibilità in Italia di vivere l’esperienza di padre con le stesse possibilità e la stessa naturalezza.
    Si è quindi informato sul congedo parentale proposto dalla riforma Fornero: 3 giorni nei primi cinque mesi di vita del bambino e bisogna dare almeno 15 giorni di preavviso. Sigh!!!
    Magari non sarebbe male rendere obbligatoria almeno una settimana quando la madre e il neonato tornano a casa e chiaramente dare un preavviso certo è un po’ complicato.
    Mi sembra un primo minuscolo passo per coinvolgere i padri (anche i più restii obbligandoli, purtroppo) e sgravare le madri di questa assoluta centralità nell’accudimento che davvero rischia di diventare ossessiva.
    Scusate se ho fatto confusione!

  5. Sto finendo di leggere il romanzo *Novantatré* di V. Hugo e guarda un po’ le coincidenze.
    Cito da una delle pagine del libro: ”Ciò che rende sublime una madre, è il suo essere una sorta di bestia. L’istinto materno è divinamente animale. La madre non è più donna, è femmina. I figli sono cuccioli. Donde, nella madre, un che di inferiore e insieme di superiore al ragionamento. Una madre è dotata di fiuto. L’immane, tenebrosa volontà della creazione è in lei, e la guida. Accecamento pieno di chiaroveggenza.”
    Mi pare piuttosto in linea con il post odierno.

  6. @Anna Luisa il che significa che non ci siamo liberati di una certa concezione della madre in voga già quasi 150 anni fa.
    Un secolo e mezzo, tante battaglie diverse conquiste e per molti nessun passo avanti. Restiamo chiocce, coniglie o tigri.
    Ps:mi hai fatto venir voglia di rileggere Hugo 😉

  7. Accudire, allevare, crescere, amare sono i modi più essenziali e preziosi dell’essere donna. Azioni e sentimenti che ci distinguono dall’uomo. Non che lui non ne sia capace, ma prendersi cura dei figli, soprattutto nei primi anni, é nostro privilegio. Personalmente non bado più di tanto alle definizioni, associare l’essere mamma alle altre forme materne che esistono in natuta non mi spaventa. Chi disprezza la maternità usa certi accostamenti anche con cattiveria, ma tante volte é soltanto invidia per qualcosa che é e sarà soltanto appannaggio delle donne.

  8. Giorgia, dissento. Accudire, allevare, crescere, amare sono i modi più essenziali e preziosi dell’essere genitori. E il privilegio può diventare, molto facilmente, una gabbia, o un’arma a doppio taglio. Tanto per rifare un discorso già intrapreso qui decine di volte: non esiste natura senza cultura. E l’articolo su Doppiozero non è affatto cattivo: è parziale.

  9. @Giorgia P. io personalmente credo che la gravidanza fisica, parto e allattamento compresi, sia l’unica parte della genitorialità ad essere prettamente femminile.
    Tutto il resto accudire, allevare crescere e amare credo siano peculiarità sia della donna che dell’uomo, solo che quest’ultimo ha più timore ad esternarli proprio per tutta una serie di condizionamenti esterni inutili e dannosi.
    Ti posso assicurare che esistono moltissime donne assolutamente prive di quelle peculiarità che tu dici essenzialmente femminili e uomini che sono fieri e felice nell’accudire e allevare i propri figli.

  10. Giorgia, detto senza cattiveria, ma il tuo intervento è di un terrorismo intellettuale che mi lascia basito e forse anche mi spaventa.

  11. @Loredana, Laura: il nostro istinto materno va ben al di là della procreazione fisica. Quando la cultura va contro la natura sono guai, quando la sostiene, la difende, le dona il giusto risalto allora compie un servizio utile a tutte le mamme del mondo. Però capisco che a questo proposito abbiamo opinioni ben distinte, per questo trovo le discusisoni di questo blog molto interessanti.

