L’articolo per l’Unità è uscito questa mattina. In attesa che sia anche on line (presumibilmente qui), lo posto. Molti di voi conosceranno già alcuni degli esempi e delle argomentazioni utilizzati. Quel che mi interessa è la parte finale. Facciamoli, questi stati della comunicazione: non so come e non so dove, ma vanno fatti. Suggerimenti benvenuti.
Agosto.
Sfoglio le bozze di un romanzo italiano che uscirà in autunno: protagonista, una ragazzina dotata di poteri paranormali. Ma, soprattutto, bella: il suo potere è la bellezza, sostiene anzi, come una Winx appena un po’ cresciuta. L’autrice del romanzo è una giovane donna intorno ai trent’anni, di grande intelligenza e attenzione. Ma leggendo la storia, sembra che la questione del corpo, del corpo gradevole, del corpo potente perché gradevole, anzi, sia la lastra di vetro su cui il suo personaggio batte le mani senza riuscire a infrangerla.
Il corpo siamo noi, mi scriveva qualche mese fa una collega, sempre intorno ai trent’anni, brava, curiosa, appassionata: cosa ci resta, oltre al corpo?
Quelle di cui parlo sono donne in buona fede, brave, preparate, impegnate in professioni intellettuali, accomunate soltanto da una fascia d’età che per lo più ha guardato con insofferenza al femminismo. Perchè quando il frame è identico per tutte – il corpo delle donne è la fortuna delle donne – è difficile sfuggire. Prima dell’estate, l’autrice Debora Ferretti, che ha scritto per Castelvecchi il tristissimo “Manuale delle giovani mignotte”, dichiarava in un’intervista: “ è ora di smetterla con la falsa morale e le ipocrisie di facciata. Basta additare le veline perché non sanno chi è il ministro della giustizia. Basta scandalizzarsi perché le telecamere di Miss Italia inquadrano il culo, che non si chiama più culo ma lato B. Basta scuotere la testa quando la showgirl sposa il milionario che ha tre volte i suoi anni. Viviamo, purtroppo o meno, in un’epoca e in un Paese in cui i parametri per far parte delle classi privilegiate, come la classe politica o quella del mondo dello spettacolo, si sono molto allontanati da professionalità, preparazione e competenza. Se tra questi parametri rientrano un paio di gambe e dei seni prorompenti, a me non stupisce e non mi fa indignare”. E aggiungeva: “Via dalla integraliste il cui impeto seduttivo innato è stato annullato da false credenze e sensi di colpa immotivati”. Ecco.
Agosto. Nel mio paese, un piccolo centro nelle Marche, si assiste ad una spaccatura feroce tra due schieramenti politici: quello di centro sinistra si è confermato alle amministrative per sei voti, e quello di centro destra promette opposizione durissima. La mette in atto organizzando una notte bianca “per riaccendere la fiamma dello sport”, con elezione finale di Miss Maglietta Bagnata. Ne discuto, costernata, con una ragazza – ancora una volta intorno ai trent’anni. Mi dice: ma in fondo cosa c’è di male? Perché mortificare il corpo? Perché impedirci di essere belle?
Agosto, ancora: rivendicare l’uso del corpo come passepartout è eredita del 68, rifletteva a Fahrenheit, la splendida trasmissione culturale di Radiotre, uno psicologo con cui condividevo una riflessione sul giochino on line che insegna alle bambine a farsi veline. Anche questa, sosteneva il mio interlocutore, era la conseguenza di quella battaglia. Sciolti i lacci, ognuno fa quel che desidera del corpo: anche usarlo invece del resto (ovvero il talento, l’intelligenza, lo studio, la preparazione, la passione). Se davvero il corpo è nostro, che male c’è?
Agosto, sulla fine. Discuto con un’amica avvocata che sostiene la stessa tesi. Il corpo mi appartiene e posso usarlo per fare la escort, o per ottenere un programma in Tv. Giuridicamente, è così, mi dice. E io le rispondo che allora mi appartiene sempre, quel corpo: anche quando è gravido, o morente. O cenere.
