DETTARE L'AGENDA

Discussione necessaria, quella che si è sviluppata sotto il post di ieri. Provo a chiarire qualche punto, in chiave assolutamente personale.
Come, quando, con chi.
Giustamente,  molte blogger hanno ricordato che esistono già luoghi dove ci si incontra, si discute, si agisce. Feminist Blog Camp. La rete delle reti.   Altro. Tutto l’altro che è possibile concepire. Questo, per parlare dei progetti nati dal basso e che uniscono molte donne attive sul web (e non solo).  Progetti – va detto – decisamente ignorati dai media: che per la solita coazione a ripetere che ormai li corrode quando devono parlare di questione femminile si rivolgono a Snoq o, per quanto riguarda l’informazione e la rappresentazione delle donne, a Giulia. Sì, può essere irritante e lo capisco. Sì, quando argomenti su cui si lavora in rete e fuori da anni vengono utilizzati senza neanche un grazie,  infastidisce.  Sì, la sensazione che ci sia un gruppo (ristretto) di donne che, lo dico fuori dai denti, sia saltato sul carro anche per ottenere visibilità esiste. E’ vera? Non è questo che conta, credo. Non adesso.
Manovratori.
La discriminante politica ha il suo peso: come sa chi segue questo blog.  Non ritengo giusto fare sconti a una ministra solo perché di sesso femminile, nel momento in cui sta perseguendo una linea  devastante per le classi più deboli. Non ritengo, purtroppo, che da questa ministra e da questo governo ci si possa aspettare molto: per il semplice motivo che non hanno il mandato (non vogliono averlo? Non lo so, non è rilevante, al momento) per occuparsi di diritti. Da quanto intuisco,  il loro mandato riguarda i bilanci: e poco conta che voi, io e una manciata di altre persone sostengano che la politica dei due tempi (prima i soldi, poi i diritti) sia suicida. Così è.  Questo, però, è un motivo per rafforzare le rivendicazioni, e non per soffocarle. Mantenendo lucidità. Non facendosi dettare l’agenda dai media: prima la farfallina, poi il contratto Rai. Quel contratto era noto da tempo. La discriminazione compiuta dalle aziende (Rai inclusa) nei confronti delle precarie non deve essere oggetto di una sollevazione mediatica che dura giorni due per poi venire riassorbita dalla prossima emergenza. Deve essere sempre nell’agenda del movimento. Insieme a tutti gli altri diritti (occupazione, reddito, welfare, contraccezione, aborto, asili nido) che non vengono riconosciuti alle donne italiane.
A volte ritornano.
Tornano e torneranno. Sono coloro che per motivi politici, personali, professionali intendono ridicolizzare e minimizzare quanto fatto fin qui. La discussione – sacrosanta – sulla rappresentazione del femminile nei media che si è svolta sotto il post di ieri non può e non deve essere ridotta da terzi a un problema di moralismo censorio o bigottismo. E’ esattamente quello che sta avvenendo – spesso in pessima fede – e che avverrà nelle prossime settimane (fidatevi).  Non bisogna mai accettare la semplificazione.  Giusto, direte voi: ma in quali sedi discuterne?
Dove.
Parlo per me. Non mi interessa il luogo. Non sono legata ad alcuno e sono pronta ad affiancare tutti. Il 7 marzo Chiara Lalli e io parleremo di aborto e pillola del giorno dopo da Tuba, al Pigneto. Non stiamo fondando un movimento: concordiamo su un obiettivo comune. Sono pronta a unirmi a qualunque portale, filone, sito, gruppo, flash mob.  Sono sempre stata vicina a Femminismo a Sud e sono pronta a collaborare con Snoq, collaboro  già con l’Associazione Pulitzer, con Zeroviolenzadonne, con Femminicidio e non avrei problemi a sostenere Giulia o Pari o Dispare.  Sono nella mailing list del Feminist Blog Camp, che leggo con interesse, e sono al fianco di donne che considero sorelle come Lorella e Giovanna. Sono disponibile anche a sostenere, come detto, l’idea di Marina Terragni così come quella di Gioia e le altre che lavorano sulla rete delle reti.
Progetti. Obiettivi. Chiari, a breve termine, condivisi. Ci occorre questo.  Sull’immaginario e sul sociale. Io ci sono, ovunque vogliate che io sia e con tutte le differenze del caso: non è buonismo, conosco perfettamente quel che unisce e quel che divide. Ma i tempi stanno cambiando ancora. E non in meglio, questo lo sapete già.

