FOA: QUEL CHE I RESISTENTI NON COMPRESERO

Qualcosa non torna, nelle reazioni all’ennesima uscita berlusconiana sulla “inconsapevolezza degli italiani” nell’adesione al fascismo.  Non torna non ricordare  che su quell’inconsapevolezza si è insistito subito, a guerra non ancora terminata e anche sulla scia della propaganda alleata, come ricorda Filippo Focardi nel suo Il cattivo tedesco e il bravo italiano.  E non torna glissare sul fatto che c’è una problematica di fondo, nel rapporto degli italiani col fascismo. Sul punto, lascio la parola a chi fu assai più titolato di me. Vittorio Foa, in questa intervista rilasciata al Messaggero nel 2006:
Che cosa l’ha spinta e la spinge a lottare contro il conformismo?
«Anche una riflessione sulla mia vita. Credo profondamente nell’autonomia, che significa non nascondere a se stessi il giudizio sulla realtà. Ho vissuto quasi tutto il Novecento: un secolo che è stato contrassegnato, nella prima metà, dal fascismo. E ho sempre avuto presente il problema del consenso al fascismo».
Cioè?
«Ho sempre contrastato l’idea che l’Italia fosse antifascista. Non era vero: L’Italia è stata fascista. E si era fascisti perché lo erano tutti (non io, che mi sentivo molto solo nel mio antifascismo). Il fascismo era un fenomeno di conformismo più che di adesione. Infatti, è caduto quando gli italiani hanno capito che cosa fossero la guerra e il fascismo. E sono diventati antifascisti: ancora una volta per conformismo».
E’ uno dei limiti del nostro passato?
«Esattamente. Sono convinto che abbiamo fatto bene, noi resistenti, a dire che l’Italia era antifascista e che abbiamo costruito la Repubblica sull’antifascismo: perché abbiamo impedito un immediato ritorno barbarico a forme di fascismo. Ma non abbiamo compreso quello che hanno compreso i tedeschi: i quali, sia pure in ritardo, stanno dicendo tutta la verità sul loro passato e non esitano a dichiarare ciò che pensano. Noi siamo molto più cauti, non vediamo quanti elementi costanti di conformismo e di passività vi sono nel nostro Paese, e invece di reagire con forza ci lasciamo un po’ andare».

36 pensieri su “FOA: QUEL CHE I RESISTENTI NON COMPRESERO

  1. “…ci lasciamo un po’ andare”
    In queste parole sta tutta l’incapacitá del popolo italiano, privo di quella spinta, di quella “fame”, necessaria per un mutamento. Eppure, nonostante la dilagante accidia, continuò a sperare, a credere, in un futuro di lotta e consapevolezza.

  2. E’ che rappresentarci come “brava gente” non aiuta. Pensa al mausoleo per Graziani ad Affile. Negare che gli italiani sono stati “anche” criminali di guerra, che sono stati “anche” coloro che hanno venduto gli ebrei (cinquemila lire un uomo, tremila una donna, mille un bambino) non aiuta.

  3. Deboluccio e conformista. L’italiano medio è così, nei confronti di ciò che va per la maggiore. Siamo stati fascisti, certo, e anche molto comunisti, più di tutti gli altri paesi avanzati, più a lungo, con più convinzione. Nonostante tutto siamo molto più a nostro agio quando si tratta di parlare del passato, piuttosto che del futuro. Basta vedere il casino che ha fatto la prevedibile frasetta del cazzo del Berlusca.
    Sono convinta che l’adesione all’Europa sia stata economicamente svantaggiosa, ma nel suo complesso sia un’assicurazione sul futuro delle generazioni: non saremo più lasciati in balia dell’italianità. Continueremo a farci guidare da ideologie altrui, ma l’Europa, non noi, saprà combattere gli estremismi di qualsiasi colore, come lo ha fatto per quelli neri e rossi, che ci hanno azzoppato per tutto il secolo scorso, non solo la prima metà.

  4. Valberici mi ha preceduta. 🙂 In assoluto, Giorgia, io consiglio la lettura di qualunque cosa possa aiutare a rendere meno superficiale la visione della storia, non solo italiana.

