FRAME YOURSELVES BEFORE OTHERS FRAME YOU

Per esempio, Ursula K. Le Guin si sofferma sui due popoli, i senza tetto e gli occupanti: un doppio messaggio che per alcuni crea confusione, ma per altri rafforza il significato della protesta. Il linguista George Lakoff (proprio lui: non pensate all’elefante), al termine di uno splendido intervento, ammonisce: “Siate il frame di voi stessi prima che qualcuno faccia di voi un frame”. Jonathan Lethem offre uno scritto da far circolare e modificare. Lemony Snicket regala tredici osservazioni mentre “guarda Occupy Wall Street da una discreta distanza”.
Se non lo conoscevate, aggiungetelo ai vostri preferiti: è OccupyWriters. il luogo dove scrittori di grande, media e inesistente popolarità (anche italiani) offrono il proprio contributo al movimento di Occupy Wall Street. Uno splendido modo di fare rete.
Ps. In certi luoghi italiani, invece, si fa rete così: seguite il link e sappiate che non è uno scherzo.

46 pensieri su “FRAME YOURSELVES BEFORE OTHERS FRAME YOU

  1. “Striscia la notizia” ha, purtroppo, veramente un rilievo economico e sociale. È bene capirlo.
    La società odierna dove si accetta che un calciatore guadagni in una stagione quello che molti operai non guadagneranno in una vita, dove diventare “famosi” è visto come proxy del successo nella vita, è una società definita dalla televisione (rivedersi “Videocracy” di Erik Gandini).

  2. Sul rilievo economico e sociale non nutro alcun dubbio: bisogna vedere, ahinoi, in quale direzione volgerà l’analisi della Bocconi. Ho il sospetto che sarà celebrativa in chiave estetizzante. Perché se l’analisi fosse corretta, oltre che sull’immagine della donna offerta fin qui, dovrebbe concentrarsi su quanto la logica NIMBY e del microconsenso (ti risolvo il problema sotto casa, dunque sono un eroe e tu sei soddisfatto) abbia influenzato il nostro immaginario e il nostro modo di concepire, anche, la politica.

  3. striscia la notizia ha, disgraziatamente, un valore sociale nella “percezione” della gente. questo è uno degli aspetti del fallimento non solo della politica, ma anche della società.
    quando sento dire “bisognerebbe chiamare striscia la notizia” in situazioni nelle quali la frase corretta è “bisognerebbe chiamare i carabinieri” percepisco tutto il distacco fra la gente e le istituzioni.
    resta da capire quanta “colpa” risieda nelle istituzioni e quanta in striscia la notizia: io continuo a pensare che non sia un caso che la trasmissione abbia come editore la stessa persona che le istituzioni ha contribuito a smantellare…

  4. Ma perché signora Lipperini non riesce ad arginare quel senso di snobbismo tipico della “comunità” a cui appartiene?
    Se la Bocconi trattasse gli effetti socio-culturali dello sprofondamento nel divano della Dandini e dei suoi ospiti, della creatività delle “sedute” interviste di Fazio, sono certo che le accoglierebbe con “serietà culturale”.

  5. Benaltrismo, dinosauro? 🙂 Non mi pare di aver mai difeso come seriamente culturali manifestazioni di questo genere, e mi pare anche di essere stata piuttosto dura con Che tempo che fa?, non più tardi della settimana scorsa. Lei lo chiama snobismo. Io lo chiamo essere sconcertati dalla, ripeto, celebrazione di un programma televisivo che è riuscito a tirar fuori il peggio degli italiani. E non parlo solo di veline, please.

  6. Credo che alla Bocconi se ne freghino di molte cose che sono importanti per noi. Però non penso neanche che tendano all’agiografia con tifo come tu temi.Congetturo, ma immagino che tratteranno il prodotto in termini di sociologia economica, e non credo necessariamente con stima. Non c’è molta contiguità culturale tra bocconi e quel tipo di cultura. Forse anche qui la diversità dei nostri pareri dipende dalla nostra diversa posizione in tema di pessimismo e di atteggiamento verso tutto ciò che è destra. POsto che la destra culturalmente intesa non mi piace, so che al suo interno ha comunque diverse anime.

