– Il fatto che nessuno, durante l’ultima puntata di Annozero, abbia risposto all’ineffabile Nicola Porro quando sosteneva che il vero bersaglio della protesta degli studenti doveva essere il welfare, e naturalmente i pensionati succhiasangue.
– Il fatto che nessuno abbia ricordato che i pensionati succhiasangue sono i più poveri d’Europa, semmai.
– Il fatto che nessuno abbia tirato fuori i dati sulla disuguaglianza economica in cui il nostro paese eccelle.
– Il fatto che quando si risponde – giustamente e anzi molto giustamente – alla lettera di Roberto Saviano si tirino fuori tutt’altre faccende rispetto ai contenuti della lettera, e si approfitti dell’occasione per sottolineare che tanto lui è ricco e famoso.
– Il fatto che Marco Revelli ha disperatamente ragione.
(A proposito di lettere: questa, sia pure con qualche distinguo sull’incipit, è una signora lettera)
(Di nuovo a proposito: Giovanna Cosenza e la sottoscritta spesso si muovono in sintonia senza saperlo)
Insito, l’obiettivo non è la Svezia ma l’Italia. Almeno per me. Baratterei volentieri quel che abbiamo con ciò che hanno loro. Immagino bisognerebbe barattare anche i cittadini dei rispettivi Stati. Qui le corporazioni non solo non mollano la presa ma predicano anche quando fai notare loro che per difendere i loro interessi hanno creato le condizioni attuali.
Vorrei ricordare a tutti che personalmente considero il modello svedese il mio punto di riferimento.Tuttavia mi pare che molti non abbiano capito le ragioni per cui il modello è inapplicabile all’Italia, ahimè. Su, vediamo se qualcuno ha qualche idea. Sono sicuro che Lipperini ringrazierà anche lui.
@Lipperini
Ti capita mai di sentirti davanti a certi tecnici come il povero Renzo che non sa di latino davanti a Don Abbondio? A me si.
Poi mi ricordo di essere non umanista ma umano, e di ricordare la differenza tra il filosofo e il sofista. Il sofista è quello che riesce a dimostrare che il bianco è bianco ma anche nero, e che tassare le rendite patrimoniali è uguale a non tassarle. Poi ti ricorda che non si può avere un chilo di torta a testa se si è in dieci e la torta pesa otto chili. Ma omette di ricordare che l’imperativo della crescita economica come unica condizione della pace sociale è nasto in un epoca in cui non si aveva il minimo sentore dei limiti planetari allo sviluppo e dell’esaurimento delle fonti di energia non rinnovabili, mentre l’asia era solo il paradiso degli esploratori, non solo quello del lavoro a basso costo. Che vuoi, è gente così, ragiona benissimo fino a un certo punto, ma quando gli chiedi un controcampo sul proprio frame non capiscono di che parli.
E’ che a vivere di numeri si perde l’olfatto degli odori.
In effetti la teoria non puzza mai di bruciato e i disperati in piazza sono solo insetti sconvenienti sulla pagina del libro mastro.
Sto pensando a quanti decenni sono passati per i cittadini di paesi come la Svezia (o altri luoghi simili), ai decenni in cui la loro vita si è svolta in maniera molto diversa da qui: un quotidiano fatto di piccoli progressi, di barriere architettoniche eliminate (non solo per i disabili), di incentivi concreti al lavoro femminile, di congedo parentale, lotta alla discriminazione di genere, efficienza e lungimiranza…penso a come questo ha cambiato concretamente le azioni quotidiane delle persone, i modelli, la cultura, le loro aspettative, la dignità. Cosa dobbiamo pensare noi? che con la crisi siamo più bravi perchè meno indebitati, più abituati ad arrangiarci, a tenere amorevolmente i vecchi a casa. Che il welfare scandinavo è inapplicabile? La speranza, l’utopia di cui parla Loredana nei post e nei libri deve diventare una vera consapevolezza, uno sguardo completamente diverso, un progetto personale. E formare il nostro quotidiano. Lo sconforto, e la speranza, sono un lavoro.
Certo, puo’ darsi che i numeri siano sbagliati, oppure che siano da aggiornare.
