DIVAGAZIONI SULLA LETTRICE, DUE: ESSERE ORNAMENTALI

Quando si deve dar corpo a un incubo, come fa ne Il racconto dell’ancella Margaret Atwood, ci si immagina che alle donne venga tolto quel che hanno conquistato nei secoli: fra le altre cose, la lettura. A Gilead le donne non leggono, e quando alcune delle Mogli, capitanate da Serena Joy, proveranno – nella serie – a rivendicare almeno il diritto di leggere i sacri testi, finirà male. Atwood ha sempre dichiarato di non aver scritto nulla che non sia già avvenuto nella nostra storia, nei secoli passati. Vero. Quando, nel 1801, il poeta e polemista (carina come definizione, vero? C’è chi è passato alla storia piccola così: c’è speranza per molti, dunque) Sylvain Maréchal propose di vietare la lettura alle donne in quanto perniciosa, lo fece paventando le idee contagiose e ridicole che i libri potevano instillare nei teneri cervelli delle lettrici. Una cinquantina di anni dopo, Emma Bovary sarà perduta proprio da quei romanzi sentimentali che tanto amava leggere.
Ma è nell’Ottocento che si afferma anche quella pedagogia del sapere femminile come ornamento che non disdegna la lettrice e anzi finirà con l’esaltarla, perché i libri in fondo rendono la donna “più gradevole, in grado di ascoltare e di apprezzare i ragionamenti del sesso forte” e in grado di esibirsi “nelle conversazioni salottiere senza distogliersi dal compito domestico e familiare”.
Tutte cose che sapete già, certo. Perché tirare in ballo il modello della lettrice nei secoli per parlare delle book-influencer? Cosa c’entrano i nastri del cappellino di Madame Bovary con le noci, la tazza di caffé, i bastoncini di cannella con cui molte (non tutte, certo), raccontano i libri su Instagram? E, soprattutto, tutto questo costituisce un problema? No. E sì.
Non c’è madre che m’abbia dato la vita. Il mio favore va sempre alla parte maschile – purché non si tratti di nozze – dal fondo del cuore. Io sono figlia soltanto del padre. (Eschilo, Eumenidi)
La gelida dea Atena, che non ha conosciuto il grembo materno, ma è nata direttamente da Zeus, disconosce la madre: e, con essa, il mondo delle donne. Atena, “la mente di Dio”, protegge dunque la sapienza, che è virtù maschile. A coloro che appartengono al suo sesso, accorda protezione soltanto quando si conformano al proprio destino: il matrimonio.
Ora, non è che simbolicamente e nel nostro cervello rettile le cose siano così cambiate. Guarda, mi scrive una giovane e intelligente amica, “l’unico motivo per cui si fotografano i libri in un ambiente confortevole è che (ovviamente) sono più esteticamente gradevoli le tazze dei chiodi. E, soprattutto, funzionano tantissimo su Instagram. Se questo si inserisce in un simbolismo, come hai detto tu, non ne ho idea: probabile che funzionino su Instagram appunto perché richiamano un cliché. Ma il motivo principale è quello di acchiappare i like. Se un giorno il trend di Instagram puntasse sui chiodi, immagino che tutte si convertirebbero ai chiodi”.
Partiamo dal simbolismo, perché pure i benedetti algoritmi si piegano a qualcosa che già desideriamo, come un tempo la pubblicità: che non sperimenta, non anticipa, ma raccoglie quel che noi siamo, quel che vogliamo sentirci dire. Quando si racconta l’esperienza della lettura attraverso qualcosa di esteticamente confortevole (un bel tavolo, un tovagliolo raffinato o il nudo legno, una coppetta di marmellata che indoviniamo di more o di fragole, oppure uno sfondo di grande bellezza, una spiaggia, un bosco, una pianta di rose), riproponiamo un’idea della lettrice che è ornamentale, appunto. Di più: di una lettrice che, come ogni donna, resta Altro.
La femmina come Altro è la prima questione che Simone De Beauvoir affronta scrivendo Il secondo sesso. Sa che la biologia non basta a fornire risposte sul perché la donna sia stata al di fuori del mondo maschile: e sa che è necessario capire, dunque, come la natura sia stata rielaborata-da altri- in lei nel corso dei secoli. Il più potente degli strumenti utilizzati in questa rielaborazione è stata la creazione – maschile – di un regno femminile dove trionfano la vita e l’immanenza, e dove le donne restano rinchiuse:
“Essa è la regina del cielo, rappresentata da una colomba; è anche l’imperatrice degli inferi. Ne esce strisciando, e il serpente la simbolizza. Si manifesta nelle montagne, nei boschi, sul mare, nelle sorgenti. Dovunque essa crea la vita: se uccide, risuscita. Capricciosa, lussuriosa, crudele come la Natura, propizia e temibile a un tempo…Ha nome Ishtar a Babilonia, Astarte presso i popoli semitici, e presso i Greci Gea, Rea o Cibele…Idolo supremo nelle lontane regioni del cielo e degli inferi, la donna è circondata in terra di tabù come tutti gli esseri sacri, è ella stessa tabù; i poteri che detiene la fanno considerare una maga, un’incantatrice”.
Nel suo contenere mistero, nel suo essere Madre e Dea, la donna non è mai una simile dell’uomo, perché il suo potere si afferma “al di là del regno umano”. E dal momento che sono stati comunque gli uomini a creare la Dea, gli uomini possono annientarla: “C’è sempre un tempo in cui vicino alla dea madre sorge un dio, figlio o amante, che la sostituirà nel culto”.
Ehilà, tutta questa tiritera per parlare di social e di libri e di lettrici? Sì. Per cercare di capire cosa spinge non tutte, ma molte donne che parlano di libri su Instagram a usare immagini confortevoli. A farsi, insomma, lettrici Mistiche: semplicemente, perché è così che veniamo viste. Gradevoli ma non autorevoli. Anche se utilissime.
Questo non significa che le book-influencer parlino in modo inappropriato di quei libri che fotografano e di cui scrivono (a volte sì, ma sulla questione del parlar appropriato e del giudicare  i libri tornerò ancora: perché non è affatto detto che i canoni letterari, così come vengono usati – dai critici maschi – producano meno danni).
Questo non significa, come scriveva ieri un’altra giovane amica, che bisogna allontanare quel modello perché associato a una certa mistica femminile, così come si fa con i vestiti rosa. Neanche per sogno: ognuna è libera di rappresentare se stessa e la lettura come desidera. E ognuna ha i suoi modi di leggere: se dovessi rappresentare il mio, sarei sbeffeggiata su Instagram, probabilmente. Perché io leggo in piedi, in metropolitana, strapazzando le pagine, o accovacciata nel sedile di un treno mentre intorno ululano canzonette che fuoriescono dalle cuffie, o mentre mangio un’infelice insalata da asporto alla mia scrivania, e solo raramente in quella modalità che si vuole ornamento della lettrice: poltrona, copertina, tisana, gatto d’ordinanza, muffin al cocco. Ma il punto non è questo.
E il punto, soprattutto, non riguarda le lettrici su Instagram e il loro essere influencer: riguarda chi le usa come tali e come tali conferisce loro un potere. Gli scrittori e gli editori. Ma di questo parleremo domani, perché c’è parecchio da dire.
Tempo presente e tempo passato
sono forse presenti nel tempo futuro,
il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo non è riscattabile.
Quanto poteva essere è un’astrazione
che rimane come perpetua possibilità
soltanto in un mondo d’indagini.
Quanto poteva essere e quanto è stato
puntano a un intento, sempre presente.

T.S. Eliot, Burnt Norton

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