DANIELE LUTTAZZI E LA SATIRA (RELIGIOSA E NON)

Come prevedibile, la discussione di questi giorni si centra sui cosiddetti limiti della satira e, come ugualmente prevedibile, sotto la parola satira si fa rientrare di tutto, dalla saliva dell’odiatore di professione allo status del sedicente web-comico. La satira, come diceva ieri sera Gipi alle Invasioni barbariche, ha “una regola sola: deve andare dai deboli ai potenti.” In proposito, ripubblico qui le risposte di Daniele Luttazzi a Micromega.
Micromega ha inviato un questionario a circa sessanta rappresentanti del mondo del giornalismo, della letteratura, della musica, della filosofia, del cinema, della chiesa, della giurisprudenza “perché affrontare ora gli interrogativi legati alle concrete manifestazioni della libertà di espressione diventa di un’urgenza improcrastinabile: su questa tema il terrorismo contro Charlie Hebdo segna probabilmente una svolta d’epoca, e le reazioni variegate e contraddittorie del mondo democratico lo sottolineano” (Paolo Flores d’Arcais). L’iniziativa vuole essere di approfondimento e di solidarietà. Queste le mie risposte.
(1) La scritta “je suis Charlie” è comparsa in moltissime sedi di giornali in tutto il mondo, oltre che nelle dichiarazioni di personalità di governo, anche qui di tutto il mondo. Ma quanti di coloro che fanno proprio lo slogan sono davvero disposti a prendere sul serio il diritto alla irresponsabilità, che Charlie Hebdo teorizza orgogliosamente nel suo stesso sottotitolo, e dunque il diritto alla bestemmia di ogni fede religiosa e di ogni sentimento non religioso ma ritenuto “sacro”? Quanto c’è di retorica e strumentalismo nel dire “je suis Charlie” e poi non trarne le conseguenze pratiche sul piano del diritto e dell’etica?
Se qualcuno crede che esistano esseri invisibili, non può pretendere di offendersi quando questi esseri invisibili (e chi ci crede) sono presi in giro dalla satira. “La verità è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere” (Lenny Bruce). Il credente è colui che ha più bisogno della satira: da solo, fatica a rendersi conto di avere un grosso problema di contatto con il reale. Purtroppo, le religioni sono un formidabile strumento di controllo biopolitico. Di qui l’ipocrisia, che è l’essenza del potere. L’ambito della satira è il biopolitico: politica, religione, sesso, morte. Per questo la satira è laica ed è contro il potere.
(2) Numerosi giornali NON hanno ripubblicato le vignette su Maometto, e molti del resto non le avevano pubblicate, come non avevano pubblicato quelle, perfino più numerose, contro la religione cristiana (Charlie non ha risparmiato neppure l’ebraismo). Negli Usa è questo addirittura l’atteggiamento della maggior parte dei media. Il giornale danese all’origine delle vignette su Maometto questa volta ha deciso di “non offendere” la sensibilità dei credenti. Il Financial Times ha praticamente scritto che con i loro eccessi se l’erano cercata. Non è già in atto da tempo una auto-censura che, finito il cordoglio unanime (in apparenza) per i morti di rue Nicolas Appert 10, subirà un’accelerata esponenziale? Non sta vincendo di nuovo la sindrome “non vale la pena morire per Danzica”?
La sensibilità dei credenti è sopravvalutata come lo sarebbe la sensibilità dei fan di Star Trek, se pretendessero che il culto di Star Trek fosse qualcosa di sacro. Uno Stato di diritto deve difendere i cittadini dagli esaltati d’ogni risma. La religione è un alibi assurdo per qualunque tipo di atto compiuto in suo nome. La religione è merce di ciarlatani.
(3) Il noto storico e saggista di Oxford Timoty Garton Ash ha lanciato l’idea di una giornata coordinata in cui tutte le testate d’Europa pubblichino una selezione delle vignette più significative di Charlie Hebdo (offensive di tutte le religioni). Pensi che il giornale che dirigi, cui collabori, che regolarmente leggi, dovrebbe aderire?
Certamente. Chi si offende per la satira religiosa ha un problema, e la sua pretesa di essere rispettato perché crede in un essere invisibile e nei suoi profeti è anacronistica e ridicola. Le religioni non hanno più senso, nel 21° secolo. Vanno accolte nel discorso per ciò che sono: una stramberia, retaggio di epoche in cui la religione suppliva la scienza nell’interpretazione dei fenomeni naturali.