  7. Perché il peggio? Striscia non gira intorno al velinismo, certo è un programma sguaiato, a suo modo mette a nudo truffe, comportamenti scorretti, spesso fa’ buona satira nei confronti del potere. Non ha la pretesa pedagogica che ha, per esempio, Che tempo che fa.
    Colgo l’occasione per complimentarmi per la buonissima conduzione del programma radiofonico Fahrenheit.

  8. Ma tra un intervento e l’altro ci saranno le veline che ballano sulla cattedra dell’Aula Magna? 😀
    Comunque l’abstract parla di “significative ripercussioni dal punto di vista economico, sociale e giuridico” che una ricerca metterebbe in evidenza: già che c’erano, senza ironia, potevano ricercare anche quella “rilevanza culturale” millantata nel titolo della conferenza, sarebbe stato davvero interessante credo.

  9. Sai, dinosauro (grazie, a proposito), il problema non è la satira: è la dinamica che Striscia ha creato, o che ha comunque rilanciato. Se hai voglia, ne parliamo (non di Striscia, della dinamica) alle 16 con Alessandro Lanni, che ha scritto un gran bel saggio su “popoli”, micro e macroconsensi, populismo.

  10. Mea culpa mea grandissima culpa.
    Ho seguito il link ho visto chi parla e ci ho avuto un tracollo.
    Per me era intelligente fare un lavoro socioeconomico su striscia, e mi sarebbe piaciuto in quel contesto – epurato da mediaset vero – perchè speravo in una critica da destra con un pochino di costrutto, che si poteva fare. Che ne so, una finisce co rimpiange DIo, Patria e Famiglia ecco. Il concetto di di libertà dei liberali, che è pure libertà daa monnezza. Invece questa cosa qui mi pare una marchetta, mi fa un po’ tristezza.
    Poi io non capisco comunque molto ci si stupisca che qui si faccia critica di un certo linguaggio televisivo, col solito spauracchio dell’elitarismo. E che palle. Io invece trovo sempre il richiamo all’accettazione acritica delle cose bbone che piacciono al popolo una grande forma di classismo. Semo snob? Aò ce ne faremo una ragione.

  11. Zauberei, le tue considerazioni sono seplicemente risibili. Una pochezza argomentativa disarmante.
    Chi pensa e non si limita a scarabocchiare se ne farà una ragione.

  12. Sentite. Io mi rendo conto che negli ultimi tempi il tasso di aggressività è altissimo, e la rete non può che rispecchiarlo. Però ci terrei a veder rispettati i limiti della buona educazione. Non è un gran piacere assentarsi e trovare il battibecco. E’ una richiesta cortese, grazie.
    Invece. Ultimi dati pervenuti: 21 milioni di italiani su Facebook. Cifra piuttosto impressionante. Giustamente, su Twitter, i Wu Ming si chiedevano come la cifra si incrociasse e se si incrociasse con quella, già nota, secondo la quale il 71% degli italiani non capisce testi scritti di media difficoltà. Interrogarsi sul come si fa rete è importante: in questo caso mi riferisco alla porzione principale del post, quella che riguarda OccupyWriters. E non perchè tutto il web debba conformarsi a quella modalità, cosa che sarebbe utopia (e ingenerosità) chiedere. Bisognerebbe capire come vengono usati però i social network. E’ questo che fa, per esempio, proprio Alessandro Lanni.

