Riemersione rapida: delle molte cose letterarie e no
accadute nelle ultime due settimane, sono consapevole di scegliere quella che
susciterà più dispetto. Lo faccio apposta, dal momento che l’eremo marchigiano
mi mette di ottimo umore (si ringraziano per il medesimo: le mucche che
scendono dal Monte della Croce la mattina alle nove e che vedo dalla finestra
dalla camera da letto; gli gnocchi al sugo di papera della pro loco; il mitico
Fernando che ha restituito la sembianza di un orto ad un incubo di Bosch; i
ballerini, fachiri, trapezisti, danzatori indiani, jazzisti, rocker – primi fra
tutti gli eccellentissimi The Tambourine- convocati da lei che hanno
allegramente turbato il paese fra sabato e domenica).
Alle corte: abbandonando la non concentratissima lettura
dei miei due tomi d’annata (la già citata De Beauvoir e la più – apparentemente
– frivola riedizione di Peyton Place), mi sono assai gustata la
recensione che Natalia Aspesi ha fatto ieri a proposito de La ballata delle
prugne secche. Al punto che ho deciso di ripostarvene i punti salienti.
Persistete nello stare bene.
“Noi parrucconi per età, carattere incattivito, cultura
surgelata, vita fioca, come dobbiamo comportarci con Pulsatilla, che di anni ne
ha 24, si dichiara lei stessa narcisista-boccalona, legge e consiglia le poesie
di Wislava Szymborska, non guarda e non ha la televisione? Basterà leggere sino
in fondo il suo primo libro dal titolo dietetico, La ballata delle prugne
secche? O bisognerà anche tener conto della pubblicità massiccia che lo sta
sostenendo, del suo dilagare trionfante in mani soprattutto giovanili e delle
sue numerose presentazioni balneari (da parte di entusiasti vip
culturalpopolari, quali Tommaso Labranca, Andrea Pinketts, Luciana Littizzetto)
in cui le signore da letteratura estiva si agitano intimidite e forse un po´
nostalgiche per la quantità di organi maschili che si affollano con il nome,
l´autrice dice raffinatamente "lemma", più corrente, anche oltre il
capitolo woolfiano Gita al fallo? Basterà? No, non basta.
Anche chi si sente cult perché scrive tuttora con la penna stilografica,
dovrebbe fare uno sforzo, un atto di eroismo, un gesto temerario, sempre che
provi verso la giovane avventurosa e sincera Pulsatilla curiosità, gelosia,
affetto paterno/materno/nonnesco, rancore, persino sordo o scandalizzato
rifiuto, insomma qualsiasi emozione da studioso del mondo sempre più alieno,
che si sta allontanando inesorabilmente da lui: e pestare con dita goffe e
incerte su quel generatore di fastidi che è il computer, l´indirizzo
pulsatilla.splinder.com. Gli si aprirà, nella terrificante, tumultuosa foresta
dei blog più dissennati, quello di questa ragazza appassionata della parola e
di se stessa che, fuggita diciannovenne da Foggia e desolatamente copy writer a
Milano, debilitata dall´amore per un uomo che si ostinava a stare con una
signora, (vedi Questioni di cuore sul Venerdì) tre anni fa cercò conforto e
«contatto nell´animalesco mondo dei cibernauti»: non trascurando tra le altre,
«la finalità di copula», frequentatissima, del web. Ottenendola tanto
abbondante e disordinata, da farle ricordare con malinconia «quelle volte in
cui venivi abbordata al bancone del bar, magari con una mano sul culo». Non si
può dire che il linguaggio web – libro di Pulsatilla, sia dei più morigerati,
ma è tale la grazia, la foga, l´improntitudine, il candore, l´autoironia e il
corruccio, con cui si getta nella scrittura, da non sfiorare mai la volgarità.
Ne sorriderebbe sotto gli eventuali baffi anche il minaccioso Moige protettore
del fanciullo: il quale fanciullo sbraitando velocemente sul suo pc, chissà
quanto ha già sotterrato di mail la subissata autrice, offrendole i suoi
servigi sessuali se non addirittura le nozze.