(4) I difensori della libertà di stampa “con juicio” sostengono che la libertà di critica è assoluta e intangibile ma non deve essere confusa con il diritto all’insulto. Ma CHI può decidere la linea di confine tra critica (la più radicale, visto che si tratterebbe di un diritto assoluto) e offesa? Per chi vive in modo intenso una fede, assai facilmente suona offesa ai propri sentimenti e alla fede stessa ciò che al critico di essa suona solo critica. Charlie Hebdo pubblicò una vignetta con un “trenino” sodomitico tra Dio Padre, Gesù Cristo e lo Spirito Santo, certamente offensivo per molti credenti cristiani, ma forse la più straordinaria sintesi critica dell’assurdità del dogma trinitario. Del resto l’ateo viene “amorevolmente” descritto da ogni pulpito come persona esistenzialmente “menomata” (questo è il giudizio più gentile, ovviamente) poiché priva della dimensione del trascendente, giudizio già in sé altamente offensivo.
C’è chi proibirebbe la satira sulla religione perché i sentimenti religiosi vanno rispettati. Ma che la fede religiosa sia qualcosa da rispettare lo sostengono i credenti. Un credente, finché non dimostra che l’essere invisibile in cui crede esiste, non ha alcun diritto di fare l’offeso se qualcun altro lo prende in giro. Non c’è nulla di “sacro” nella religione. Altri, di solito i tromboni, si appellano al buon gusto. Ma la satira non ha niente a che fare col buon gusto. Come ricorda Mel Brooks, la satira se non è eccessiva non fa ridere. Molti, infine, eviterebbero la satira religiosa per non fomentare l’odio. Ma l’irriverenza satirica non è odio: è solo irriverenza. Chi finge di dimenticarlo non è che un censore.
(5) Se il limite lo stabilisce la politica vuol dire che sarà mutevole come le mutevoli maggioranze di governo, e variabile tra paese e paese diacronicamente e sincronicamente. Ma questo vuol dire che la libertà di espressione non è un principio fondativo, e dunque non deve essere scritto nelle Costituzioni, che salvaguardano e garantiscono alcuni diritti sottraendoli alle mutevoli vicende del consenso elettorale. La coerenza non esigerebbe semmai l’opposto, che vengano abrogati definitivamente articoli contraddittori con questo principio, che configurano come persistente il reato di vilipendio nei confronti di Persone Dottrine Istituzioni e Cariche, poiché ciò che per Tizio è vilipendio per Caio è critica?
Non c’è alcun limite da porre perché l’offesa è creata dal credente. E’ un’altra delle sue invenzioni, come l’essere invisibile. Le leggi non devono tutelare l’assurdo. Sappiamo, però, perché lo fanno. Biopolitica.
(6) La scelta di coerenza rispetto alla libertà di critica anche se per qualcuno offensiva, oppure la rinuncia al principio della libertà di critica come consustanziale alle libertà democratiche (con le antinomie per la democrazia che ne conseguono), oggi è resa indilazionabile dalla svolta d’epoca della strage del Charlie Hebdo, ma in realtà è sul tappeto da oltre un quarto di secolo, certamente dalla fatwa del 1989 di Khomeini contro Rushdie. All’epoca su MicroMega fu scritto: “l’Occidente si piega”, citando e stigmatizzando le “dichiarazioni curiali” di Andreotti sugli studenti islamici in Italia che impongono con la violenza che Versi satanici non sia esposto nelle vetrine, “è accaduto a Napoli, Padova, Reggio Emilia”, o l’Osservatore Romano secondo cui “il romanzo è risultato offensivo per milioni di credenti. La loro coscienza religiosa e la loro sensibilità offesa esigono il nostro rispetto. Lo stesso attaccamento alla nostra fede ci chiede di deplorare quanto di irriverente e di blasfemo è contenuto nel libro”, o Monsignor Rossano, rettore della Pontificia università lateranense, secondo cui “quando si toccano Gesù, la Madonna, non si toccano fatti personali, non si può fare quello che si vuole … viviamo in mezzo a cattolici, ebrei, musulmani, indù … non si può irridere, non si può offendere la sensibilità religiosa”, fino a Hans Küng per il quale “non ci si può richiamare semplicemente alla libertà religiosa … Bisogna prevedere reazioni corrispondenti, quando si attacca una persona che per centinaia di milioni di uomini e donne è tuttora viva e per così dire, quella più in alto sotto Dio” (MicroMega 2/89 pp 20-21). Sarebbe stato necessario farlo allora, non è improcrastinabile oggi porre fine a queste intollerabili pretese censorie?
Se non dimostri che l’essere invisibile in cui credi esiste, non puoi esigere “rispetto” del tuo “sentimento religioso”. Perché un’assurdità dovrebbe essere rispettata? Un’assurdità non è sacra: è ridicola, o tragica.
(7) Si sostiene da più parti che se è possibile criticare/insultare il Profeta e Allah (ma anche Dio padre, Figlio, Spirito Santo, Madonna, ecc.) allora deve essere possibile insultare anche gli ebrei in quanto ebrei. La posizione di MicroMega è sempre stata che criticare/insultare simboli/valori di una fede è un diritto di opinione, insultare delle persone in quanto appartenenti a una etnia in quanto etnia è razzismo. Inoltre: anche il diritto a offendere valori religiosi non può divenire diritto a considerare tutti gli appartenenti a una religione corresponsabili di atteggiamenti di altri correligionari (legittima è però la richiesta di chiedere la dissociazione da atti/dichiarazioni di autorità della rispettiva religione, altrimenti se ne diventa partecipi). Vi sembrano distinzioni sufficienti e condivisibili?
E’ la posizione laica, l’unica accettabile nel mondo moderno.
(8) Negli Usa, dove la maggior parte dei media (e praticamente tutta la politica) nega il diritto a criticare/offendere le religioni, è invece costituzionale espressione di libertà di pensiero qualsiasi opinione fascista, nazista, razzista (Ku Klux Klan compreso) fino a che non passa alla messa in pratica. L’Europa democratica ha imboccato la strada opposta, l’apologia di fascismo e razzismo è sanzionata per legge, e ora che tutti i capi di governo europeo sfilano a Parigi sotto la scritta “je suis Charlie” se ne deduce che ogni limitazione al diritto di critica/offesa delle religioni si intenda abrogato. MicroMega ha sempre sostenuto questa duplice posizione. La ritieni condivisibile? Ancora difendibile? Da rivedere radicalmente dopo quanto successo?
Fascismo, nazismo e razzismo sono idee violente e sono già state giudicate dalla Storia. L’idea violenta non può essere ammessa nel discorso democratico; e chi dà spazio all’idea violenta in nome della libertà democratica sbaglia, perché l’idea violenta, quando va al potere, cancella la democrazia. La satira esprime un’opinione. L’unica idea che anche in democrazia non può essere ammessa è quella violenta (Cfr. Mentana a Elm Street ). Lo sberleffo anti-religioso è libertario. Educa al pensiero critico, non dogmatico.
(9) Le religioni non sono tutte eguali, si dice, il cristianesimo accetta la laicità, l’islam no. In realtà il cristianesimo è stato costretto a venire a patti con la laicità, obtorto collo, e ancora non l’accetta pienamente. Il fondamentalismo alberga nel suo seno in dosi infinitamente minori di quello islamico, questo è certo. Troppo facilmente si dimentica, però, che sono stati cristiani militanti quelli che hanno assassinato negli Usa medici e infermieri che rispettavano la volontà di abortire di alcune donne. Donne, medici, infermiere che Wojtyla e Ratzinger hanno bollato più volte come responsabili del “genocidio del nostro tempo”, nazisti postmoderni, insomma. Le democrazie hanno il diritto di esigere da tutte le religioni la “interiorizzazione” della laicità? Cioè: che le religioni chiedano pure ai fedeli di osservare i precetti per la salvezza eterna ma rispettino rigorosamente il diritto al peccato (aborto, eutanasia, blasfemia, omosessualità …) di tutti gli altri e mai pretendano che lo Stato faccia di un precetto religioso una legge?
Ovvio. E i capi religiosi hanno il compito urgente di traghettare i loro fedeli nel 21° secolo. Un capo religioso, se fosse onesto, dovrebbe dire ai suoi fedeli: “Sapete una cosa? Sull’aldilà nessuno ne sa niente. Siete liberi di pensarla come volete.” E poi abrogare la propria religione. Tutte le religioni sono pura fantasia. YHWH, per esempio, è un’espressione dell’immaginario ebraico, come Superman e Spiderman. Ma i fan di Spiderman non pretendono che il loro beniamino esista davvero. Se, invece, addirittura considerassero il loro culto una religione, in questo caso lo spernacchio sarebbe non solo auspicabile, ma necessario. Per il loro stesso bene.
(10) Se si rinuncia anche di un pollice al diritto alla critica/offesa delle fedi religiose (diritto, non dovere: le vignette di Charlie possono benissimo non piacere ed essere criticate, ma il diritto alla loro pubblicazione deve essere difeso assolutamente), non si concede già la vittoria al terrorismo? In tal modo non si obbedisce alle loro richieste per “servitù volontaria”, senza che debbano più usare violenza, basta la minaccia e relativa paura, e non è questo che si propone chi utilizza il terrore? Le tentazioni a imboccare questa strada non sono sempre più frequenti e pericolose?
Il terrorismo cancella la democrazia impedendo il sano scontro fra idee diverse, che ne sono il sale. Chi si offende per la satira religiosa fa il gioco dei terroristi.

