Avevo otto anni, ero in vacanza a Miramare di Rimini e implorai mia madre di andare alla sagra del pesce sul lungomare, dove si mangiava la fritturina e si beveva vino rosso in certi coccetti decorati che poi potevi tenere e mettere sulle mensole della cucina insieme a decine di carabattole. C’era una gran folla, la folla che poteva esserci negli anni Sessanta, non paragonabile a quella di oggi. Mia madre era nervosa, forse perché eravamo al mare, forse perché, diceva, era un po’ esaurita per la fatica, e quando tornammo in albergo col coccetto, dopo aver mangiato calamari gommosi, mi gridò che non valeva la pena passare un pomeriggio a farsi spintonare per così poco.
Ogni tanto ci ripenso, e mi chiedo cosa direbbe oggi, visto che l’idea di divertimento, per molte amministrazioni, coincide con lo spintone, il sudore, l’ottenere una cosa da poco come il coccetto senza, magari, godere del mare e del venticello che erano a disposizione. Ci ho ripensato soprattutto ieri, molti e molti anni dopo, apprendendo dell’iniziativa del Beach Cross sulle dune di Senigallia, molto osteggiata dalle associazioni ambientaliste (qui la petizione) e comunque incomprensibile.
Non è la prima volta che accade, specie nelle Marche.
Nelle Marche, come altrove, c’è da tempo – almeno dai tempi della superstrada che, urrà, porta al mare facendoti risparmiare 25 minuti del tuo tempo e cosa importa dei borghi e paesi che verranno ammazzati per questo – un’idea di turismo che è completamente diversa da quel che avviene altrove. Altrove, in mezzo mondo ovvero, ci si interroga su come fermare la gentrificazione? E nelle Marche, in molte Marche almeno, si sventolano fazzoletti e si fa la ola per esserci dentro. Si riflette su altre modalità di godere dei luoghi, che non ne facciano scempio? E nelle Marche, invece, si pensa di essere negli anni Ottanta. Qualche tempo fa Giampiero Feliciotti, presidente dell’Unione dei Monti Azzurri (i Sibillini) gioiva perché sul lago di Caccamo si può fare sci (o surf) d’acqua, ovvero wakeboard, ma guarda che novità, ma guarda la bellezza. Qui c’è il post: un video dove appunto si surfa.
Da notare che i pescatori di carpe, che sono i maggiori frequentatori di Caccamo, usano barchini a motore elettrico, nel rispetto dei pesci. E poi c’è un’altro problema. Enel, ogni anno in estate, abbassa il livello del lago perché gestisce la diga. Il risultato, visibile anche in foto, è che il lago stesso diventa una palude, puzza da morire, i pesci non possono deporre uova e in molti casi muoiono. Come si può vedere, i carpisti hanno passato una giornata a salvare carpe intrappolate nelle pozze: per la cronaca, chi fa carpfishing rilascia sempre i pesci. Degrado e abbandono sono qualcosa di già accaduto con altri laghi marchigiani: quello di Polverina e il Lago delle Grazie.
Ma che importa? Facciamo surf che ci diverte tanto. E facciamo Beach Cross e facciamo gli impianti sciistici con neveplast e facciamo insomma tutto quello che vogliamo per attirare un turismo che si presuppone avido di allegria a buon mercato, senza pensare a come il territorio ne soffrirà.
Coccetti, appunto.
Ps. La domanda è semplicissima e ingenua: possibile che non esista nessuno che studi possibilità di divertimento per quel tipo di turismo senza compromettere i luoghi in cui si svolge? C’è, questa figura? Perché non parla? Perché non alza la manina?