30 pensieri su “DETTARE L'AGENDA

  1. Sto seguendo tutto ciò che si sta dicendo in questi giorni. Grazie Loredana per questo post che ci fa fare un passo in avanti.
    Vorrei dire anche che a Firenze realtà storiche stanno riuscendo a convergere su obiettivi politicamente concreti (che riguardino l’immaginario, l’Omsa, o la legge sulle dimissioni in bianco) insieme a sigle più recenti, volta per volta, con lavoro e impegno incessante di singole donne nel concordare modi e linguaggi.
    Anche a me sembra l’unica via possibile, come hanno già detto altre nel post precedente, la rete a maglie larghe che di volta in volta si stringono sui punti più urgenti.

  2. Racconto una mia piccola “esperienza” sul campo.
    Tempo fa è stato organizzato un presidio di precari davanti ad una prefettura. Sono stati inviati circa 700 sms e usati gli strumenti del web. Precari che si sono presentati, due.
    In seguito è stato organizzato un “banchetto” in piazza. Precari convocati con telefonate. Precari che si sono presentati, una cinquantina, a seguito di cento telefonate.
    Sono convinto che se avessimo avuto la “forza” di suonare i campanelli e parlare direttamente con le persone il numero di intervenuti sarebbe aumentato esponenzialmente.
    Sono altresì convinto che per sostenere un’idea, innovativa se non addirittura rivoluzionaria, e “fare politica” sia necessario il “lavoro sul campo”.
    Per questo sono, ahimè, sicuro che la FIOM perderà la sua “battaglia” con la FIAT, visto che a tutt’oggi manco un volantino ha distribuito davanti a Mirafiori.
    Per lo stesso motivo credo che un movimento femminile non possa radicarsi e “fare politica” senza un minimo di organizzazione e di radicamento sul territorio.
    Naturalmente non sto sostenendo che il web e i nuovi mezzi di comunicazione siano inutili, sostengo però che non si possa “partire” dalla rete, ma dalla strada.
    E per strada intendo anche gli incontri “faccia a faccia” ai quali parteciperai.
    Poi capisco che sia difficilissimo darsi una organizzazione in tal senso, ma difficile non vuol dire impossibile. E so che ci sono già molte donne che agiscono “sul campo”, anche se purtroppo agiscono senza un coordinamento generale.
    Io credo che i movimenti femminili e le donne che si impegnano in tal senso siano una delle poche realtà rivoluzionarie presenti.
    Sono anche convinto che le donne non debbano occuparsi solo di generi, ma anche di classi, perché è innegabile che esistano due classi così come esistono uomini e donne.
    E bisogna anche guardare al futuro e non alla soddisfazione immediata di pochi bisogni. Altrimenti si rischia di continuare con le lotte già viste in questi ultimi tempi, lotte che mirano semplicemente a mantenere i privilegi o le condizioni di lavoro del passato. In Italia non si lotta per cambiare le cose ma per mantenerle così come sono o come erano, e questo è sbagliato.
    E a conclusione del mio “pippone” non posso che esprimere la mia ammirazione e il mio incoraggiamento per voi che state lottando. I tempi sono cupi e il futuro spaventa, ma io sono sicuro che c’è la forza e ci sono le risorse per poter cambiare il mondo. 🙂

  3. Dibattito molto interessante a seguito del post precedente e sintesi efficace quissù. Grazie! Mi piace molto l’idea di Zauberei della rete a maglie larghe (perchè comunque siamo diverse). Segnalo a proposito di immagine femminile un’agghiacciante sequenza di pubblicità d’antan sul sito di repubblica (della serie, oggi non va bene, ma ieri….).

