A volte chi legge va in crisi.
Va in crisi, per esempio, quando esce da un libro che ha suscitato gigantesche perplessità per pochezza di ambizione, autoreferenzialità, lingua, e legge invece critiche osannanti e ricche di coltissimi riferimenti che, alla lettrice perplessa di cui sopra, fanno temere di aver letto un’altra cosa, o un danno alle proprie facoltà mentali.
Va in crisi, per esempio, quando non trova nessuna delle due vie su cui incamminarsi, trama e lingua, che in teoria dovrebbero incrociarsi e sostenersi vicendevolmente, ma per non entrare in infinite discussioni sulla vacuità della trama fingiamo pure che si separino. Ma quando non c’è l’una e non c’è l’altra, la lettrice dubbiosa si chiede: e allora, cosa volevi quando hai cominciato a scrivere?
Va in crisi quando il mondo che viene raccontato è asfittico, senza ambizioni, una galleria di specchi dove chi narra non cerca altro che il proprio riflesso o quello dei coetanei, senza un colpo d’ala, senza un tentativo di fuga in avanti.
Allora, quando la lettrice perplessa è in crisi, si consola rileggendo, e non cerca le riletture nella letteratura altissima, perché sarebbe crudele nei confronti del libro che l’ha lasciata dubbiosa. Cerca una raccolta di racconti e ne sceglie uno. L’autore è Richard Matheson. Il racconto è Duel. E comincia così:
“Alle 11 e 32 del mattino Mann superò il camion.
Era diretto a ovest, lungo la strada che portava a San Francisco. Era giovedì, e per essere aprile faceva un caldo eccessivo. Si era tolto la giacca, allentato la cravatta e aveva allargato il colletto della camicia, arrotolandosi le maniche. Il sole gli picchiava sull’avambraccio sinistro e su parte delle gambe. Ne sentiva il calore attraverso i pantaloni scuri mentre guidava lungo la statale a due corsie. Negli ultimi venti minuti non aveva notato nemmeno un veicolo, in una direzione o nell’altra”.
E’ un racconto breve, cercatelo, leggetelo, consolatevi. E abbiate una buona Pasqua, commentarium.
Matheson non sarà nella letteratura “altissima, purissima e levissima”, semplicemente perché gli sta sopra!!!
E’ stato un dannato genio!
Buone feste, Dama Lipper!
Per me bisogna leggere Trieste di Daša Drndić, tradotto e pubblicato in italiano da un paio di mesi, un romanzo bulimico che cerca di inseguire e comprendere tutte le storie che la trama principale incontra, talvolta anche solo citando chi visse ognuna di quelle tragiche storie. Ma io sono parecchio conformista e mi allineo a quello che dice il grande fratello yankee:
http://www.nytimes.com/2014/02/02/books/review/trieste-by-dasa-drndic.html?_r=0
Lo dico solo adesso, visto che non è romanzo da consigliare per una felice Pasqua, per certo non ha intenti consolatori.
Per il resto cerco di resistere, ma non sono sicuro di farcela.