DI BENE UN ATTIMO CI FU

E’ strano, e sicuramente è colpa mia, colpa di un malumore che mi porto dietro da parecchie settimane, del clima, di quel che volete: da ultimo, però, sono più sensibile alle affermazioni, o persino alle allusioni, magari sottili, esplicitamente giocose perché sui social si scherza tutti, delle giovani donne verso di noi. Noi vecchie, o mature, noi che abbiamo scavallato i sessanta, e siamo ancora qui, già, siamo ancora qui che lavoriamo, scriviamo, giriamo l’Italia. Come se stessimo sottraendo, sempre, qualcosa a loro.
Sto sottraendo qualcosa?, mi chiedo. Sì, mi rispondo anche. Ho un lavoro, intanto: e magari per queste giovani donne, che hanno tutto il diritto di essere incazzate perché un lavoro non ce l’hanno, non possono permettersi di comprare una casa, non avranno una pensione. E io sto qui, che parlo e scrivo e mi permetto pure di essere di malumore.
E’ vero, rispondo ancora alla me stessa che mi interroga: ma io ho avuto un lavoro fisso dopo venticinque anni di precariato, ed era già tardissimo, andavo verso i cinquant’anni, avevo due figli. Figli, dice l’altra me, che queste giovani donne non potranno permettersi, e poco conta che tu abbia rischiato l’osso del collo, fisicamente ed economicamente, e lo rischi ancora. Parli sempre di te, di te, di te.
Tendiamo ad autoassolverci, va bene: e abbiamo una piccola, piccolissima parte di ragione nel volerlo fare, almeno quelli di noi che non sono diventati ricchi né hanno ottenuto potere, qualunque cosa si intenda con la parola potere. Per me, la possibilità di decidere delle vite degli altri, nel bene e nel male. Quel potere io non ce l’ho e non lo voglio nemmeno.
E allora, cosa voglio? Perché mi sento ferita dal sia pur lieve desiderio di queste giovani donne (e a volte di giovani uomini, o di uomini ugualmente vecchi ma che vedono la vecchiaia solo nelle altre, sì, femminile plurale, esatto) di vedermi sparire, me e quelle come me, spazio, aria, sciò?
Perché la vita è fatta così, e da ragazza sbuffavo per la retorica della e sulla Resistenza, e io volevo il mio tempo, e altre sbuffano ora, o si riappropriano come pure è giusto, degli anni in cui sono stata ragazza, e sempre e sempre i giovani vogliono veder sparire i vecchi, anche se ignorano che quello spazio lasciato libero non sarà necessariamente destinato a loro, perché non è così che funziona, mai.
Solo una cosa piccola vorrei ricordare alle giovani donne sbuffanti, con ragione: qualcosa abbiamo pur fatto, noi vecchiacce, o almeno alcune di noi. Abbiamo lottato perché le nostre sorelle e figlie e nipoti avessero il diritto di scegliere se diventare madri o no. Quel diritto viene messo in discussione sempre più spesso: non lasciate che venga cancellato. Come disse Franco Fortini:
Rivolgo col bastone le foglie dei viali.
Quei due ragazzi mesti scalciano una bottiglia.
Proteggete le nostre verità.

5 pensieri su “DI BENE UN ATTIMO CI FU

  1. Cara Loredana,
    io non sbuffo e, come me, molte altre ‘giovani’.
    Guardi meglio e cerchi di propiziarsi migliori incontri.
    Certo, la questione è strutturale, per certi versi, ma è al contempo vero che sulla contrapposizione generazionale si fonda la retorica del tempo presente e le giustificazioni per una politica che, quella sì, sottrae futuro e spazio vitale.
    Penso che, come me, tante giovani donne che lottano per conservarsi scampoli di orizzonte non solo non sbuffino per madri, zie, nonne, ma che anzi le guardino con ammirazione e gratitudine, per essersi sapute ribellare.
    Ecco, forse giusto giusto un po’ di invidia, per aver vissuto un tempo in cui si percepiva la possibilità di cambiamento e non questa apocalittica immobilità.
    Un saluto affettuoso e pieno di ammirazione per il suo impegno e lavoro, una vera gemma nell’asfittico panorama italiano,
    Elisa

  2. Cara Loredana,
    Lei si interroga ed è tra le poche e si sente in debito con le nuove generazioni. Lei con la sua storia non di ricchezza, con i bambini avuti con tanto dolore prima, Lei che si può incontrare viaggiare ogni giorno nelle stazioni della Metropolitana.
    Le sue analisi e le sue riflessioni ci sono necessarie.
    È stata malata per l’influenza (credo), se avesse bisogno di chi le va a fare la spesa non ha che da chiedere.
    Lei è una persona a cui guardiamo costantemente e spero che questo avvenga pure per le generazioni più giovani che almeno incontro nelle manifestazioni delle donne e non solo in quelle.
    Molti di noi hanno per lei un affetto e una stima enormi.
    Cari, cari saluti. Meno male che Lipperini c’è. Patrizia

  3. Le ragazze sbuffano, noi capiamo e ci dispiaccia o.
    Perché? Secondo me perché c’è un po’ l’idea che ai “nostri tempi” la vita fosse facile e bastasse desiderare per ottenere, ma noi sappiamo che non è mai così. Inoltre guardando dal mio punto di vista di vecchia, mi sento dentro più lieve malgrado tutto e ho ancora voglia di ridere o cantare e ballare, malgrado tutto. Anche perché so di non aver tempo da perdere dopo aver cercato di non confondere memoria e desiderio.

  4. Signora Lipperini, mi permetto di condividere il messaggio di Elisa, qui sopra, e di invitarla a continuare, senza sensi di colpa o dolori, a fare quello che fa. È concessa la stanchezza, specie dopo tanti impegni, e talvolta genera scoramento, siamo umani e la sfida è restarlo nonostante tutto, nonostante tutti, e nonostante le stagioni che attraversiamo. Lei sta seminando, è quello che importa. Per onestà le dico che, forse, non la pensiamo allo stesso modo, ma poco importa, quello che è necessario, a mio parere, è che ci siano donne e uomini pensanti, in questo panorama apatico e incerto. La saluto, con stima, Simone.

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