DOV'ERAVAMO RIMASTI?

Tornati? Bene. La sottoscritta ha passato la Pasqua a leggere questo e Pasquetta a divorare, letteralmente, quest’altro (chiedo venia per la parzialità, ma il Vecchio Re è davvero un genio: tanto di cappello).

Per iniziare la settimana, un paio di letture: il mio blog-filosofo preferito, Azioneparallela, intesse un dialogo a distanza con Girolamo De Michele a proposito di un intervento del medesimo su relativismo e indifferentismo.
Poi, sul quotidiano di oggi, non on line, Edmondo Berselli interviene su quella che chiama next economy (altrove, gift economy): “In quanto l´ossimoro dell’economia gratis si fonda sul baratto, e sulla sua distribuzione in una "tribù" estremamente ampia, occorrono implicitamente regole per non assistere ai fallimenti del mercato, anche nel caso di questo mercato così particolare. Con il risultato che la fortuna di coloro che agiscono indisturbati alle spalle del capitalismo mondiale, che riescono ad annullare la legge economica vigente, dipende dalla loro capacità di osservare il contratto informale che hanno sottoscritto”.

Infine, autocitazione del martedì: sul numero di Stilos in edicola, Gian Paolo Serino intervista la sottoscritta su un vecchio amico. Due domande-risposte in assaggio.

A colpire nel Don Giovanni è il confluire di molti filoni: quello musicale, teatrale, narrativo, filosofico…

Colpisce il fatto che sia un mito incredibilmente mobile,  che di volta in volta ha trovato espressione nei mezzi artistici più consoni al momento in cui vedeva la luce: nasce come favola e approda subito in teatro, dove  attraversa disinvoltamente i generi del dramma morale, della commedia dell’arte, della commedia con musiche, della tragicommedia borghese, del dramma filosofico e politico per passare poi al teatro d’opera, dove attinge nuova linfa vitale per trasformarsi nuovamente in parola scritta, in  romanzo e infine in saggio. Forse il solo mito di Faust ha potuto resistere attraverso i secoli a tante metamorfosi, dove, per di più, ogni ulteriore passaggio ha il valore di momento di rifondazione. Certo, l’opera di Mozart ne rappresenta il culmine: soprattutto perché è davvero “aperta”, ed è grazie alle sue infinite ambiguità e sfaccettature che fioriscono le più disparate interpretazioni sul protagonista: storicamente a cavallo fra Illuminismo e Romanticismo antirazionalista, il Don Giovanni mozartiano non conserva più nulla del lucido libertino di Molière, ma consegna al nuovo secolo un eroe ideale, il cui fascino già maledetto e il cui rapporto con il soprannaturale rispondono in pieno al personaggio-tipo vagheggiato dai romantici. Ed è ancora e soprattutto con Don Giovanni secondo Mozart che epigoni e detrattori si confrontano oggi.

Come si spiega che sia diventato, come scrivi, un “mito specchio” così radicato anche, e soprattutto, nella nostra società?

Il filosofo Umberto Curi raccontava che è sempre stato così, sin da quando Don Giovanni era un semplice eretico che prendeva a calci teschi nei cimiteri, nelle prime versioni orali del mito, e ricordava come  la stessa favola assumesse un colore diverso a seconda del luogo, “divenendo in Italia una lezione contro gli atei; prendendo nei paesi del Nord un carattere più mistico; trasformandosi in Francia in una facezia macabra; mettendo in scena in Spagna non già un empio, un contadino ubriaco, o un malvagio, ma un corteggiatore di donne- un Don Giovanni”. Semplificando al massimo, credo che il motivo stia nella duplice grande trasgressione che compie: contro il vincolo matrimoniale, e dunque contro la stabilità sociale, e contro l’idea stessa della trascendenza. Rifiutando il pentimento, Don Giovanni nega l’idea stessa di una punizione ultraterrena. In una frase: rappresenta tutto ciò a cui abbiamo rinunciato per vivere con gli altri.

5 pensieri su “DOV'ERAVAMO RIMASTI?

  1. Sto finendo L’anno Luce, di Genna, un libro interessante anche se a volte un po’ (passatemi il termine) “macchinoso”. Però lo sto divorando.
    E, lì che mi aspetta da qualche giorno, Cell.
    Che tutti dicono bellissimo. Vedremo…
    PS: Loredana ci sarai a Torino nel week-end di inaugurazioni di Torino Capitale del Libro?
    Andrea

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