25 pensieri su “DANIELE LUTTAZZI E LA SATIRA (RELIGIOSA E NON)

  1. Chiunque è libero di inventarsi la religione che crede (si pensi alla religione di Quélo, di Corrado Guzzanti) e sentirsi offeso se qualcuno non gliela rispetta, ma… chissenefrega? Per quanto mi riguarda le religioni rimangono un puro pretesto per il potere e il risaputo oppio dei popoli. Punto.

  2. Sono assolutamente d’accordo che: <>. Nel senso, la religione deve farsi una ragione che dentro una democrazia, vivere secondo un credo religioso è una scelta che un individuo fa, e non può in alcun modo essere imposta su altri interferendo nelle istituzioni e nella vita pubblica. Ogni forma di sharia, in senso lato, cioè da qualunque credo sia ispirata, è una forma di regime dittatoriale né più né meno. Detto ciò, da atea, non sono d’accordo su molte cose che dice Luttazzi sulla religione e sul rispetto che le è dovuto di per sé, cioè che ad esempio meriti meno rispetto del mio modo di vedere la vita, solo perché fondata su un preteso essere trascendente di cui non è dimostrata l’esistenza.
    Poiché però la satira, come ottimamente sintetizza Gipi, deve andare dai deboli ai potenti, la religione diventa legittimo bersaglio di satira là dove pretende di regolare, facendo uso di un potere secolare, anche la vita di chi non vi aderisce liberamente.

  3. Scusate, mi è sparita la citazione dall’articolo: dicevo, sono d’accordo al mille per cento che: “le democrazie hanno il diritto di esigere da tutte le religioni la “interiorizzazione” della laicità”. (Direi anzi il dovere, di esigere)

  4. Al coerente Charlatano va detto che, ; come non tutto ciò che si autodefinisce satirico poi può essere davvero satira , neanche tutto ciò che si autodefinisce religioso può esserlo veramente. I cialtroni sono molti in effetti. Ma questo non obbliga nessuno a offendere o dileggiare un poveretto che per esempio “crede” in Guzzanti o nell’ideologia gender, e soprattutto niente può giustificare la violenza fondamentalista contro le persone.
    E’ condivisibile la regola che la satira “ deve andare dai deboli ai potenti.” Ma non è sempre facile capire chi sono i potenti, non si vedono bene generalmente stanno dall’altra parte.

  5. L’Ente Supremo ci salvi dai fanatici di ogni religione, così come dai fanatici anti-religione. Non è che il fanatismo, il senso di superiorità e il disprezzo per l’altro sono pericolosi se sono indirizzati in un senso, mentre invece se vanno in senso contrario allora sono una figata. Il diritto di satira o il buon gusto non c’entrano un bel niente. C’entra lo stare al mondo insieme agli altri. Che sono miliardi e tutti diversi.