  4. Ti ringrazio Loredana per questo post. Credo che rifletterò e ne scriverò uno anch’io perché la discussione va chiarita fino in fondo.
    Non condivido invece il post di Giovanna Cosenza che è tutto improntato sulle divisioni femminili. Questa storia che le donne dovrebbero essere sempre “unite” e che quando discutono in modo critico rivelerebbero una sorta di “rivalità” è un pregiudizio che semplifica e banalizza la discussione in corso. Oltretutto ogni passaggio del suo post riferito al fatto che non sarebbe utile né potrebbe – ciascuna – parlare di tutto – perché bisognerebbe lasciare visibilità alle professioniste mi pare una sciocchezza.
    Forse non è chiaro che il tempo delle visibilità d’accademia è finito e che nella rete le donne ottengono visibilità in base al proprio talento, per quello che dicono e fanno, perché semplicemente sono donne e lottano e sono credibili e non serve una “competenza” da femminista professionista per avere accesso a modalità visibili onde per cui creare lì una élite di donne professioniste e quindi lecitamente rappresentabili attraverso le quali io dovrei far veicolare il mio pensiero. Per esempio io (ma molte altre… lo so per certo) ho voce, parole, pensieri e mi autorappresento. Parlare di partecipazione dal basso e di autorappresentazione è una cosa coerente con chi dice che vuole fare rete nella rete. Così come è avvenuto e avviene per il Feminist Blog Camp. Altrimenti è Snoq e io Snoq non la voglio fare.
    Sugli obiettivi concreti sapete tutte invece che personamente ci sono sempre. Ma concreti deve significare anche condivisibili – dunque significa discutere dell’agenda e non vedersela calata dall’alto con un fiocco rosa dalle Snoq di turno – e deve significare anche riconoscimento per il lavoro di tutte e deve significare soprattutto che non ci si può sostituire, non si può invisibilizzare e non ci si può promuovere a portavoci periodiche o momentanee di un presunto movimento femminile che non esiste. Perché ne esistono molti e sono diversi tra loro. Inoltre, permettetemi di dire, che la mia rete consiste in un legame tra il lavoro compiuto da chi fa comunicazione e quello compiuto da chi sui territori agisce concretamente con iniziative che pretendono visibilità e alle quali visibilità non viene data mai salvo che da noi e poche altre. E se una rete non si muove in questo senso non saprei in che altro modo ritenerla valida. E la rete si compone perciò anche di uomini perché alle reti separatiste continuo a non credere e perché Femminismo a Sud è fatto da uomini e da donne e perché con gli uomini io mi propongo di lottare ovunque per la questione del reddito, della cittadinanza, della libertà e di tanti diritti in generale che non sono “cose da donne”. Una buona discussione a tutte!

  5. Riscrivo il mio commento anche di qui, perché mi riallaccio a quanto detto da Valberici. Lui usa lìespressione di scendere “sul campo”. Era quello che intendevo dire io nel mio commento all’altro post. E mi dispiace che il mio intervento sia stato colto come ingeneroso, e bollato come “benaltrismo” In realtà io non volevo criticare in modo mirato le scelte personali di nessuna blogger o scrittrice, presa una per una. Ciò che critico è l’insieme di tutte queste scelte personali: volevo solo dire che, secondo me, non basta. Scrivere su un blog, fondare movimenti, collettivi, sfilare in piazza una volta ogni tanto, occuparsi di studi di genere: bellissime cose, ma non credo possano dare risultati concreti, se a tutto ciò non si unisce la capacità e la voglia di entrare nel sistema. Se tutte rispondono “ah, ma il lavoro è la comunicazione, io in politica non scendo”, “ah, ma io scrivo e questo è quello che so fare”, “ah, io vivo di questo, non posso/voglio fare altro”, credo che tutte le più buone intenzioni non avranno mai un risultato significativo. Secondo me, c’è bisogno di leggi che incidano davvero. Io sono nella scuola (tra l’altro, ho vissuto tanti anni di precariato in cui il lavoro non me lo dava nessuno, e nessuno mi manteneva, tanto per rispondere a chi si è sentita attaccata ingenerosamente, e vivevo di lavori alternativi e ripetizioni) e, per esempio, so che va benissimo parlare dei danni del fumo, e fare corsi contro le dipendenze etc, però la vera svolta si è avuta quando è entrata in vigore la legge che vieta di fumare anche nei bar, ristoranti etc. Puoi predicare quanto vuoi, se non trovi un modo di incidere, con sanzioni o altro, le persone non si sentono davvero toccate, convinte, coinvolte.
    Per questo vorrei più donne nei posti di comando, più donne candidate, e non ditemi che ci si candida solo con i partiti: nei comuni è tutto un fiorire di liste civiche, apartitiche, e lì ci si può mettere in gioco.
    Se poi ci si chiama sempre fuori, e si aspetta che le leggi sugli asili nido la facciano solo gli uomini…