  13. Scusate, ma la presentazione sulla locandina merita una trascrizione puntuale:
    “Il convegno, organizzato da CReSV Centro di Ricerche
    su Sostenibilità e Valore dell’Università Bocconi,
    si propone di presentare i principali risultati di una
    recente ricerca. Essa mette in luce che la trasmissione
    “Striscia la notizia”, al di là del ruolo di intrattenimento,
    manifesta significative ripercussioni dal punto di vista
    economico, sociale e giuridico.
    I risultati, cui si è pervenuti sulla base di dati e
    informazioni identificati, esaminati e controllati con
    particolare rigore, mettono in luce i significativi impatti
    della trasmissione a livello di Sistema Paese,
    con vantaggi tangibili per l’intera collettività.
    I risultati verranno dibattuti alla presenza di ricercatori
    e autorevoli esponenti del mondo accademico,
    della società civile e della comunicazione”.
    .
    Siccome sono molto d’accordo con l’intervento di Letteredilucca, auspico un convegno successivo a questo nel quale si potrà dibattere in quale caspita di ‘sistema paese’ una trasmissione come ‘Striscia’ possa procurare vantaggi tangibili per l’intera comunità.
    Pare di vedere un asilo a forma di stivale in cui cittadini-scolaretti si fanno la baia uno con l’altro e si dicono ‘Se non la smetti, lo dico a Striscia’ e, come sottofondo, con un coretto che canta a mo’ di gingle ‘Strisciaaa pensaaaaci tuuuu’ con Greggio che giganteggia benefico tra cime innevate e cieli azzurri azzurri.
    .
    Loredana, sono d’accordo con te che il tema centrale del post meritava una lettura attenta e commenti adeguati, ma poi tu ci lanci certi link e noi certo che non ce li facciamo scappare 🙂
    Molto curiosa delle cose che dirà Lanni. Buona intervista.

  14. Forse si poteva creare l’evento di contenuto inverso, cioè sull’influenza e la rilevanza che hanno quei milioni di italiani che non sono in grado di procurarsi una informazione molteplice e non riescono a leggere un quotidiano o un qualsiasi altro scritto con minimo grado di complessità…perchè ‘impatto significativo’, è allora imposizione. Tutto il contrario di informazione.
    Però tutti su facebook. Non so, l’altro giorno ho detto ad una conoscente che avevo appena visto sua figlia. Dopo parecchio mi sono resa conto che lei per ‘visto’ intendeva visto su facebook. Da elettrizzata è diventata quasi mogia: l’avevo solo incontrata al mercato. La visibilità era la chiave per parlare della figlia, mi è parso, non altro.
    Poche volte ho visto pagine così semplici ed efficaci come OccupyWriters, accidenti, grazie per la segnalazione!

  15. Cara Loredana, cari tutti, vi prego di leggere la brochure con la scaletta interventi a questo link, che ho trovato tramite Paolo 1984:
    http://www.unibocconi.it/wps/wcm/connect/News+ed+Eventi/Eventi/Bocconi+Eventi/Eventi+in+programma/ev2011070112
    Leggete quello che c’è scritto in fondo e troverete la pietra tombale dell’intera conferenza: «L’incontro è organizzato in occasione della presentazione della ricerca “La rilevanza sociale, culturale ed economica di ‘Striscia la notizia’. Dalla nascita a oggi” FINANZIATA da Reti Televisive Italiane.». Ripeto LA RICERCA CHE DÀ ORIGINE ALLA CONFERENZA è FINANZIATA DALLA R.T.I. Ovvero da Mediaset. È un po’ come se la Philip Morris finanziasse una ricerca in cui si vuole dimostrare la rilevanza terapeutica del consumo di tabacco, magari con la compiacenza di qualche luminare. Nella ricerca, purtroppo, queste cose avvengono. È però importante sottolineare 1) che c’è l’interesse a investire dei soldi per salvare l’immagine di Striscia (che si conferma una potenza mediatica e non solo) 2) se ciò sta avvenendo vuol dire che l’affondo che abbiamo dato in questi anni è stato pesante. Pesantissimo.

  16. Non posso evitare di notare il contrasto tra i “vantaggi tangibili per l’intera comunità” della cosiddetta ricerca bocconiana e “the disastrous effects that have come from operating with a conservative moral, economic, and political worldview” (da Lakoff). Ora, a me è abbastanza evidente che i principi legati al microconsenso non vanno esattamente nella direzione di un interesse collettivo, dello “stressing both individual and social responsibility”, e dunque i signori della Bocconi (che, finanziati da Mediaset, stanno lì a dirsi e dirci che la pratica, ampiamente incoraggiata in Italia da Striscia, del rivolgersi al potente di turno e ai suoi scagnozzi per risolvere i problemini del proprio cortile è meglio che impegnarsi in prima persona, eticamente, ogni giorno, parlare chiaro e allearsi positivamente per cambiare le cose) a me sembrano un bell’esempio di dissonanza cognitiva, da aggiungere alla lista di Lethem. Un tantino in malafede, aggiungerei. Qualcuno ha mai sentito Striscia incoraggiare a essere “positive and moral”?
    Su un uso dei social network in Italia, ho trovato interessante il post di oggi di Lorella: non si discute direttamente con il relatore di un convegno, spesso si twittano i commenti negativi, a quanto pare. Questa sì che mi pare una pratica molto ‘vantaggiosamente’ diffusa grazie anche a capolavori di educazione alla coesione sociale come Striscia.