  12. @Giorgia P. io credo che esista un istinto protettivo alla cura e credo anche nell’istinto naturale all’allevamento.
    Credo anche però che non sia solo materno ma anche paterno.
    Credo che non sia dato ad una persona in base alla sua appartenenza ad un genere, ma che dipenda dal suo carattere, dalla società e dalla cultura in cui è cresciuta, dalla sua voglia di fare e di mettersi in gioco.
    Quella che tu chiami natura è solo lo stratificarsi di tradizioni e modelli di società che abbiamo ormai alle spalle, nulla garantisce loro la superiorità su altri tipi di genitorialità, nulla li giustifica se non la nostra paura del cambiamento.
    Ti faccio un esempio stupidissimo ma concreto: l’anno scorso mio cugino, 40 anni, ha avuto un bimbo, purtroppo però a causa della crisi ha perso il lavoro, quindi la moglie è tornata a lavorare dopo i tre mesi canonici e lui è stato a casa con il figlio.
    Nessuno dei due si è sentito umiliato o depredato di ruoli o privilegi e il piccolo è uno dei bimbi più sereni, sani e socievoli che conosca.
    Anzi mio cugino dice spesso che se dovessero averne un altro sarebbe contento di stare lui a casa e che questa è stata un’esperienza bellissima e sorprendente.
    Come vedi anche gli uomini sanno, vogliono e possono accudire, allevare, crescere ed amare.

  13. @Laura, le eccezioni per fortuna ci sono e confermano la regola. É molto bello quando un uomo riesce a sostituirsi alla madre di fronte ad una situazione di necessità, non c’era ragione di sentirsi umiliati o depredati e per fortuna così non é stato. I papà tuttavia riescono raramente a sostituire una mamma, dunque la coppia che hai citato può considerarsi fortunata. Sono convinta però che confondere natura con tradizione e modelli di società non aiuti a chiarire la tua posizione. Io sono fiera di essre donna, lo sarò di essere mamma, soltanto io potrò essere la mamma di mio figlio, suo padre sarà suo padre: ruoli diversi, complementari ma decisamente diversi.

  14. @Loredana, credo siano poche le persone che mettono in discusisone l’istinto materno. Saranno degli uomini, o donne che non hanno sviluppato questo particolare istinto, mica siamo tutte uguali… ma dire che non esiste l’istinto materno solo perché io non lo avverto é un po’ parziale.

  15. Ma per carità, ha ragione Laura atena che indica le cose come dovrebbero essere percepite normalmente. Qui da noi siamo semplicemente fuori tempo. Che esista un rapporto particolare madre-figlio dopo una ‘vicinanza’ di 9 mesi, è un’altra questione, del tutto slegata dalle cose che può fare tranquillamente anche il padre, in una gestione pratica totalmente condivisa. Insomma, se questo non avviene è un problema solamente culturale, che se ne sia consapevoli o meno. Non mi metto a parlare dell’istinto materno, dico che fa parte della genitorialità ma che non c’entra niente con l’esclusiva dell’accudimento. Va da sè che se un uomo accudisce regolarmente un figlio ( a tutti i livelli) non solo raggiunge la ‘dimestichezza’ materna, ma ne scopre anche tutta la parte istintiva.
    E va da sè che il condizionamento culturale sia veramente duro da battere. E da riconoscere.

  16. C’è anche un bizzarro articolo di Ferdinando Camon nella sezione “opinioni” della stampa on line del 2 dicembre 2012.
    La mia personale opinione è che la gran parte degli esseri umani (maschi e femmine) ha un sentimento di protezione verso i piccoli della propria specie, anche se non sono i suoi. Un neonato abbandonato che piange richiama l’attenzione di chiunque e quel chiunque – appunto nella maggioranza dei casi – si sente in dovere di “fare qualcosa”: accudire, proteggere, salvare. Non sono prerogative legate al genere né alla natura – credo un giusto mix tra cultura e biologia.
    Attenzione poi a rivendicare presunte peculiarità femminile perché diventano – come è sotto gli occhi di tutti – una gran brutta gabbia.

  17. @ Giorgia P: “Quando la cultura va contro la natura sono guai, quando la sostiene, la difende, le dona il giusto risalto allora compie un servizio utile a tutte le mamme del mondo.”
    Bah, la natura dice che una bimbetta di 13 anni può già procreare, la cultura (almeno, quella occidentale) suggerisce che è meglio evitare di rimanere incinta a quell’età: sei ancora sicura che “quando la cultura va contro la natura sono guai”?
    @ Laura Atena: *Novantatrè* di Hugo è stre-pi-to-so. Te lo consiglio!