  5. Avrei qualche obiezione pesante da esprimere.
    “Il fascismo era un fenomeno più di conformismo che di adesione”
    Volendo far proprio il ragionamento se ne deduce che gli italiani non erano fascisti ma solo conformisti. L’essere fascisti diventa quindi una conseguenza, e si sarebbe potuti essere qualunque cosa. Foa inconsapevolemnte sta affermando che gli italiani non furnono mai fascisti perciò.
    “Ma non abbiamo compreso quello che hanno compreso i tedeschi: i quali, sia pure in ritardo, stanno dicendo tutta la verità sul loro passato e non esitano a dichiarare ciò che pensano.”
    Non mi si verrà mica a dire che i tedeschi hanno fatto autocritica esplicita fin adal dopoguerra, oltre a una completa elaborazione del lutto? A livello letterario Gunther Grass parlava in codice con il suo Il tamburo di Latta e per il resto critiche esplicite nisba. Diciamo piuttosto che i tedeschi non hanno elaborato nulla, hanno ammesso le colpe e hanno voltato pagina. Ma se a livello di produzione cinematografica bisogna aspettare qualche fiction di fine anni ‘ 80 per avere i primi tiepidi tentativi di anamnesi? Se anche un film mediocre come il “Nastro Bianco” di Haneke ha vinto la palma d’oro a Cannes due anni fa con giurati che sono riusciti a vedervi, allucinatoriamente, i prodromi del nazismo (e guardate che ci vuole davvero una discreta quantità di escalina per vederli)?
    Infine: ma voi dove l’andate a cercare questa retorica degli “italiani brava gente”? Perché io non la vedo da nessuna parte. Sappiamo quel che ha combinato Papa Pacelli, conosciamo l’orrore delle guerre d’Africa fin dai Flaiano di Tempo d’uccidere, conosciamo i Graziani e le sue stragi, etc etc.
    Questo non impedisce a ciascuna fazione interessata di spargere la propria cortina fumogena. Ai preti di occultare le malefatte del Papa o allo Stato di censurare i film come Leone d’Africa. Questa è prassi, e vale per tutti gli attori in gioco che hanno tratto interessi.
    Tuttavia consiglierei chi scrive i post di non essere così certa di cosa sia il Fascismo. Non dico De Felicie ma con c’è riuscito nemmeno Umberto Eco a definirne i tratti (si è dovuto rifugiare dietro argomenti deboli come le relazioni parentali usate da un Wittgenstein de Le Ricerche filosofiche) in quanto il fascismo non aveva un’ideologia e nemmeno un’estetica.
    Ora, Berlusconi lo conosciamo. Non ritenete però che la sua uscita sia logicamente accettabile (dire che il fascismo ha fatto anche cose buone è un’ovvietà in quanto non ha fatto solo cose cattive) e che solo noi di sinistra vi si voglia vedere una riabilitazione del fascismo? Non ritenete che a forza di agitare la muleta del fascismo non abbiate nemmeno voi idea di cosa fosse, nel senso di distinguerne i tratti peculiari, e che continuare appunto ad agitarla sia l’unico modo per non rischiare di ammettere a se stessi che non lo sappiamo? Se il Fascismo diventa di volta in volta il contenitore di ogni barbarie umana (violenza, censura, invasione permanente, ignoranza al potere, dittatorialità, etc.) si rischia il ridicolo vero di chi non riesce a fare distinzioni né vuole principiare a farle. Medesimo problema circa l’Olocausto. Comprensibile per chi abbia vissuto quelle dolorosissime esperienze. Ma inaccettabile per chi, nipotino di quegli eventi, non abbia passioni da soddisfare e quindi possa permettersi di ragionare senza i tabù di una parte o dell’altra.

  6. @ Attilio: “Infine: ma voi dove l’andate a cercare questa retorica degli “italiani brava gente”? Perché io non la vedo da nessuna parte.”
    La ricerca storiografica (Del Boca e altri) che circa 30 anni fa cominciò a denunciare certe brutture della storia italiana costantemente rimosse fu per molto tempo ostacolata. Tu che affermi con tanta sicurezza che la “retorica degli Italiani brava gente” non esiste, come spieghi quindi tale ostilità verso un’analisi storica scomoda che cercava di emergere? Come si diceva nei giorni scorsi, Montanelli (ma non solo lui) negò categoricamente l’uso dei gas in Africa da parte di Mussolini fino a quando dovette ammettere la verità alla luce dei documenti ritrovati negli archivi che attestavano l’impiego di armi chimiche. Come lo motiviamo tale atteggiamento?
    Per l’ennesima volta si consigli la lettura di questo saggio.
    http://www.ibs.it/code/9788854500136/del-boca-angelo/italiani-brava-gente?.html

