COAZIONE A RIPETERE

Così, su Repubblica di oggi, Vania Protti Traxler a Franco Montini sulla mancata distribuzione de La Strada (a proposito, c’è anche Agorà, il film su Ipazia, che al momento non viene distribuito).
«La verità è che il mercato italiano rischia di diventare sempre più povero e scadente per mancanza di varietà dell´offerta. Un film come La strada noi distributori indipendenti facciamo fatica a permettercelo». Lo dice Vania Protti Traxler, titolare di Archibald, distributore indipendente che in questi giorni propone nelle sale italiane Il canto delle spose.
Come è possibile che da noi non arrivino film come La strada?
«Le racconto un episodio che riguarda un film analogo a quello di Hillcoat. Lo scorso anno vidi a Berlino il bellissimo Frozen river, di cui mi innamorai. Tenga conto che anche quello veniva considerato “deprimente”. Mi chiesero 300mila euro per comprarlo. Sottolineo che a questa cifra per la distribuzione avrei dovuto aggiungere 600mila euro: quindi un investimento di quasi un milione per me impossibile. Sei mesi dopo riuscii ad averlo per molto meno, il film prese due nomination all´Oscar, lo distribuii, rimase nei cinema circa due settimane e andò malissimo. Risultato: persi un sacco di soldi».
Da cosa dipende?
«Il mercato è diventato sempre più rischioso. Le teniture dei film in sala si stanno abbreviando e per le opere prive di forti richiami non c´è più il tempo di imporsi, come accadeva una volta, grazie al passaparola. I costi sono cresciuti e le televisioni, sia free che pay, acquistano sempre meno film. Noi distributori siamo costretti a rivolgerci a quei film, che, almeno teoricamente, offrano il massimo di garanzie economiche».
Con quali conseguenze?
«Oggi l´attenzione degli spettatori si concentra solo sui prodotti già noti e commerciali, il gusto del pubblico si sta degradando».

Ps. Chi segue questo blog sa che sono tutt’altro che apocalittica, specie in ambito letterario. Però. Però ho la sensazione che un metro di questo tipo stia cominciando ad affermarsi anche presso quegli editori – piccoli grandi medi – che fin qui hanno dimostrato coraggio. Voglio essere smentita.

25 pensieri su “COAZIONE A RIPETERE

  1. piove sul bagnato loredana, purtroppo. Anch’io vorrei essere smentita, vorrei essere meno cinica e pessimista sull’italia, ma non ci riesco. Soprattutto quando la prima cosa che vedo scendendo dall’aereo per le vacanze di natale e’ la pubblicita’ dei traghetti con le poppe piu’ belle d’italia. Mi son cadute le braccia. Son felice ora di essere a casa, e The Road lo vado a vedere in settimana.

  2. Mi chiedo se il tutto non dipenda anche dall’abitudine italiana di non vedere i film in lingua originale, ma di pretenderli doppiati. Mi spiego: immagino che il costo di doppiare un film in italiano sia molto alto, o comunque piu’ alto dell’inserzione di sottotitoli.
    Se io devo investire per doppiare un film per un mercato molto piccolo (e l’Italia, linguisticamente parlando, lo e’), allora mi faccio due conti, e magari non investo. Se invece potessi presentarlo spendendo molto meno, mettendo solo i sottotitoli, allora magari lo farei. In Olanda, per dire, paese molto piu’ piccolo rispetto all’Italia, i film si vedono senza problemi in inglese con sottotitoli. Stessa cosa nei paesi scandinavi, nei quali a volte i sottotitoli non ci sono neanche.
    Se e’ cosi’, immagino che un discorso molto simile si possa fare per la letteratura: tradurre un libro il cui successo commerciale non sia garantito, e’ un grosso investimento (a meno che non si facciano traduzioni pessime, e anche quella della Strada e’ bruttarella).
    Credo che sempre di piu’ chi si limita a parlare/leggere solo in italiano sara’ per forza di cose tagliato fuori da un mercato che davvero non ha bisogno alcuno di pubblicare in italiano…

  3. In effetti il problema della varietà dell’offerta è gravissimo in Italia, forse più che altrove, e questo non riguarda solo il cinema cosiddetto “impegnato” (mi vengono in mente, per esempio, gli innumerevoli film di animazione giapponesi e americani che qui arrivano praticamente solo grazie al filesharing).
    Prima di essere apocalittici, però, credo sia importante accorgersi se in realtà questo (brutto) momento non sia una fase di passaggio verso un cambiamento del mercato. Magari dei film che non escono al cinema possono venire direttamente destinati all’home video, per esempio. Ma ammetto che questa è soprattutto una speranza.
    Di certo rimane il fatto che in giro mi sembra di vedere sempre meno cultura cinematografica, e non solo dal punto di vista del gusto, ma anche dell’educazione, completamente dimenticata da una moltitudine di persone che non si fa problemi a parlare ad alta voce durante le proiezioni.

  4. demonio io temo che i tempi di permanenza brevissimi nelle sale dei film siano una delle cose più deleterie alla cinematografia odierna. Purtroppo il quadro è a dir poco fosco, nel senso che un distributore piccolo è fottuto SE il quadro qui dipinto è reale (e non abbiamo per ora motivo di credere il contrario, chiederò conferma a mia cognata che lavora come direttore di produzione in Fandango).
    Loredana capisco che un approccio del genere possa fare temere e in tal senso mi viene da aggiungere una questione ulteriore, cosa faranno gli editori con l’avvento del libro elettronico? Quanto impatto negativo avrà sul loro approccio al mercato?

  5. «Oggi l´attenzione degli spettatori si concentra solo sui prodotti già noti e commerciali, il gusto del pubblico si sta degradando».
    E a me che pareva che grazie alla Rete sarebbero potuti finalmente arrivare al pubblico tutti quei meravigliosi film e libri e dischi che il dominio di major, studios ed editori impediva…
    Sbaglio o la maggior parte dei film scaricati, legalmente o illegalmente, sono quei grossi blockbuster hollywoodiani con budget pubblicitari che costano almeno quanto il film? Cioè che online si vuole esattamente quel che piace in tivù?
    Sbaglio o l’attuale crisi non fa che rendere più evidente un fenomeno in corso già da un po’, cioè che c’è sempre meno spazio per il cinema indipendente e originale? Il nuovo film di Richard Linklater (un regista che amo particolarmente) su Orson Welles ha fatto fatica a trovare distributori negli Usa malgrado ci sia anche Zac Efron!!!
    Il rinascimento musicale garantito dal filesharing e dalla crisi delle major è in corso? In generale, si leggono più libri (anche online, anche kindle) oggi o una ventina d’anni fa?
    In definitiva, come si spiega che la Rete come minimo NON stia migliorando il gusto del pubblico? Come minimo dovremmo dire che, se questi gusti non ci paiono poi così esaltanti, non era colpa dei cattivi che complottavano per tenere le masse nell’ignoranza…
    La Rete è quella cosa che parla di quel che vede in tivù, che vuole vedere i film con il budget pubblicitario più grosso, che scarica i dischi di successo e che ora, grazie alla digitalizzazione di tutti i libri ad opera di Google e al Kindle, potrà fare del tutto a meno di leggere…
    (‘Leggere? Le nostre macchine lo faranno per noi…’)

  6. sascha ed enrico mi permetto di farvi notare una cosa. Se io voglio scaricare dalla rete chessò Truffaut o la versione anni sessanta di io sono leggenda (ci ho provato ragazzi) non posso farlo, perché la struttura del filesharing funziona bene se una determinata risorsa ce l’hanno in molti. Se io cerco la versione di Io sono leggenda, quella bella che aderisce al testo, ecco che scopro che esiste in rete una sola risorsa che di fatto mi mette in condizione di non scaricare una mazza. Ergo non è così scontato che in rete si scarichi sempre e solo ciò che si vuole. Non tutto è in rete.

  7. oddio che cielo nero si vede all’orizzonte!!! santocielo, ma allora è vero che il progresso è il ‘male’ perchè è contro la civilità! E non si può tornare indietro, vero? Ma credo neanche andare avanti su questa strada. E allora?

  8. No, non si può tornare indietro. Si va avanti e si prende quel che c’è. Un giorno diremo: non ha conosciuto la dolcezza del vivere chi non è vissuto prima di Internet.
    Ma dato che non ci possiamo fare nulla è inutile lamentarsi. Basta non credere alle chiacchiere sul millennio di felicità che ci dovrebbe portare la Grande Intelligenza Collettiva dell’Umanità Connessa…

  9. Sascha, Internet non è il Diavolo e non ha assolutamente nulla a che vedere con la faccenda de La strada: stai cercando, anzi, di prendere a pretesto la questione per parlare di quello che sta a cuore a te.
    La Rete, come detto un miliardo di volte, riflette quel che c’è fuori. Fornisce altre possibilità, naturalmente: che tu non vuoi prendere in considerazione. Se così non fosse, fuori i dati sul fatto che si scarichino dal web i cinepanettoni. Io non li ho. Tu?

  10. @loredana che internet non sia il diabolus bisognerebbe andarlo a spiegare ai legislatori… Resta il quesito ma se per un film in cui non sono certi di guadagnare vanno fuori di melone e rinunciano piuttosto a comprarne i diritti, cosa faranno gli editori cartacei di fronte al digitale? Suicidi di massa?

  11. Una domanda ingenua e non retorica: oggi la censura (di mercato e ideologica, anche se le logiche che le governano sono diverse se non opposte) è più grave o più praticata di quella di ieri?

  12. Non ho detto cinepanettoni, ho detto blockbuster hollywoodiani, c’è una bella differenza. Due fra i primi link che ho trovato:
    http://torrentfreak.com/top-10-most-pirated-movies-and-tv-shows-2007-080101/
    http://www.bestmovie.it/acm-on-line/Home/News/articolo6525.html
    Insomma, io noto uno schema e in questo schema non trovano molto posto quei film ‘difficili’ che non trovano distribuzione al cinema. La gente scarica i film che potrebbe vedere tranquillamente al cinema.
    Sulla Strada ho già detto la mia opinione e la vedo confermata da Vania Protti Taxler; di mio ci aggiungo che la nuova mediasfera prodotta dalla Rete sta avendo certi effetti che non sono necessariamente quelli che un tempo si auspicavano.
    Sul fatto che la Rete rifletta quel che c’è fuori, beh, il tema è ovviamente molto vasto (del resto è quel che dicono anche i produttori televisivi). Io sono della scuola secondo cui il cambiamento del medium è anche un cambiamento del messaggio. Questo molti sarebbero disposti a sottoscriverlo, in positivo, dato che online il tecnoutopismo è vivo e vegeto. Io, anche per l’età (mi ricordo il mondo com’era prima della Rete) sono più scettico se non pessimista e penso che quel che si guadagna da una parte si perde dall’altra.
    In definitiva: se certi film o altri manufatti culturali non trovano distribuzione in quest’era di moltiplicazione dei canali di diffusione la causa potrebbe non essere top down ma bottom up…

  13. Io penso che in ogni ambito, che sia il cinema o l’editoria o il manufatto industriale, vale la logica del mercato, fatta di costi e ricavi (e questa è matematica) i quali si basano su dati sensibili, cioè le preferenze delle persone. E purtroppo le preferenze sono gusti e come dice il proverbio ‘è bello ciò che piace’ e se ciò che piace alla maggioranza (altro bellissimo principio democratico che si sposa bene con il libero mercato) se ciò che piace sono i cinepanettoni o i film ad effetti speciali, chi può osare una qualsiasi critica?

  14. Nonostante l’augurio d’apertura gli interventi sono quasi tutti impregnati di catastrofismo. Certo, molti elementi negativi non prefigurano paradisi nel campo cinematografico e in quello letterario. Però cerchiamo un minimo decente di coerenza nelle valutazioni della rete. In questo blog e in altri la rete è stata esaltata, considerata lo strumento per una democrazia compiuta e partecipata, più delle piazze d’un tempo. In questo caso si scrive che la rete non fa crescere, anzi contribuisce al degrado. Io non credo ad un progressivo moto rivoluzionario che giunga alla vera liberazione dell’uomo. Penso che esista un’idea, condivisa da tanti addetti, di qualità di un prodotto cinematogragfico e letterario. Purtroppo, in Italia, non c’è una carenza di prodotti, ma di prodotti di qualità. Le librerie sono stracolme di libri e libricini dove è assente la scrittura ma c’è solo del nero sul bianco dei fogli. Quindi per i libri nostrani non c’è un problema di produzione. Forse, invece, le traduzioni sia cinematografiche sia letterarie estere presentano difficoltà, soprattutto sotto il profilo economico. Per il cinema è buona l’idea di cominciare a sperimentare la soluzione dei sottotitoli. All’inizio leggeremo soltanto, con il tempo guarderemo anche i film. Per i libri la soluzione è più complessa.

  15. Sascha, e io ribadisco: a mio parere, tu non sei scettico. Tu vuoi dimostrare una tua tesi: oggi servendoti de La strada, domani del fatto che i pomodori non sono più quelli di una volta. La questione non è la Rete. E nemmeno il povero, malinteso McLuhan.
    La questione è un sistema complesso, dove la Rete entra insieme agli altri media, e crea la famigerata coazione a ripetere: anche del gusto.

  16. La coazione a ripetere l’abbiamo dentro ognuno di noi, se ci esaminiamo, quindi come possiamo pensare che non esista anche nella società, nel sistema, che è riflesso delle individualità.
    La coazione a ripetere è un disturbo psicologico (a volte anche psichico) dal quale si può guarire, ma occorre consapevolezza del disturbo, determinazione ad uscirne e impegno concreto fatto di “azioni creative”.
    E ognuno di noi sa quanto è faticoso questo “processo di guarigione”, figuriamoci a livello sociale-globale.

  17. intanto che i blockbuster e i cinepanettoni siano downloadati è un bene.
    anche se è un controsenso scaricarli. dall’idea che mi sono fatto le persone li vanno a vedere in compagnia per svagarsi, per non pensare, per farsi quattro risate eccetera, i film al cinema sono un punto di ritrovo per una serata, spesso a Natale, magari per la famiglia. se uno li scarica è più facile che si accorga di quanto siano deprimenti e scadenti e fracassoni e insensati alla visione solitaria e casalinga. meno soldi al botteghino e magari la distribuzione si fa qualche domanda e torna a distribuire invece che a sommergere. che poi io sapevo che ormai sono anni che i maggiori incassi si fanno dopo l’uscita sala, ma forse questo centra con la produzione che non con la distribuzione. per i videomaker il digitale è stato una manna per la produzione, la rete una manna per la distribuzione ( credo eh? ), per il gusto beh, è difficile dirlo. però se “frozen river” fosse realmente deprimente, perché dovrebbero andare a vederlo in molti?

  18. Noi della Elliot terremo duro e continueremo a pubblicare Sacha Naspini. Ma la critica deve aiutarci, come hai fatto tu, e non scrivere soltanto dei libri che escono per le grandi case editrici. Certi editori hanno occupato militarmente certi giornali. E’ quello il problema.

  19. Ma io non sono apocalittico, anzi.
    Tempo fa ho frequentato per un po’ un forum di discussione di libri in cui il refrain quotidiano era la decadenza dei tempi, la nullità degli autori viventi, il rimpianto per gli scrittori ‘civili’di una volta e così via – dissi che le ritenevo tutte sciocchezze e me ne andai non rimpianto.
    Sono assolutamente convinto che oggi ci sia tanto talento e tanta genialità quanto qualsiasi altro periodo della storia umana; sono convinto che vengano scritti capolavori epocali che, come sempre, facciamo fatica a individuare; sono convinto che a fianco di relative stagnazioni di un genere faccio riscontro la fioritura di un altro.
    On the other hand credo che la Rete abbia modificato le regole del gioco e le modificherà ancor di più in futuro e proprio nell’argomento di cui si parlava: la distribuzione e la possibilità di essere notati dal pubblico. Qualche anno fa un film come La Strada avrebbe avuto difficoltà ad essere distribuito nei cinema? O il film con Zac Efron di cui parlavo in precedenza? E se questi film non vengono distribuiti nei cinema possiamo avere fiducia che avranno successo online? Nel campo musicale, quello in cui l’effetto della Rete è stato più profondo e dirompente, gli effetti in definitiva quali sono stati? Libera dalla stretta soffocante delle majors la musica ha prosperato, finalmente libera e alla portata di tutti, o no?
    Penso che la Rete, controintuitivamente, abbassando favolosamente la soglia d’accesso al pubblico, abbia reso più difficile essere riconosciuti, specie per chi voglia offrire qualcosa di nuovo e non ovvio e non già visto e sentito.

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