Una delle frasi che mi sono sentita ripetere più spesso da bambina e poi ragazza era “Non fare impicci”. Gli impicci erano l’incubo di mia madre, nata negli anni Venti del secolo scorso, laddove “gli impicci” erano le circostanze poco chiare, non necessariamente illegali, ma appunto quell’atteggiamento furbetto che cerca la frequentazione giusta, la mossa astuta, pur di ottenere qualcosa, sia pure soltanto un po’ di visibilità.
Ecco, gli impicci.
E’ un “impiccio”, nel senso in cui mia madre lo intendeva, il Premio Donna assegnato dalla FIDAPA – BPW Italy (Federazione Internazionale Donne delle Arti, delle Professioni, degli Affari: qui per saperne di più), e consegnato il 21 febbraio. A chi si è assegnato il premio? A sei “donne che hanno contribuito a rendere migliore la vita della comunità, elevando il prestigio della città di Milano. Donne distinte per il loro impegno nel sociale, nel volontariato, nell’imprenditoria, nell’arte, nella cultura, nella professione, quali: Licia SBATTELLA (Musicoterapia orchestrale), Roberta DI FEBO (Musica e cultura), Carla FRACCI (Danza e Formazione artistica), Michelle HUNZIKER (impegno sociale Doppia Difesa), Nicoletta ORTHMANN (Divulgazione scientifica Onda) e Catherine BOSSAHART (Vice presidente BPW Internationale)”.
Ieri sera Caterina Della Torre ha pubblicato la foto del premio assegnato a Hunziker, stupendosi molto per la reazione contraria delle commentatrici, come se la protesta forse una forma di maleducazione, tipo entrare in jeans sformati e scarpe da ginnastica, insomma, in un cocktail esclusivo. E perché le commentatrici protestavano? Per il premio a Hunziker. Invidia, è stato detto. Astio, è stato detto. Ma è simpatica, è stato ribadito.
Ora. Da qualche settimana Hunzinker e Giulia Bongiorno sono al centro di una serie di articoli, sulla scia dell’inchiesta di Selvaggia Lucarelli a proposito dell’associazione da loro fondata, Doppia Difesa (qui l’articolo del Fatto, qui il Post): un’associazione con molta potenza mediatica e, sulla base delle testimonianze riportate, affatto presente nella tutela delle donne che si rivolgono all’associazione stessa.
Non solo. Per chi ha un po’ di memoria: nel 2011 Striscia la notizia, di cui Hunziker è una delle conduttrici, sferrò un attacco poderoso ai movimenti femministi che allora si mobilitavano. Lo fece in una serie di video di cui (peccato!) non si trova traccia, ma che costituirono una persecuzione feroce e continua, sia a Lorella Zanardo, che alla sottoscritta (e fu proprio Hunziker, in un video trasmesso dentro Striscia, a sbeffeggiare le femministe, con un bellissimo sorriso ma con soave accanimento). Per chi vuole fare un ripasso, qui ci sono una serie di post con relativi commenti: cominciate dal più vecchio, in basso, e se avete molta pazienza date uno sguardo anche al commentarium, vale la pena.
Perché prendersela tanto per un premio, direte voi? Perché è il simbolo di una parte del femminismo, lieve e mondano, che provoca guai. Impicci, direbbe mia madre. Con sincero stupore, Caterina scriveva ieri:
“Organizzare un premio e convegno relativo richiede visibilità altrimenti nessuno viene”.
Ecco, ci sono organizzazioni di dichiarata attenzione alla cosiddetta questione femminile che sono fatte di questo, visibilità e prosecchino, targhe e sorrisi compiaciuti. Vorrei solo ricordare che per motivi analoghi, nel 2013, la Commissione Pari Opportunità della Regione Marche acquistò per diverse migliaia di euro una statua inizialmente chiamata “Donna con borsa” e poi divenuta “Violata”, con allegre tette e chiappe al vento (il che va benissimo), simbolo della violenza sulle donne (il che va malissimo). Qui trovate un po’ di post sull’argomento. La motivazione fu grossomodo la stessa: facciamo il convegno e beviamo il prosecchino, e otteniamo visibilità. La statua è ancora ad Ancona, nonostante centinaia di proteste. Così come il premio a Hunzinker è ancora là.
Sono impicci, avrebbe detto mia madre. Impicci non perché violino una legge, ma perché pasticciano battaglie e riflessioni che non avrebbero bisogno di questo tipo di visibilità, ma di cammini ragionati. Impicci, peraltro, e secondo me, sono anche quelle reazioni verbalmente violente come “lo ha detto Lucarelli che è un mostro dunque non devi legittimare le sue parole”, e che vengono da quella parte, spero piccola, dei femminismi che ama le liste di proscrizione, e quella è femminista e quella invece no perché lo dico io, e se tu riporti un suo pensiero non sei femminista neanche tu. Pure questi sono impicci, e non mi piacciono e mi tengo alla larga da ogni forma di stigma, da cui sarebbe bene cominciare a prendere le distanze invece di compilare il manuale della femminista che tradisce.
Quanto mi piacerebbe raccontare queste storie a mia madre, che quando ero bambina e ragazza mi ripeteva che le donne dovevano essere indipendenti economicamente, e che era l’unica cosa che contava, sapere di essere forti. Altro che visibili. Altro che impicci.
Leggo e non posso far altro che prendere le distanze. Appartengo alla Fidapa da anni e non vorrei che questo episodio possa gettare alle ortiche e danneggiare l’immagine di una Federazione che è fatta di 11.000 persone che da anni lottano per affermare i diritti delle donne e combattono con tenacia ogni forma di discriminazione. Mi auguro che la sezione di Milano trovi delle motivazioni altre all’assegnazione di questo premio donna alla HUNZIKER e che non sia solo per l’impegno sociale di Doppia Difesa, la cui immagine appare compromessa dalle ultime notizie riportate dai media e dai servizi in TV.
Cara Antonietta, me lo auguro anche io, davvero. Un cordiale saluto.
Ho ricevuto la locandina del Premio donna Fidapa dall’unico uomo premiato, Luciano Anelli. L’ho ricevuta il 14 febbraio e la mia reazione è stata la tua, Loredana. Mi viene in mente un esempio simile: il premio Immagini amiche di Udi che qualche anno fa ha premiato il comune di Milano per il suo impegno contro la pubblicità sessista. Impegno inesistente allora, appena sufficiente oggi. Non sarà che questi premi siano tutti una buffonata?
Lo temo.
Perché prendersela tanto per un premio? Premio che diventa simbolo di una parte del femminismo, lieve e mondano, che provoca guai, solo se viene preso sul serio.