E SEMPRE SE FOSSI IN VOI…

…tanto per dare concretezza a discorsi fatti qui più volte, mi guarderei questo video (è un frammento di intervista a Piermario Ciani).
In un’altra intervista, che ho fatto nei giorni scorsi ad un altro personaggio e che sto al momento traducendo, l’intervistato afferma fra l’altro: "Gli artisti di avanguardia hanno prodotto contenuti lavorando
nelle insenature protette della società,
accettando la loro marginalizzazione come se fosse una conseguenza inevitabile
della cultura di massa". Continua…  

11 pensieri su “E SEMPRE SE FOSSI IN VOI…

  1. non so se c’entra, ma mi ricorda un po’ quello che scriveva Eco all’inizio di A&I, dove sosteneva che avanguardie e cultura di massa, termine che comunque eco criticava perché generico e ideologico, sono gemelli siamesi che si influenzano al punto da ridefinire di continuo reciprocamente i propri campi – per cui la marginalizzazione in realtà, cioè la concentrazione sulla formatività del testo e non sul messaggio, fu una strategia difensiva di distinzione più subita che non decisa autonomamente, fin quando non si rovesciò in un rapporto più maturo di vicinato (oggi possiamo dire che ciò avvenne col postmodernismo?)
    (quel testo, in cui si ritrovano peraltro quasi tutti gli spunti di discussioni di questi giorni, è del 1964! Poi dice che non è vero che il dibattito è un filo ripetitivo…).
    Eco tuttavia diceva anche, a proposito del kitsch, ossia del prodotto ambizioso che cela la proppia natura di prodotto (che era, come lo era l’avanguardia, solo uno dei piani interconnessi della produzione culturale nell’epoca dell’acculturazione e dell’accesso generalizzato – a testimonianza che occorre distinguere, se no non si sa di cosa si parla): “Avanguardia e kitsch parrebbero allora impegnate in un bricolage reciproco dei quali però l’uno è dichiarato e aspira a scoprire nuove dimensioni dei fatti, l’altro è taciuto e presentato come invenzione. Così l’arte, accettando di bricoler, cerca di uscire da una situazione in cui tutto pare già detto: il Kitsch, fingendo l’operazione dell’ingenieur, che interroga l’universo per “se situeur au delà”, è invece una scienza dell’imitazione dell’arte e riconferma la falsità di una situazione dove tutto è veramente detto”.
    I tempi sono un po’ cambiati, lo stesso termine avanguardia è piuttosto defunto, il kitsch si chiama diversamente, tuttavia non riesco, leggendo questi passi, a non pensare a baricco…
    😉

  2. “Gli artisti di avanguardia hanno prodotto contenuti lavorando nelle insenature protette della società, accettando la loro marginalizzazione come se fosse una conseguenza inevitabile della cultura di massa”.
    Attendo con curiosità il contesto… per quel che riguarda le avanguardie pittoriche del primo Novecento, mi sembra un discorso del tutto rovesciato. Il che conferma la genericità del termine avanguardia ecc ecc.

  3. Infatti il contesto è fondamentale. Arriverà. E, bg, Baricco non c’entra assolutamente nulla (e il fatto che la discussione si riproponga da svariati decenni non significa molto: ci sono temi che attraversano gli anni e i secoli, se è per questo. Semmai, mi sembra interessante vedere come si stiano spostando le posizioni degli antichi incendiari…)

  4. Loredana, hai visto cosa posta Georgia? te lo incollo, è un brano di un’intervista a
    con Danièle Huillet e Jean Marie Straub (nel suo sito trovi il titolo del libro e tutto il resto nel cappello introduttivo di Geo…)
    Elite e cultura.
    «Jean Cocteau diceva che sono le elite culturali che impediscono agli artisti di raggiungere il popolo, che ha già insé il senso del bello, anche se può non essere in grado di esprimerlo. E Cocteau non era certo un rivoluzionario… E in Italia soprattutto le elite culturali sono davvero fasulle. Forse oggi fare cultura è diventato elitario…»
    Sono parole che condivido. Se qualcuno mi indicasse dei libri mi piacerebbe per esempio capire che cosa succedeva ai contemporanei, alla gente comune, ai non graduati, ai semplici, quando si trovavano di fronte a un dipinto, un retablo, una pala d’altare per esempio di Matthias Grünewald o di Piero della Francesca. Cosa succedeva nelle loro teste? Come gli arrivava?
    Saper rispondere sul rapporto tra bellezza e gente comune (chiamiamola così anche se non va tanto bene) è una domanda straordinaria, nel senso che cercare la risposta determina per forza un’apertura profonda di chi si interroga e quindi un cambiamento di prospettiva e interiore.
    Ovviamente è un argomento che richiede un sacco di lavoro intelligenza e sensibilità.

  5. Ovviamente vale anche il contrario: può essere la gente comune, il consumatore, il fruitore ecc ecc a produrre, come si diceva negli esempi di WuMing1. Ma io su questo non so nulla, e non saprei valutare dove c’è creatività, espressione di qualcosa, e dove c’è passatempo sterile, o dove ci sono entrambe le cose mescolate insieme.

  6. Pensa, Andrea, che la prima cosa che mi è venuta in mente non è un libro, ma gli exultet (per chi volesse approfondire,
    http://en.wikipedia.org/
    wiki/Exultet).
    E sul fatto che gli stessi fossero in un certo senso gli antesignani di Mtv. Un modo di utilizzare elementi e contenuti “colti” in una forma accessibile al maggior numero possibile di persone.
    Non fateci caso, evidentemente ho la vena mistica, oggi 🙂

  7. Ma è quello che, credo, avviene anche adesso in moltissimi luoghi della cosiddetta/famigerata cultura popolare…
    Sui libri a cui pensavi, ci rifletto e ti dico.

  8. Lo so, per me “popolare” non è sinonimo di famigerato, come non è sinonimo di eccelso. Sono linguaggi che vanno studiati, o anche “sentiti” va bene. Comunque, si può partire ognuno da luoghi diversi (mi sembra la cosa migliore) e trovarsi poi tutti in Piazza del Popolo…

  9. però c’entra col kitsch 😉
    (eco non mi è mai parso molto incendiario. il richiamo al passato comunque serve proprio a imparare dal già detto e ad andare avanti, non a cambiare discorso)

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