  17. Probabilmente non c’era bisogno di quest’ultima trovata su “Striscia” per umiliare ulteriormente il livello dell’università, che già fa molto di suo.
    D’altro canto “Striscia” ha introdotto presso un largo pubblico modalità comunicative che traggono qualcosa dall’avanguardia storica (da Dada al Situazionismo) e quindi in qualche modo la storia del mezzo televisivo l’ha fatta anche Ricci. Al retore non si può chiedere conto dell’utilizzo politico della retorica, a meno che il retore e il politico siano la stessa persona, e questo naturalmente è il caso di Ricci, che consapevolmente si arruola come scorta armata a un’egemonia culturale ben precisa.
    Come insegnante, ma soprattutto come adulto che dovrebbe passare la mano alle più giovani generazioni, sono molto più preoccupato dell’effetto dei social network sulle competenze comunicative dei più giovani, perchè lo constato tutti i giorni.
    Per questo ho rifiutato l’uso del mezzo, anche se diversi amici scrittori mi dicono che può essere molto utile per promuovere iniziative proprie o intercettarne di interessanti.
    Ma se questa percezione della “tossicità” del social network è diffusa, perchè almeno gli scrittori, gli intellettuali e le persone che comunque vivono la cultura come un bene da promuovere e non come un’eredità da dilapidare o da lasciar sfumare con indifferenza non fanno fronte per
    1) uscire da questo circuito infernale
    2) denunciarne pubblicamente il carattere involuto?
    Non è questa partecipazione a ciò che d’altra parte si vorrebbe ridimensionare una forma di ambiguità morale e intellettuale insostenibile?

  18. Le trasmissioni del capo trovano ancora accaniti difensori, specie in questo momento difficile. Interessante notare ancora una volta che i difensori di SlN paiono non conoscere il programma che vogliono difendere oppure lo guardano giusto per le Veline: dire che SlN non ha ‘pretese pedagogiche’ è semplicemente insensato – o forse lo confondono con un altro programma. L’esempio di un programma che rende la gente peggiore ‘denunciando’ truffe, abusi e bassezze degli altri (specie i nemici del capo) andrebbe davvero studiato nei corsi di comunicazione: la corruzione italiana, a tutti i livelli sociali e di potere, dev’essere l’unica al mondo che si ammanta di indignazione e moralismo…
    (ci sarebbe poi da dire qualcosa sull’odio diffuso fra certi ‘bravi militanti’ e letterati per Fazio e Che Tempo che Fa basato unicamente sul fatto che il conduttore si esprime educatamente con i suoi ospiti da gente per cui la volgarità e la violenza in tivù non bastano mai – assomigliano a certi miei colleghi d’ufficio di destra che guardano Santoro e Floris apposta per arrabbiarsi e sentirsi perseguitati e intelligenti…)

  19. Non so, Valter, a me OccupyWriters sembra proprio il contrario di qualcosa di tossico, mentre mi sembra importante l’interrogativo di Loredana sulll’uso, e dunque, per me, anche su cultura e contesto. Ricordo poi, da una puntata dell’Infedele, che i ragazzi italiani accampati a Roma cercavano di organizzare un nuovo modo di discutere, vicino a un’idea di democrazia deliberativa che ricerca una mediazione attraverso il dialogo. Una forma di comunicazione diversa, fatta tra persone che si guardano, è vero, ma che si può estendere anche alla rete, o forse anche da lì arriva, e funziona circolarmente. L’esempio citato da Lorella è di un modo, utilizzato da giornalisti, ma è un esempio, e lei parla chiaramente di distorsione. Temo che tossica sia piuttosto la cultura, alimentata anche – non solo, ovviamente – da programmi come Striscia.