  6. @labiondaprof
    però attenzione a non ridurre la politica alla candidatura. La politica si fa soprattutto nel quotidiano, si fa quando si dà spazio e sostegno a lotte come quella delle lavoratrici della Omsa o quando si chiede una bella patrimoniale che consenta meno pressione fiscale su chi è in difficoltà, anche se quella patrimoniale colpirà noi. E si fa anche quando non si costringe a turni di lavoro massacranti per 5 euro lorde all’ora la baby sitter dei nostri figli, salvo poi ergersi a paladine della dignità e della rappresentazione della donna sui media e reclamare più donne al comando(parlo di casi che conosco, non di te nello specifico). E poi, questo ritornello del “più donne al comando” non mi convince, perché voglio sapere esattamente chi siano queste donne e che idee abbiano, altrimenti non le sostengo in virtù della comunanza di genitali. Ché se al governo mi ritrovo più ministre come è stata una Gelmini (tanto per cambiare esempio e non insistere sulla Fornero), non so proprio che farmene. Faccio la prof anch’io, precaria, e la Gelmini mi ha distrutta sia in termini economici, sia riguardo alla qualità del lavoro che posso svolgere, con la sua splendida riforma basata esclusivamente su tagli di risorse e personale e indicata dall’attuale governo come esempio da seguire. E mi dovrei rallegrare perché porta la firma di una donna?

  7. @antonellaf
    Sulla Gelmini mi trovi assolutamente d’accordo, e chi è nella scuola lo sa, e sa anche che era un ministro paravento, in verità decideva Tremonti e basta ( Brunetta, su tutto il discorso delle assenze per malattie). Anche io penso che la politica attiva non si faccia solo candidandosi, però se sei nella posizione di poter proporre una legge, o votarla, o emendarla, hai modo di incidere. Non è certo l’unico modo, ma è un modo “pesante”. Sul sostegno alle lavoratrici Omsa, guarda, in uno dei miei commenti lo ricordavo anche io. E, avendo lavorato in un’azienda prima di buttarmi nella scuola, ho a cuore anche le famigerate lettere di dimissioni in bianco, cui apporre la data quando la lavoratrice annuncia la gravidanza. E il mobbing su chi decide di avere non solo un figlio, ma addirittura, disgraziata, due.
    Poi, concordo con te che più donne al comando non vuol dire per forza che in tutte ci rispecchieremo, ma questo vale anche per gli uomini. Non credo che tutti gli uomini si rispecchino in Scilipoti o Diliberto o da Casini (tanto per pescare a dx , a sn e in centro…). Però sul grande numero, ci saranno quelle che avranno in agenda quello che più ci sta a cuore, e quelle che proprio no.

