Se fosse la trilogia galattica di Asimov, la data del 18 febbraio corrisponderebbe all’arrivo del Mule, la presenza che scompiglia le placide previsioni della psicostoriografia di Hari Seldon.Ovvero, “ la scienza del comportamento umano ridotto ad equazioni matematiche”. Un po’ di dati sull’operazione in corso possono comunque aiutare.
Sigle coinvolte nell’operazione SuperSoggetto, che prevede l’acquisto di Rizzoli da parte di Mondadori: per Mondadori, Einaudi, Sperling&Kupfer, Frassinelli, Harlequin, Piemme, Electa; per Rizzoli, Bompiani, Adelphi, Marsilio, Sonzogno, Lizard, Fabbri.
Voci che davano per certa la nascita del Supersoggetto: infinite e insistenti, da mesi.
Sintomi. La cancellazione di titoli già previsti con contratti già firmati e anticipi liquidati, almeno da una delle due parti.
Altri competitor sul mercato: Gems (Garzanti, Longanesi, Guanda, Salani, Corbaccio, Bollati Boringhieri, Chiarelettere, Ponte alle Grazie, Editrice Nord, Tea, Vallardi). Feltrinelli. Giunti. E poi Laterza e Sellerio.
Altre presenze: medi, piccoli, piccolissimi editori.
Sviluppi possibili: allo stato delle cose, difficili da prevedere.
Qui sotto, l’articolo di Simonetta Fiori per Repubblica di oggi.
Ci siamo. Sta per nascere il temuto moloch dei libri che spadroneggerebbe su metà del mercato editoriale italiano. Un passo avanti è stato compiuto nella giornata di ieri. Nel tardo pomeriggio un lancio di agenzia annuncia che «su richiesta della Consob, la Arnoldo Mondadori informa di aver sottoposto a Rcs Media Group una manifestazione di interesse non vincolante relativa a un’eventuale operazione di acquisizione di Rcs Libri». In sostanza, la principale azienda editoriale italiana, di proprietà di Silvio Berlusconi, si sta avvicinando a grandi passi verso l’annessione della Rcs Libri, il secondo gruppo dopo Mondadori.
Se l’operazione andasse in porto, ne risulterebbe la più grande concentrazione libraria in Europa. Ma prima bisogna attendere le decisioni del consiglio di amministrazione di Rcs, in cui non tutti sono d’accordo sulla cessione. Il dossier con la proposta di acquisto da parte della famiglia Berlusconi circolava da mesi e se ne è parlato nel dettaglio nell’ultimo cda di Rcs della scorsa settimana, tanto da convincere la Consob a chiedere ai due gruppi di uscire allo scoperto. E così è accaduto ieri, con due mesi di anticipo sul prossimo appuntamento che dovrebbe ridisegnare il board di Rcs. Ma perché formulare un’offerta non vincolante? Secondo molti operatori, per esercitare pressione sui consiglieri Rcs più riluttanti. Oppure perché la Mondadori vuole riservarsi la possibilità di uscire dall’affare qualora emergessero elementi che non la convincono del tutto. Perché naturalmente il punto ora sono i soldi. Quanto vale la Rcs Libri? La cifra massima è stimata intorno ai 200 milioni di euro, ma un accordo si potrebbe trovare in una fascia di prezzo assai più bassa che oscilla, secondo quasi tutti gli osservatori, tra i 150 e la cifra più verosimile di 120 milioni.
Una boccata di ossigeno e nuova liquidità per il gruppo guidato da Pietro Scott Jovane (gravato da un indebitamento stimato sotto i 500 milioni a fine 2014) e che eviterebbe un eventuale nuovo aumento di capitale. Ma si tratterebbe di un’amputazione dolorosa. Dai libri, e dalla coraggiosa impresa del cavalier Angelo Rizzoli, è nata l’azienda editoriale che oggi include anche un grande quotidiano, periodici, Tv e web. «Non bisogna farsi prendere dalla fretta», dice Urbano Cairo, azionista di Rcs con il 3%.
Ma quali potrebbero essere le conseguenze culturali del più potente matrimonio librario della storia italiana? Intanto la nascita di un gruppo editoriale che non ha eguali in Europa. L’annessione di Rizzoli (11,7%) da parte della Mondadori (27%) significherebbe l’occupazione di una fetta del mercato di poco inferiore al 40 per cento. In Spagna il primo marchio è Planeta con il 24%, seguito da Penguin Random House (17). In Francia il più grande tempio editoriale è Hachette (21), con Editis/Planeta al 16 e Gallimard/Flammarion all’11. In Inghilterra il ruolo principe spetta a Penguin Random House (26) seguito da Hachette (17) e Harper Collins (9). Anche in Germania il gigante Bertelsmann non supera il 23%, seguito a distanza da Holtzbrink/Mac Millan (14). Quella italiana sarebbe dunque un’assoluta anomalia, che pone interrogativi sul piano della libera concorrenza: quale margine di azione avrebbero i competitor, ossia il gruppo Gems, Giunti, Feltrinelli e la miriade di piccole e medie case editrici che costituiscono il tessuto culturale del paese?