  7. “Montanelli (ma non solo lui) negò categoricamente l’uso dei gas in Africa da parte di Mussolini fino a quando dovette ammettere la verità alla luce dei documenti ritrovati negli archivi che attestavano l’impiego di armi chimiche.”
    Non capisco la sua obiezione. Montanelli era un uomo di destra; inoltre partecipò alla guerra per due soli mesi come volontario ed è verosimile che non assistette all’uso delle armi chimiche. Se si aggiunge la sua personalità narcisista e il suo talento per la cronaca, era legittimo anche per lui pensare che i gas non fossero stati usati. Non c’è nulla di male. Semplice e umano scetticismo.
    Al contrario sarebbe statto imperdonabile se di fronte a documenti ritrovati negli archivi Montanelli avesse continuato a negare l’uso dei gas. Ma non è questo il caso.
    Qausliasi Stato cerca di occultare le malefatte, e solo il paranoico si concentra sul fascismo come tabù della nostra storia.
    Basta osservare tutti i depistaggi per le tante stragi italiane, da Portella della Ginestra a Piazza Fontana a Ustica all’Italicus, etc etc.

  8. di sicuro veniva un po male essere antifascisti durante il regime per coloro che avevano famiglia e non avevano soldi per andare all’estero.L’eroismo è sempre un genere praticato,purtroppo,molto solo sulla carta. Diciamo che per mutuare un concetto giuridico preso dal codice civile molti hanno agito in stato di pericolo o di necessità(e il fatto che in tali fattispecie sia possibile annullare le obbligazioni sorte in seguito,lascerebbe pensare che molti sarebbero potuti essere giudicati con occhi meno severi.Ai giorni nostri senza l’esistenza di pericoli immediati è sempre il caso di considerare le ideologie ascrivibili al rango dei totalitarismi per quello che sono, ovverosia merda da combattere senza perdere troppo tempo ad operare distinguo(in particolare quando le stesse basano la propria fede sul discrimine.Motivo che si dovrebbe sbattere in faccia a quelli che,confermandosi dei bei fascisti,cercano di mettere di tutto nel mucchio)

  9. Sono d’accordo con l’affermazione di Loredana Lipperini che c’è una problematica di fondo, nel rapporto degli italiani col fascismo. E sono d’accordo anche sul paragone con la Germania, a nostro sfavore. Lo si nota anche da certi commenti qui sopra. In Germania, colui il quale sostenesse che non sappiamo cos’è stato il fascismo, e invitasse a ragionare senza pregiudizi sulla Shoah, verrebbe immediatamente riconosciuto come “nostalgico” e perderebbe, credo, il diritto di parola in qualunque discussione fra persone civili. Invece da noi simili ragionamenti sono correnti, anche in alte sfere, come s’è visto.
    Sulla memoria pubblica del fascismo in Italia. So che Anna Luisa lo ha già linkato in calce a un altro post, ma colgo l’occasione per ri-linkare anche qui il seguente articolo dello storico Mimmo Franzinelli:
    http://www.mimmofranzinelli.it/tool/home.php?l=it&s=0,1,55,57,102
    Parla del culto popolare del Duce nel dopoguerra, dei suoi meccanismi e dei suoi sacerdoti. “Quali le ragioni del persistente fascino? Come mai, a decenni dalla morte, Mussolini gode di significativi consensi dopo avere precipitato il Paese nella rovina?” si chiede Franzinelli.
    La risposta: “Per la sedimentazione della figura del duce nell’immaginario collettivo hanno contato più Paolo Monelli e Indro Montanelli di una generazione di storici contemporaneisti”.
    Franzinelli sottolinea anche l’importanza dei rotocalchi di pettegolezzi nel creare un’immagine bonaria e domestica del dittatore, e di tutta una subcultura “fascio-soft”, ma gestita direttamente da ex repubblichini, la quale volando basso, sotto il livello di rilevazione dei radar, è riuscita a bombardare per decenni l’inconscio collettivo degli italiani. Con effetti che oggi sono ben visibili.

  10. @diamonds
    “è sempre il caso di considerare le ideologie ascrivibili al rango dei totalitarismi per quello che sono, ovverosia merda da combattere senza perdere troppo tempo ad operare distinguo(in particolare quando le stesse basano la propria fede sul discrimine.Motivo che si dovrebbe sbattere in faccia a quelli che,confermandosi dei bei fascisti,cercano di mettere di tutto nel mucchio)”
    Osservi ciò che ha scritto. Se mettere di tutto nel mucchio è per lei criterio per essere bei fascisti, vuol dire che per non esserlo occorre fare distinzioni. Eppure il suo intervento è così certo di quali caratteristiche qualifichino e distinguano il totalitarismo da ciò che non lo è da permettersi di dire che non occorre fare distinzioni.
    Contraddizioni non ne vede?