  8. @ labiondaprof
    Che Gelmini fosse il parsvento dietro il quale agivano Tremonti e Brunetta è un’affermazione non solo parziale, ma anche pericolosa, contro la quale ho scritto e parlato in ogni luogo in cui è stato possibile farlo per due anni.
    Dire questo significa non capire (e si è lavorato molto per non farlo capire: sopratuttto da chi ha finto di opporsi a una politica vista come “il lavoro sporco che è meglio facciano gli altri”, ossia il PD e buona parte della CGIL/FLC) che l’emergenza economica era solo un pretesto, la giustificazione di facciata per un’operazione che andava a incidere sulla carne viva della scuola, della didattica, del paese. E se Gelmini poteva sembrare un paravento, di certo non lo era Elena Ugolini, presente in tutte le commissioni di lavoro che contano, autentica quinta colonna di CL/Compagnia delle Opere nella scuola pubblica, e oggi sottosegretario all’istruzione. Non è certo casuale che, andata via la triade Brunetta-Tremonti-Gelmini, non uno dei provvedimenti presi negli ultimi due anni sia oggi rimesso in discussione: e ci sono cancellazioni e ritorni al 2008 che potrebbero essere fatti a costo zero. Addirittura spuntano nuovi fondi per implementare le pratiche gelminiane – vedi il rafforzamento dell’INVALSI e della macchina della valutazione.
    Quanto alla riforma, esempio da seguire per Mario Monti (ma lo aveva già detto un anno fa, cosa c’è di nuovo dunque?), poniamo mente al fatto che va a colpire un settore lavorativo altamente femminilizzato (si è notato che da quando la riforma è entrata in vigore sono finite le gnagnere sull’eccesso di “professoresse-femmine”?), e lo colpisce riconducendo le pratiche scolastiche a una dimensione molto “femminile-anni ’50”, molto “maestrina dalla penna rossa”, nella quale la femminilizzazione del lavoro (cito Cristina Morini e il suo libro) significa docilità, sottomissione, ubbidienza – persino (sarà un altro caso?) nel comparto dirigenziale, proprio quando anche tra i dirigenti la componente femminile diventa maggioritaria.

  9. Straquoto Marij e Valberici, sulla questione “no all’agenda calata dall’alto”, e “no all’allontanarci dalla realtà”. Qualche mese fa era stata occupata, a Roma, una scuola che stava per diventare scuola privata, da pubblica che era. Venne occupata da un gruppo di donne che ne fecero una casa delle donne (anche se per me un’esperienza separatista ha una serie di limiti a dir poco infiniti, ma è una mia opinione). Andai alla bellissima assemblea, quelle donne non le dimenticherò mai, soprattutto le bellissime straniere con i loro vestiti meravigliosamente diversi… che bello! 😀
    Di quell’esperienza ne è rimasta notizia, per lo più purtroppo a livello meramente cronistico, solo su FaS, nient’altro. Le hanno sgomberate, il PD che è impicciato nel comitato di quartiere della zona, mentre sbraitava contro al fatto che la scuola diventasse privata non ha fatto niente perché quelle donne potessero continuare la loro occupazione, perché “illegale”.
    Fatto sta che esistono esperienze sul territorio, ma debbono essere integrate con la rete. A me della comunicazione non interessa molto – ma siete in tante ad occuparvene, quindi non credo sia un problema. A me interessa dei diritti, del sociale, di rivedere le donne a fare politica (ma _non_ con le quote rosa! A scendere in piazza, ad organizzarsi, a fare assemblee, quello che vi pare, insomma, a far sì che programmi tv tipo “un posto al sole” non abbiano più motivo d’esistere, perché se esistono è perché le donne sono frustrate e devono cercare se stesse fuori dalla loro vita di tutti i giorni, per evadervi… chi partecipa alla vita politica, partecipa a se stessa, e non ha bisogno di evadere dalla propria vita) – di trovare luoghi per le donne. Purtroppo, paradossalmente, nonostante ciò, la rete è l’unico luogo che ho, perché se decidessi di fare qualcosa “qui fuori”, nella realtà, non combinerei nulla, perché sarei semplicemente _da sola_, e a questo mi ricollego con quello che dice Valberici. Ecco, quindi, che per me se non si ragiona anche in termini di organizzazione reale, non ci può essere nessuna svolta incisiva nelle nostre vite.

  10. A proposito di agenda, mi è stato segnalato questo post in rete: http://donne-e-basta.blogspot.com/2012/01/diritti-delle-donne-14-leggi-europee.html Perché non approfondire questo progetto Choisir e verificare se è possibile farne un laboratorio dal basso per delle rivendicazioni concrete? E’ chiaro che non tutto si risolve a colpi di leggi, però questo potrebbe essere un buon punto di partenza. Si tratta infatti di una clausola che si vorrebbe far passare in tutti i paesi dell’Unione europea.