  20. peraltro sono freschissimo reduce dalla lettura del mio primo libro di Lethem,Brooklin senza madre,che mi ha letteralmente conquistato.Dietro quel link potrebbe esserci scritta qualsiasi cosa che non avrei problemi a controfirmare(tranne nel caso che si trattasse di un’attestazione di fiducia per la Gelmini o un preventivo consenso al governo Monti-Badoglio-Baley)

  21. A proposito, non c’entra niente se non molto di sfuggita riguardo alla ‘cultura popolare’, delle infuocate (e un po’ volgari) dichiarazioni di Frank Miller (Dark Knight Returns, Sin City, 300) contro il movimeto Occupy Wall Street ne vogliamo parlare?

  22. @ Ottavio
    Ci sarebbe materia di discussione se, per assurdo, Frank Miller avesse espresso un parere favorevole verso Occupy Wall Street. Da molto tempo a questa parte, e in modo esplicito con 300 (ma già sospetti erano tanto Dark Knight Returns quanto, soprattutto – almeno per me – Ronin) Miller ha esplicitato posizioni politiche molto, molto destrorse. Non di quelle che potrebbero richiamare una qualche “destra sociale anti-sistema” (come, ad esempio, Carpenter), ma di quelle “gettate la bomba ammazzateli tutti”. Miller è uno dei sostenitori dell’attacco militare all’Iran, per dire. Che poi sia anche un autore “popular”, è un altro paio di maniche: non è che tutta la cultura popolare è ipso facto bella, buona e brava (anche se, da un punto di vista meramente estetico, meglio Miller che la famiglia Vanzina).

  23. @ Valter
    Ai tempi del DAMS un ex-arrabbiato poi riciclatosi negli uffici stampa della “sinistra che conta” accusava il movimento d’opinione favorevole alle radio libere negli anni Settanta di aver spianato la strada a Berlusconi (che allora era solo un monopolista televisivo). Questo per dire che è persino banale dire che Ricci & Co. hanno saccheggiato a piene mani da Dada e Breton. Qualunque forma d’arte, decontestualizzata e ricontestualizzata, cambia di segno: il dadaismo, l’avanguardismo ha un certo segno all’interno del contesto in cui nasce, poi diventa anch’esso oggetto da collezione e da volume patinato (A/traverso, nel 77, invitava a colpire il catalogo DADA della Feltrinelli). Il che non vuol dire che Tzara ha spianato la strada a Ricci: è Ricci che ha mercificato Tzara. Se poi vuoi dire che non c’è un altro assoluto in sé rispetto al sistema della merce e del capitale, d’accordissimo: ma evitiamo di ricadere in posizioni estreme, tipo “il cinema è in sé necessariamente e inevitabilmente borghese e commerciale, Corazzata Potemkin compresa” (taccio per carità di patria il nome del noto intellettuale che mise nero su bianco questa tesi) come conseguenza dell’esistenza di un circuito della merce capace di fagocitare ogni cosa.
    Quanto al seminario di studio su Striscia: perché no? Dopo tutto, come diceva Freak Antoni, “Mangiate merda: milioni di miliardi di mosche non possono sbagliarsi tutte insieme”.

  24. @ Girolamo
    La sopravvalutazione della cultura ‘popular’ (cioè prodotta ‘per’ le masse da conglomerati industriali) è uno degli aspetti più generali dell’ethos della Rete, in questo simile in tutto e per tutto alla televisione.
    E’ che questi autori di genere possono contare su uno scrutinio critico molto, molto modesto e se mediocri letterati possono contare sulla difesa di critici amici, gli autori come Miller possono contare su un ‘amen corner’ di fan e gente terrorizzata di non essere abbastanza alla moda. Che se poi vai a vedere con occhio un po’ disincantato DKR e SC sono collezioni di tipici clichè del genere solo un po’ più violenti, come prevede lo spirito di un epoca di violenza decrescente come la nostra, dove lo spettacolo deve supplementare quella violenza che ci manca nella vita…

