Postilla. Quel che segue è
l’editoriale apparso su Il foglio di
sabato scorso a proposito della famigerata pubblicità D&G.
Mi è calata la vista, o leggo
davvero frasi come “trappole desideranti del libertinismo di massa”?
Ps: Alla fine della lettura, tiratevi su con i ventuno di Granta, qui.
La
correttezza politica è un’ideologia, dunque una falsa coscienza. E le toccano
incidenti talvolta esilaranti, talvolta penosi. Dalla Spagna al nostro Senato
della Repubblica, passando per i sindacati confederali e per Amnesty
International, è rivolta aperta contro la campagna pubblicitaria invernale
degli stilisti e promotori della cultura gay Dolce&Gabbana. Il manifesto
incriminato, in cui un gruppo macho tiene in pugno distesa una donna che è
ridotta a oggetto sofferente e desiderante, fa scandalo, deve essere ritirato,
urgono le scuse in nome della dignità offesa di genere (quello femminile). Qui
si allude alla violenza, dicono, se non allo stupro. Bene. Ma andiamo avanti.
Quel manifesto non è isolato, è parte di una linea pubblicitaria nota, alla
quale si possono tranquillamente aggiungere i calciatori unti e turgidi nelle
loro mutande nere, in vetrina nello spogliatoio, o i corpi da macello sessuale
dei ragazzini di Calvin Klein o una quantità di altre immagini simili, in cui
sventola garrula la bandiera liberante del sessismo e della sua massima
espressione commerciale, la ostentazione di corpi come segnale commerciale per
la vendita di biancheria, pantaloni e altri oggetti del desiderio
contemporaneo. Il sessismo, cari sindacalisti, cari moralisti zapateristi, cari
senatori dell’Ulivo, è nell’ortodossia para religiosa della nostra epoca, è il
sentimento guida, con o senza profilattico, nella versione gay e in quella
eterosessuale, della nozione moderna e riscattata, emancipata, alla moda, di
amore. Ora vi arrabbiate perché l’immaginazione gay oriented mette in scena per
la clientela niente di meno che una postura di schiavitù femminile, in nome
della libertà dell’amore rigorosamente separato dalla procreazione, dal dono di
sé, dall’intento comunitario ed educativo di quel vecchio e allegro impasto
umano chiamato famiglia. Ora ve la prendete con un immaginario promiscuo in cui
la figura femminile evoca la debolezza espugnata e quelle maschili la logica
sessista del branco, ma dovreste riflettere sul fatto che in una società
defamiliarizzata, orgogliosamente consegnata alle trappole desideranti del
libertinismo di massa, in un mondo in cui alla gente viene da ridere al solo
sentire parole come castità, fidanzamento, matrimonio, amore coniugale,
complementarità di uomo e donna, mutande e calzoni si vendono meglio così. La
pubblicità di Dolce&Gabbana è provocatoria e volgare, questo è certo, ma
perfettamente corrispondente alle vostre fisime libertarie, cari moralisti
dell’ultima ora.
ma cos’è ‘sta roba?
Mi auguro con tutto il cuore che sia un pesce d’aprile anticipato.
Ma temo che Giuliano Ferrara fosse molto serio, invece.
in parole povere,scavando scavando,questo editoriale dice DICO = più stupri; questa proprio non l’avevo ancora sentita. Fra poco diranno che fanno venire la gonorrea…
Ho letto l’editoriale di Ferrara , e lo trovo condivisibile
Ne ho parlato anch’io sul mio blog (http://lucianocomida.blog.kataweb.it/il_ringhio_di_idefix/2007/03/boicottiamo_dol.html), invitando a boicottare i due sarti.
Tra l’altro, Dolce e Gabbana sono berlusconiani e cattolicissimi.
Comunque il Foglio si conferma il Foglio e Ferrara si conferma Ferrara.
Santo cielo, ma allora non posso negare la comunione a chi a messa indossa capi di Dolce e Gabbana per boicottarli :O
ola passei por aki e nao pude deixar de comentar seu blog esta muito show de bola parabens e lhe convido a visitar meu blog meu blog é http://noitedosbruxos.blogspot.com tenha uma boa semana
Strano modo di essere cattolicissimi… comunque parlando dell’argomento con un pubblicitario, mi ha detto che prima arriva il linguaggio di strada (la borsa da stupro, per intenderci) poi le campagne pubblicitarie. Dunque come al solito sto guardando il dito (la pubblicità di D&G). Ferrara delira, ma lo sappiamo da tempo. Da boicottare anche lui.
elisabetta
Una dolce figura come Ferrara che proclama la bellezza del dono di sé è quasi irresistibile.
Per questo non nobilissimo personaggio un giorno non si è abbastanza dannunziani, quello dopo ci si trascura colpevolmente il tepore benevolo della famiglia d’antan, un altro ancora l’etica è moralismo, poi l’etica è tutto, poi rinasce l’urgenza del libertarismo,ma il giorno dopo con parole bibliche si condanna il libertinismo, poi torna Nietzsche, poi “canaglia è bello”, poi, poi poi.
Non capisco perché si dia credito (anche solo per confutarlo) a un personaggio di questo genere. Nei miei anni di studi Foucault mi spiegò bene che la verità non esisteva e che essa era il frutto di molteplici meccanismi discorsivi, ora mi rendo conto che Ferrara mi ha dimostrato bene che magari la verità non esiste, ma esiste di certo una cosa chiamata menzogna. Parole in disuso come “bugiardo”, “strumentalità”, “malafede” tornano in auge e ritrovano un senso compiuto grazie a lui.
