Il trenino riparte: domani pomeriggio, alle 19, sarò all’amatissima Modo Infoshop di Bologna per parlarne con l’altrettanto amato Wu Ming 1. Spero di vedervi. Nel frattempo, condivido una gioia personale: la recensione che ne ha fatto una grande scrittrice come Elisa Ruotolo su L’immaginazione. Grazie!
Elisa Ruotolo su Questo trenino a molla che si chiama il cuore.
“E invece sono tornata con amore”, potrebbe essere questa la chiave di lettura dell’ultimo nato dalla penna di Loredana Lipperini. Questo trenino a molla che si chiama il cuore è un libro costruito come un lungo e accorato nostos : un canto del ritorno che tra i tanti pregi ha quello di nominare e ricreare luoghi amati, ricostruirne la mitologia con la cura e il dolore di chi li ha visti mutare nel tempo. Se il destino delle cose è di sfuggirci, l’autrice riesce a sottrarle a questa regola chiamandole a sé una ad una, strappandole alle ombre. Il libro rapisce e sorprende perché sa raccontare con commozione e trasporto non solo i luoghi, colti nella loro alienazione dall’incanto originario, ma anche il privato. Pagine di rara e luminosa bellezza sono quelle in cui l’autrice ritrova il padre, la sua vita di ragazzo e di adulto, i segnali mai rimossi della sua presenza. Ma anche quelle in cui descrive l’incontro umano e letterario con la scrittrice Chiara Palazzolo, o le altre che raccontano le ragioni dell’eteronimo Lara Manni. Loredana Lipperini ricorda. Ricorda e salva, riuscendo a sconfiggere il senso della perdita. Mi piace pensare a questo libro come una di quelle narrazioni centripete, per il loro convergere verso il cuore delle cose e della vita, ma nel contempo un libro che riesce a varcare il difficile confine tra la perdita e la memoria. Tutto potrebbe morire, finire, persino i luoghi potrebbero avere questo destino, eppure le pagine di Loredana Lipperini – oltre ad essere un prezioso “catalogo degli amori” – diventano affermazione del raro potere sotteso alla narrativa: quello di sfuggire alle leggi del quotidiano. Perché se i nomi definiscono e chiamano al mondo, ogni dettaglio, ogni persona o cosa ri-nominata è generata da capo e per sempre. Rivivono così La Val di Chienti, l’infanzia, i figli bambini, Chiara, i cuginetti dimenticati, Casanova, le Sibille e le Madonne, e poi Lara. Lara che non è inganno ma cimento e certezza di quanto poco necessario sia l’autore alla propria opera, di come ogni eteronimo non sia tradimento ma ulteriore affermazione di quel desiderio di dileguarsi che si insegue raccontando.