DUE O TRE COSE CHE SO SULLA PESTE E, SOPRATTUTTO, SULLA COMUNITA'

D’accordo, apri un social, una rivista on line, un giornale, e tutti evocano la peste, e chi posta Manzoni e chi Boccaccio, e via andare. Dal momento che ho passato gli ultimi quattro anni a compulsare testi sulla medesima, facciamo un po’ di chiarezza.
Primo. La peste bubbonica, la meno letale delle tre forme, riusciva a uccidere una percentuale fra il 60 e l’80% dei contagiati. La peste si trasmetteva dai roditori, in particolare dai fedeli compagni degli uomini, i topi, agli umani. Una volta infettati, sono gli umani medesimi a trasportarla da un individuo all’altro.
Secondo. Pur dovendo arrivare agli antibiotici per trovare un rimedio efficace contro la peste, la medesima smette di essere devastante intorno al 1670 (i casi di peste ci sono ancora, intendiamoci, ma non letali come nei casi che la storia ci tramanda). Cosa è dunque successo? Secondo Michael W. Flinn, autore de Il sistema demografico europeo, “la sconfitta della peste bubbonica è dovuta al crescente livello di organizzazione delle società umane”. Ovvero, finché la medesima veniva considerata un castigo divino, non si poteva fare molto di più che pregare. Come hanno agito le società, dunque? Con la quarantena.
Terzo. Durante il Medioevo, pur avendo intuito l’importanza di quelli che oggi chiamiamo cordoni sanitari, i medesimi non venivano messi in atto perché rappresentavano “un grave ostacolo allo svolgimento delle attività mercantili, ed essendo l’avidità umana quella che è, le autorità locali erano molto riluttanti”. Va detto che, quando le misure vennero infine comprese e attuate, furono spesso eccessive: quando l’epidemia colpì, nel 1629, la cittadina provenzale di Digne, i soldati che la circondarono sembravano volerla assediare, e non proteggere. E gli abitanti dei paesi confinanti ne invocarono la distruzione per mezzo di bombe incendiarie. Inoltre, quando si vide che le infezioni viaggiavano da Est a Ovest passando per l’Impero Ottomano, l’Impero Asburgico emanò nel 1728 una serie di decreti detti i Pestpatente, in virtù dei quali i millenovecento chilometri di confine fra i due imperi vengono trasformati in un immenso cordone sanitario. Il periodo di quarantena per uomini e animali era di ventuno giorni in tempi normali, quarantadue quando si sospettava la peste nell’impero turco, ottantaquattro in caso di peste dichiarata. I soldati avevano l’ordine di sparare contro chi si sottraeva al controllo. Punti deboli, i porti: che portarono alle ultime grandi pestilenze europee fra Settecento e l’anno 1800. Quando anche l’Impero Ottomano applicò misure di prevenzione, la peste venne debellata in dodici mesi.
Quarto. Dunque la popolazione europea, libera dalla pestilenza, crebbe? Neanche un po’. Bisognerà aspettare altri cento anni, perché arrivarono altre cause di morte collettiva.
E allora? Come mi scrisse Maurizio Cassi inviandomi materiali preziosi ormai tre anni fa:
“a sostituire la peste intervennero  altri flagelli, come il tifo, il vaiolo e la tubercolosi, meno spettacolare perché impiega anni a uccidere, ma letale quanto e più della peste. Come dire che non c’è pace per gli esseri umani: la sconfitta di un flagello pare essere niente più che l’apertura di una porta su altri orrori. Volendo vederla meno nera, si può sottolineare come gli esseri umani riuscirono ad avere la meglio sulla peste (e poi sulle altre malattie) non grazie alla medicina, o non solo: anche quando non conoscevano l’esistenza dei batteri, bastò l’organizzazione (anche se in forma di assedio militare alle città colpite); insomma, una prova della forza delle comunità: gli esseri umani sono alla mercé delle forze della natura e del caso quando non si costituiscono in comunità, e possono sperare di venire a capo dei flagelli solo riconoscendosi portatori di un interesse collettivo e superiore”.
Allora, io capisco le suggestioni letterarie con cui siamo cresciuti: ma proviamo ad analizzarle, e anche a rivolgerci ad altri testi, o meglio ancora a trarre le conclusioni che ci aiutano, appunto, come comunità. Nove anni fa, Chiara Palazzolo evidenziava “la distruzione della Gemeinschaft, la comunità, a vantaggio della Gesellschaft, la società. I rapporti si fanno più individuali e assumono una patina sinistra”. diceva. Ricordiamocene, facciamo sì che le cose cambino. E poi laviamoci le mani, certo. Ma proviamo a guardare oltre.

2 pensieri su “DUE O TRE COSE CHE SO SULLA PESTE E, SOPRATTUTTO, SULLA COMUNITA'

  1. Che bello sentire parole sensate in questa bailamme che confonde e mette in secondo piano anche le cose buone (e tante) che vengono fatte….

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