  6. Che cosa succede nella mente di chi si sente offeso da una vignetta? Avviene una ferita, un colpo doloroso al cuore che non si può accettare, perchè l’adesione al sacro risiede al centro dell’essenza del fedele.
    La mancanza di rispetto fa soffrire chi non viene rispettato. Cosa resta di questo dolore?
    Questo dolore ha il diritto di censurare, di vietare, di reagire negando la libertà d’espressione? Questo dolore può pretendere che l’offensore venga arrestato? Ha ragione l’attuale Vicario di Cristo quando dice che è normale, quindi implicitamente legittimo, reagire con un pugno ad un’offesa contro la propria madre? Mi hanno mancato di rispetto: posso aggredirli? Ci mancano di rispetto i vignettisti blasfemi, lo fanno i negazionisti, lo fanno gli anticlericali volgari; questa mancanza di rispetto va vietata o solo denunciata con le armi della critica ragionevole? Questo dobbiamo decidere: se concedere la possibilità di affermare idiozie, sciocchezze, banalità su delicatissime questioni spirituali, religiose, storiche, politiche.
    Le religioni del libro hanno sempre avuto eserciti e li hanno sempre usati, senza troppe clemenze per il nemico. La satira ha sempre corso il rischio del rogo e della ghigliottina, ha vilipeso e calpestato, giocando coscientemente col fuoco. Tutte le volte che un burlone vuole fare il simpaticone su qualcosa che per noi è sacro: la bontà di nostra madre, la fedeltà della moglie, la bellezza inerme dei nostri figlioletti etc, tutte le volte che ci troviamo di fronte ad una dissacrazione di uno di questi nostri idoli la nostra mano stringe una pistola. In questa fase storica assistiamo ad un confronto tra il silenzio umile ed il vociare molesto, tra l’autocensura ossequiosa e l’eccesso irriverente.
    Ribadito che è normale arrabbiarsi ed offendersi, possiamo costringere gli altri ad evitare i nostri scoppi d’ira? A fare di tutto per non toccare mai un nostro nervo scoperto, ad evitare ogni riferimento a ciò che reputiamo indicibile? L’indicibile vale per tutti? NO. L’atteggiamento ossequioso e riverente non può essere obbligatorio per tutti, altrimenti cadiamo in un’epoca dovremmo aver abbandonato, quella medioevale. La cultura occidentale ha combattuto per uscire dalla Santa Inquisizione e dalle tirannie dei totalitarismi; ha combattuto quindi per rendere lecite le eresie e le eterodossie, anche quelle più fastidiose. Non viviamo più nei tempi in cui un’eresia è un oltraggio. Il tempo delle Crociate è fortunatamente finito, nonostante l’esistenza dei trogloditi assassini di Al Qaeda, dell’Isis e di Boko Haram.
    Le persone religiose hanno tutto il diritto di sentirsi oltraggiate da una mancanza di deferenza nei confronti della propria fede, ma non possono vietarla. E nemmeno possono pretendere attenuanti se reagiscono violentemente. Allo stesso modo gli atei possono legittimamente sentirsi offesi dalle manifestazioni più superstiziose ed intolleranti della religione, ma non possono vietarle (ma raramente la storia ha contenuto violenze in nome dell’ateismo e non ho mai sentito nessuno dire che i preti possono fare quello che vogliono, ma a casa loro).
    Io lo detesto il trash televisivo, ma non mi sogno di pretendere che Italia 1 venga chiuso. Mi fa schifo l’atteggiamento fanatico dei tifosi di calcio, ma non mi viene in mente di chiudere milioni d’Italiani in case di correzione. Non credo che sia il caso di annullare l’esistenza di Peppa Pig per far piacere a chi non mangia maiale. Mi annoiano i professionisti della ribellione e dell’alternativismo, che come certi ciclisti, potrebbero anche stare un centimetro più a destra; ma non posso passarci sopra con la macchina. Non posso vietare i cinepanettoni e tutto il cinemino d’intrattenimento che diffonde e fissa stereotipi e naturalizza ingiustizie (misoginia, omofobia, fascismi quotidiani). Disprezzo la totale mancanza di volontà di sapere (Aristotele non conosceva i miei colleghi), ma non costringo i sordi ad accendere la radio. Se si ammette, senza pene da Arabia Saudita, l’esistenza degli atei si accetta anche che non abbiano un comportamento di obbedienza e devozione nei confronti di un essere immaginario. Vietiamo le minigonne dello sberleffo e del dileggio per non vilipendere il buon costume?
    Sacralizzare la satira è ciò che la satira stessa, se autentica e non un paravento per occultare una propaganda razzista o antisemita o violenta, respinge. La satira ha il diritto di esagerare e offendere oppure ne accettiamo solo una versione light, denuclearizzata, decaffeinata, grigia e salottiera, che non graffia e non bestemmia? Nessuno dev’essere molestato per le sue opinioni religiose: ah sì? E perchè le mie opinioni politiche e soprattutto (passi per le prime) morali sono state molestate e stuprate impunemente da vent’anni di berlusconismo? Dunque aspettiamo che i religiosi ci dicano quando si sentono offesi e quando no? Cosa travalica la loro soglia di permalosità e cosa invece può esser tollerato? I tutori del sacro dovrebbero dettare i limiti dell’espressione satirica. E chi scrive proprio per allargare i confini della dicibilità deve attendere da altri, professionisti dell’inattingibilità del sacro dalla bassa soglia di sopportazione, il nulla osta.
    Possiamo, invece, chiedere ad Aristofane e Orazio, a Moliere e Rabelais, a Charlie Chaplin e Luis Bunuel un modo alternativo, senza dubbio più rilassato, di accostarci alle questioni spirituali (e politiche, sessuali, morali) ?
    La società democratica ed aperta protegge, o dovrebbe farlo, un politeismo dei valori che comprende religioni diverse o nessuna religione o anche il pessimo gusto. Ergo: rispetto sì, ma anche qualche scivolata nell’osceno, nel brutto o nell’attacco irrispettoso. Senza sacralizzare la stessa satira (il satiro finisce dove comincia il fanatico), dobbiamo correre il rischio di rendere lecita ogni sua spericolata incursione non riguardosa né garbata all’interno di territori che pur ci stanno molto a cuore. Questo implica che si possa scherzare su tutto? No, se facciamo battutine sui morti siamo degli infami, non dei coraggiosi ironisti. Ad un fascista che raccontava di essere stato ferito dai comunisti, un famoso vignettista rispose: “Dirò di mirare meglio!” Io ho riso, ma ho anche apprezzato le scuse successive del vignettista. Ho riso perchè non sono vicino a quel fascista. Solo dopo ho pensato al fatto che in quell’attentato rischiò di morire. Quando gli autori di “Scherzi a parte” chiusero Leo Gullotta nel garage con una tigre non mi divertii affatto: anch’io sarei morto di paura. Non rido alle battute sulla Shoah, né a quelle sulle donne. Se qualcuno però si diverte a violare certi tabù, faccia pure. Incontrerà non la censura, ma il mio disgusto.
    Ciò su cui non può si transigere è un’etica civile fondata sui diritti fondamentali: vita e libertà (del corpo, di espressione, di riunione ed associazione). Tra questi c’è quello di espressione, quello che fa paura a fanatici e clericali d’ogni sorta, che vorrebbero estendere l’atteggiamento religioso a tutti, anche a chi non professa quel culto. Come reagiamo con le manifestazioni di irresponsabilità e cattivo gusto come quelle dell’arte contemporanea o quelle del negazionismo? Voltando la faccia e assicurando la minore attenzione possibile. L’unica forma di censura possibile è la critica associata alla mancanza di pubblicità. Ci sono vignette o installazioni o performance pseudoartistiche che non fanno ridere, non fanno pensare, non producono alcun passo avanti nel campo della conoscenza. Ma non possiamo vietare o assassinare l’oscenità e la stupidità. Possiamo prevenirla culturalmente o agire sui suoi effetti col diritto penale. Dunque più cultura e meno paura. Stamattina sono entrato in una classe non mia per fare supplenza, ho proposto di parlare dei fatti di Parigi e sono stato investito dalle solite critiche ai vignettisti. Ho tentato di farli ragionare sulla differenza tra un dileggio ed un’offesa e sulle prevedibili conseguenze di un’offesa, conseguenze legali, non illegali. Ho chiesto loro se fosse giusto scherza su un popolo e mi hanno detto di no. Poi hanno riso come pazzi quando gli ho fatto vedere questo https://www.youtube.com/watch?v=OvOOi20moF4 Allora: può davvero dipendere dal caso? Cioè dal grado di permalosità delle singole fedi? Per favore.

  7. Francamente, l’arroganza e il disprezzo di Luttazzi in questa intervista mi lasciano più che perplessa, disgustata è la parola giusta. Ci vedo, paradossalmente, un vero fondamentalismo intollerante, direi ossessivo (da notare come dia praticamente l’identica risposta a tutte le domande, come un ritornello), una totale incapacità di guardare a chi è diverso da sè come a una persona degna di rispetto. Mah.

  8. Anche io concordo con Luttazzi, e fermamente, che l’età dell’uomo credente in un Essere Supremo e assemblato in comunità religiose basate su libri sacri faccia parte di un’era ancora primitiva dell’umanità.
    Dopodiché Carl Sagan mi ha insegnato che la fede nell’ateismo è altrettanto stupida, e quindi codesti pensieri li tengo ben nascosti e so – razionalmente – che è un errore manifestarli.

  9. essendo cresciuta in una famiglia in cui si credeva in un Essere Supremo (“il Migliore”) e ci si assemblava in comunità religiose (Pci) basate su libri sacri (Das Kapital), concordo che si trattava di un’era primitiva.

  10. Convivendo in pieno il punto di vista di Luttazzi, ne vedo però un limite: la totale incomprensione verso chi è credente, dipinto quasi come un essere umano inferiore (mentre i capisaldi della nostra modernità dovrebbero essere Libertà-EGUAGLIANZA-FRATELLANZA).
    Quanto al considerare fastidioso l’ateismo, questo mi incuriosisce proprio: è come considerare fastidiosa la realtà “oggettiva” (nel senso letterale di “degli oggetti, della fisicità”) in cui viviamo… e confermerebbe paradossalmente la visione di Luttazzi: che il credere in qualcosa di invisibile e/o di inspiegabile non sia nient’altro che una fuga dalla (inaccettabile) realtà. Ma le cose stanno proprio così?

  11. Siccome a me la religione è servita per raggiungere un mio equilibrio interiore , per fare una scelta dei valori ai quali deve essere improntata la mia esistenza. trovo ridicolo leggere , soprattutto oggi , che la religione sia un formidabile strumento di controllo!Lo sarà di sicuro solo là dove manchi innanzitutto il riconoscimento delle libertò individuali e dei diritti fondamentali. In questo paese nessuno mi impone di essere cattolica e se lo sono non accetto che si possa dare di Me ( in senso generale noi) l’idea di una persona strumentalizzata, manipolata! Ho la consapevolezza di esserlo e a chi parla con faciloneria di Essere Supremo..mi sa che è cresciuto in famiglie in cui forse l’unico essere supremo era quello di un noto manga giapponese! La satira va bene…ma non offebdere e alcune vignete erano anche oscene! Ciò detto non ammetto in alcun modo che un gruppo di teroristi spacciandosi per paladini del Corano vada a massacrare gente innocente anche se, ripeto, non condividevo quel modo di i9ntendere la satira.

  12. Ehm, Mirella, io ho parlato di “Ente Supremo”, citando i deisti illuministi del XVIII secolo, proprio per mostrare la stupida arroganza della posizione di Luttazzi. E’ evidente che le religioni possono essere oppio dei popoli così come anche straordinari strumenti di liberazione e presa di coscienza (o equilibrio interiore). Dicevo infatti che non vedo molta differenza tra il fanatismo religioso e quello anti-religioso alla Luttazzi. La satira di Charlie Hebdo rispecchia la stessa concezione eurocentrica, snob e radical chic che non mi ha mai convinto nella satira di Luttazzi.
    Già che ci sono, aggiungo che questo vale anche per l’islam, che oggi la propaganda si impegna a farci considerare tarato ab origine dal fanatismo. Qualcuno dovrebbe ricordare che un certo Malcolm X era musulmano e che usò proprio quella religione per parlare agli afroamericani del necessario affrancamento dalla sudditanza materiale e psicologica verso i bianchi. Così come erano musulmani, e addirittura discendenti del Profeta, i principi arabi che durante la Prima guerra mondiale si ribellarono all’impero ottomano guidato dai laicissimi Giovani Turchi, sterminatori di armeni.

  13. povero luttazzi, ricomparso dalla buca in cui si era infilato speculando sulla tragedia di charlie hebdo!!! Hey tutti quelli che hanno detto io sono charlie si sono dimenticati di me??? Datemi un programma vi prego!! almeno non sono costretto a rischiare in teatro dove mi prenderebbero a pesci in faccia!

  14. C’è, però, un problema. La libertà di espressione (pubblica) deve anche comprendere la libertà di vilipendere una religione o un credo filosofico, altrimenti tale libertà verrebbe di fatto limitata da qualunque corrente di pensiero che si dichiari “offesa” o che dichiari sacro un qualsiasi tema. Ricordiamoci come in Italia per esempio non si riesca mai a discutere di eutanasia a causa del fatto che le gerarchie cattoliche (e i politici che le sono genuflessi) hanno dichiarato la “sacralità della vita” e DUNQUE la sottrazione di qualsiasi dibattito pubblico su temi ad essa legati SECONDO LA LORO VISIONE. Idem per l’uso dei preservativi: in Italia non si riesce a fare massicce e soprattutto ESPLICITE campagne di prevenzione delle MST proprio “per non urtare la sensibilità cattolica”. Questo è gravissimo e pur ammettendo che l’estremismo della satira di Charlie Hébdo può offendere qualcuno o molti, moi, Je suis Charlie! Perché la nostra grandissima conquista di occidentali è stata proprio quella di poter esprimere qualsiasi pensiero.

  15. @ Luca Perilli
    a me non pare che il problema sia la libertà di espressione, sinceramente. Nessuno ha mai inteso censurare Charlie Hebdo (a parte forse qualche confessionalista cristiano che oggi si straccia le vesti). In passato c’è stata una querela da parte della comunità islamica francese per le vignette su Maometto, ma non sembra che abbia modificato la linea del giornale. Fortunatamente le leggi francesi tutelano (ancora) la libertà di stampa. Il “problema” nasce quando qualcuno che si ritiene offeso nel suo credo e nelle sue convinzioni di fede, invece di farti causa viene a spararti in testa. Più che di censura si tratta di fanatismo: ti ammazzo per quello che dici di me.
    Detto questo, per quanto mi riguarda, in linea teorica, varrebbe lo stesso discorso se Charlie Hebdo o qualunque altro giornale avesse pubblicato vignette antisemite. Di certo non invocherei la censura di stato. Ma una sanzione culturale e civile sì, però. Credo che in quel caso, infatti, non avremmo lasciato da soli i cittadini di religione o discendenza ebraica a protestare… ma ci saremmo associati alla loro incazzatura.
    Forse è su questo che dovremmo un po’ meditare.

  16. Completamente d’accordo con te, WuMing4.
    La mia puntualizzazione deriva dall’osservazione diretta del dibattito in Francia e del non-dibattito in Italia, la deriva”comunitarista” è evidente in entrambi i casi: detta molto grossolanamente l’idea che sta passando è che lo spazio pubblico debba essere interdetto preventivamente e successivamente su tutta una serie di soggetti valutati come “sensibili”, partendo dal concetto di “offesa”. Soprattutto i credenti tendono a considerare come personali le invettive o la satira rivolta al loro dio, ai loro profeti o ai loro “agenti terreni”; per sillogismo, quindi, dare del “senzadio” a qualcuno non è rilevante mentre bestemmiare è “offensivo” come se si trattasse di un’ingiuria privata e diretta. Applicato ai numerosi ambiti in cui le varie comunità e i vari poteri si sentono “offesi”, la conseguenza finale è il restringimento dello spazio pubblico di dibattito, come le vicende che ho citato (cui aggiungerei quella di De Luca, davvero emblematica) dimostrano purtroppo ampiamente. Dal diritto di libera espressione del pensiero stiamo passando alla sua concessione graziosa e puntuale.

  17. Davvero interessanti queste osservazioni di Luca, faccio notare che le stesse identiche argomentazioni vengono usate dalle Sentinelle in Piedi, che contrastano un decreto giudicato liberticida come il ddl Scalfarotto, attraverso cui, ( secondo loro) si vuole azzerare preventivamente lo spazio di dibattito pubblico e pure la libertà di educazione dei propri figli.
    Se come scrive Luca, ” i credenti tendono a considerare come personali le invettive o la satira rivolta al loro dio, ai loro profeti”, allo stesso modo considerare come Non equivalenti eterosessualità e omosessualità, potrebbe già essere opinione offensiva per i singoli omosessuali e quindi opinione da punire se pubblicamente espressa.
    A parte queste piccole polemicuzze provinciali, credo che per comprenderla un po’, la satira vada inquadrata considerata come un qualsiasi potere mediatico. L’infinito grado di libertà espressiva cui dovrebbe poter attingere sarebbe giustificato dal fatto che essa lotta contro il più forte. Un piccolo potere mediatico contro uno più forte.ok. Si capisce pertanto che essa è tanto più libera quanto più è limitato il numero di persone che riesce a raggiungere ( e influenzare). La satira cerca di aggirare questo intrinseco limite attraverso delle scappatoie formali, per cui i giullari sono scemi e gobbi, In tv va in onda in terza serata le vignette sono deformi tipo quelle di Vauro etc. Di fatto nella società attuale dove ogni informazione è in ogni momento raggiungibile certi schemi saltano, va aggiunto a tutto questo che queste cornici formali proprie della satira che noi occidentali sappiamo magari riconoscere, sono invece totalmente ignorate da persone di diversa estrazione. Insomma la realtà come si dice è complessa.
    Con sicurezza direi che non si può completamente svuotare di peso di significato e di senso le opinioni e le parole di chicchessia che in qualche modo influenzano la realtà e noi stess
    Ciao,k.

  18. Segnalo che tra le religioni che non amano molto la democrazia o semplicemente il pluralismo c’è anche il Capitalismo: il dio denaro non è meno monocratico dell’altro Dio.

  19. ma basta dare spazio a Luttazzi, plagiatore impenitente che peraltro ha strumentalizzato le parole tue e WM in vecchi post, tagliando le parti a lui contrarie e usandole, tramite utenti fake, troll e addirittura interi blog fasulli, per far perdere le tracce dei suoi plagi. Non alimentiamo il troll, come si dice.

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