Parliamo di libri, dunque di idee e di geografie intellettuali. Il nuovo gruppo sarebbe un attore dominante nella produzione editoriale, con una forza difficilmente contenibile nella campagna acquisti degli autori (pensiamo solo agli anticipi). Ma il ruolo egemone sarebbe anche nella distribuzione e nel rapporto con le librerie, oltre che nel mercato del lavoro editoriale. Un sovrano assoluto, il nuovo Mondazzoli o chissà come sarà chiamato (forse il marketing è già al lavoro), capace di dettare legge in ogni passaggio della filiera del libro. Anche il settore della scolastica ne potrebbe risentire: un manuale su quattro sarebbe targato Mondadori/ Rcs. E che fine farebbero marchi come l’Adelphi di Roberto Calasso e Marsilio, il feudo veneziano di Cesare De Michelis, dentro la nuova galassia? Non si esclude che i padri titolari stiano lavorando per difendere i propri gioielli dalla fusione. E molte domande rimbalzano sul destino dell’Einaudi, il blasone di cultura dentro Mondadori. Cambieran- no gli assetti anche in via Biancamano?
A Segrate il mutamento è recente, con la brusca uscita di Riccardo Cavallero e l’arrivo al vertice di Ernesto Mauri con la qualifica di presidente. Ma l’attenzione si concentra sul grande rientro di Gian Arturo Ferrari, che appare il personaggio chiave. Editore di seconda generazione – non quella dei padri ma nemmeno quella dei manager puri, profilo bifronte tra cultura e profitti – appare l’uomo più adatto per gestire la complessa operazione. Mondadori-Rcs si distinguerebbe dal resto di Europa anche per un’altra caratteristica, tutt’altro che irrilevante. Il suo padrone sarebbe Silvio Berlusconi, l’ex premier che continua a condizionare la scena politica nazionale. Ma davvero Berlusconi è interessato a guidare questa nuova grande macchina dei libri o preferirebbe far cassa, vendendo alla migliore offerta? Già da tempo circola il nome di Bertelsmann, ma potrebbe essere interessato anche Murdoch, se nel pacchetto fosse presente anche un pezzo di Mediaset. Non è escluso che una proposta arrivi anche dal gruppo svedese Bonnier.
Fusione chiama fusione, secondo una vecchia regola del mercato. Ma la regola è destinata a infrangersi nel mondo dei libri italiano, connotato da una forte tradizione famigliare. I gruppi più esposti agli effetti della nuova concentrazione sono Gems e Feltrinelli, imprese segnate da una cifra specifica e da equilibri difficilmente modificabili. Al momento non resta che aspettare.
il riferimento alla psicostoria della Trilogia della galassia è l’unica cosa “piacevole di questo post…
dopo la fusione distributiva fra Messaggerie e PDE, un altro colpo alla bibliodiversità, e sembra uno di quelli che falcerà rasoterra il campo dell’editoria lasciando sul terreno moltissimi operatori
se esiste un nume tutelare dei librai, fra il decreto concorrenza e questa storia, sarà il caso che batta il colpo…
Nicoletta
Scusate la domandina ingenuotta: io ricordo che nelle primissime lezioni di Economia 1 mi insegnarono che la libera concorrenza si può ottenere solo se c’è una pluralità di soggetti sufficientemente ampia e di piccole dimensioni tanto dal lato della domanda quanto da quello dell’offerta; la concentrazione dell’offerta in un cartello (oligopolio) o in una posizione dominante o addirittura in un’unica proprietà (monopolio) era una grave distorsione di questa libera concorrenza e quindi del mercato in sé; ne conseguiva che queste tre situazioni rappresentavano un’anomalia e quindi un male assoluto da evitare. In Storia delle Dottrine e del Pensiero Economico 1 studiai che secondo questi dettami dell’economia classica (quindi liberista), l’intervento dello Stato andava limitato al massimo proprio per non alterare la libera concorrenza. Da cui il problema: chi limita allora nella realtà le concentrazioni (cioè la formazione di oligopoli o di monopòli o di posizioni dominanti) nel cosiddetto “libero mercato” affinché non si “distorca”? Dagli apostoli e dai sacerdoti del nuovo, unico dio vorrei una risposta. Grazie.