Comunque la si giri, l’equivoco è qui. E’ lo stesso che ha portato Niccolò Ghedini a urlare “bigotta” a Emma Bonino, in una puntata di Annozero. Ricordo bene il volto sbigottito di Emma che diceva: “io?”: e capisco lo stupore, perché ero al suo fianco, svariati lustri fa, quando si trattava di difendere diritti indifendibili,inclusi quelli della sessualità e, sì, del corpo. E’ lo stesso equivoco che porta molte donne a scambiare indignazione per integralismo, e a supporre che una generazione di frustrate intenda togliere alle più giovani il diritto alla bellezza, e alle meno giovani quello di restare tali.
C’è una reazione molto semplice quanto efficace che si può tentare: mostrare il paginone del Domenicale di Repubblica di qualche settimana fa, dove venivano ritratte tutte le Miss Italia dalla nascita del concorso. Le ultime sei sono indistinguibili. E a subito dopo bisognerebbe chiedere: questo significa rivendicare la bellezza? Essere identiche a qualcun altro? Appartenersi è un esercizio di cesello per adeguarsi a un modello dato? Appartenersi significa dover sottostare a un gioco di cui non si sono fornite le regole e non si sono nemmeno lette quelle date da qualcun altro? Appartenersi è difendere la desiderabilità formato Mediaset a tutti i costi, per parlar chiaro?
Detto questo, non è neanche vero, non del tutto, che il silenzio delle donne sia assoluto. Non lo è in rete, per esempio: dove da anni le donne scrivono e si incontrano e si organizzano secondo schemi che non sono più quelli della piazza, ma possono funzionare ugualmente bene. E anche meglio. Mi viene in mente la recente campagna pubblicitaria di una banca che dopo le mail di protesta non si vede più. Se l’aveste persa, è quella della vigilessa che si avvicina all’indisciplinato automobilista con il blocchetto delle multe in mano, e gli comunica l’entità della violazione. Cinquanta euro. Al che, il simpatico automobilista risponde:“Sali.”. In linea con quei nove milioni di italiani adulti che sono clienti abituali delle prostitute, anche se facciamo finta di no. In rete si sono mobilitate in tante, hanno inviato la loro protesta per posta elettronica e a tutte la banca ha risposto “ma noi volevamo far sorridere gli italiani!”.
Ah, e poi c’è stata la faccenda della Guinness. Una finezza, visibile su YouTube. Scena: una copula che ritrae solo i tronchi dei copulanti, manco fossero i lumaconi visti sempre in agosto sul muro della mia casa marchigiana. Senza testa: perché il concetto di bellezza attuale prescinde dall’unicità degli individui. E’ carne, un tanto al chilo, e i volti non servono. Lei sta sopra, lui sotto. Sul culo di lei c’è una bottiglia di Guinness, e poi si vede una mano maschile, che non è del signore di sotto ma appartiene ad altri, che la prende e la posa, dopo aver bevuto. E poi una seconda mano fa la stessa cosa. Infine, la fa anche quella del signore copulante. E lo slogan è “Condividila con un amico. Anche con due”. “Bigotte”, dicevano i commentatori alle commentatrici che postavano “che schifo”. Ma le commentatrici c’erano, questo è il punto.
Bigotte. Ecco, a questo non ci sto. A passare per una generazione talebana che alza il ditino e dice “allungatevi le gonne e mortificatevi”, io non ci sto. A passare per le madri o zie noiose, che citano Beauvoir in virtù di una giovinezza finita, io non ci sto. Perché non è mai stato questo quel che abbiamo detto e desiderato. Abbiamo parlato di scelta, certo: ma soprattutto di consapevolezza della scelta. C’è, questa consapevolezza? Nel famigerato immaginario, esistono i modelli che permettono di acquisirla? Se in televisione vediamo soltanto o fanciulle identiche e assai nude o la nobile vecchiaia intellettuale e scarmigliata di Margherita Hack, manca qualcosa: mancano le tantissime donne normali che vogliono davvero tutto: l’armonia del corpo e della mente, la valutazione che passa per le proprie capacità e non (solo) per il proprio aspetto.
Per questo, credo che sia importante cominciare da qui: dai luoghi dell’immaginario. Dalla televisione (perché chi inquadra la Silvestedt basso-alto e alto-basso nella Ruota della fortuna è una donna e lo fa lo stesso?). Dai giornali. Dai libri. Con altre donne, abbiamo ragionato – fin qui solo via mail – dell’importanza e dell’urgenza di dar vita a un incontro. Stati generali della comunicazione e questione di genere: credo che sia indispensabile farlo: e approfitto di queste pagine per lanciarli. Facciamolo. Perché il nodo è qui: l’immaginario. Molti e molti anni fa, con la nascita di Drive in, altri hanno creato quello che ora ci sta schiacciando. Adesso, tocca a noi.