(…)
La smania di paragonare sempre qualcuno a qualcun altro ha
spinto dei blogger e persino dei critici semicanuti a marchiare l´innocente
Pulsatilla con riferimenti neppure anagrafici con il personaggio Bridget Jones,
con la vera Luciana Littizzetto, il falso J. T. Leroy e addirittura la
fortunata regina delle pornoscrittrici al tempo adolescente, Melissa P. Ha
ragione a offendersi colei che essendo piccolina di statura sfiorò l´anoressia
nutrendosi solo di quelle prugne secche cui poi ha dedicato la ballata, per
assottigliare il sedere. Non solo lei Melissa non ha mai avuto tempo di
leggerla, preferendo e suggerendo sul suo blog Borges (I giusti), Ginsberg
(Kaddish), Laborit (Elogio della fuga), ma francamente l´approccio al sesso e
alla vita di Pulsatilla non ha nulla di sporcaccione, piuttosto di simpatico,
talvolta dolente caos. Infatti pur vendendo migliaia di copie del libro, forse
non ne venderà milioni e non sarà tradotta in centinaia di lingue: però ci
fosse mai un regista anche femmina, spiritoso, laico, e antifiction, se ne
potrebbe ricavare un film esilarante e commovente.
Ma che è ‘sta prosa con la pappagorgia (“tumultuosa foresta dei blog più dissennati”, “debilitata dall’amore”, “il quale fanciullo sbraitando velocemente sul suo pc, chissà quanto ha già sotterrato di mail la subissata autrice”, “colei che essendo piccolina di statura sfiorò l’anoressia” – si noti la logica stringente -, “non ha nulla di sporcaccione, piuttosto di simpatico, talvolta dolente caos”, “ci fosse mai un regista anche femmina”)? E che dire delle edificanti immagini evocate dalla Nostra, dalla Villa Arzilla in versione balneare – par di vederle, le lascive anzianotte, mentre sguazzano allegre nel truogolo del turpiloquio, manco fosse la vasca di Cocoon – alle “mani giovanili” che, ispirate dal prezioso volumetto, s’intuiscono freneticamente impegnate (a passarsi il suddetto l’un l’altra, s’intende). Peccato: i cattivi pensieri, quando sono inchiattiti da troppi gnocchi alla papera, si riducono a sonore flatulenze post prandiali.
Anche le blogger brillanti, quando sono avvelenate da troppi rancori, producono flatulenze. Persino pre-prandiali: e persino pre-pubblicazione, se non interpreto male un tuo intervento non lontano nei confronti di una scrittrice che dai blog viene e che sta scrivendo un romanzo 🙂
Lipperini, questo ricorso all’argomento dell’invidia è un’astuzia che ormai ha fatto il suo tempo, non credi? O pensi di poter continuare a lungo con questa musica da organetto? Tanto più che, ricorrendovi ormai tutti, sarebbe più elegante non unirsi al coro. Ma comunque, stiamo al tema: Aspesi consegna un pezzo oggettivamente mal scritto. Tu lo copi&incolli, perché – è evidente – ti serve l’artiglieria pesante a sostegno della tesi ritrita di cui sopra (“siete tutti invidiosi”). Senonché, il peso della Aspesi spaventa solo la bilancia. Ora capita che la sottoscritta abbia letto il libro in questione e si sia sciroppata tutte, dico tutte, le recensioni linkate da Castelvecchi. Incongrui voli pindarici che andavano tutti a planare sugli aggettivi d’ordinanza “esilarante e commovente” (ah, no, scusa, faceva eccezione l’articolo apparso sul Riformista, sempre sia lodato). Leggevo di queste meraviglie in ufficio, poi a casa mi scassavo i cabbasisi nel tentativo di finire in fretta il libro, stucchevole e noiosetto alquanto (lo dice anche Mozzi: invidioso anche lui?).
Ora dimmi, chi vuoi che si stracci le vesti per un libro in più o in meno, quando il meglio che può capitare è vedersela gomito a gomito con Fabio Volo? Il volumetto in questione è stato commissionato, pesantemente pilotato dall’editore, ultimato e pubblicato. Cosa c’è di mistico, in tutto ciò, cosa di trascendentale? Succede a tanti, di pubblicare (un’altra delle ragioni per le quali la storiella dell’invidia non sta in piedi: qui non parliamo di un bene così indisponibile e raro da giustificare fenomeni di mimetismo alla Girard). Irritanti, per me, sono al limite la presunzione di Pulsatilla – e vabbeh, è giovane -, ma soprattutto le minchiate scritte a corollario. Non dalla casa editrice, che fa il suo lavoro di promozione: ma è possibile che escano recensioni più deliranti delle quarte di copertina? Senza contare la protervia di appiattire qualsiasi discorso sulla presunta antinomia tra invidiosi ed equanimi e, in subordine, di attribuirsi pure un certo qual carisma sacerdotale, come se chiunque disponga di un qualche pulpito visibile fosse nella posizione di dispensare o negare visibilità e buona fama, ricchezze per le quali si presume non esista individuo al mondo che non si svenerebbe. Salvo poi indignarsi a gran voce non appena qualcuno insinui la benché minima mancanza di buona fede in tutto questo giro di danze. Beh, ma è chiaro che non si potrà veder riconosciuta la propria buona fede più di quanto si sia disposti a riconoscerla ad altri. Ci si raffigura un mondo paranoico post-nucleare, abitato unicamente da sorci e lombrichi che sbavano succhi livorosi? Ebbene: lì si dovrà abitare. Si trovano sodali che condividono questa visione? Ebbene, questi saranno i compagni di cella. E che costoro pubblichino le loro farneticazioni o meno, che differenza vuoi che faccia, Lipperini? Io invidio, certo che invidio, fortissimamente invidio. Ma non i babbadiminchia cui pensi tu, quelli te li puoi succhiare in beata pace finché campi, ché manco come vicini di casa li vorrei. No. Chi sa davvero commuovermi, invidio, ecco chi. I piedi nelle sue scarpe, gli infilerei. E scorrergli nelle vene, questo vorrei, come il suo stesso sangue. E patirne il dolore, goderne la gioia, dentro, dentro, fino in fondo.
E su per il culo. Ma va’, va’…
i miei complimenti a Shangri-La per le belle e condivisibili parole che ha scritto.
Al di là del contenuto, Shangri-La scrive come pochi.
Al di qua – boh, non lo so. Quel che è certo è che una con quella penna è tutto tranne che invidiosa di Pulsatilla.
ripassando di qua per caso, trovo un commento pienamente centrato e condivisibile (cosa rara): quello di Shangri-la.
ops, di commenti di Shangri-la ce ne sono due: mi riferivo al primo.
Già, perché il secondo… Mah!
Se sul primo commento c’erano dubbi, il secondo trasuda invidia da tutti i pori.
Il secondo commento di Shangri-la è ottimo. Il problema è: che cavolo serve postarlo qui dove al massimo viene accolto da qualche troll o da qualche argomento capziosetto?
Comunque onore a Shangri-la, le sue parole di batticuore in questi tempi brillano come stelle.
Proprio vero, è un posto dove passano cani e porci. Per dire: ci passa anche andrea barbieri. Il problema è: che cavolo serve postare andrea b. nel grande blog dell’universo? Il Grande Programmatore Universale è masochista?
URGE un controllo del pedigree culturale di chi interviene nei lit blog.
Shangri-La si fa prendere dal batticuore solo quando escono libri di altri blogger: non sarà invidia, ma cosa è allora?
Leggo questo blog da quando è nato e se non sbaglio questo è il primo commento di shangrila. Doveva essere molto motivata per intervenire su un blog che non stima e per farlo con tanta veemenza.
Io penso allora che la parola invidia sia stata usata correttamente. Non capisco perchè prendersela tanto: è normale, qualcuno pubblica e qualcuno no. E il “qualcuno no” spesso si incazza. E’ umano. Così come è innegabile che shangrila faccia del veleno il primo ingrediente della sua scrittura. Traggo dal suo blog questo breve post:
“Leggo che in Cina – autentico girone di inconsapevoli dannati – migliaia di orsi sono costretti a vivere in gabbia con un catetere infilato nel ventre. Lo scopo? Raccoglierne la bile per farne uno shampoo.
Musi gialli, io ne secerno a litri di primissima qualità, garantita per scrostare lavabi, bulbi e cazzabuboli: interessa?”
A me no, altri sono liberissimi di lodare. Certo che se devo giudicare dai fan della signora o signorina shangrila sono contento di pensarla come la penso.
Perché, caro passante, cosa avrebbero i fan della signora/ina di così riprovevole? I capelli lunghi? L’intolleranza alla pesca? Una predilezione per il colore giallo? Non è ben chiaro il metro estetico/umano adoperato, al di là della curiosa scelta di giudicare alcunché sulla base della preferenza altrui, criterio che finora pensavo riservato a Paris Hilton e simili.
Qualora invece il discrimine artistico venga applicato sul grado di ottimismo cosmico espresso nelle proprie opere, non resta che chiedere il Pulitzer per Cucciolo e Tiramolla.
Quanto alla signorina, che non ho l’onore di conoscere personalmente, posso solo supporre un imbarazzo giustamente astioso per l’ultima (?) moda mass-culturale che impone riflettori parossistici più per il contenitore (“la ragazza che viene dal b***”) che per il contenuto (il libro in sè). E, naturalmente, per l’argomento dell’invidia per la pubblicazione, ormai francamente insopportabile.
E’ chiaro che gli invidiosi si difenderanno tra loro in ogni circostanza, sempre.
Ehi… io sono invidiosissimo di Pulsatilla, lo dico senza vergogna.
Se vendessi le copie che vende finalmente sanerei qualche debito insoluto. Non è poco, no? 😉
E’ altrettanto chiaro che i signori nulla, che nulla hanno da dire quindi nulla da difendere perché nulla pensano e in definitiva nulla sono, è chiaro che costoro non sono nemmeno abbastanza coerenti da seppellirsi in un’inedia appartata che troppo bene porterebbe al genere umano – no!, vogliono giocare ai gregari, loro, almeno trenta secondi al giorno, e firmarsi “eh”, “boh”, “mah”. Ignorando, i tapini, che la loro voce altro non è che uno scaracchio nel cielo; scaracchio che, in quanto tale, subisce il destino di tornare a spiaccicarsi sulla loro stessa fronte.
Ho messo il dito sulla piaga giusta 🙂
Ma certo, hai capito tutto, tu.
Quando s’era piccini a quelli come te gli si diceva “Bravo, hai vinto il mongolino d’oro”.
Continua a nasconderti, del resto ne hai ben donde.
Purtroppo me l’hai soffiato tu al photofinish. Intuisco che tu all’anagrafe ti chiami “Thepetunias”. Cognome armeno, immagino 🙂
L’invidia qual motore immobile, dunque. Interessante, per molti motivi. Intanto, perché si tratta di un’ipotesi infalsificabile (e quindi, popperianamente, inservibile ai fini della costruzione d’una teoria scientifica, ma anche d’un qualsiasi discorso che aspiri ad avere del metodo: ma a noi non interessa discutere, giusto, Lipperini? A noi interessa vincere e farla franca). In quanto infalsificabile (nonostante ci sia chi si affanna ad accumulare prove a carico di Tizio e Caio, chiamandosene fuori), l’invidia riguarda tutti, nessuno escluso. Poiché nessuno può provare di non essere invidioso, tutti lo sono a priori: chiaro, no? E’ un vizio biblico, un peccato originale. Si prenda Giobbe. Ricco, felice, sano e pieno di figli: perché Dio lo colpisce così duramente, non è forse il suo servo prediletto? Forse che Yahwèh ne sia invidioso? Jung avanza questo sospetto in “Risposta a Giobbe”. E se non sfugge l’Onnipotente, figuriamoci Lipperini. Chissà come schiatta, dico, nel segreto della sua cameretta. In fondo ci ha provato pure lei a scrivere, ma eh, uh, ah, il risultato, eh, uh, ah. Stava in buona compagnia, del resto, eh, uh, ah. Torno a bomba: l’invidia, dunque. La prendo pure io come assunto, mi sta benissimo, vediamo dove arriviamo. In fondo ci si potrebbe smarcare come Biondillo. Che apparentemente riconosce il successo di Pulsatilla, ma poi ci infila la pernacchia: bello vender tanto, ché ho i creditori alla porta, il mutuo, le bollette, le rate della macchina, le mutande da rattopparmi. E così, zitto zitto, sposta l’attenzione sul quattrino: il che stabilisce un’equivalenza tra vendite e ricavi, ma non dice se l’agognato successo faccia parte, per proprietà transitiva, della compagnia. Quindi, abbiamo ‘sta zecca dell’invidia che sta attaccata pure al groppone di Santiddio, ma l’oggetto dell’invidia a pensarci bene è un po’ evanescente. Non è chiaro, insomma, se ci si debba far del male per una pubblicazione qualsiasi (davvero, anche quelle autofinanziate?), per la promozione, le recensioni (“A piedi nudi con Scarpa”, già mi figuro il titolo), gli autografi, i soldi, le belinate della Aspesi o se per tutto questo insieme. Una cosa