  18. Giorgia, forse ti stupirai, ma sono tantissime le persone che dicono che l’istinto materno non esiste, e non perche’ non lo possedessero, almeno la seconda: de Beauvoir e Badinter, solo per citarne due. Che non parlavano di se stesse, come e’ giusto che sia. La propria persona non e’ il metro di giudizio sul mondo.

  19. @Giorgia P. si il succo però è che quella che la prima volta è stata una necessità può diventare una scelta libera appunto. Se molti uomini fossero (e tanti lo sono) disposti a non cadere nelle trappole del conformismo e della tradizione e se molte donne li lasciassero provare invece di stabilire a priori che non sono in grado come fai tu.
    Però scusa non capisco quale sarebbe il ruolo del padre nella tua visione delle cose? Cosa fa un padre se cura, allevamento e amore sono assoluto compito della madre?
    Credo che l’errore di vedere la stessa natura, lo stesso istinto materno in tutti e soprattutto in tutte le donne/mamme lo faccia tu. Mi sembra un limite piuttosto grosso per poter capire la mia posizione.
    Quella che ti ho raccontato non è un’eccezione e non capisco davvero cosa ti dia la convinzione che un papà non possa sostituire una mamma. Se non il fatto appunto che rimani attaccata ad un modello di società patriarcale dal punto di vista economico.

  20. Qua figli tre, istinto materno non pervenuto 🙂 Per quanto mi riguarda, quell’empatia pazzesca che ho sentito crescere in me verso quegli esserini indifesi e amatissimi, la concepisco più come un muscolo fantastico che si è sviluppato con la prossimità, la volontà, e una dura pratica quotidiana – a volte di grande soddisfazione, a volte frustrante ecc. Perciò perfettamente alla portata anche di un padre. Poi siccome il muscolo però si nutre anche del mondo di fuori (dalla famiglia d’origine alla società, delle sue aspettative, delle sue reazioni, dei suoi giudizi, non solo effettivi ma per come li abbiamo fatti nostri durante la vita di prima), se tu papà in fondo in fondo ti senti ridicolo o sminuito o poco virile a dedicare la maggiorparte delle tue energie a cambio pannolini, pappe e bagnetti, a fare insieme la pasta di sale e a applaudire le recite all’asilo a discapito di altri ambiti; o se ti viene ripetuto che per natura non riuscirai mai a farlo come lo farebbe una mamma; ecco allora non è che sei motivato e ricettivo come la madre che invece ha il plauso e l’incoraggiamento di tutti perché faccia quelle cose, che viene detto è nata per quello, che in quelle dovrebbe trovare la massima realizzazione, che viene biasimata se non le fa ecc.

  21. @M. dopo l’accusa di terrorismo adesso siamo allo scherno, qualcosa di più intelligente?
    Alle interlocutrici che invece usano il cervello dico che la mia é una opinione personale, i miei commenti sui blog si fermano sempre lì. La maternità é per me un desiderio, più che un’ideologia. Sono un ingegnere elettronico, ma vorrei che il mio futuro comprendesse un essere mamma pieno e completo, con al fianco un uomo che faccia il papà, oltre ad essere marito e rimanesse ben diverso da me. Forse sono all’antica, però per me va bene così. Voi dite: un uomo ne approfitterà e mi metterà in gabbia! Ecco, questo non lo so, spero di no. Terrò le antenne alzate, gli insegnerò da subito a cambiare i pannolini e di notte ci alzeremo a turno… perché al mattino bisogna andare a lavorare e il mutuo lo pagheremo metà per uno 🙂

  22. Giorgia non è uno scherno! 🙂 Il mio è un riferimento, non tanto occulto, a un testo della filosofa Badinter. -Mi capitò tra le mani tra i miei 20 e 30 anni e fu una rivelazione; non sapevo nulla di maternità consapevole e di presunto istinto. Nonostante il “grande lavoro” di orientamento fatto dalla mia famiglia, non desideravo figli e leggerlo è stato davvero una manna-