  11. Boh, io ndo li ha visti foa gli italiani diventati antifascisti per conformismo, non lo so. E tecnicamente anche gli italiani superfascisti erano pochi. e’ un modo di essere terzo, che un po’ ha a che fare certamente con quello che dice Diamonds, e un po’ con altre cose. Da madre, io mi sono spesso chiesta, quanto fosse morale per esempio opporsi a una norma immorale la cui sanzione aveva effetti pericolosi per me e la mia famiglia. Quanto fosse giusto per i più piccoli per dire, non poter dare da mangiare, perchè si rifiuta la tessera fascista. Tessera che in famiglia mia, qualcuno ha anche davvero rifiutato.
    Questo modo ha a che fare con una terribile vulnaribilità all’esercizio improprio del potere, con un lasciarsi coprire le spalle con troppa disinvoltura, e davvero con il farsi poche domande sulla propria vicenda storica. Personalmente, ho vissuto per lunghi periodi in Germania, ero partita con l’angoscia dei miei genitori, e con il timore dello scontro con un passato che per primi non avevano digerito, e sono rimasta davvero stupita, dal livello della consapevolezza delle persone comuni, dai modi di parlare del nazismo e dell’Olocausto, dalla rabbia esplicita per il reinserimento di certi gerarchi nei luoghi di potere. Nessuna nazione è monolitica, e qualcuno da noi ha provato quella stessa rabbia, ma è stato un caso raro e isolato, il nostro sessantotto non pensò di doversi occupare di questo. In Germania invece c’è stato ben altro lavoro e ben altra riflessione pubblica, negli anni settanta e negli anni a cavallo tra gli ottanta e i novanta. Non è detto che questo rinvii a una loro minore vulnerabilità – ho un sospetto anche se non so motivarlo bene, ma insomma meglio sempre è di questo apatico qualunquismo.

  12. @Valberici, @Loredana non saranno gli approfondimenti a cambiare lo stato delle cose, non è quella la direzione.
    Per tutto il secolo scorso l’Italia è stato un paesello fragile sbattuto dal vento, e dunque addossato a estremismi. Uno è stato esorcizzato, l’altro ancora non del tutto, però arriveremo anche a quello, col tempo.
    Approfondire la storia, gridare allo scandalo ogni volta che quell’ottuagenario malato spara una cazzata sul fascismo, altrimenti rimanere immobili di fronte al suo guadagnare l’1% al giorno.
    Non è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, noi che siamo nati negli anni ottanta.
    Lo sguardo costantemente rivolto al passato è uno dei più grossi problemi che abbiamo in Italia, perdiamo di vista la realtà, chiamiamo progressisti persone che alla mia età avevano la tessera del partito comunista. Ci vogliono nuovi occhi, sguardo rivolto al futuro, lasciando la Storia dove sta.

  13. Zaub, penso (ma è solo la mia opinione) che Foa si riferisse al dopoguerra, quando effettivamente un’intera classe dirigente e burocratica ha cercato di togliersi di dosso il fascismo come fosse stato un vestito. E in questo senso si può dire che abbia agito per conformismo (e ancor meglio per opportunismo), in quanto il vento delle camicie nere era passato.

  14. Fammi capire Giorgia, appartieni alla categoria degli ignoranti globali che dicono che studiare storia non è utile? Giusto per sapere con chi mi sto relazionando…
    P.S.
    Un consiglio, proprio perché sei nata negli anni ’80 dovresti leggere manuali di storia a tonnellate.

  15. Giorgia, non credo che tutti i nati negli anni ottanta la pensino come te: quindi, per favore, parla in prima persona 🙂 Perchè affermare che non si ha bisogno di conoscere il passato è una solenne .- perdonami – fesseria.

  16. @ Giorgia:“Lo sguardo costantemente rivolto al passato è uno dei più grossi problemi che abbiamo in Italia…”
    No, è proprio vero il contrario, uno dei problemi dell’Italia dell’oggi è la mancanza diffusa di memoria storica.

  17. Che grave errore parlare di un vecchio che spara cazzate. Non dimentichiamoci che ha dati e sondaggi su come pensano gli italiani, e ha fiutato che la figura di un duce che ci porti fuori dal guano e’ sempre più ben vista in molte fasce di popolazione, quelle che stanno peggio in particolar modo.

