FRA LA VIA EMILIA, IL WEST, MALAGUZZI E LE CANZONI FILOSOFICHE

Negli anni Novanta Loris Malaguzzi parlava di un occultamento della condizione infantile, un occultamento “a volte cinico e violento, a volte più sottile e acculturato, infarcito di simulazioni e teorie dissipatrici e illiberali. Esso penetra anche nei processi della prima educazione. Il tentativo di contrastare, seppure con la modestia dei suoi mezzi, questo trafugamento e di liberare speranze per una nuova cultura umana dell’infanzia, è il motivo ricorrente del nostro lavoro. Se volete una ragione, essa si regge su una grande nostalgia del futuro e dell’uomo”.
Ricordo molto bene, alla metà di quel decennio, la mia visita alla scuola Diana di Reggio Emilia, l’asilo più bello del mondo, scrisse Newsweek nel 1991: i miei figli erano piccoli, andavano appunto all’asilo, e mi si strinse il cuore di bonaria invidia e ammirazione e felicità visitando un luogo dove altro era possibile, la bellezza e la fiducia nei bambini. Non possesso: fiducia, lo sottolineo. Fiducia nell’arte, nella gioia di apprendere insieme agli adulti, nella felicità di poter costruire una “comunità etica”, e anche estetica.
Bene, in questi quattro giorni sarò in Emilia Romagna: domani pomeriggio per il convegno che a Loris Malaguzzi, nel centenario dalla nascita, è dedicato: si chiama, e non a caso, L’occhio se salta il muro, come  il titolo della prima mostra dell’esperienza  reggiana inaugurata nel 1981 (quali sono i muri? Lo disse Malaguzzi stesso: “Il muro dell’incongruenza, del banale, delle vecchie regole, delle cose rigide e imballate, degli atti elusivi, atomizzati e retorici che ancora si muovono attorno all’immagine dell’uomo e al progetto educativo del bambino”).
Venerdì, invece, Fahrenheit sarà in diretta proprio dalla scuola Diana, dalle 15 alle 16.45: con noi ci saranno i protagonisti di ieri e di oggi, maestri ed ex bambini, atelieristi, burattinai e narratori. Già, perché venerdì è la Notte dei racconti, quest’anno dedicata sia a Malaguzzi sia all’altro meraviglioso centenario, Gianni Rodari. Ascoltateci.
Non è finita, perché sabato e domenica sono a Cesena. Perché? Per una cosa divertente che farò due volte: uno spettacolo che è anche un esperimento. Si chiama Concorso Europeo della Canzone Filosofica, è una squisita parodia di Eurovision, solo che i testi delle canzoni sono stati scritti da filosofi e intellettuali, e riguardano il nostro tempo, la nostra identità. La vostra eccetera fa la presidente di una giuria che è pregiatissima e irrequieta: Stefano Bonaga, Michela Murgia, Daniele Silvestri e Marino Sinibaldi. Sarà un compito arduo, ma spero proprio che vi divertiate. Due repliche, al Teatro Bonci: sabato alle 21 e domenica pomeriggio.
Poi torno. Poi scrivo. Promesso.

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