Ma davvero a noi che ce ne frega di un simile mascalzone?
Mi pare che in un mondo in cui c’è tanto e a volte troppo di tutto sia Dolce e Gabbana che Ferrara usino la stessa strategia di comunicazione: spararla grossa per far parlare di sé. Il buon gusto non fa vendere (si pensa), la coerenza e i toni pacati non fanno notizia, ma se ci butto dentro uno stupro stilizzato o (per chi si ricorda un’altra delicatissima pubblicità di d&g) un appuntamento galante con scambio di aeree emissioni intestinali, oppure se mi diletto a difendere l’indifendibile per il gusto di fare il bastian contrario sfoggiando opinioni oblique in falsa controtendenza sarò notato, dunque esisterò, i marketing manager saranno contenti perché il lancio sarà un giochino da ragazzi e la pagnotta, pure questa volta, la porto a casa. bah, contenti loro.
la notizia che la Cassazione non ha condannato il tizio che ha picchiato la sua compagna in quanto non sposati, ma conviventi è in linea con i sarti e con Ferrara.
Anche per pubblicizzare la pasta ci mettono una lei seducente che esce in semi trasparenze dall’acqua, lui veste dolce e gabbana, legge Ferrara e sono conviventi, così la mena quanto gli pare!
salut
cristina
Se non ci fosse il Foglio bisognerebbe inventarlo. Come si farebbe a definire il concetto di “stupidaggine”, se qualcuno ogni tanto non ne desse una prova empirica? Grazie Ferrara, mi ricordi quanto è bello non pensare come te.
Usare un soggetto insopportabile come quello della pubblicità di D&G per vendere (brutti) vestiti o per spacciare ridicole fenomenologie pro-“sacra famiglia” e anti-DICO sulle pagine di un quotidiano mi sembra, in entrambi in casi, di incosciente cattivo gusto: orribile nell’ impatto visivo del primo caso, meschino e subdolo nel secondo.
Sul rapporto donna-omofobia-omosessualità-moda-etc… mi è venuto in mente un passo de “L’ allure de Chanel” di Paul Morand, dove é Coco Chanel stessa a raccontarsi (del resto, molto reinventandosi).
Certo, Chanel è personaggio per molti versi discutibile, ma dopo l’intervento giornalistico qui postato mi sembra possa essere interessante lasciare spazio a questi suoi pre/giudizi sull’ omosessualità nella moda(che, francamente, per quanto siano nel complesso molto discutibili e troppo generalizzati, almeno in piccolissima parte e a mio modesto parere, sono qua e là condivisibili…)
“Gli invertiti stanno sempre ai piedi delle donne:”Tesoro, bellezza, angelo mio, mia adorata…” Ritengono che non sia mai abbastanza; lo stesso le donne. Quelli passano attorno al loro collo delle ghirlande di complimenti, delle collane di lusinghe fiorite, con cui le strangolano. Le loro belle amiche sono in estasi: le donne non si vestono per piacere agli uomini, ma per piacere ai pederasti, e per stupire le altre donne, perchè a loro piace quel che è soverchio.
“Sono deliziosi!Hanno tanto gusto!”
Hanno il gusto di gradire le sopracciglia depilate, dopo essersi assicurati che ciò procura alle loro rivali l’ aspetto di un vitello, i capelli dorati, neri alla radice, le scarpe ortopediche che le trasformano in inferme, il viso di unto fetido che disgusterà gli uomini.[…]Gli omosessuali vogliono essere donne, ma sono donne a sproposito.
“Sono deliziosi!”
Per trionfare su di loro, le seguono come un’ ombra, dovunque, tranne che a letto; le checche si fanno decoratori, parrucchieri, arredatori, sarti soprattutto. Le precipitano in un’ eccentricità mortale, in un loro inferno artificiale…”
Chiudo dicendo anche che una immagine come quella proposta da D&G non va solo a toccare e “molestare” il “modo di essere” della donna, ma (ancor più pericolosamente, forse) anche a coinvolgere il “modo di essere” dell’ uomo. E non si può neanche fare appello alla distruzione dell’ arte antica o rinascimentale, come hanno fra le righe e indecentemente proposto i due stilisti(?). L’ arte più autentica non è mai stata provocatoria: “provocativa” forse sì, ma provocatoria “in sè e di per sè” non credo. Basta così, mi scuso molto per aver scritto così tanto.Buona giornata, Oyrad
pieno accordo con Edoardo Brugnatelli!
buon giorno
quante storie perchè una orsolina laica del calibro di Ferrara che vuole trasformare una farsa in ordalia.Un silenzio con la guardia alta sarebbe congruo
Sono abbastanza d’accordo con quello che scrivi. Aggiungo che tutte queste foto, la campagna di Dolce e Gabbana, più quelle che citi dei calciatori ecc., sono tutte delle ipervolgarizzazioni delle immagini degli anni ’70 e ’80 di Helmut Newton, che per quanto discutibili per voyeurismo estremo, freddezza ecc. avevano comunque una loro grandeur, seppur non del tutto esente, talvolta, da una certa volgarità. Pian piano questa componente latente di volgarità ha preso il sopravvento ed è diventata l’elemento dominante. Un esempio sono i calendari, dove il gusto dell’eccesso e della provocazione di Newton sono diventati parodia.
Madonna santa, me lo ero perso…