Che dire, che ognuno possieda il suo corpo e che dunque sia libero anche di esporlo in maniera degradante e banale non ci piove. Ma è uno spreco, no? Comunque io credo che le generazioni più giovani, se quelle sopra i trent’anni sono affascinate “per realpolitik” da questa cultura, invece non ne possano più in quanto così immerse nella cosa da considerarla istituzionale e opprimente (come di fatto è). I signori delle TV non sanno forse che tutto ciò che è normale non piace ai giovani che cercano una propria strada. Se mostrare tette e culi è normale, allora è originale e innovativo tenerli un po’ per sè…abbiamo fatto l’intero giro di giostra e la donna svestita ha perso la sua carica eversiva ed è diventata modello della generazione precedente, destinato fatalmente a farsi scardinare
Faccio parte della generazione di quelle che la tv commerciale l’han vista fin dalla più tenera infanzia, quando ancora nessuno parlava di “fasce protette”.
Di Drive In ho lontani ricordi, di quando mamma e papà lo guardavano e io giocavo sul tappeto davanti alla tv.
Per me veline, ballerine, vallette scosciate sono la normalità, televisivamente parlando.
Quando parlo ai miei coetanei dell’uso del corpo della donna in televisione 10 volte su 100 non vengo capita e mi si accusa di essere “femminista”, di essere esagerata, di ingigantire una cosa che in realtà, al di fuori del piccolo schermo, non ha nessuna influenza o importanza.
E, cosa che mi fa imbestialire, di essere invidiosa.
Come se andare in tv fosse il top delle carriere desiderabili, il meglio a cui si possa ambire senza un minimo di considerazione per le attitudini personali o le capacità.
Non mi arrendo, ma mi sento una 25enne terribilmente vecchia.
Se un insegnante dice ai genitori di vigilare sul modo di vestire delle figlie è un paolotto repressivo, se osa denigrare la sessualizzazzione coatta di tutte le pubblicità commerciali ha il chiodo fisso, se dice alle sue alunne di guardare meno Mtv e di leggere di più è un passatista che non sa parlare ai giovani, se ragiona sul gender divide viene preso per uno che parla di marketing e, dopo il chiarimento, viene amabilmente redarguito:”Ma che ti frega, tu sei un uomo!”
Cara Martina,
Condivido le tue sensazioni (anche perchè io di anni ne ho 26).
Consola il fatto che molte delle donne (e uomini) che conosco riescono, anche se a volte con qualche fatica, a sfuggire a questi modelli dominanti, senza peraltro chiudersi in una rigidità che chiaramente non ci appartiene. Una qualche sorta di via di mezzo che si riesce più o meno a mantenere…
Però io ho fatto l’università, frequento persone istruite e amanti della cultura, che leggono, riflettono, girano su molti blog e guardano poca televisione.
Istruzione e cultura, fin dall’infanzia: non vedo altro modo per aiutare le nuove generazioni a imparare a dare il giusto peso al proprio corpo e al proprio aspetto.
Anch’io mi sento terribilmente vecchia! Ma un po’ di riscontro lo trovo…
in riferimento alla partecipazione relativa
all’evento “Campagna Contro la Violenza delle Donne” che si terrà alla mostra cinematografica il 9 settembre, per agevolarne l’organizzazione, vi preghiamo gentilmente di segnalarci i nominativi di chi fosse interessato, mandando una mail al seguente indirizzo di posta elettronica:
alberta.basaglia@comune.venezia.it
Bello leggere queste considerazioni tutte di fila, una dietro l’altra, senza esitazioni o paura di sembrare “bigotta”. Complimenti.
Sottoscrivo tutto.
Ho due figlie, vederle crescere in questa società sessista mi ripugna.
brava lipperini.
che poi c’è un altro problema: quelli che fanno i compagni e le classifiche di quelle, nauturalmente bone, che la danno, anche. o che, ancora peggio, dicono “quel cesso là”. nati qualcuno col drive in, qualcuno prima.
