CRONACHE DA COURMAYEUR 2 (PIU' NANDROPAUSA)

Nandro2 Per ora, mi limito alla cronaca secca di quanto ascoltato a Noir in Festival Mi riservo alcune considerazioni domani, dopo aver raccontato del convegno numero tre, quello a cui ho preso parte insieme ad una nutrita compagnia di persone che usano la rete e i videogames per fare/parlare di/ letteratura. Prima, nella mattinata di ieri, gli editori. Maria Giulia Castagnone di Piemme , Jacopo De Michelis per Marsilio Black, Sandrone Dazieri come consulente Mondadori, Paolo Repetti per Einaudi.

Vengo subito al punto sollevato anche qui (e sollevato praticamente sempre): è più facile pubblicare se si scrive un noir (o thriller, o poliziesco, eccetera)? La risposta, sintetizzando, è “dipende”. Dipende dall’editore e dipende dal libro, per banale che possa sembrarvi. Testualmente, Repetti: “E’ assolutamente infondato che basti scrivere un noir per essere pubblicati. Dopo il successo di Gioventù cannibale arrivavano sui tavoli delle case editrici manoscritti dove non si parlava altro che di squartamenti, preferibilmente in un supermercato. Ma questi sono fenomeni residuali che fanno parte della sociologia, non dell’editoria”. Castagnone ha invece detto che in effetti quella del genere è una tendenza che non va ad esaurirsi. Dazieri ha affrontato un altro aspetto della questione: la difficoltà da parte di una casa editrice a rifiutare, eventualmente, il brutto romanzo di uno scrittore già famoso. Tutti hanno ribadito quel che già nei commenti al post precedente era stato più volte affermato: è comunque difficile prevedere a tavolino cosa avrà successo e cosa no, infilarsi a capofitto in una “tendenza” non garantisce matematicamente il buon esito.

Infine, due spunti interessanti sulla formazione del lettore. Repetti mette a confronto Italia e Inghilterra: “i ragazzi inglesi imparano a leggere su Austen, Dickens, Stevenson, Kipling.  Ovvero, sui quattro monumenti della grande letteratura che nasce con intenti popolari, peraltro, e da cui apprendono le strutture narrative. In Italia si formano su un unico, seppur grande romanzo, che è I promessi sposi. Ovvio che ci sia una differenza di imprinting. E anche un’influenza diretta sul lettore. Faccio un esempio: sul mercato angloamericano un libro in hardcover vende, se ha successo, mettiamo trentamila copie. In paperback, se è andato così bene, va tre volte meglio. Perché la base dei lettori, diciamo pure la massa, è solida. In Italia, dove pure  abbiamo lettori fortissimi che non hanno nulla da invidiare ad altri paesi, accade il contrario: se vendo molto bene in hardcover, in paperback vendo, comunque, un po’ meno. Il genere riempie quel vuoto che c’è fra la letteratura del sublime ideologico e la narrazione piccolo borghese. Se oggi l’alfabetizzazione passa per Lucarelli, non ci dovrebbe essere niente da dire”.

Jacopo De Michelis aggiunge: “Capita di sentire scrittori non di genere che, quando si parla, per esempio,  del modo di creare  suspence in un testo , rispondono “io non uso queste tecniche volgari”. Il genere offre anche tecniche alla narrativa, in assoluto: è una delle sue funzioni che non andrebbe sottovalutata”.

Naturalmente continua ancora. Ma: nel frattempo segnalo anche qui l’uscita di Nandropausa n.9 . Numero densissimo, con due recensioni caldamente raccomandate, e su cui si tornerà (qui si resta convinti che si tratta dei due libri recenti portatori di un punto di svolta): quella su Colorado Kid e quella su L’anno luce.

89 pensieri su “CRONACHE DA COURMAYEUR 2 (PIU' NANDROPAUSA)

