DI COSA E' FATTO IL TEMPO, DI COSA SIAMO FATTI NOI

“Un giorno dovrà capire in quale direzione scorre il tempo, se è lineare oppure traccia cerchi rapidi di un hula hoop, se forma degli anelli, si avvolge come la nervatura di una conchiglia, se può prendere la forma di quel tubo che ripiega l’onda, aspira il mare e l’universo intero nel suo rovescio scuro, sì, dovrà capire di cosa è fatto il tempo che passa”.
(Maylis De Kerangal, Riparare i viventi)
Ieri pomeriggio ho postato sulla mia bacheca un sms ricevuto durante la trasmissione sul terremoto. Diceva, letteralmente, “Abito a Milano in un mini-appartamento, mi piacerebbe tanto essere trasferita sulla costa e sarei felicissima di vivere in un albergo!!! Grazie”. Ero rimasta turbata da quelle parole, come se fossero la conferma di un’incapacità di vedere e capire oltre la propria realtà. Non ci ho dormito, da animuccia buonista che sono. Così, questa mattina, ho telefonato alla signora, di cui mi ero appuntata il telefono.
E’ una signora dolcissima, vive sola con i suoi gatti, è anziana e non ha nessuno che l’aiuti per i lavori domestici. Ha espresso, per un momento, il desiderio di essere di fronte al mare, sollevata dalla fatica quotidiana. Ho scritto una cosa stupida, mi ha detto. Non è stupida, le ho risposto io. E ho pensato, attaccando il telefono, che abbiamo bisogno di parlarci. Di disintermediare, di non affidarci più, non solo almeno, alle parole scritte che non governiamo, che corrono troppo veloci rispetto al pensiero, e che rimangono, e qualcuno le interpreta come noi non vorremmo.
Dobbiamo ripartire proprio da qui. Da qualcuno che aiuti la signora, da qualcuno che riporti a casa chi è ancora sulle coste. Sarà sciocco e ingenuo, ma è l’unico motivo che mi spinge a guardare fuori dalla finestra, adesso, e a immaginare un mondo possibilissimo, ma ancora nascosto.

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