COPIARE

La storia di Vittorio Sgarbi che copia i Maestri del colore mi diverte un mondo: soprattutto la dichiarazione finale (“Credo che trattandosi di un saggio divulgativo io abbia affidato l’incarico a qualche mio collaboratore, il quale forse ha attinto un po’ troppo a dei testi preesistenti, senza avere il buon senso di alterare quei materiali”).
Forse sarebbe stato meglio riferirsi ad una vecchia storia, sicuramente dimenticata dai più.

Era il 1991 e il mondo dell’editoria francese venne scosso dai fratelli Igor e Grichka Bogdanov, divulgatori scientifici e autore di un libro intervista (al filosofo Jean Guitton) dal titolo Dio e la scienza, Grasset l’editore, trecentomila le copie vendute. Almeno finchè non si scoprì che buona parte del volume ne riprendeva, alla lettera, un altro, La melodia segreta, dell’ astrofisico Trinh Xuan Thuan.
Finì male per i fratelli e l’editore. Ma la giustificazione dei plagianti era e resta notevole: “Sono i libri ad essere originali, raramente gli elementi che li compongono”.
Ci penserei su, se fossi Sgarbi.

10 pensieri su “COPIARE

  1. Beh, se uno ha comprato un libro sgarbiano aspettandosi la zampata del grande critico d’arte, gli sta solo bene di ritrovarsi con un testo raffazzonato e scopiazzato 🙂

  2. @andrea: il fatto è che si affidano incarichi pubblici a un personaggio che non è neppure in grado di mettere insieme una prefazione di 10 pagine su botticelli, e beccato con le mani nel sacco dà la colpa al suo collaboratore.
    ricordiamo che sgarbi è un pluricondannato per reato di falso e truffa aggravata e continuata ai danni dello stato (quando non si presentava al lavoro essendo responsabile dei beni culturali del comune di rovigo, oppure quando si fregava le opere d’arte dagli uffici pubblici), diffamazione, truffa a danni di privati (essendosi appropriato di opere d’arte stimandole di valore inferiore al reale, e in questo modo costituendo una collezione privata, con le cui opere allestì per esempio nel 2006 una mostra scandalosa quanto acclamata a rovigo – la sua location preferita in quanto questo genere di cose lì passano inosservate). nessuna di queste condanne ha avuto come pena accessoria l’interdizione dai pubblici uffici (non conosco gli estremi dei processi e se è stata valutata non necessaria ci sarà una ragione). dico solo che questo qui è stato assessore alla cultura del comune di milano nonostante in passato si sia fregato le opere d’arte. tanto per dire. stipendiato coi soldi nostri. ovvio che lo stesso si potrebbe raccontare per una fetta sostanziosa della PA italiana.
    insomma, non è solo una questione di affidarsi a un libro di merda per imparare due robe in croce su savonarola e botticelli, ma di recidiva stronzaggine e babbionaggine di una bella fetta di elettori e utenti, che accettano questo stato di cose come se fosse naturale e inevitabile, salvo poi osservare incuriositi sugli scaffali dei supermercati le copertine dei libri di stella e travaglio. ma si può andare avanti così?

  3. Ho visto l’intervista e ne ho ricevuto la seguente impressione che, in generale, spero apra una riflessione più ampia del caso Sgarbi (una causa persa come dettagliatamente spiegato da claudia b. nel commento precedente). Davanti all’evidenza Sgarbi avrebbe potuto almeno: 1) scusarsi; 2) negarla; 3) attribuire la responsabilità ad altri, come ha fatto.
    Ma quest’ultima opzione non è a costo zero. Commissionare qualcosa a un collaboratore senza riconoscerne il diritto morale d’autore è un’appropriazione indebita che, nel caso di soggezione dell’autore con minacce, potrebbe perfino integrare gli estremi dell’estorsione. Ma questo è l’aspetto giuridico, che si può pure tralasciare. Il problema vero è supporre che questa sia una procedura legittima: non lo è affatto. In ambito accademico negli altri Paesi si viene radiati o espulsi per molto meno. Risulta molto più chiara, e credibile se ce ne fosse bisogno, la recente polemica Sgarbi-Parente, in cui si riproponeva un’altro caso di “consenso al plagio”. Talvolta le cose sono molto più semplici di come appaiono: povero Sgarbi Vittorio, una vita a credere di essere sofisiticato e per ritrovarsi un piccolo uomom qualunque. Vostro, BetteDavis.

  4. A proposito di plagi clamorosi: uno sul quale cadde una congiura del silenzio, che si verificò qualche anno fa e riguardava un personaggio ancora oggi molto stimato, fu segnalato sulla rivista “Belfagor” da Massimo Mugnai e concerneva il saggio “Lo spettro e il libertino” di Giulio Giorello (edito da Mondadori). Sì, proprio lui, il nostro B. H. Levy, quello che è sempre in tivù, l’allievo prediletto di Geymonat.

  5. Non amo molto Parente ma ammetto che Parente è quello che è, cioè uno scrittore. Sgarbi invece è un critico d’arte ma televisivo. Un critico-d’arte-televisivo senza che le parole si possano dividere.
    Pedante, senza genio. Mentre nel nostro paese ci sono stati tanti personaggi davvero straordinari per l’arte: Longhi, Villa, Celant, Barilli, Arcangeli, Le Noci…
    Certo chi gli ha affidato l’incarico…

  6. Un altro caso di plagio eccellente ha riguardato pochi mesi fa Umberto Galimberti. nelle vesti del responsabile del misfatto. Galimberti ha chiesto scusa, ma orco cane… ma come si fa? Ha copiato Salvatore Natoli, che da gran signore ha detto che sapeva il tutto ma ha sempre taciuto, confidando nel fatto che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto; parti intere de “L’ospite inquietante” sono state copiate da un saggio della studiosa Giulia Sissa, che ha denunciato il caso.
    Beh che vizietto.

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