sola è certa: che si debba in ogni caso guardare agli altri, gli invidiosi appunto, come a quaquaraqua che non hanno la benché minima distanza critica dal circo allestito attorno al caso editoriale del momento, né lungimiranza alcuna (quand’è che buttano nella spazzatura il giocattolo rotto?) o conti in sospeso, da sempre – la sparo grossa ora, eh, uh, ah -, con il proprio daimon. Ma sì, che importa ai profeti dell’invidia della complessità altrui? E che gli importa, in definitiva, di questi autori emergenti, dei quali si fingono paladini e che invece non hanno alcuno scrupolo a bruciare nello spazio d’una estate, manco fossero zanzare attirate alla luce e fatte allegramente sfrigolare? Ma soprattutto: qual è il presupposto non detto che alimenta l’infamante sospetto, a beneficio di codesti burattinai? Semplice: che l’eletto, già candidato a fare da capro espiatorio, appena gira il vento, non sia portatore di alcun crisma originale, ma appaia come fondamentalmente imitabile e, in quanto tale, oggetto appunto di una rivalità mimetica. Il “bene” di cui lo sventurato si trova inopinatamente a disporre deve apparire come fragile ed esposto a rapina. Deve. Perché senza invidia, tutto crolla. Il giornalista in vista non sarebbe più nulla, e nudo il re e chiaramente anemica la sua vis intellettuale se non vi fosse il fantastico gioco illusionistico dell’invidia. Cosa c’è nel cilindro, cosa c’è? Un bel coniglio, signori!
Barocca, certo, ma sempre invidia.
Non c’ho capito una fava!
Io sì: qualcuna ha bisogno urgente di cure.
Io delle volte sono invidioso, porcaputtanalamiseria,
poi mi pento.
E pensare che anch’io
sono il cognato di un dio!
MarioB.
Accipicchia se arrivo tardi!
Ma fra un trapezista ed un gruppo rock ho avuto del da fare.
Scopro qui l’esistenza di una shangri-la che deve ritenersi immortale davvero per infliggerci quest’ironia che neanche mia madre era in grado di produrre.
Altro che flatulenze.
Ci dicono che shangri-la sia una signora poco più giovane di me e molto più incazzata con la vita di me.
Per coincidenze anagrafiche avrebbe dovuto aver letto, ai tempi belli, i libri di Erica Jong.
Scritti abbastanza male ma pieni di necessità, analisi ed ironia tanto da aver forgiato proprio la generazione delle shangri-la che ora si pavoneggiano della loro “bella scrittura”.
A parte il fatto che la “bella scrittura” è dovuta a gusti e piaceri personali.
Moltissimi libri che dicono ben scritti a me mettono i brividi perchè ritengo che la bella scrittura sia altra (e non certo quella dei classici o dei divenuti-classici-con-l’andare-del-tempo che molti invocano).
Ora su Pulsatilla trovo che al pari di Erica Jong non abbia una bella scrittura, ma abbia una forte e precisa presenza riconoscibile nel quotidiano femminile.
Delle sue coetanee in primo luogo (che probabilmente shangri-la poco frequenta) ma anche di tutte quelle che sanno vedere dentro le pieghe del mondo e non soltanto aspettare che i loro scritti, tramutati da effimere schermate video in reali fogli di carta, facciano dire al mondo “ohhhh”.
Generalmente non leggo libri in cui gli autori parlano solo di se stessi fingendo di parlare di altro.
Almeno quello di Pulsatilla parla di se stessa volendo esclusivamente parlare di se stessa.
Sono andato a curiosare sul blog di pulsatilla dopo aver letto il post di Shangri-La, che si limita a dire del romanzo che “a casa mi scassavo i cabbasisi nel tentativo di finire in fretta il libro, stucchevole e noiosetto alquanto”.
Come commento è insufficiente, viene da pensare che tu abbia aperto il libro con un’ infalsificabile puzza-sotto-il-naso, tuttavia non posso confutarlo perché non ho (ancora) comprato il romanzo.
Il blog di pulsatilla: brioso, veloce, autoironico. Questa ragazza trasmette una passione viscerale per le parole.
E poi è un VERO BLOG, non una pagina html su cui l’autore copincolla i sui racconti in cerca di editore.