  11. Ecco, appunto, il caso Gelmini mi pare sia un chiaro e indiscutibile esempio del fatto che le donne, in sé, non sono portatrici sane di una società migliore per tutti/e, quindi un loro aumento numerico nei posti di potere non significa nulla, se non è addiruttura dannoso, quando non si presta attenzione alle politiche che vogliono perseguire. Più Gelmini migliorerebbero la società? Sarebbero peggio dell’uragano Katrina. E mi sembra semplicistico pensare che a un aumento numerico delle donne in politica aumenti la percentuale di possibilità che io abbia di rispecchiarmi in qualcuna, posto che non vado in cerca di figure in cui ripsecchiarmi. Invece di rincorrere questa speranza, è il caso di metterci seriamente a discutere su che tipo di società abbiamo in mente. Ci basta che alla prossima edizione di miss Italia le aspiranti miss indossino il costume intero invece che il bikini? A me no.
    @girolamo
    niente di nuovo sotto questo cielo. E’ all’affermazione di un anno fa che mi riferivo, io non me la sono scordata.

  12. Scusate, ho riletto il commento e mi rendo conto di essere stata un po’ troppo teorica. Vi faccio un esempio pratico: io vorrei che il lavoro di ripetizioni, aiuto-compiti, babysitting, venisse fatto in maniera seria, dal punto di vista di genere _in tutti i sensi_ (cioè, sia per il/la bambin*, sia per me che lavoro). Ciò significa che a molte di noi danno un* bambin* con un sacco di problemi e gli devi far fare tutto perché molte famiglie se ne fregano, e invece vorresti aver tempo per svilupparci una relazione seria con un* bambin*, perché se lui capisce che è un essere umano e tu lo consideri tale e riconosci i suoi bisogni, allora forse la voglia di aprire il libro gli viene (l’ho detto un po’ cinicamente ma per me “aprire il libro” significa una grande cosa). Sapete quante volte non sono stata più richiamata a fare lezione perché non mettevo il/la bambin* sotto torchio ma preferivo la qualità dei compiti alla quantità, di maniera da sviluppare con lui/lei un rapporto qualitativo basato sul gioco, o anche, sul passare il tempo al parco o che ne so? Tante volte. Ecco, io sono stanca di questa cosa, ma ora come ora non ho garanzie, attualmente le babysitter sono trattate come dei porti che devono essere sempre disponibili ad accudire il/la bambin*. Ciò ovviamente non è possibile, ma a molti genitori non gliene importa. Mi piacerebbe, per esempio, che si parlasse di questo. Non so inquadrarlo in una prospettiva di lotta, ma vorrei confrontarmi con tutte le ragazze e i ragazzi che fanno ripetizioni, per esempio, che è una realtà di lavoro nero allucinante praticata da tantissime persone; mi piacerebbe capire quali metodi noi vogliamo adottare, se vogliamo essere divers* dagli insegnanti, come vediamo le cose… perché è ora di capire che questo non è più un “lavoretto”, per tant* è un vero e proprio lavoro precario come il call center. Scusate se sono andata fuori tema, ma questa è una cosa che voglio proporre, una prospettiva di ragionamento. Questo ovviamente è solo uno dei lavori che faccio, ma insieme alla scrittura, è quello che di solito è precariamente fisso. Scusate di nuovo l’OT.

  13. @antonellaf
    Scusa ma non capisco perché dici di non andare in cerca di figure in cui rispecchiarti…sbaglio o i politici sono eletti da noi perché ci rappresentino? Tu preferisci dei rappresentanti che non ti rappresentino?

  14. Grazie cara Loredana; però… riportiamo qui quento anche già postato sul dibattito su fb: ci pare che anche questo post mostri di NON aver sentito che continuiamo a protestare il fatto che:
    1. la Terragni (INSIEME a tutte le altre!) è invitata fin dall’inizio al progetto della retedellereti (che ormai è a buon punto!!),
    2. e che QUESTO è lo STESSO tipo di progetto che (facendo finta di NON averne mai avuto notizia) lei ha proposto nel suo blog, scatenando NON a caso una bagarre
    3. poi scrivi: “Progetti. Obiettivi. Chiari, a breve termine, condivisi. Ci occorre questo”. Ok, eccone uno: http://portaledelledonne.org/MANIFESTO-retedelledonne.pdf
    GRAZIE se, come gentilmente enunci qui e nel tuo blog, vorrai sostenerci inviandoci un tuo post di commento, critica, suggerimenti.. ANCHE di stroncatura, se vuoi, ovvio: da pubblicare nel blog di lavoro.
    Lo aspettiamo qui: rotelle@portaledelledonne.org

  15. Facciamo rete: benissimo. Il mio sostegno esiste, ma qui non mi sembra questione di post o non post o di portale o non portale o di blog o non blog. Davvero, su questo concordo con Giovanna Cosenza: mi sembra questione di azioni. Disposta a sostenerle, volta per volta, nei modi e nei tempi da stabilire insieme. Insomma, per essere chiare, e vale per ogni progetto Internet: chiediamoci come si possa contribuire caso per caso. Le storie delle donne sull’aborto raccontate qui sono, ad esempio, a vostra disposizione.

  16. @labiondaprof
    non mi va di indulgere in disquisizioni linguistiche, però dire “politici/che” che mi rappresentano” nel senso di dare concreta attuazione a una idea di società che condivido e costruisco è una cosa. Dire “politici/che in cui mi rispecchio” è un’altra. Non cerco persone in cui rispecchiarmi, che stiano lì a rimandarmi un’immagine di me che è solo riflessa e dunque non è la mia.

  17. @lalipperini, infatti, caso per caso, cito da uno degli interventi del 28 gennaio scorso nell’assembla per la Rete ed ora sul blog del portale: “Per finire, un esempio di come potrebbe lavorare la Rete delle Reti: una di noi ha ricordato i problemi sempre più gravi nell’applicazione corretta della legge 194; ebbene, di questo tema si sono occupate e si occupano moltissime donne nel web, e già la rete funziona da connessione tra loro, e così, alle storie di donne che Lipperini viene pubblicando di giorno in giorno, rispondono e si intrecciano i post di altre blogger, e di altri siti, e di associazioni, e di gruppi.
    Da questa interrelazione, che si attesta sul piano dell’informazione e della discussione, non sarebbe impossibile passare ad un altro piano, quello della definizione condivisa di strumenti operativi per modificare questa realtà. Ma perché ciò accada bisogna conoscersi, riconoscersi, e parlarsi: a questo dovrà servire la Rete delle Reti”. Personalmente il 7 marzo ci sarò e ti ringrazio dell’iniziativa.

  18. Replico anche qui quanto lasciato anche al post “parallelo” di Giovanna Cosenza, ritornando solo per un’ULTIMA precisazione: chiediamo scusa per i “toni” che a qualcuna saranno sembrati aggressivi. Non è questo nelle nostre intenzioni. Tanta stanchezza e basta, amarezza per aver dovuto e dover deviare così tante preziose energie, senza costrutto.
    Ci rendiamo conto, anche dalle risposte che riceviamo, di non essere capaci di spiegarci. E’ un dispiacere, ma bisogna prendere atto delle proprie debolezze, ci penseremo su per migliorare.
    Grazie lo stesso dell’ascolto.

  19. Rete delle reti, ribadisco quello che ho appena scritto nel vostro gruppo: nessuno vi ha attaccate. Non qui, e sicuramente non io. Non capisco le reazioni, non capisco proprio l’idea di sentirsi sotto attacco. Il vostro progetto è più che lodevole e importante: non “lodarlo” non significa non seguirlo con attenzione. Nè va a confliggere con il lavoro mio, di Giovanna, di tante altre donne. Buon lavoro, questo luogo, e la mia mail, sono sempre a disposizione.

  20. Grazie,
    🙂
    in effetti scusa ancora, immagino sia stato chiarito che nessuno ha mai inteso accusare te di aver attaccato nessuno.. sono tutti discorsi di riflesso, no? nati altrove. Col senno di poi, avrei fatto finta di nulla, ma del senno di poi, si sa, son piene le fosse. Notte.

  21. Pingback: E noi uomini?

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