Condivido il post dove si invoca istruzione e cultura. Sopratutto la nostra scuola è carente sul tema delle emozioni. Una massiccia dose teorico-pratica di intelligenza emotiva sarebbe molto proficua. Io vedo il problema in termini di applicazioni di neuroscienze. La scuola non si occupa per nulla di quello che è già acquisito. La scuola fatta di chiacchere e nozioni non serve più, per quelle ci sono altri strumenti. Non è sufficiente né l’informazione, né la comunicazione. Siamo già sommersi dalla comunicazione. Occorre agire sul mondo emotivo (sopratutto maschile).
Bisogna incominciare a insegnare nelle scuole alcune attività complesse, come quelle che si fanno nelle scuole di arte teatrale e nel cinema.
Bisogna lavorare sulle emozioni sin da bambini. Recentemente su Repubblica è uscito un interessantissimo articolo che metteva in luce tutti i pregiudizi irrazionali che gli adulti hanno su cos’è un bambino e su come utilizza il cervello. Questo significa una cosa in pratica: che tutti metodi correnti di educazione del bambino sono mal fondati.
Sono già anni che si sanno queste cose ma soo adesso esce l’articolo su repubblica. Se guardassimo alle ricerche documentate e cambiasse l’istruzione a scuola tutto sarebbe diverso.
forse bisognerebbe dare alla scuola quello che è della scuola ed alla famiglia quello che è della famiglia. Diamo pure la croce addosso sulla scuola, sulla televisione, sulla società, ma la famiglia?
Io vivo parte dell’anno in Italia, nel profondo nord, e parte a San Francisco, dove la situazione, come si può immaginare, non potrebbe essere più diversa. Ogni volta che torno in Italia, la prima cosa che vedo appena arrivo all’aeroporto sono i corpi ingigantiti sui manifesti pubblicitari, e mi deprimo (poi esco e vedo il lavoro dei palazzinari, e il culmine della depressione è già raggiunto mezz’ora dopo l’arrivo). Aderisco in anticipo a qualsiasi iniziativa che depuri un po’ quest’aria ormai irrespirabile.
Ok vado per punti. Mi sento chiamata un po’ in causa perchè ci ho 35 anni e rispondo anche io di una certa insofferenza al femminismo e se sa nel senso che ci eravamo già parlate in tema.
Dico subito che sono perfettissimamente d’accordo con tutto l’articolo, e quello che voglio dire sono solo delle aggiunte. Mi è piaciuta moltissimo la questione del paginone centrale centra molto la questione. Tuttavia.
1. Per favore, non ci affiancare a quella li del manuale delle mignotte. Stessi frame non generano stesse conseguenze. La mia insofferenza a certo femminismo non va certo a parare col darla a qualsivoglia utilizzatore ultimo. La mia insofferenza è determinata dalla scotomizzazione del tema del corpo e della relazione e della seduzione come forme dell’essere. Per fare un esempio, una volta ho visto la Annunziata cazziare la Bignardi dicendole chiuditi il vestito. Ora la Bignardi come tigre del ribaltabile numme pare il caso. Io sono ancora allergica a questi giacobinismi. E psicologicamente, trovo la scotomizzazione del corpo patologizzante. Ricordati anche nei noi 35enni e 26 enni non si è solo figlie della Bonino, ma anche di un certo femminismo in salsa Rossanda. Omini. cioè.
2. Mi sembra molto intelligente il discorso sull’estensione dei modelli da proporre. Mi sembra molto necessario. Ma secondo me, nel piano di battaglia bisogna includere i temi dell’eros e del piacere e dei rapporti amorosi e di genere. Se per proporre un modello alternativo di femminile, ci si risolve a fare la femmina che fa na cosa creativa e punto, il discorso poggerà sempre su delle sabbie mobili. Non deve essere solo l’essere razionale a essere ridiscusso ma l’essere totale.
3. ce ne deve essere anche per gli uomini. Se in Italia il femminismo si è arenato è anche perchè pure gli uomini a modelli positivi senza clava stanno messi male.
Aderisco purio! Che non lo so che ce fai ma io aderisco uguale.
Dalle donne la salvezza. Un articolo che infonde speranza.
questioni di genere: “gender issues“.
io ci sono.
(da casa, al momento scollegata dalla rete delle donne, ma mi collego volentieri).
saluti
P.