  23. @Giorgia certo nessuno è qui per giudicare le tue opinioni al massimo le puoi, se vuoi, allargare e sentire altri pareri e altre storie.
    Io seguo questo blog da diversi anni e ti assicuro che nessuno ha mai detto che uomo e donna o madre e padre debbano essere la stessa cosa. Anzi si è sempre portata avanti l’idea che non debbano esistere modelli precostituiti ne dell’uno ne dell’altra a cui dobbiamo per forza attenerci. E che per ogni uomo e donna debba esistere la possibilità di scegliere e di decidere di se stessi in piena autonomia.
    Per questo ti dicevo che dire che un padre non può sostituire la madre è solo portare avanti uno di questi schemi in modo abitudinario e tradizionale senza fermarsi a riflettere.
    Dire che l’accudimento e l’amore per i figli siano esclusiva materna significa solo attenersi ad un modello che parte della società e del marketing, per conformismo o fini di lucro, vorrebbero imperante, come spiegava bene francesca violi.
    Magari quando avrai un compagno e insieme deciderete di avere un figlio sarà lui ad insegnarti come si mettono i pannolini e non ci sarà nulla di male 😉
    E’ nel mettersi alla prova, nel condividere che impariamo a conoscerci ed a educare per primi noi stessi.

  24. @Giorgia un’ultima cosa che poi scappo! Perché non provi a leggere Congedo Parentale il blog di cui parlavo prima? Trovi il link qui alla tua destra!
    Buon pomeriggio a tutti e tutte!!

  25. Brava la Lipperini che come sempre difende le donne, ma sinceramente per me quelle che ancora oggi compiono l’agghiacciante atto ultraegoistico di mettere al mondo figli – ovvero persone che si chiederanno per la vita perché sono al mondo mentre sputano sangue per sopravvivere – sono degli animali, che hanno risposto a quella natura animale senza far subentrare un minimo di cervello (proprio dell’essere umano che dovrebbe essere senziente, e non agire in base a quello che gli dicono di fare gli ormoni) e magari pure un po’ d’altruismo verso quei poveracci che senza di lei non dovevano confrontarsi con quella realtà piena di dolore e tragedia che è la vita – qualsiasi vita, ché solo i Forrest Gump sono felici d’essere al mondo – quindi qualsiasi paragone con quel mondo animale lo ritengo corretto.

  26. Sono nata e cresciuta in una società che mi ha fatto credere che fossi l’unica tenutaria di un grande potere, quello di accudire quasi unicamente io le mie due figlie. Peccato, perchè mio marito è adorabile, è una brava persona e lo sono anche io. Ho tolto a lui qualcosa che poteva essere meglio di come è andata. Ho messo sulle mie uniche spalle una fatica, responsabilità e gioia che, ora so, che avrei diviso volentieri con lui. Ora siamo entrambi più consapevoli e cerchiamo di dividerci i compiti genitoriali equamente, con grande soddisfazione di entrambi. Sono certa, anzi certissima, di non aver nulla più di mio marito, e lui, per contro, nulla di meno. Questo è normale, due persone, che devono occuparsi dei figli, che possono, che ne traggono gioie e sconforti insieme, ovvio quando c’è la possibilità. Mi reputo una femminista, ma ancor di più una persona antisessista, non detesto gli uomini, penso anzi che questa stessa società patriarcale tolga tantissimo anche a loro, li pretende machi, poco affettuosi, poco sensibili, non devono piangere, non devono cullare i figli, non devono vestirsi di rosa. E’ bello poterne parlare, leggere libri che ne parlano, sviluppare idee e scambiarle. Per fortuna ora si può anche se la strada da fare è ancora lunga e anche se tanta informazione ancora è viziata da molti fattori. Un saluto a tutti.

  27. “Quelle che ancora compiono l’aghiacciante atto (…), i poveracci che senza di lei non dovevano confrontarsi con… la vita ecc.”
    interessante, persino in questo accorato appello alle più alte facoltà umane e morali pare che i figli vengano al mondo per esclusiva opera femminile… 🙂

  28. Per me chiamarlo istinto materno in mancanza di figli (propri o di altri) non ha tanto senso, sarebbe come dire che una è madre dal primo giorno di vita.
    Semmai prima si ha l’istinto di procreazione.
    A me mancano tutti e due.
    Ad ogni modo, l’essere umano è un animale, particolare quanto si vuole però animale. Per questo però non può essere ogni volta un animale diverso (ora chioccia ora coniglio ora leone e via discorrendo), la sue specie è quella umana, punto e in base a questa va studiato e capito.