  1. non mi aspettavo che la prendessi diversamente. come ho già detto noiosamente, accomunare il giudizio dei lettori (che possono dire quel che gli pare, persino che i libri di wm e di genna sono brutti e spernacchiarli se hanno un blog, senza doversi sentir dare da qualcuno del nientista fascista) a quello di una presunta congiura dei chierici sarebbe scorretto.
    trovo che tu lo abbia fatto (è una mia opinione, of course).
    trovo persino scorretto assimilare l’opinione di qualche critico (che persino lui, pensate, ha diritto di opinione!) all’esistenza di una “politica di *interdizione*, “contenimento” e censura preventiva”.
    Sì, sono nato ieri, che ci vuoi fare.
    Trovo inconsistenti le argomentazioni di “sociologia della cultura” di benedetti (ma non mi permetto di parlare del suo lavoro di critico), trovo spiacevole che prestino così facilmente il fianco alla critica di attribuire una missione salvifica a questo o quall’altro autore o tipo di scrittura e di immaginarsi complotti di potere ovunque non venga apprezzato; non vedo perché dovrei trovare consistenti quelle di altri, persino le tue, quando le trovassi identiche (sono io che le ho trovate così, in quel pezzo specifico, quindi è una ia opinione, of course)
    (preciso: magari anzi di certo i complotti di potere da qualche parte ci sono anche, ma siamo nel campo del piccolo cabotaggio, delle guerre di bottega, delle cordate di sottobosco, dei piccoli poteri che in qualsiasi ambito qualcuno ma costruirsi. L’uomo è sovente meschino. Ma dobbiamo davvero stare qui a parlare dell’ovvio? Trasformare questa che non è nemmeno una microfisica in una guerra tra Bene e Male, tra autori giusti e autori sbagliati? questo è serio?)

    Ah, b.georg, dimenticavo: non mettermi mai più in bocca cose che non ho detto.
    Virgolettare “logiche culturali fasciste” fa sembrare che io abbia scritto così. Io invece ho scritto “chanson egocéntrique del fascismo nientista”

    in effetti fascismo nientista è meglio, mi sento sollevato 🙂
    (sul “mettere in bocca ciò che non si è detto”: quando non ci sia malizia, ipocrisia o agonismo verbale, si tratta di un procedimento normale. anzi, la comunicazione funziona così. Io ti leggo e ti interpreto. Ne hanno parlato in tanti)

    Io voglio essere libero di scrivere quel cazzo che mi pare senza dover chiedere il permesso a questi “tribunali della coscienza”

    quindi diciamo esattamente la stessa cosa.
    il passaggio successivo è cogliere il significato della parola “reciprocità”
    🙂
    p&l

  2. cara angela, ho questo ricordo, io, dell’università: che i migliori (un nome: Corrado vivanti, curatore della storia d’Italia Einaudi) avevano un linguaggio semplice (c’è una grande citazione di popper sull’argomento-scrittura-semplice che non sto qui a ripetere, vista l’assenzaa di… metalmeccanici).
    comunque non volevo criticare di questo wu ming, perché il suo è un linguaggio che “arriva”.
    qui, un mese fa ho letto un suo commento sui rapporti fra gli scrittori (scusate: ma le arterie galoppano) da applausi.
    diciamo che mi delude, ed è questo che volevo dire, quando bacchetta.
    però vedete qui io mi sento un po’ un intruso: so un tubo di vecchie ruggini e di opposte bande… e credo, sospetto che certi scazzi abbiano origini antiche.

  3. B.georg, davvero non ti seguo. Mi sorprende questo tuo modo di ragionare, di trarre conclusioni che starebbero già nelle premesse, di sapere già in anticipo quel che ha in testa la gente.
    Mi sembra mi si possa dare merito di aver sempre criticato ogni sorta di sindrome cospirazionista e psicosi del complotto, ma credo esista anche un’altra strategia di interdizione (a volte semi-conscia), che funziona così:
    ogni volta che qualcuno individua una strategia, buttare tutto in vacca accusandolo di gridare al complotto.
    [Come se, poi, al mondo i complotti non esistessero. La parola “complotto” andrebbe un po’ alleggerita, demistificata. “Complotto” significa semplicemente mettersi d’accordo per fare qualcosa, in segreto o comunque all’insaputa di persone che subiranno gli effetti dell’azione concordata.]
    Io non ho “gridato al complotto” ho individuato e denunciato una strategia.
    Esistono o no strategie, al mondo?
    Strategie, magari anche non del tutto consapevoli, pertinenti ad automatismi, a meccanismi semi-consci, come quello del “negare la realtà in articulo mortis”?
    Esistono o no “strategie
    discorsive”, per usare un’espressione di Foucault?
    Oppure tutto va avanti alla cazzo, enunciati portati avanti collettivamente non esistono, e se alcuni esistono sono frutto di coincidenza?
    Esistono o no dei tòpoi del discorso pubblico, che finiscono per spadroneggiare e avere effetti inibenti?
    Ecco, la “fine della letteratura”, la “fine del romanzo” e la “mafietta degli scrittori”, sono tòpoi di quel tipo. Rischiano di avere un effetto inibente, dissuasivo, rischiano di portare all’autocensura per un malinteso senso del pudore.
    Io questo non lo accetto,e mi sembra di non essere l’unico.
    Se poi da questo fatto si vogliono trarre conclusioni sul mio presunto autoritarismo, la mia “altezzosità”, il mio essere “permaloso”, la mia paranoia del complotto, il mio non accettare le regole dei blog, il mio non accettare le critiche, la mia mania di persecuzione (tutte cose in contrasto con la mia sensibilità e tutto il mio agire quotidiano), io mi limito a far notare che siamo *fuori tema*, perché – almeno in teoria – non stavamo parlando della mia psiche, del mio carattere, del mio bioritmo, del mio quadro astrale – tutte cose non conosciute (e inconoscibili) dalle persone che mi tirano in ballo.
    Io rimarrei sui contenuti, onestamente. E al limite sul contesto dei contenuti, cioè sul percorso (di scrittura, di condivisione, di uso della rete, di lavoro poetico e politico, di infinite discussioni on line e off line) che mi porta a individuare e giudicare irrealistiche e perniciose certe tendenze, e disonesto o “illucido” chi le porta avanti.
    Che poi ti sembri un modo normale di confrontarsi quello di esercitare la vis polemica su un enunciato diverso da quello che l’interlocutore ha proferito, beh, ti dò atto che non è nulla di nuovo, è lo stratagemma n.24 di Schopenhauer, ma direi che nel parlare tra di noi possiamo farne a meno, tu che dici?
    [A proposito: consiglio vivamente la lettura de “L’arte di ottenere ragione” di Schopenhauer, individua e disinnesca in anticipo tutte le piccole tattiche impiegate da qualunque troll della comunicazione]

  4. Sambigliong, la cosa che più mi addolora dell’andazzo di questo blog è proprio il fatto che chi lo visita si trova di fronte una muraglia di scazzi e “vecchie ruggini”, di detti e non-detti che fanno riferimento a questioni personali spesso nate da cazzate o da frasette dette in questo o quel cenacolo.
    L’azione del continuo rimestare nel torbido ha prodotto una situazione triste, non si riesce più a discutere in modo sensato e di fatto Loredana non è più libera di proporre argomenti o riflessioni senza che il dibattito venga subitaneamente “deviato” su scazzi, personalismi e questioni non pertinenti.
    Chi dice che questa condizione sia inscindibile dallo strumento-blog, e “hai voluto la bicicletta, adesso pedala”, a mio avviso fa un discorso troppo ideologico, che finisce per giustificare la miseria dell’esistente. Non tutto ciò che è reale è razionale.

  5. WuMing1 io non ho vecchie ruggini con nessuno, ma se continui paranoicamente ripeterlo credo che prima o poi compariranno davvero ossidazioni.

  6. wm, sul “grosso”, se lo accetti ti risponderei privatamente (ma devi ridarmi la mail), non credo che continuare a ripeterci come vecchi parkinsoniani sia di divertimento per l’uditorio 😉
    direi che le differenze di lettura siano chiare a tutti (di nuovo aggiungerei solo una critica al foucaultismo pretaporté, ma poi finisce che ti incazzi sul serio 🙂
    su una cosa laterale, invece:

    Chi dice che questa condizione sia inscindibile dallo strumento-blog, e “hai voluto la bicicletta, adesso pedala”, a mio avviso fa un discorso troppo ideologico, che finisce per giustificare la miseria dell’esistente.

    non ho detto solo questo. leggi meglio. sul tentativo di comprendere come funzionino le dinamiche di relazione comunicativa nella blogpalla e quale sia il senso inaspettato della “miseria – o monstruosità – dell’esistente” (che non è peraltro facilmente circoscrivibile, ahinoi) ho tediato il mondo per due anni, e nei miei archivi dubito che troverai mai che “il reale è razionale”.
    di certo non è sensato pensare alla rieducazione forzata…
    🙂
    ciao

  7. Sul “grosso”, ok, ti scrivo io in serata.
    Però lo vedi com’è, cazzo? Tu lo fai ridendo, ma altri sono serissimi: ogni volta che si pone il problema della qualità del comunicare, per tutta risposta si evocano immagini da società disciplinare: censura, autoritarismo, rieducazione forzata etc.
    A me sembra che la soluzione di non accettare provocazioni e di rimanere saldamente, atarassicamente (adesso Sambigliong mi stanga per la scelta di vocabolo!) ancorati all’enunciato (senza inferire chissaché sull’enunciatore) non abbia in sé nulla di autoritario né di censorio.
    Può sembrare un “raffreddamento” del medium, lo ammetto, ma sacrifico volentieri un po’ di tepore se poi si comunicherà meglio. Le comunità non devono essere per forza sempre calde, sudate, appiccicaticce, livorosette, incapaci di oblio selettivo.
    Sul foucaultismo pret-à-porter, beh, è vero che è un problema. Soprattutto quando si fa un mischione di Foucault, Adorno e Pasolini. Ma io ho citato Foucault en passant, in assoluta leggerezza.

  8. WuMing, ma perché non scrivi a Carla Benedetti (a cui chiaramente alludi col “mischione di Foucault, Adorno e Pasolini”) così fate una bella discussione, invece di usare il blog per sfottere, di nascosto, facendo l’occhiolino a qualche amichetto?

  9. “ogni volta che si pone il problema della qualità del comunicare, per tutta risposta si evocano (…) censura, autoritarismo”
    cos’è, un’autocritica tardiva circa il tuo pezzo?
    :))
    (scherzo, eh)
    porre il problema della qualità del comunicare è giusto. se però lo si pone sostenendo che chi ci critica malinterpreta i nostri discorsi non resta che rispondere: a) non si può che interpretare b) stai malinterpretando la mia critica.
    😉
    (fuori dai miei giochetti verbali: ognuno adotta le sue strategie di sopravvivenza nelle discussioni qui dentro: io in genere adotto quella di non discutere e quando lo faccio di mostrarmi ritualmente gentile, quasi zen, e di concentrarmi sul detto, sul contenuto e non sul dicitore, anche se oggi vedo che tu non la pensi così, a mio parere sbagliando – se cerchi sulla mia pagina trovi un link a “32 punti” che spiega la mia “strategia”. Forse è simile alla tua. Con ciò forse ci procuriamo un minor mal di fegato, ma è una pratica ovviamente non prescrivibile normativamente, pena il ribaltarsi nel suo contrario e il giudicare male ciò che invece è importante: la critica intelligente e senza pietà, la satira, che irresistibilmente ogni pratica ipostatizzata scatena. E di perdersi la cosa più interessante: l’osservazione del “monstruum”, che poi è solo un modo etimologicamente accorto di dire “singolarità”)

  10. Diciamo pure che il tuo commento iniziale di oggi mi sembrava e tuttora mi sembra poco osservante delle tue stesse 32 note, per motivi che ho già esposto. Ma è un’impressione. Se ti ho risposto, vuol dire che penso di poter comunicare con te, stanne certo.
    Sulla satira, sfondi una porta aperta. Ma il problema non è la satira, non è la critica intelligente, ma lo sai bene anche tu. Il problema è il “rumore” generato apposta per coprire le altre voci.

  11. E se fosse una percezione paranoide che fa sentire il rumore (sempre che rumore sia) come generato apposta per danneggiare te?
    Guarda, un impianto di delegittimazione del genere l’ho già sentito, però invece di considerare alcuni discorsi come rumori, li consideravano frutto di divieti introiettati e di una concezione marginale e immiserita della letteratura.
    Magari ci si potrebbe pensare su, eh?

  12. wu ming 1 (poi non parlo più perchè, non facendo parte di alcun komplotto, non me ne frega poi tanto) prova a uscire dalla tua attuale sindrome di persecuzione e a rileggici (a parte gli sfottò che sono naturalissimi quando uno, in rete, si arrocca e sciabola alla rinfusa) vedrai che proprio non esiste, neppure nei peggiori di noi, un rumore per coprire la Tua voce. Solo che stavolta sei tu ad aver fatto “rumore” nel tuo scritto e, ripeto, per come ti avevo visto io, non è da te.
    Cristo, ma sei lo stesso VM1 che venne, giustamente, a bacchettare gli indani a cui erano saltati i nervi perchè aggrediti da una schiera di veri troll?
    Tra l’altro uno di quei troll non solo è rinsavito ma oggi molto seriosamente e con il mignolo teso qui afferma che “la vita non è sempre una chat”;-) il che sta a dimostrare che anche i troll sono “umani”;-)
    geo