Be’… questi Stati generali secondo me dovrebbero essere composti da donne E uomini. Se si escludono gli uomini da queste riflessioni non si ottiene niente. Mi saprebbe poi di vecchio e triste femminismo anni ’70. A parte che non penso si possa lo stesso modificare una mentalità così pervasiva, forse solo col tempo ci allineeremo agli altri Paesi più civili per forza d’inerzia… alla fine la D’addario è famosa e acclamata per avere venduto il suo corpo all’uomo di potere (dopo che l’ex moglie dello stesso è stata per punizione sbattuta seni al vento in prima pagina dallo stesso scagnozzo che ha fatto fuori il povero Boffo, e non ho visto femministe in difesa di quella donna) e ieri si faceva la passerella a Venezia, tra un po’ ci sorbiamo i sederi delle miss (con tanto di presentatrice donna), se esco di casa come minimo prima di raggiungere la fermata dell’autobus mi imbatto in sederi e seni sbattuti a pubblicizzare qualche stupidaggine… possiamo anche fare gli Stati generali ma a interessarsene saranno quelli/e che già di per sé sono sensibili all’argomento. Per fortuna però non penso che l’immaginario televisivo-politico gossipparo corrisponda alla realtà quotidiana perché io nel quotidiano vedo poche veline e pochi “utilizzatori” o aspiranti tali, ma solo persone in gamba che vivono la loro vita senza farsi tanto influenzare. E bambini/e che, con una educazione decente, non si lasciano turbare più di tanto dalla spazzatura televisiva.
Cara Loredana,
alla ragazza giurista che invoca la liceità di usare il proprio corpo, o meglio, direi, di usare sé stessa come corpo per raggiungere obiettivi altri dal corpo, proporrei un vecchio giochetto da vecchie feministe, ovvero: provate a ribaltare la situazione e vedete se vi sembra verosimile. Cioè: ce lo vedete un maschio ad esibire sé stesso come corpo sessualmente desiderabile per ottenere privilegi di qualsiasivoglia tipo da chi detiene un potere? Non ce lo vedete? E perché? Secondo voi? Perché, diremmo subito tutte, chi detiene un qualsiasi potere è, di solito, un uomo, e aggiungerei di solito un uomo non abituato a coltivare desideri omosessuali dichiarabili, altrimenti le donne non sarebbero considerati i soli soggetti abilitati ad esporsi con dovizia in funzione dello sguardo maschile. Tale uso da parte delle donne di sé stesse come corpo non mi sembra che abbia a che vedere con la liberazione dei corpi e dei loro desideri.
E’ ovvio che non tutte le donne delle varie classi di età e di varia esperienza storica nell’Italia contemporanea si adeguano a tali direttive della cultura mediatica dominante, tuttavia, dal mio piccolissimo osservatorio, posso dire che le ragazze 20-30enni che hanno conquistato una qualche forma di autonomia e autoconsapevolezza, lo hanno fatto mettendo insieme individualmente pezzettini di esperienza e di riflessione, mentre le donne che hanno fatto il femminismo non sono riuscite a comunicare il grande patrimonio culturale elaborato nei decenni passati, rimasto sconosciuto alla stragrande maggioranza delle donne più giovani anche colte e curiose.
Quindi, che vogliamo fare? S’intende che alla prima manifestazione io mi iscrivo. Ma quante saremo? E quanto avremo da dire tutte insieme?
Con tutta la mia stima,
Paola
Un articolo stupendo ma la parte finale, quella che ci interessa ;), perché esclude gli uomini?
Ho appena scritto un articolo sul mio blog sulla discriminazione e la violenza subita dalle donne, possibile che siamo ancora alla esclusione sulla base del genere? Davvero non esistono uomini maturi abbastanza per affrontare queste tematiche?
Da uomo, sinceramente, non credo.
Spero che aprirete quegli “stati generali”, più che di genere, a tutti coloro che vogliono contribuire a sostenere il valore della complessità 😉
Un abbraccio e grazie ancora
Paolo
“Decenni di femminismo e appassionate discussioni sulla liberazione della donna sembrano passati invano. /…/ “Santa”, se il tutto si svolge entro le mura domestiche benedette dall’istituzione matrimoniale, ovviamente celebrata da Santa Romana Chiesa; “puttana” in tutti gli altri casi. Berlusconi ha inserito diverse donne nel governo, ma sempre con mansioni di importanza secondaria e senza che le stesse avessero le giuste qualificazioni per il posto occupato. Solo le donne che dimostrano la loro totale sudditanza al Patriarca hanno accesso al Palazzo”
da Fenomenologia di Berlusconi di Pierfranco Pellizzetti, Manifestolibri
Paolo, è ovvio che gli uomini debbono esserci: anche perchè non è che state messi tanto meglio, quanto a immaginario.
Per tutti: aspetto proposte, teoriche e pratiche. Urge una sede, per esempio…
Condivido l’articolo in pieno, anche per la passione che c’è dentro. Sacrosanta.
Epperò gli uomini. Possibile che non si sentano parte in causa? E non per questa cosa dell’esclusione di genere, per cui quelle cattivacce di femministe li vogliono tenere ancora una volta fuori della porta. No, ma perchè non si chiedono – e forse non ci chiediamo tutte/tutti – come quest’uso pubblico e privato del corpo e della sessualità della donna non riguardi e metta in discussione anche il loro corpo e la loro sessualità.
Recentissime sono le foto dell’incontro di due vecchi di potere, dai capelli (e uno pure i baffi) tinti di nero. Sono famosi entrambi anche per la corte di donne che gli fa corona intorno: una squadra di donne seminude (e ex seminude) per un vecchio, uno squadrone di donne in divisa per l’altro vecchio.
Ecco io mi chiedo: queste donne sono una testimonianza di femminilità o di virilità? Ovvero: sono lì per affermarsi in quanto donne o per affermare l’uomo di cui sono contorno ‘in quanto maschio’?
Insomma come la si vuole girare, per me la questione del potere è centrale. E l’affermazione della scelta dell’uso del proprio corpo da parte delle donne, allo stato attuale dei fatti e nella maggior parte dei casi, è solo un’illusione.
Non si tratta solo dell’egemonia di un modello femminile, ma pure dell’imposizione di un modello di sessualità, da cui – detto per inciso – l’eros mi pare clamorosamente assente.
E allora si tratta di liberare l’eros, altro che discorsi bacchettoni e talebani.
Sono stata molto sintetica, scusatemi, forse dovrei argomentare di più, ma non ho tempo.
Mi era sfuggito il commento di Rosario Lombardo. Sì, certo. Si tratta non solo di sudditanza a ‘un’ uomo ma pure a un modello. Cosa che, peraltro, ci stiamo dicendo da tempo.
Eh, appunto, Valeria, d’accordo: chi ha sempre avuto il potere, o i poteri, ha deciso quali dovevano essere i ruoli, le immagini, le impersonificazioni e le forme di fruizione dell’eros. Chi sarà stato? Non le donne, che si sono soltanto adeguate, e, per ora, almeno in alcuni paesi del mondo, continuano a farlo, volenti o nolenti, consapevoli o meno…
Sì, certo, tanto che a dirlo, scriverlo, leggerlo sembra quasi di una banalità lapalissiana. Quello che continua a stupirmi è che la questione sembra riguardare ‘solo’ le donne.
“Perchè le donne non si ribellano?” è il grande tormentone di questi mesi. Già, ma perché gli uomini no? Voglio dire: non si accorgono di quanto la questione li riguardi?
Mitica Lipper,
Io sono iscritto all’associazione dei 100 autori. Trai quali ci sono molti dei registi e degli sceneggiatori, delle registe e delle sceneggiatrici che lavorano in questa tv desolante.
Non proprio quelli che citavi tu, perché loro non hanno nessun interesse ad entrare in certi ambienti.
*
Però gli altri ci sono, e in buon numero sono giovani.
Io conto come la ruota di scorta forata e lasciata in garage. Però mi sono un po’ attivato. Mi piacerebbe organizzare un incontro con te e il resto del quartier generale, affinché parliate agli “autori”. I quali, per la stragrande maggioranza, ignorano moltissimi di questi problemi che affronti nel post.
Il precariato, evidentemente, non aiuta.
*
Quelli del direttivo mi hanno detto che fino alla festa del cinema l’associazione sarà troppo impegnata.
Ma auspico che, dopo, almeno un paio di meeting si possano organizzare. [gli spazi che abbiamo noi sono Nuove Officine del Pigneto, La libreria del Cinema, e la Casa del Cinema – tutte a Roma per i non capitolini].
Non è certo paragonabile agli stati generali, però potrebbe essere un silenzioso passettino verso quella direzione.
Ekerot, quando vuoi, ci sono 🙂