Non pare però che si sostenga che i privilegi siano riservati esclusivamente alle donne in gravidanza, il che non sarebbe nemmeno necessario per giungere a quelle conclusioni dell’ autore.
Comunque mi sembra di aver presentato fonti affidabili, oltretutto è un’ acqua che fa girare diversi “mulini”, lo dico a chi parte d’ istinto con i pregiudizi; il lavoro della Catherine Hakim, tanto per dirne una, fu ripreso con enfasi dal Guardian (articoli reperibili in rete), giornale da sempre schierato su posizioni progressiste.
Sul “sommerso”, il tuo scetticismo sui dati parte da una premessa per me dubbia, ovvero quella che esprimi quando dici: “se effettivamente il 75%delle donne lavorassero per il governo, quindi senza possibilità di evadere…”
Come “senza possibilità di evadere”?
Da noi i lavoratori pubblici alimentano un sommerso considerevole.
Ricordo addirittura uno studio della CGIA di Mestre (qui c’ è una traccia per risalirvi) che individuava nei lavoratori dipendenti la fonte più rigogliosa del sommerso italico, seguivano criminalità, autonomi e multinazionali.
La cosa poi, non è certo lontana dal nostro sentire comune. Nell’ ufficio dove lavoro, nel pomeriggio ci raggiungono dei “dipendenti pubblici” per dare una mano. Io stesso, per tutti i lavoretti di casa mi avvalgo dell’ opera di arzilli pensionati e dipendenti che arrotondano con reciproca soddisfazione.
Ma cavillare su queste “classifiche” serve a poco, l’ importante è sapere che si puo’ essere “dipendenti pubblici” e nello stesso tempo alimentare il sommerso, e alla grande.
***
Per giocare a carte scoperte, io sono contrario al modello svedese, anche per ragioni ideologiche se vogliamo. Dal punto di vista pratico mi limiterei a dire che certe cose non si scelgono come si fa al supermercato. Su questi temi c’ è una legge storica generale che parla chiaro: chi più spende più spreca (la illustra bene l’ excursus di Vito Tanzi e Ludger Schuknecht, qui per iniziare, c’ è molto anche sugli sprechi scandinavi). Quasi certamente è la legge in cui ricadremo una volta deciso di spendere di più. Una fine di cui nessuno sente il bisogno, specie oggi.
E’ ovvio che certe cose non si scelgono come al supermercato, e sulle ragioni ideologiche non avevo dubbi. E dunque?
Dunque se vogliamo un welfare decente dobbiamo pagarlo caro, cominciando magari con iniezioni di liberismo, dosi da cavallo però, non pallide “lenzuolate”; ce n’ è di strada per passare dall’ 80esima posizione (Italia) alla 20esima (Svezia). E preghiamo che basti.
Se si vuole distribuire bisogna pur avere qualcosa da distribuire. Chi non coglie la logica?
Non si puo’ essere “vestali del welfare” senza essere “vestali del liberismo”.
Ma qui quando si cerca anche solo di rimodulare l’ art.18 (ricordate il referendum radicale?) viene sparso sangue per le strade e si annuncia l’ “attacco ai diritti”! Mi sa che non andiamo mica molto lontano con certe zavorre.
Appunto, signora BB, togliamo certe idee di testa a quei garantiti di dipendenti, pubblici o privati! Un po’ di paura e ansia e straordinari non pagati non possono fargli che bene, una bella iniezione di liberismo e poi vedrà come corrono. Noi, ‘popolo del Web’, ovviamente lavoriamo duramente e senza lamentarci in lavori d’altra professionalità e senza bisogno di protezioni d’alcun genere perchè siamo i migliori e il posto ce lo guadagniamo tutti i giorni (bello l’anonimato della Rete, eh?) ed è giusto il momento che lo facciano anche loro. Chi più spende più spreca si dice, citando economisti insigni (insomma…): smettiamo tutti di spendere e sprecare e vedrà come l’economia partirà a razzo, altro che Cina!
(mi dica, in confidenza, signora Billa, lei è laureata, vero?)
Nessuno vuole togliere nulla a nessuno. Semplicemente si constata che qualcuno si è preso – negli anni – moltissimo e agli altri non è rimasto niente. Tanto per dire: nei due anni in cui sono stata consulente per un centro di ricerca pubblico, i dipendenti staccavano alle 14 con due rientri pomeridiani. Noi consulenti – per tacito accordo – lavoravamo tutti fino alle 19 per sbrogliare quanto era rimasto indietro. Me ne sono andata non appena ho compreso che era un inutile carrozzone – non produceva alcun tipo di ricerca. Me ne sono andata quando avrei potuto essere assunta. Tanto per dire. A ciò che mi risulta l’Ente inutile è ancora lì coi suoi sprechi, i privilegi e i ricercatori a contratto che coprono i dipendenti. Francamente se una dose di “liberismo” chiudesse baracca e burattini non ci sarebbe poi da piangere. Credo.
chi è Billa?
@Paola Di Giulio
http://congedoparentale.blogspot.com/2010/12/minimalismo-svedese.html
Una soluzione semplice, economica ed efficace per abbattere un tipo di barriera architettonica – Talmente facile che, volendo, si potrebbe fare a Milano e Roma domani. Volendo, appunto.
@Brincobilly Occhio che sennò sembra che allora il sommerso svedese è causato dal 75% di donne che lavorano nel settore pubblico…
In quanto a ciò che scrivi (“Non pare però che si sostenga che i privilegi siano riservati esclusivamente alle donne in gravidanza” ) visto che c’è la citazione “Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford — so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them…” mi sembrerebbe proprio di si, visto che si parla di Swedish women e non citizens/workers.
@Valter Binaghi
Stia sul pezzo, su, che questi commenti da paraculetto non fanno onore alla sua intelligenza. Caricaturare l’opinione (non capìta) dell’avversario è tecnica infima da Azzeccagarbugli e lei non lo è mai sembrato.
A vivere di numeri si perde l’olfatto degli odori. Ha ragione, la Scienza senza la Filosofia è cieca. Ma la Filosofia senza la Scienza è vuota.
Hommequirit: a me sembra che sia lei a non stare sul pezzo. O meglio, a stare solo sul suo pezzo. Io continuo a non capire perchè soluzioni come quelle esemplificate da Stefano qui sopra non siano praticabili. E perchè i servizi offerti ai cittadini non siano, anche, possibilità di occupazione.
A me sembra, perdonatemi (e mi riferisco anche a Broncobilly) che l’elogio del liberismo da una parte e la dimostrazione di un’utopia dall’altra non servano, qui, a ragionare sulle soluzioni: ma semplicemente a renderci noto quanto siete bravi.
Siete bravi.
Bravissimi.
E poi?
Grazie Stefano, grandioso. Non so perchè ma continuo a pensare che a molti a volte manca la certezza di avere il pieno diritto a usare liberamente (per sé, in primis) passeggini, sedie a rotelle e quant’altro, senza dover rinunciare a uscire (perché di questo si tratta), senza fare gimkane, senza sentirsi supereroi o wonderwoman. Eppure le nostre leggi in materia di barriere architettoniche sono all’avanguardia. Forse è solo un problema delle mamme (per i passeggini) o dei disabili. Non riguarda tutti :-/
Vediamola un po’ dal punto di vista umanistico: Bonus in uno bonus in omnibus da una parte; mutatio controversiae, pars pro toto, litote dall’altra.
Niente male, Lipperini, niente male. 🙂
(Per quel povero diavolo/a che non sapesse cos’è una litote, lascio qui un aiutino: “Consiste nell’esprimere un concetto in forma attenuata, per lo più negando il concetto opposto.”)
@hommequirit
paraculetto, si ma con faccia, nome e cognome.
lezioni di trasparenza da un nick faccio fatica a prenderne.
@hommequirit
comunque hai ragione su una cosa: non mi piace uscirne con una battuta.
Allora, sinceramente, quello che noi poveri mortali capiamo è questo:
“Per salvare il sistema finanziario le risorse vengono dirottate dalle strutture sociali verso il sistema bancario, e questo comporta il taglio della spesa sociale, la riduzione dei salari, la precarizzazione del lavoro. La competizione con i paesi di nuovo sviluppo, si dice, richiede l’abrogazione di fatto dell’eredità su cui riposa la modernità europea: la tradizione umanistica, illuminista, socialista e democratica che fino a pochi anni fa costituiva l’orizzonte insostituibile del discorso ufficiale europeo.”
(Bifo)
Adesso mi dirai che siamo nella caverna platonica, queste sono solo ombre delle idee, la verità è ben altra, cioè?
Parlando di “ideologia” mi riferivo ai miei valori che sono quelli liberali e che quindi tollerano anche forti diseguaglianze sostanziali, pur di preservare quella formale sui diritti. La virtù della generosità per me non è dunque affar di burocrati, agli occhi di un liberale lo stato etico ha sempre qualcosa di inquietante.
So che i valori liberali non sono molto popolari da noi e quindi mi guardo bene dal perdere tempo facendo l’ “elogio” del liberismo, mi sono limitato a segnalarne la necessità. Un’ economia libera è il forno che cuoce la torta da distribuire. Serve a tutti ma in particolare a chi vuole distribuirne tanta, costui deve avere un forno molto potente e pregare che basti, altrimenti farà sempre da vagone ad altre locomotive.
Stefano, forse ho capito meglio cosa dici. Certo che se le donne svedesi non godono di alcuna forma di privilegio accordato dalla legge, la loro concentrazione in quel welfare mascherato a cui spesso si riduce il settore pubblico è ancora più preoccupante! Tieni presente comunque che il libro è del 2005; posso solo dire che cercare di far fronte alle distorsioni prodotte da un privilegio estendendolo a tutti comporta non pochi inconvenienti, in primo luogo rende tutto enormemente più costoso, e torniamo al discorso del “forno potente”. Chi sono poi gli “invisibili” che pagano? Mi vengono in mente le donne senza figli, per esempio.
In generale, io non capisco questa mania di “declassarsi” e di attaccare il prossimo ponendolo su un piedistallo. Come diceva il poeta “c’ è sempre un po’ di arroganza in chi si mette arbitrariamente un gradino sotto”.
Il link era sbagliato, quello giusto è qui.
Broncobilly, come fai a dire che i valori liberali non sono popolari da noi, scusami?
Ad ogni modo, l’arroganza è, mi sembra, di chi oppone al tentativo comune di una riflessione verità inconfutabili (che, qualora venissero anche confutate, continuano ad essere ritenute tali. In assoluto, non mi piace (de gustibus) l’esibizione muscolare e dalemiana dell’intelligenza. Ma, appunto, sono opinioni. Mie.
Ps. del resto, Broncobilly, con uno che trancia certi giudizi, ammetterà che non è né semplice, né gradevole e forse non è neanche utile parlare:
http://broncobilli.blogspot.com/2010/09/il-dilemma-della-neo-femminista.html
@Valter Binaghi
Ha dimostrato di saper silenziare la bile in favore della testa. Questo le fa onore.
Sono d’accordo con ciò che dice Bifo. La sua non è un’opinione: è la cronaca di un fatto. È una conseguenza radicale di un sistema capitalista imperniato sul dogma della crescita. Chiariamolo: quando dico che l’inoccupazione femminile non può essere risolta con ulteriori divisioni della torta o scambio di parti, implicito che ci sono solo due metodi: ingrandire la torta creando nuove parti e conservando le esistenti (sistema capitalista, che non ritengo oggi più di ieri, per ragioni complesse, che sia una strada vantaggiosa); Ridisegnare le frazioni della torta, mettendo in discussione le parti esistenti (sistema comunista, che avallo). La mia critica, che ha generato disappunto ingiustificato, è spiegare che purtroppo non ci sono altri metodi e non ci si può illudere di cambiare le cose per via riformistica, a piccoli passi. Naturalmente la discussione potrebbe essere svolta al basso livello di razionalità dei filosofemi, generando un relativismo d’opinione in cui ognuno può permettersi di uscirne indenne conservando la propria posizione.
Invece la mia affermazione è un teorema dimostrato da Strasnick e Hammond nel 1976 e ci dice che esistono solo DUE criteri di redistribuzione della ricchezza che soddisfino le condizioni di neutralità (la distribuzione dipende solo dall’ordine globale) e di unanimità (se è possibile distribuire la ricchezza senza che nessuno peggiori la sua condizione, si deve farlo): metodo capitalista, che fa arricchire il ricco (maximax), e metodo comunista (che fa arricchire il povero, maximin).
Il riformismo tanto sbandierato dalla nostra Sinistra europea diventa quindi il sinistro conservatorismo dello statu quo. Qualcuno farà notare che altri Paese europei riescono dove noi non riusciamo, dimenticando che ogni sistema andrebbe letto al netto delle risorse di partenza e di un eventuale passato colonialista che ha permesso un accumulo fondamentale, oltre naturalemte agli attivi o passivi maturati al consuntivo della Guerra mondiale.
Non starò qui a dire per quali motivi gli svedesi stiano mettendo in discussione il proprio sistema fiscale o per quale ragione i socialdemocratici abbiano smesso di vincere le elezioni. Il punto è che il modello svedese implica tutta una serie di parametri che devono essere soddisfatti: bassa demografia in relazione alle risorse naturali, ricchezza generalizzata di partenza, industrializzazione avanzata, flessibilità efficiente…
Facciamo un banalissimo esempio, ché questa non è purtroppo la sede. In Italia se perdi il lavoro dipendente scatta una cassa integrazione non coordinata al sistema industriale, quindi il lavoratore non è incentivato a trovare il lavoro ma a consumare il sussidio per il tempo concesso.
Si argomenterà che è un problema di collocamento, di gestione di una rete che allochi in tempi rapidi l’offerta e la domanda, di agevolazioni per il disoccupato, quali l’esenzione della bolletta del telefono che invita a cercare il lavoro, o obblighi, come l’accettazione di un impiego compatibile pena la perdita del sussidio. Molti penseranno di aver trovato un punto su cui lavorare, impiegheranno le proprie energie, anche retoriche, nel convincere il prossimo della bontà del metodo. Dov’è l’errore, se di errore si può parlare? Che il sistema industriale italiano non permette questa flessibilità per via della sua natura produttiva, basata sulla piccola e media manifattura. Questo a sua volta si porta dietro tutta una serie di condizioni su cui operare, a cominciare dai trasporti necessari per gestire questa fluidà dinamicità professionale, che richiedono investimenti immensi e lunga veduta. Due condizioni che a loro volta…
A questo punto prevedo l’obiezione: ma qualcosa andrà pur fatta, da qualche parte bisognerà pur principiare, è frustrante gurardare e non agire, se ognuno nel suo piccolo…
Vero, ma anodino. Ci sono questioni che possono essere risolte solo a livello sistemico. Il resto è riempire la giornata con le proprie speranze.
Eppure la mia sensazione è che i valori liberali non siano apprezzati, cosa del tutto lecita. Nel pensiero della “vecchia Europa direi quasi scontata.
D’ altronde, la soluzione ventilata da Stefano nel suo link mi sembrava raccogliere ampi consensi. Ma come potrebbe una soluzione imperniata sul proibizionismo (proibito rinunciare al congedo parentale) piacere ad un liberale? Il link che ho inserito amplia un poco le due righe che mi concedo qui.
Cio’ che mi premeva far presente è che viviamo una crisi fiscale e non ci servono dunque soluzioni che facciano spendere di più, ci servono soluzioni che facciano spendere di meno.
La Svezia puo’ insegnarci qualcosa, purchè si privilegi la seconda lezione, non la prima! E “la seconda” è poi sempre la stessa soluzione in salsa diversa: deregolamentare e privatizzare. Se c’ è una cosa su cui gli economisti sono d’ accordo è che il privato fa le stesse cose dello Stato a metà prezzo. Alleniamo allora lo Stato a fare il cane da guardia del privato anzichè il “progettista” spendaccione della società perfetta.
P.S. sul P.S.: forse in un blog usato per lo più come “appunto personale” non si puo’ che essere tranchant; d’ altronde nel link non scorgo giudizi offensivi ma solo giudizi di chi è tenuto a stenderli su una cartolina in attesa di svilupparli nell’ eventuale discussione (per esempio questa).
@hommequirit
Secondo me una terza via tra liberismo e collettivismo esiste, ed è sancire una differenza fondamentale tra proprietà privata delle idee e del lavoro e proprietà collettiva delle risorse naturali, etere compreso. Per esempio si potrebbe scoprire che agevolando il ritorno all’agricoltura e il consumo locale da un lato e la ricerca su energie rinnovabili dall’altro la torta aumenta più che producendo gadget inutili o moltiplicando trasporti per filiere interminabili. Il mio punto di riferimento non è Smith o Marx (che secondo me spingono in senso opposto il medesimo veicolo suicida della crescita industriale illimitata) ma semmai Proudhon o Latouche.
interessante Revelli, lo condivido grazie…
@Broncobilly Qui in Svezia si parla di “socialliberalismo” come forma di liberismo “moderata” rispetto agli estremi del liberalismo che per alcuni sembra voler dire “liberi di fare qualsiasi cosa” che è quello per il quale chi ha la fuoriserie vuole essere libero di andare a 220 all’ora in autostrada (tanto c’ho l’abs dicono) libero di non pagare le tasse (ma di solito di pretendere servizi) libero di licenziare “liberamente” senza addurre motivazioni, libero di passare con il rosso “tanto non arriva nessuno”, eccetera. Ecco quindi che la mano libera del mercato diventa invece legge della giungla con accumulazione delle risorse nelle mani di pochi e perdita generale per la società. Io preferisco meno disuguaglianze sociali e, forse, qualche diritto in meno. Dico forse perché mi riesce difficile accettare lezioni di diritto e libertà ad esempio da chi mi prende le impronte digitali quando entro in casa sua.
“Ci sono questioni che possono essere risolte solo a livello sistemico”. Sì, ma ci sono questioni che possono essere risolte a un livello non sistemico, in modo empirico e terra terra?
Perchè, a prescindere dall’individuazione e dal numero dei modelli (cosa peraltro sacrosanta), ogni modello poi viene applicato.
Intervenire sulle modalità e sulla qualità dell’applicazione, proprio no?
Il riformismo sarà pure un modo di mantere lo status quo, ma pure rifugiarsi nei pensatoi a filare pensieri incorrotti non è che faccia fare grandi passi avanti.
Non so voi, ma c’è gente che deve pur campare e vorrebbe farlo un po’ meglio, o un po’ meno peggio, di quanto è costretta a farlo allo stato attuale delle cose. E, in questo stato, non sempre si riesce a silenziare la bile.
@Broncobilly. Conosco quel blog. E’ quello dove io venivo definita “la velina estiva di Fahrenheit”. Capisce da solo che quando si usano simili argomentazioni non esiste alcuna possibilità di dialogo. Perché per me le parole hanno un peso: e, mi creda, al di là del fatto personale. Chi ragiona in questi termini non mi interessa. Nè professionalmente, né come interlocutore in una discussione, né, tantomeno, umanamente.
La saluto
@Loredana
A me non verrebbe mai in mente di definirti velina – né estiva né invernale – di alcunché. Le parole hanno un peso ma anche i fatti. Molte persone sono arrabbiate di brutto con la generazione che la precedute perché ne pagano i conti. Non è colpa tua o tua responsabilità. E’ un fatto. Non c’è niente di personale. Non è un giudizio sul tuo comportamento. Diciamo che si fa – ingiustamente – media statistica. C’è una svalangata di gente che è poteva andare in pensione con 14 anni un mese e un giorno di contribuzione. Non è il tu caso ma altri ed io stiamo pagando anche quel conto lì. Il che – penso tu lo possa comprendere – provoca qualche travaso di bile. Soprattutto perché quando tale privilegio è stato abolito ci sono stati diversi scioperi. Tutti dicevano che si andava a toccare un “diritto acquisito”. La sensazione – tutta personale – è che in Italia ciascuno veda privilegi nei “diritti” altrui. In Svezia – liberisti o meno – marciano diversamente.
Barbara, ma infatti non ho nessun problema a discutere su welfare e liberismo. Ho problema a discuterne con chi ha usato e usa alcuni parametri e soprattutto usa le parole come clave. Non certo con te.
@ Loredana
mi fa piacere -))) Anche perché ho da poco finito il tuo libro. Non sono d’accordo su tutto ma è stato un bel leggere. Grazie.
Buone feste a tutti. A chi va e a chi resta.
Ottimo punto, Stefano. Solo che c’ è il “rischio-straw-man” nel dipingere la controparte, anche quando si parla in perfetta buona fede. Penso ai 220 km orari.
Mi avvalgo di una metafora.
Immagina il “creazionista” quando afferma: “l’ evoluzionismo è una teoria assurda, senza un Legislatore che governi dall’ alto pianificando le forme che deve assumere la materia, come potrebbe mai prudursi sulla terra un ordine tanto sofosticato?”.
Penso che una leggerezza del genere possa far intuire alcune semplificazioni indebite in cui ricade chi ragiona sulle conseguenze della libertà umana: ci sono infatti ordini, anche molto sofisticati, che emergono senza imposizioni dall’ alto.
Con cio’ non voglio dire che dei limiti non debbano esserci, dipendono dal senso di equità della persona.
Per tornare al concreto: del social-liberismo svedese noi abbiamo solo la prima parte. Ai nostri burocrati è demandato di spendere una quota di reddito nazionale che supera il 50%! La Svezia non è dunque lontana. Peccato che abbiano deciso di concentrarla un po’ troppo nella previdenza. Quel che decisamente ci manca è la seconda parte.
P.S. un saluto a valeria, lo stile mi dice che è la valeria che penso.
P.S. a loredana lipperini dico che mi spiace per il mancato dialogo, speriamo in futuro di essere tutti più disponibili all’ incontro.
p.s. Buon Natale!
(il Buon Natale era destinato al thread sulel Ferrovie, scusate, ho spedito mentre leggevo questo…)
Broncobilly, e poi chiudo davvero: non è una questione di mancato dialogo. Semplicemente, lei adotta degli schemi di pensiero granitici, nei quali rientra anche una considerazione delle donne sinceramente molto bassa. Non è una questione di mancato incontro: come si nota, non una parola, non un balbettio, sul marchio di velinismo appioppato a chi non è in sintonia con lei. Ripeto: a certi tavoli non ci si siede. Se mi permette, ne ho diritto.
@Broncobilly. Sì sono quella valeria e continuo a non condividere le cose che scrivi. Abbiamo litigato tanto che ho imparato a volerti bene, ma non ad essere d’accordo con te. Praticamente su tutto.
Auguri a te e a tutti.
“… lei adotta degli schemi di pensiero granitici, nei quali rientra anche una considerazione delle donne sinceramente molto bassa…”
La considererei l’ offesa sanguinaria di chi usa le parole come una clava…
… se non sapessi quanto poco puo’ sapere chi scatta a chiudere la saracinesca del dialogo con tanta prontezza…
Allora, Valeria, ti dico un ciao ancora più convinto. Non trovi che sia bellissimo “non condividere neanche una parola” di quello che dice l’ altro?
sui diritti acquisiti e i diritti altrui, quoto integralmente barbara.
.
un p.s. doveroso. Anch’io partecipo al blog di migranti da fahre su cui scrive broncobilli. Migranti perché a un certo punto il forum di fahre è andato fuori controllo, è entrato in moderazione e alcuni di noi ‘fissi’ sono espatriati. La clavità delle parole di bronco è rimasta quella, dai tempi del forum (dove lo prendevamo a sassate, e lui a noi), e lipperini ha tutto il diritto di protestare per quell’infelice “velina”. Concordo. Sappiate che comunque lo tengo in pugno, bb: ho delle sue foto con Camillo Langone apparse su un sito fetish di matrice cattolica. Più di tanto NON PUO’ allargarsi.
Bella gente quella che ascolta Fahrenheit, se dà della velina all’unica donna che la conduce, forse proprio perché è una donna. Vado OT perché questo commento andrebbe postato sotto il post di oggi, dove si parla di dettagli. La parola “velina” è diventata un insulto che si ritorce contro di noi, proprio come i “troia” che in parlamento si urlano contro le deputate. E’ sconsolante, ed è ancora più sconsolante che l’urlatore in questione non batta ciglio e continui a snocciolare le sue soluzioni sulla crisi fiscale. Ma che schifo.