  13. Forse, eccelsi signori e maestrini, WM1 non si riferiva alla propria, di voce, che è bella squillante, ma a quella di chi qui dentro non riesce a intervenire e dire una parola senza essere travolto da decine e decine di commenti OT, spazzatura, riferimenti a litigi o blog che nessuno conosce o ricorda più ecc. Un “neofita” o un semplice curioso trovano impossibile partecipare a discussioni, per la grande quantità di commenti autoreferenziali. E così qui ci sono sempre i soliti nomi. Se pensate di non avere nessuna responsabilità in quello che sta succedendo, siete proprio arroganti come sembrate. Riguardo a quello che successe su Nazione Indiana, qui nessuno sta “moderando” o cancellando niente. Semplicemente, qualcuno ha deciso che rispondervi non serve a niente, perché voi non tenete mai conto di nessuna risposta, e riproponete in modo ossessivo le stesse domande, forse soltanto per il gusto di rompere le scatole su questo blog che tanto poco vi piace. Io, se un blog non mi piace, non ci metto piede.

  14. ben detto e ben scritto, Giovanni. E aggiungo che chi non ha la possibilità di fare lo slalom tra gli OT, leggendo il post e leggendo la cronica aspersione di amor proprio che si celebra nei commenti, non capisce assolutamente nulla e lascia perdere.

  15. psss, wm, mi senti?
    parliamo qui sottovoce che intanto intorno la finta battaglia infuria
    🙂
    “il tuo commento iniziale di oggi mi sembrava e tuttora mi sembra poco osservante delle tue stesse 32 note”
    invece le osservava eccome: ti avessi scritto ieri pomeriggio quando ho letto il tuo pezzo e non stamattina, bello sbollito, avresti visto la differenza :))
    pensi che il rumore sia un problema? non lo so…
    intanto direi che qualsiasi comunicazione è rumore per qualcun altro (e non per modo di dire: il rumore è inseparabile dalla rete, cioè dalla moltitudine, che è sempre multiprospettica). Questo significa che non è così facile – ma nemmeno difficilissimo, ok… – discernere chi adotta strategie consapevoli di rumorismo da chi sta facendo legittime critiche (magari senza rispettare alcuno dei 32 punti, ma tant’è, siamo fatti di carne) e nel farle magari presuppone qualcosa o “vede” qualcosa in un testo che secondo l’autore non c’è (ma l’autore non è il solo padrone dei suoi testi, anzi quasi non lo è, come sappiamo: sta qui l’origine di tutti i flame, “fraintendimenti”, incomprensioni del mondo. Sta nel manico. Capirsi è sovente fraintendersi allo stesso istante).
    Nei confronti dei rumoristi compulsivi, che avranno le loro ragioni che la mia non comprende, quando siano conclamati, non c’è che da evitare di crearci altro rumore attorno. Tutto qui.
    ma in tutta onestà, io non penso di aver fatto rumore nei tuoi confronti (né è buona retorica associarmi ad altri o ad altre vicende o discussioni che ammetto sono piuttosto penose ma di cui io non porto alcun peso) richiamandoti a quello che, per la mia opinabilissima opinione, è solo rispetto per i lettori e per i critici (come vedi “il grosso” è ancora tutto lì. pazienza)

  16. Georg, sul rispetto: il tuo discorso mi suonerebbe giusto se io avessi attaccato chi parla male del libro di Genna o di altri. Io invece ho attaccato chi mette in dubbio la sincerità e la buona fede di chi ne parla bene.
    Per il resto, tornando a questo blog (per comodità, in questa fase terrei distinte per quanto possibile le due questioni: il nientismo e il “rumore”, anche se li vedo come due momenti di un unico agire) mi sembra che il terreno d’intesa tra noi due sia quell'”ok, nemmeno difficilissimo”.
    E quanto al “non creare altro rumore attorno” (a chi provoca), è quello che sto facendo.

  17. contabile mi segnali i 7 miei commenti NON OT ;-), devo essere impazzita addirittura 7????
    Si vede che questo blog mi piace (e non sono ironica).
    Sono mancata qualche giorno e forse dovevo rifarmi (a proposito ho notato che durante la mia ssenza non è che il tono fosse molto alto;-)
    g.

  18. Emergo un attimo dalle bozze di una traduzione per ricordare alla signorina Georgia che io mai fui troll, mai rinsavii, mai tesi il mignolino (ché, anzi, lo tengo sempre elegantemente arrotolato). Sono gli altri, semmai, a mutare continuamente (e grullescaente) opinione su di me. A chiunque smanii di parlare di letteratura, raccomando il post “Il lettore è scemo” nel blog di Tassinari (letturalenta.net). Per una divagazione sulla SF, si veda, invece, il mio di oggi. In fede. L.A.

  19. “Georg, sul rispetto: il tuo discorso mi suonerebbe giusto se io avessi attaccato chi parla male del libro di Genna o di altri. Io invece ho attaccato chi mette in dubbio la sincerità e la buona fede di chi ne parla bene.”
    ok, accetto la spiegazione che considero del tutto soddisfacente. Se ho criticato, è perché a mio (mio) modo di leggere pareva che attaccassi la sincerità e la buona fede di chi ne parla male :))
    ma il punto di arrivo così sintetizzato è valido: se ero io troppo obnubilato o troppo acuto nella lettura lo lasceremo al giudizio dei posteri (si fa per dire)
    Questione chiusa per me.

  20. Giusto perché ormai ci siamo allontanati e siam finiti chissà dove, riporto qui la porzione di testo “incriminata”. In grassetto le parti su cui mi interessa puntare l’attenzione.
    Genna è dispartecipe. Non vuole essere recensito da me o da Wu Ming. Teme l’accusa di “congrega”. Teme che si parli di “pastette” e reciproci favori. Lui ha recensito i nostri libri in modo “capolavoristico”. Se ti piace un libro italiano e lo dici, sei un “capolavorista”. Se parlo de L’anno luce può dunque sembrare cortesia ricambiata. “Capolavoristica”. Diranno che è cortesia ricambiata. Diranno che è capolavorismo. Genna prova fastidio preventivo, non vuole essere nominato. Non lo abbiamo mai recensito, pregasi continuare a non recensirlo. Lo chiede con sincerità.
    Capolavorismo è l’accusa di chi ripete che in Italia non c’è niente, non si scrive niente, nessuno scrive, questa è la linea!, obbediscano gli schiavi, non c’è niente! Nessuno osi dire che in Italia si scrivono romanzi potenti, è IM-POS-SI-BI-LE!, all’estero si sbagliano tutti, NON sta succedendo! Nessuno osi alzarsi in piedi o verrà impallinato. La lamentela è obbligatoria e imposta dall’alto. Tutto è finito, nulla cominci più, si canti solo la chanson égocentrique del fascismo nientista:
    “Non c’è niente / Non c’è niente / Non c’è niente / Non pensare a elefanti rosa / NO! / Ho detto di non pensare a elefanti rosa! / Non c’è niente…”
    La letteratura italiana è Piazza dei Miracoli. La Torre è la coppia Pasolini-Calvino, e pende sulla “fine del romanzo”. I giapponesi sono i nientisti. Sfruttano un gioco di prospettive, simulano un impegno, uno sforzo, fingono di sorreggere il ricordo di una grande stagione. Non sanno perché fu grande, non sanno quando e perché è finita, se è finita, non sanno di cosa fece parte, perché rifiutano di capire quel che è seguito e segue. Arrivano, si mettono in fila, dicono la cazzata, non li vedi in nessun’altra via o piazza della letteratura, la sera sono già via.
    Costoro sono niente, sono merda, questa è la risposta, io scrivo de L’anno luce perché non posso non scrivere. la censura “ambientale”, quel reticolo di azioni inibenti che costruisce vergogne e morbida dittatura.

  21. Sorry, non so perché è saltata una parte sotto, il finale del pezzo era:
    Io scrivo de L’anno luce perché mi fa schifo la censura, e più schifo mi fa la censura “ambientale”, quel reticolo di azioni inibenti che costruisce vergogne e morbida dittatura.

  22. Genna, non ho letto ‘l’anno luce’, lo farò quando i riflettori abbasseranno le luci e avrò la testa piena di pregiudizi positivi e negativi. Tanto a sentire l’Angelini sono pronta alla lettura a partire dal dì dell’Armageddon. Se però scriverai ‘l’anno Lucio’ prometto pronta lettura e esclamazioni capolavoristiche a prescindere: il solo titolo è fantastico 🙂
    besos

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