  18. Ragazze, conosco la storia come e quanto voi, dunque evitiamo di scendere a ribattute da talkshow. Non ho affermato che “conoscere la storia non è utile” né che “non bisogna conoscere il passato”. Basta leggere.
    Il fatti che tutti non la pensino come me è naturale, però, vi assicuro: siamo veramente in tanti ad essere delusi da come ci hanno ridotti le ideologie del secolo scorso.
    Dire che uno dei problemi dell’Italia è la mancanza di memoria storica è un’ingenuità. É la mancanza di una storia politica dignitosa e di una attuale classe politica capace di scrostarsi dal passato e guardare avanti.
    Claudio ha ragione, e conferma la mia tesi. Il vecchio calvo maniaco sessuale spara una cazzata e tanto basta a far barcollare la fragile Italia tra un estremo e l’altro.

  19. Claudio, e devi credermi Giorgia, dice esattamente l’ opposto. Sostenere che si tratti di un vecchio che spara cazzate e’ un errore. Chiaro?

  20. @claudio: diciamo così e forse ci avviciniamo: in assoluto quanto dice il nanocalvo è una cazzata, in relativo, agli altoparlanti che parlano all’Italialiuccia è una roba che può fare dei danni.

  21. @ zauberei
    Per vedere gli italiani diventare antifascisti per conformismo, ti basta dare un (ri)lettura a Bassani, alle Cinque storie ferraresi.

  22. A proposito di Giorgio Bassani:
    Gli ex fascistoni di Ferrara
    Gli ex fascistoni di Ferrara
    invecchiano
    alcuni
    di quelli che nel ’39
    mostravano di non più ravvisarmi
    traversano mi buttano
    come a Geo le braccia al collo
    gaffeurs incontenibili
    sospirano eh voi
    propongono
    dopo la dolorosa
    pacca sulla spalla mancina
    l’agape casalinga
    che alfine consenta alla monumentale mummy catto­lica
    d’estrazione bolognese o rovigotta
    ai brucanti in tinello strabiondi
    teen-agers incontaminati
    di incontrarlo una buona volta
    il già compagno di scuola talmente
    bravo
    il bravo
    romanziere
    il presidente . . .
    Hanno l’aria di insinuare
    nel mentre dai piantala
    non lo vedi che sei tu quoque
    mezzo morto?
    E poi scusa—continuano
    uguali identici ormai
    all’ingegner Marcello
    Rimini
    al rabbino dottor Viterbo—
    in che altro modo senza di
    noi
    avresti potuto metterle insieme
    le tue balle con relativo
    appoggio di grana eccetera? Dopo tutto
    cazzo
    potresti ben cominciare
    a considerarci anche noi quasi dei mezzi . . .
    Corrazziali? Voi quoque? Dei quasi
    mezzi cugini? No piano
    Come cazzo si
    fa?
    Prima
    cari
    moriamo
    (novembre 1973, in Epitaffio)

  23. Un paese che con troppa fretta e superficialità ha lavato via con un’amnistia le proprie colpe e il proprio passato e ha finito con il “diluere” il fascismo e le atrocità commesse in suo nome in una mal celata nostalgia del Mussolinismo, quel culto della persona, dell’uomo solo al comando che Berlusconi ancora oggi sa cavalcare e sfruttare così bene. Basterebbe studiare come Mussolini salì al potere, il controllo e l’uso della stampa che fece a suo tempo ad esempio per capire come studiare il passato sia non solo utile, ma necessario per non cadere oggi nelle stesse trappole a differenza di quanto ritiene Giorgia.
    Quel fascismo strisciante di cui parla Salvatore nel suo commento permette a esponenti politici dal dubbio passato di occupare cariche importanti e prestigiose legittimando così l’esistenza di movimenti d’ispirazione fascista-razzista (Vedi Casa Pound, Forza Nuova, Lega e affini) non vorrei picchiare sempre sullo stesso tasto, ma il sindaco della capitale di uno stato che gira tenendo al collo una croce celtica non mi sembra buon modello sociale o no?

  24. Tra il 1993 e 1994, appena arrivata in Olanda, la tv locale mandò in onda un programma che si chiamava: “Berlusconi, un nuovo Mussolini?” in cui sottolineavano proprio l’ uso dei media prima e dopo.