  25. Forse sono OT, ma ci terrei a separare il giudizio estetico e artistico su un’opera (pop o non pop) da quello sulle posizioni politiche personali dell’autore e su come eventualmente le esprime nelle sue opere e vale per Miller e per chiunque altro. Che Miller fosse destrorso lo sapevo, mai letto un suo fumetto ma ho visto dei film tratti da opere sue ed esteticamente non mi sono dispiaciuti (poi sulla valutazione politica e ideologica di 300 Wu Ming 1 a suo tempo ha già detto tutto)

  26. So che è un po’ OT, ma riguardo alle esternazioni di Miller io sono d’accordo con l’opinione di Mark Millar, riportata da comicus qui: http://www.comicus.it/news/item/50746-millar-in-difesa-di-miller
    Giusto per la precisione. Perché sinceramente non capisco cosa c’entra; non penso che si debbano fare le liste dei buoni e dei cattivi a seconda del loro atteggiamento politico (entro certi limiti, cioè quelli della democrazia). Però mi ha fatto molto piacere trovare le parole di Ursula K. Le Guin 🙂

  27. @Girolamo
    Quella delle mosche mi ha fatto rotolare.
    Bisogna volere due volte bene alle persone che ti fanno sorridere 🙂
    Comunque sono d’accorda in gran parte. E’ chiaro che c’è buono e cattivo uso politico delle cose. Però, più passa il tempo e più penso che nello “scardinamento” nella “destrutturazione” delle avanguardie c’era qualcosa come una violenza inconsulta, che ha assolutizzato ciò che è sempre stato proprio delle rivoluzioni artistiche privandolo però della sua componente instaurativa. Sarà per questo che l’arte contemporanea è prigioniera dello shock, non sa andare oltre?

  28. secondo me le veline in questo caso c’entrano poco o nulla e mi pare miope amiche non riconoscere che parlare di rilevanza sociale ed economica nel caso di striscia la notizia sia fotografare una realtà di fatto.

  29. Purtroppo non solo “così”, alla Striscia/Bocconi, insomma; ancora più preoccupante, forse, l’indifferenza che molti/e intellettuali italiane/i manifestano nei confronti dei “social networks”. Venerdì scorso 25 novembre sono riuscita ad essere presente agli ultimi 45 minuti di “Donne E Media”, a La Sapienza, e mi ha colpita, oltre all’allarme lanciato da Loredana Lipperini sul nuovo corso mediatico che si sta inaugurando, e cioè la blanda e pervasiva riproposizione del modello-tutte-a-casa-anni ’50, mi ha colpita dicevo, ciò che ha detto Giovanna Cosenza sull’efficacia dei nuovi media, e sul potere della rete, e quindi sul potenziale attivo di tutte (e tutti) coloro che la rete sanno usarla per far circolare e far crescere un pensiero che viene tenuto fuori dai grandi media “istituzionali”, televisioni in primo luogo. Dispiace quindi vedere quante donne, e quante intellettuali, anche sinceramente partecipi della causa delle donne, questo enorme potenziale non lo abbiano ancora chiaro, e non riescano a cogliere le possibili conseguenze dell’atteggiamento di fronte ai nuovi media: le conseguenze del loro uso integrale, e le conseguenze della rinuncia ad utilizzarli in tutte le loro potenzialità integrate. Tanto più tempestiva e lungimirante quindi l’iniziativa delle organizzatrici dell’incontro: ne servirebbero altre negli ambienti in cui si riflette ci si forma.

  30. Ieri sera sono capitata su Canale 5 proprio nel momento in cui veniva trasmesso il servizio sulla presentazione in Bocconi. Uno dei relatori ha elogiato il programma per aver promosso il ruolo attivo dell’audience (!): ad esempio, la grande capacità di inviare sms solidali durante le varie raccolte di contributi post ennesimo disastro da mancata prevenzione. Chi ha voglia di arrabbiarsi può, immagino, vederselo, ma non cerco nemmeno il link. Anche il commento di Livia Pomodoro sull’importanza della diffusione di consapevolezza sulle innumerevoli truffe mi lascia senza parole.
    Concordo tanto con Paola M.

  31. Kia, per chiarire: nessuno se la prende con i singoli, ma con la celebrazione in sè. E, come detto, non è solo per la questione veline, come si vorrebbe, ma per come è stata costruita la figura del giustiziere televisivo, negli anni.

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