  29. Vorrei riflettere su alcune cose, che mi pare in questi discorsi non entrino mai nè nelle parole delle progressiste, nè in quelle delle reazionarie – qui come al solito brillantemente rappresentate dalla solita GiorgiaP.
    La cultura cambia e le informazioni cambiano e i sistemi di vita cambiano e le idelogie cambiano – le acquisizioni delle donne arrivano insieme a tutti questi cambiamenti, e trovo sempre imbarazzante e naif il paragone con un passato culturale falsificato dalla prospettiva presente. Tipo: le donne si sono sempre occupate da sole dei figli e gli uomini si sono sempre occupati da soli di mantenerle. E anche l’importanza prioritaria che per le donne dovrebbero avere sempre avuto i bambini.
    Allora alcune cose così lampo.
    1. Quando si facevano quindici figli a cranio, se uno o tre schiattavano era la prassi, si frignava una settimana e si andava avanti. Quando si facevano quindici figli a cranio, i bambini andavano a lavorare bambini e se non morivano di malattia potevano schiattare di lavoro – mentre le loro madri, di parto. Da madre, e anche parmi piuttosto femminista ed emancipata, quando sento queste prese di posizione sulla cura dei figli sorrido e mi distanzio, perchè per me ora ha valore la vita del mio o dei miei bambini, e non posso pensare di non controllarne la salude della crescita come ai tempi della mia trisnonna.
    2-Quando si facevano quindici figli a cranio, le donne lavoravano eccome e i figli venivano su da soli, se povere oppure se ne distanziavano e li datavano a tate e balie se ricche. Il tempo passato con i bambini in relazione diadica che connota la modernità è un’invenzione recente e tutta occidentale, i bambini erano condivisi e tenuti su dalla rete familiare da un esercito di sorelle, dai grandi che avevano il dovere di controllare i più piccoli. Questa rete familiare ora cambia, la cosa ha anche dei discreti vantaggi e una consistente significanza in termini di ideologia condivisa – vuol dire sposarsi chi si vuole sposare, fare la professione che si desidera fare, vuol dire non dover permettere che il padre si trombi la donna del figlio e vuol dire fare meno fatica ad affermarsi come soggetto capace di un nucleo prorpio di vita, che impone un modo diverso di organizzare i ruoli. Questo modo riesce.
    Infine, parlare di istinto è sempre fuori luogo, quando si parla di esseri umani. E’ proprio un concetto che biologicamente non possiamo applicare perchè stricto sensu richiama quelle azioni che vengono attuate senza alcuna mediazione intellettuale. Istinto per noi è che so, chiudere gli occhi quando vediamo una luce forte, o che so, congelarci davanti a una macchina che arriva molto velocemente. La mediazione intellettuale comporta diverse parole e diversi modi di concepire le azioni, nonchè un diverso modo di articolare la differenza di genere. Io credo che la procreazione e l’allattamento generino un modo diverso di abitare le cose, ma credo che questo vettore si mischi ad altri, e il risultato può essere tranquillamente persino un’equiparazione dei ruoli. Alcune provvisorie sostituzioni. Siccome per il cervello quell’esperienza non è l’unica che arriva, la reazione chimica di quell’esperienza con altre (es. che madre hai avuto? Perchè io ce ne ho avuto una che era un gran dirigente. Per dire) e il tuo modo di abitare la genitorialità sarà la somma di tutte quelle cose.

  30. Quoto Zauberei.
    Molte volte quando si discute sembra che il passato sia stato una specie di età dell’ oro, in cui le donne erano felici mammine e i padri andavano al lavoro fischiettando.
    In realtà la mia bisnonna ebbe ben 13 figli di cui 5 uccisi dalla difterite, e non so che istinto materno avesse, ma so per certo che i figli stavano a casa sorvegliati dal maggiore e lei lavorava 12 ore al giorno nei campi. E “maggiore” voleva dire figlio con non più di sei anni, altrimenti sarebbe andato anch’egli a lavorare.
    Mio bisnonno lavorava in una cava e quando tornava a casa non era di umore esattamente allegro, tanto che se qualcosa non gli garbava erano urla e imprecazioni. E la mia bisnonna poteva ritenersi fortunata, perchè nela maggioranza dei casi il marito non si limitava a urlare, ma spesso usava le mani e, in alcuni casi, anche il manico del piccone.
    Oggi mi pare che stiamo regredendo, lentissimamente per ora, di nuovo verso il passato e credo si debba fare di tutto perchè ciò non avvenga. Poi magari non ci sarà più il minatore che impugna un manico, ma il “bravo ragazzo” che impugna una katana. Forme diverse, identiche sostanze.

  31. grazie a tutti – a corollario suggerirei (ma no a quelli che so d’accordo con me, anche se è tanto un bel libro) canale mussolini di pennacchi che ste cose sulla maternità delle nonne, le spiega per bene.

  32. Nel mio commento ho dimenticato di scriverlo: da nipote di pastori transumanti e di contadini, conscio di quali fossero le condizioni della maternità e della paternità dei miei nonni, ringrazio Zauberei per aver rimesso i puntini su quelle “i”.

  33. @Zuab… “reazionaria” é già meglio di “terrorista”, lo considero un passo avanti. Dico che se non ci fossero reazionarie come me non ci sarebbe tra sole progressiste un contraddittorio ugualmente interessante.
    A parte questo, tu argomenti sempre in modo corretto.
    Chiudo con una microbattuta: lungo la strada verso la parità, non ci rimane che sperare che gli uomini riescano un giorno anche a partorire e noi donne… a farla in piedi.
    Buona giornata a tutte.

  34. @francesca violi: interpretazione strumentale ed errata, la tua, giusto indicativa della tua pochezza umana che si esprime nell’usare le parole altrui per spostare altrove la questione e così non prendere in considerazione la mia critica a chi ancora oggi diventa madre facendo trionfare animalità ed egoismo, e senza pensare a chi farà le spese di quella scelta 🙂
    Faccio ammenda per le persone in cattiva fede come te, ok? 🙂
    Udite udite! Per un 50% anche gli uomini contribuiscono a fare i figli (non potendo però abortire quando, dopo aver fatto la cazzata di lasciare che gli ormoni prendessero il sopravvento, torna loro un minimo di riflessività e sensatezza). Contenta ora?

  35. @ chicca, non sono in cattiva fede. Volevo solo sottolineare quanto è pervasiva l’idea che la procreazione sia roba da donne. E a quanto pare anche l’aborto, vedo… A me pare che nella maggiorparte delle coppie la scelta di avere dei figli sia semplicemente presa di comune accordo: a sentir te però son tutti figli di incidenti ormonali che la donna avrebbe fatto meglio a correre a rimediare con un bell’aborto e se non lo fece di nuovo è sua la responsabilità, l’egoismo ecc.
    In ogni caso, visto che il tema del post era appunto sull’opportunità di assimilare madri umane a madri animali, se fare dei figli è egoismo, non è animalità, sembrandomi l’egoismo tratto squisitamente umano.
    (Poi sul se, quanto e come riprodursi ognuno può avere la sua opinione, io ad esempio la posizione “avere figli è da irresponsabili” la trovo meglio argomentata da chi ne fa un discorso di sostenibilità, mentre il discorso di mettere al mondo degli infelici mi lascia molto fredda. Che la tragedia e il dolore siano parte della vita mi sembra una realtà antica, appunto, come l’umanità )

  36. Mi sembra che prima del commento di zaburei, nessuno, neanche giorgiap si fosse riferito a un passato favoloso come modello di riferimento per la maternità. Comunque zaburei dice bene che prima della guerra, educazione crescita cura, quel po’ che ci potevano essere, si avveravano grazie a una rete sociale e familiare forte, più che a delle presunte supermamme. ed è questo semmai che potrebbe essere un modello sociale cui riferirsi anche oggi.
    Da quel commento però, e anche dai successivi, qualcuno potrebbe avere l’impressione che quella fosse un epoca di miseri poveretti, dominata esclusivamente dalla barbarie e dalla violenza irresponsabile, dove le donne partorivano prese a picconate nei cunicoli delle miniere pieni di capre e se moriva un figlio o un fratello si rideva sotto i baffi che addirittura non c’erano i depilatori. ecco invece per le mie esperienze direi che come oggi l’ agiatezza non è sempre rispettabile, anche allora la miseria non era per forza un ostacolo a una vita dignitosa anche se dolorosa. a volte anche felice.
    Per il resto, mi chiedo quanti oggi” fanno il lavoro che vorrebbero fare, o sono capaci di affermarsi”. i privilegi della modernità hanno purtroppo qualcosa a che fare con lo sfruttamento, come allora del resto. altrimenti non sarebbero privilegi. ma qualcuno è felice anche stasera.
    ciao,k.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto