CITAZIONI FUORI TEMPO

“Gli uomini possono e devono essere guidati dalla speranza”
William Beveridge

22 pensieri su “CITAZIONI FUORI TEMPO

  1. Speranza di che? Non è più il tempo di sperare, ma di guardare questa società lucidamente, senza falsi filtri. La cultura è andata, o sta andando, a rotoli; la politica è – credo – nel momento più ignavo degli ultimi 150 anni; e parliamo di speranza?

  2. ma scusate, ma se non abbiamo la speranza che le cose possano andare meglio perché dovremmo agire per cambiare le cose? A che serve la cinica lucidità senza un motivo per fare qualcosa? a rimanere ad osservare come le cose possano andare sempre peggio e di quanto siamo lucidi ad accorgercene? “Beh, non è ancora il momento di cominciare a farci i pompini a vicenda” come direbbe il Sig Wolf….

  3. La speranza ha come unica alternativa qualche forma più o meno imbellettata di “cupio dissolvi”. La speranza è di ciò che ancora non si vede, ma è presente nell’intenzione e germinerà fino all’atto.
    Il Regno dei Cieli è come un granello di senape…

  4. Aggiungo il rapporto della Banca d’Italia di ieri:
    “Più che povero, diseguale, non equo, spaccato in due fra una minoranza che ha tanto e una maggioranza che ha poco. L´Italia è un paese dove il 45 per cento della ricchezza è in mano al 10 per cento delle famiglie. Mentre alla metà più povera delle stesse va il 10 per cento della ricchezza appena. Un divario forte e che non dà segni di ravvicinamento: su questo scalino siamo fermi da anni.
    A misurare il gap fra chi vive molto bene e chi no, è la Banca d´Italia, nel suo rapporto «La ricchezza delle famiglie italiane 2009». Va detto che, se rapportati al resto del mondo, siamo in ottima compagnia, apparteniamo «alla parte più ricca, collocandoci nelle prime dieci posizioni tra gli oltre 200 paesi considerati dallo studio». E´ nostro il 5,7 per cento del benessere mondiale, una quota superiore sia a quella sul Pil (il 3 per cento) che a quella sulla popolazione della Terra intera (di cui rappresentiamo l´1 per cento appena).
    Anche guardando alle cifre medie non ci si può lamentare: considerata la ricchezza nel suo complesso (immobili, terreni, titoli, depositi e azioni, al netto di indebitamenti e mutui) ogni famiglia italiana può contare su un «capitale» di 350 mila euro, un tesoro legato soprattutto alla grande diffusione delle casa di proprietà. E la crisi ha solo lievemente intaccato questa solidità: secondo le stime, nel primo semestre del 2010 è prevista una riduzione della ricchezza dello 0,3 per cento (dovuta soprattutto ad un calo dei redimenti di Borsa rispetto alla ripresa dello scorso anno).
    Ma va detto che la medie sono come il pollo di Trilussa e che nei fatti non c´è ridistribuzione del benessere. Non che gli altri paesi sviluppati facciano molto meglio, a dire il vero, visto che l´Italia – guardando alle classifiche dell´indice di Ghini (che misura la divergenza interna) – «mostra divari piuttosto contenuti». La diseguaglianza, dunque, è un male diffuso e non superato: il nostro indice Ghini è fermo dal 2006 allo 0,613 (dove lo 0 indica la minima concentrazione di ricchezza e l´1 la massima). La società è divisa fra poche grandi famiglie con grandi capitali e una maggioranza che vive facendo molta attenzione ai bilanci di fine mese. E negli ultimi dieci anni è comunque aumentato il numero delle famiglie con ricchezza netta negativa (più debiti che beni) passato dal 2,3 al 3,2 per cento).
    Ciò che ci distingue dagli altri paesi è piuttosto il basso tasso di indebitamento familiare: alla fine del 2008 l´ammontare era pari al 78 per cento del reddito disponibile lordo. In Germania e Francia era circa al 100 per cento, negli Stati Uniti e del Giappone al 130.
    Cambia, comunque, anche la composizione della ricchezza: nel portafoglio delle famiglie ci sono sempre meno titoli di Stato e più conti di deposito e risparmio postale. Visti i momenti di crisi, segnala la Banca d´Italia, si cerca di restare«liquidi». La fuga da Bot e Bpt e Cct si misura con i 189 miliardi di euro investiti in titoli pubblici nel 2009, contro i 259 del 2008. In rialzo invece il denaro contante (da 95,6 a 102,4 miliardi) i conti correnti in deposito (passati da 432 a 491 miliardi) e le azioni (da 584,4 a 636,6 miliardi). Per chi può permetterselo, l´investimento immobiliare resta comunque fra le opzioni preferite: il 50 per cento della ricchezza delle famiglie italiane è concentrato nel «mattone» e – anche se la loro richiesta sta rallentando – il 41 per cento dei debiti è rappresentato da mutui per l´acquisto di case”.

  5. Ha fatto bene, signora Lipperini, a leggere e incollare il rapporto redatto da Banca d’Italia. Fa da contraltare ideale al pensiero di Beveridge. Perbacco, ma cosa dico: da epitaffio lapidario.
    Rileggere oggi il rapporto Beveridge fa capire quanti salti ribaltati siano stati fatti negli ultimi 30 anni per tenere assieme capre e cavoli, Welfare e individualismo. Se il Pil cresce, cresce la torta. Diventa facile far digerire ai tanti nullatenenti la speranza in un futuro migliore, mostrar loro le divisioni di reddito e patrimonio come una transitorietà di cui sono in buona parte responsabili, fautori potenziali del proprio destino. In molti casi ha funzionato. Si può concedere un welfare con la sinistra, mentre ci si riempie il portafoglio con la destra.
    Ma sono 30 anni che il PIL occidentale non cresce proporzionalmente al mantenimento dei nostri auspicati ammortizzatori sociali. Perciò il taglio del welfare non è la volontà di un Governo cattivo, qualunque giubba vesta. È l’unica possibilità per chi non voglia mettere in discussione la proprietà privata, oibò.
    Cosa consiglia lei come criterio di redistribuzione in quella sperequazione di ricchezza che mi sciorina sotto il naso, scusi, il riequilibrio del sistema per via contributiva? Mi piacerebbe pensare che abbia un altro asso nella manica, non solo la denuncia di ciò che non va e altrove pare funzionare.
    Lei ha studiato molto il sistema scandinavo, che piace a entrambi. Ma ne ha capito le condizioni storiche e demografiche di esistenza? Se non sa rispondersi a questa domanda, la sua è solo una speranza. Appunto una citazione fuori tempo (massimo).

  6. @ Uomo che ridi (che te ridi poi, ma il nome è bello) chiedi alla Lipperini: “Cosa consiglia lei come criterio di redistribuzione in quella sperequazione di ricchezza che mi sciorina sotto il naso, scusi, il riequilibrio del sistema per via contributiva? Mi piacerebbe pensare che abbia un altro asso nella manica”. Sapendola umanista e non economista avrà sotto il braccio il libro di Revelli Poveri, noi, forse o qualcos’altro. Quindi si muore di speranze mal riposte. E nel frattempo le menti più acute muoiono in modo bislacco. Vedi il povero Padoa Shioppa che è quasi caduto con la testa nel piatto (mi ricorda l’inizio di un romanzo di Roth, non ricordo quale sinceramente). Questa sperequazione economica tra poche famiglie e gli altri (poveri per semplificare, il certo medio resiste) ormai è insopportabile. Confido nei giovani, in molti, non in tutti, Alcuni hanno la consolle della play station nei movimenti delle mani e non va benissimo.

  7. Caro e immarcescibile, per nostra sopportazione, Hommequirit. Naturalmente una povera, sciocca umanista non solo non potrebbe avere proposte economiche, e se le avesse sarebbero indubbiamente sciocchine come si conviene.
    Casualmente, ci sarebbe un signore, che si chiama Mario Draghi, ed essendo ai vertici della Banca d’Italia senz’altro è più competente di me e forse – forse, non è detto – anche di lei. Il signore in questione sostiene che portando l’occupazione femminile a livelli europei (60%, per lei che ama i numeri) e non decisamente sotto il 50 come nel nostro caso, il famigerato PIL crescerebbe di diciassette punti percentuali. Crescendo l’occupazione femminile, aumenterebbe anche la natalità (secondo studi di economiste della Bocconi, certo non miei).
    Sarebbe un piccolo passo per uscire dallo stallo, e senza andare a tagliare come rami secchi i servizi dello stato che, si sa, servono solo ai nullatenenti (sicuramente per mia malizia, ma ho avuto la sensazione che a lei sarebbe tanto piaciuto scrivere nullafacenti: mea culpa).
    Come vede, si ragiona per passi piccoli.
    Altri signori, sicuramente più titolati di una povera umanista, sostengono che esistono settori in cui lo stato può risparmiare, eccome: dal numero di consiglieri e assessori in regioni, province e comuni alla banalissima lotta all’evasione fiscale. Poi, potrebbe dilettarsi con la contromanovra di Sbilanciamoci, che troverà qui
    http://www.sbilanciamoci.org/
    Zuzzurelloni, di certo non degni del suo intelletto. Ma, guardi un po’, io penso che qualche ragione ce l’abbiano.
    Buon Natale

  8. Come si fa,signora Lipperini a far crescere l’occupazione femminile?
    Provi a spiegarcelo.Draghi si è ben guardato dal dirlo.
    E’ come dire se non ci fosse la disoccupazione al 9-10%,il pil crescerebbe…che scoperta!
    Quanto al risparmio di assessori e consiglieri comunali e regionali,servirebbe solo per il cappuccino.
    Per accennare poi ai tagli del welfare,pare che greci,francesi,spagnoli,inglesi… siano tutti dei cattivoni…

  9. Insomma, pare che non si possa fare niente, tranne i tagli al welfare.
    E dunque vai con disoccupazione, evasione fiscale, corruzione vertiginosa, povertà, disuguaglianze abissali!
    W l’Italia, il migliore dei mondi possibile.
    .
    Riguardo al termine ‘speranza’ la farei seguire sempre dall’aggettivo ‘progettuale’, che era pure il titolo di un bel libro di Tomas Maldonado, naturalmente fuori catalogo da anni.

  10. Come si fa, miskin-mary che, si tratti di King o di Welfare, poni ragionevoli dubbi?
    Draghi non si è guardato dal dirlo, così come non si guardano dal dirlo, da anni, economisti/e e studiosi/e. Congedo parentale obbligatorio per entrambi i genitori. Asili nido. Asili aziendali. Sostegno alle famiglie reale e non per qualche family day d’occasione.
    Non si tratta di “cattivoni”: per favore, gli scherzetti riserviamoli alle dispute su cosa è letterario e cosa no. Si tratta di un’economia fallimentare NON per il welfare, ma per la virtualità che si è perseguita da anni senza invertire la rotta, facendo scoppiare bolla su bolla. E questo non lo dice la stolta umanista.

  11. A scanso di equivoci: non mi aspetto che un umanista sia sempre un parente di Sen o Samuelson. Nessuno è perfetto. Mi aspetto invece che se la cavi meglio con la comprensione testi in italiano. Così facendo potrebbe addirittura scoprire che ciò che legge non è l’apologetica del libero mercato ma l’ateismo verso tutti gli idoli. Soprattutto quelli ancor più pericolosi basati sull’ingenuità, perché è da un’illusione perduta che nasce l’impotenza. O la rabbia.
    Col tassare le rendite finanziarie a livello europeo siamo ancora nell’impotenza. Aldilà del gettito che potrebbe derivarne, occorre capire che all’estero le aliquote implicano formule di franchigia, esenzione e coefficienti correttivi. Inserite poi in detrazione dei redditi potrebbero addirittura far calare l’imponibile dichiarato se il capital gain fosse negativo, contabilizzandosi come passività. Ma è solo la punta dell’iceberg di una serie di relazioni non così lineari come qualcuno crede di credere – forse religiosamente. Ricordiamo per gli smemorati che la legislazione italiana, de facto, non ha nessuna conseguenza penale per l’evasore al di sotto di 100000 euro di tassazione inevasa, si badi, non di imponibile (questo è sicuramente un punto su cui lavorare ma i tempi d’attuazione non occuperanno il battito di ciglia di un decreto bensì gli evi bui delle Crisi nere). Peggio ancora è la filosofia di fondo del sistema di detrazione, che in Italia permette legalmente a chiunque abbia un commercialista zelante di contabilizzare al passivo anche le nuvole del cielo.
    Sorvolo elegantemente sulla confusione tra causa e effetto nella generazione del PIL e occupazione femminile proposta da Loredana e sulla contromanovra cherubina di Sbilanciamoci – mai nome fu più consono. Come mi ha ricordato, è Natale. Occorre fingere di essere tutti più buoni, no?

  12. Hommequirit. Non la propongo io quella formula. E’ un tormentone caro a Draghi: per ogni 100 donne che entrano nel mondo del lavoro, si creano 15 nuovi posti nel settore dei servizi e dell’assistenza alle persone.
    Dopodiche, alzo le mani. Noi siamo stupidi. Lei è un genio. Si tenga stretta questa Italia, visto che le piace tanto.

  13. Ps. Leggo ora una replica (replica) della signora Lipperini e ho deciso di farle un regalo di Natale. Non esistono bolle. Il concetto è deviato ed usato sovente o da chi non capisce la finanza o da chi l’ha capita talmente bene da usare il termine per continuare a non farla capire agli altri.
    In economia finanziaria ognuno è libero di allocare il denaro dove vuole. Se lei ritiene di voler partecipare all’attività produttiva di una specifica impresa in un determinato settore, lo può fare attravero una serie di strumenti finanziari. Ora, se in molti decidono che il settore X può avere un ritorno economico ecco che tutti acquisteranno un’azione dell’impresa Y a essa associata. Il valore dell’azione subirà un aumento. A un certo punto chi riterrà di aver maturato un guadagno in capital gain realizzerà vendendo l’azione, abbastanza ovvio. E la capitalizzazione del titolo subirà una defalcazione proporzionale alla vendita.
    Cos’è una bolla quindi? La semplice constatazione di cosa sia un mercato finanziario, ovvero che in un’arena vale il detto mors tua vita mea. Se un titolo passa da una capitalizzazione alla sua metà, i giornali parlano con registri ineluttabili: “bruciati tot miliardi”. È quindi una fatalità da accettare, un lutto dovuto all’umore degli Dei, che si interrogano ma non si governano. Il fatto è che non viene bruciato proprio nulla, semplicemente alcuni incamerano sotto forma di realizzo ciò che gli altri che restano sul quel titolo contabilizzano come perdite. Ma poi come fai a visitare da tergo l’ignorante agnello a cui viene chiesto di gettare il suo denaro in un agone di lupi, con la favola del mercato che premia tutti, se non decrivendo con i registri dell’ineluttabile il normale funzionamento di distribuzione del denaro?Invocheremo allora la metafora della bolla o parleremo di incendio. Ma è solo la stoltezza di chi è incitato a entrare sul ring come fosse un pranzo di gala. Poi è lui che resta bruciato, becco nel portafoglio e bastonato dal suo predatore che gli dà pure la pacca sulla spalla.
    La quantità di denaro di un sistema è costante, tanto ne entra, uguale ne esce. In sintesi, per in non udenti, il giustamente vituperato mercato è composto da tutti quegli individui che di giorno reclamano un sistema diverso e di notte sperano di vincere il proprio personale enalotto nei mercati finanziari, lavoratori e famiglie, squali e carpe (si veda la sua relazione Banca D’Italia sulla quota delle attività finanziarie in relazione al resto)
    Capito?

  14. Ma ha capito che Draghi sta giustamente reclamando per le donne l’attenzione che meritano, sta mostrando agli italiani come all’estero la donna viva a un livello più evoluto di modernità, nella professione come nei diritti? Se mia nonna avesse le ruote sarebbe un carretto, recita il proverbio. Draghi sta dicendo la stessa cosa, solo che il carretto ha un’importanza ben maggiore. Ma il suo ragionamento, Lipperini, è post hoc ergo propter hoc. Per ogni 100 donne che entrano nel mondo del lavoro, si creano 15 nuovi posti nel settore dei servizi e dell’assistenza alle persone, dice lei. Ma il punto è che per far entrare 100 nuove donne non è la redistribuzione dei ruoli che occorre guardare. È un’arma spuntata. Come dire che che per 100 nuove fette di torta, quindici verranno magiate dai bisognosi.
    Ma chi è che aumenta il peso della torta? Dio e la speranza che si fa provvidenza?

  15. @lipperini
    Posti di lavoro,vuol dire economia in ripresa.Posti di lavoro produttivi e non fittizi.Coi chiari di luna che corrono in Europa,e con una disoccupazione record con punte del 18%,quelle di Draghi son solo parole.
    Quel che ci vorrebbe son tutti capaci a dirlo,a farlo molto meno.
    Il sistema che ci ritroviamo,con tutti i fallimenti del caso, è l’unico che è rimasto,correggibile per la famosa virtualità che lei dice,ma fino ad un certo punto,e non esistono sistemi perfetti e giusti che non vadano incontro a periodiche crisi più o meno gravi.Se qualcuno ne suggerisce un altro praticabile è il benvenuto.
    Non è che c’è da tenersi più o meno stretta questa Italia,è che da stringere non c’è molto d’altro in giro,nemmeno nella famosa erba del vicino che è sempre meno verde.
    Con questa globalizzazione, il campo di manovra dei singoli stati è notevolmente ridotto,e comunque sempre dentro il sistema dato,che è mondiale appunto.
    Detto questo ,liberismo o non liberismo,a me pare che la dinamica politica economica mondiale sia destinata ad andar sempre peggio,con sempre più squilibrii sociali e restrizioni di libertà,conflitti ed insicurezza.
    Le speranze,se c’erano,di un mondo ordinato,giusto….restan solo chimere..

  16. La speranza è fragile, quando altri uomini (al potere) fanno di tutto per renderla inconcepibile, purtroppo (ogni riferimento alla situazione attuale è voluto, anzi premeditato)

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