  25. Attilio:a quei particolari momenti storici in cui i regimi totalitari soffocano nel sangue il dissenso al di fuori di una qualsiasi dialettica,o prevaricano il diritto naturale con metodi violenti il beneficio d’inventario non è concesso.E nemmeno l’oblio(al limite si studiano le biografie dei singoli e la psicologia delle masse per scoprire l’origine di questi tipi particolari di follia che si nutrono dell’odio per il non omogeneo e non si limitano a dissentire ma praticano la soppressione)

  26. Solo, ma insieme ad altri 50milioni. Italia fondata sull’antifascismo? Riforma gentile, codice rocco, ordine dei giornalisti, inps, inail… vado avanti? Per carità, asteniamoci.

  27. A Giorgia, ma anche a gli altri che non lo hanno fatto consiglio di leggere la storia del fascismo di De Felice, oltre al valore storico, anche quello letterario. si avverte in ogni pagina la fatica e la dignità dello scrivere.
    Visto che Girolamo cita Ferrara, zona dove il fascismo ha avuto origine, volevo aggiungere una curiosità. Qualche anno fa in una bancarella proprio a Ferrara mi capitò di sfogliare un libro di storia locale, mi pare si intitolasse Ferrara all’Unità d’Italia , o qualcosa del genere. In pratica una raccolta di curiosità e dati statistici tratti da materiale d’archivio. Si riportava come all’epoca( 1860 1880 mi sembra) di tutta la penisola italiana, Ferrara fosse la provincia con il maggior numero di omicidi. dice che specie durante il mercato agricolo settimanale non mancassero mai i duelli e gli accoltellamenti , il morto o i morti ci scappavano quasi sempre.
    Pensai che anche questo indizio caratteriale e sangugno, potesse forse avere a che fare con la specie di guerra civile che proprio in quella zona precedette e spianò la strada all’avvento della dittatura in Italia.
    Ciao,k.

  28. @ k.
    Il fascismo ha avuto origine nel ceto medio della pianura padana (risulta dallo spoglio analitico delel tessere nel periodo anteriore alla presa del potere), non tra i lavoratori delle campagne. Sul fascismo ferrarese ci sono studi importanti, soprattutto ad opera di Alessandro Roveri (il più importante è Le origini del fascismo a Ferrara), ma anche di Corner, Sitti, Previati, che attestano come i braccianti, finché hanno potuto, hanno contrastato le squadre fasciste, tra le quali sono presenti mezzadri e figli dei proprietari terrieri. Il nerbo del fascismo ferrarese è costituito dagli agrari che si erano inurbati all’inizio del secolo: non a caso nelle elezioni del primo dopoguerra i socialisti stravincono in tutti i comuni della provincia, e solo di poco prevalgono in città. I capitali degli agrari consentono al fascio ferrarese, numericamente poco significativo, di far affluire in città miliziani forestieri; lo stesso Balbo non fu un fascista della prim’ora, ma venne letteralmente ingaggiato con un preciso compenso (1.500 £ mensili, e la promessa di un ruolo direttivo in una banca in caso di vittoria). Quella “specie di guerra civile” di cui parli era iniziata prima della grande guerra, e si chiama lotta di classe: scioperi durissimi, che costringono a più riprese i padroni della terra a venire a patti con le leghe. Il fascismo ferrarese, infine, confuta la facile distinzione tra un fascismo agrario più “moderato” e uno piccolo-borghese, urbano e violento, perché queste categorie si mescolano in figure esemplari, prima fra tutte quella di Balbo, piccolo borghese cittadino, ma al soldo del fascismo agrario (con momenti di feroce repressione delle spinte radicali cittadine), ma al tempo stesso violentissimo – per dirla con un’espressione stringata, Balbo era un omicida cocainomane ed etilista, e con lui l’intera “banda Celibano”.
    Scusa la tomella, ma su queste cose mi piace essere puntuale.

  29. non so cosa sia una tomella però leggo volentieri il tuo post, anzi ti volevo anche chiedere se è ti possibile riassumere o lincare qualcosa riguardo le critiche che sono state fatte al lavoro di De Felice
    grazie
    ciao,k.

  30. Guarda k il grosso delle polemiche intorno a De Felice riguardano il “Rosso e il nero”, che è un libro-intervista. Poi ci sono studi che prendono in considerazione aspetti – o documenti – non visionati da De Felice. Nessuno storico mette la parola fine allo studio di un’epoca. Quasi tutti i libri usciti negli anni 80, 90 e seguenti, pur citando De Felice, vanno oltre: ma non è polemica è la normale sterilizzazione del lavoro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto