GIOCHI E FANTASMI

Dovevo andare a Far Game, e ci tenevo parecchio, invece sono inchiodata a letto con una stupida quanto insopportabile bronchite estiva. Spero in resoconti, anche se non è la stessa cosa.
Unica consolazione: sto leggendo il nuovo romanzo di John Ajvide Lindqvist, Il porto degli spiriti.
Lindqvist è l’autore di Lasciami entrare e de L’estate dei morti viventi. E’ anche la dimostrazione di come tutte le discussioni su generi e sottogeneri (e i pregiudizi degli imbecilli) si sgretolino davanti alla forza di una storia e alla bellezza della lingua usata per raccontarla.
E’ un romanzo di fantasmi, scritto in stato di grazia. Finisco e ne parlo.

30 pensieri su “GIOCHI E FANTASMI

  1. in effetti “Lasciami entrare” era davvero ipnotico.
    Allora questo fine settimana mi tuffo in quello nuovo
    in bocca al lupo per la bronchite
    peccato non incontrarsi a Bo…
    Nicoletta da Trame Bologna

  2. E’ una buona scelta, Barbara: Lindqvist possiede tutto quello che uno scrittore italiano dovrebbe ammirare. L’onestà della voce, l’originalità, il tenersi fuori dalle mode, il mantenere una propria cifra in tutto il proprio lavoro, l’andare controcorrente: addirittura, in questo romanzo, invece di scegliere come protagonisti, che so, l’adolescente timida e il fustacchione soprannaturale, elegge a eroi due vecchi. Un esempio da seguire, direi.

  3. Strano che ancora nessuno ha detto che Lindqvist sta toccando sistematicamente tutti i generi (sottogeneri?) horror studiando la manovra a tavolino e che ormai ha fatto i soldi e che si sta ripetendo e che è poco puro e che usurpa il lavoro a mio cugino che scrive bene e che gli tocca lavorare al casello dell’A24.
    Ovviamente non serve aver letto nulla di Lindgvist per dire queste cose..
    Grr.
    D.

  4. La penso esattamente allo stesso modo, Loredana. Permettimi una considerazione in merito all’originalità in Italia; per farla devo necessariamente ricorrere all’esperienza personale, per non incappare nel rischio di sembrare retorica. Sedicente scrittore di mezza età incapace di scrivere una sola riga: quattro anni per trovare un editore. “Troppo letterario per essere un noir” a volte, oppure, più semplicemente: “Impossibile trovare una collocazione”. E questo nonostante il supporto di un editor Mondadori che ha più volte affermato, anche in pubblico, il valore del romanzo. E ancora, protagonisti: vecchio dagli occhi eterocromi e bambina di otto anni. Pubblicato in coda a un Giallo Mondadori e i Gialli può succedere che non vengano ristampati neppure dopo l’uscita all’estero.
    Ciononostante, nel mio piccolo e a costo di sembrare una sognatrice, a tutti i giovani aspiranti che si rivolgono a me per un consiglio, non faccio che raccomandare di scrivere sempre le storie che hanno voglia di raccontare.

  5. lalipperini, spero che tu stia meglio, che la febbre ti sia scomparsa, che i tuoi bronchi siano liberi e belli e ti lascino respirare a pieni polmoni e che tu abbia ricominciato a fumare (per quest’ultima frase sto scherzando!). Confesso di non conoscere Lindqvist, ma i vostri commenti mi hanno incuriosito, anche parecchio. Soprattutto m’incuriosisce il tema misteroso dell’aldilà. Lo leggerò.
    P.S. Forse avrò la febbre anch’io (ho mal di gola) ma non ho capito il post di Barbara Baraldi, in particolare da “Sedicente” a “estero”. Mi scusi, per favore

  6. Rosmarie, rispondo volentieri alla tua domanda, e mi scuso se non sono stata abbastanza chiara. Non volevo rischiare che la mia risposta, scaturita dal commento di Loredana, desse l’impressione di uno spot pubblicitario.
    Parlavo della mia esperienza personale, omettendo i titoli dei romanzi in questione. Il primo di cui parlo vede protagonista un sedicente scrittore in piena crisi esistenziale. Un antieroe, un perdente, uno in cui nessuno vorrebbe identificarsi. Come dicevo nel commento precedente, ci sono voluti quattro anni per arrivare alla pubblicazione. Mi è capitato di ricevere la telefonata di un editor che si scusava per non poterlo inserire in programmazione, nonostante ne riconoscesse il valore. “Troppo letterario per essere un noir” è stata la risposta più frequente.
    Loredana portava come esempio il “coraggio” di utilizzare due vecchi come protagonisti. Io ho scelto un anziano dagli occhi eterocromi e una bambina di otto anni per un romanzo che, in Italia, è stato pubblicato all’interno di un volume (Giallo Mondadori) che come tutti sanno resta in edicola soltanto un mese. Il volume conteneva un altro mio romanzo, uscito nei paesi di lingua anglosassone questo mese. Nessuno dei due è stato ristampato, nonostante il volume sia esaurito da tempo e i lettori continuino a richiederlo.
    Alla luce di questo, la mia affermazione finale: seguire la propria voce, sempre. Armarsi di pazienza, a volte, e di una grande forza di volontà.
    @Loredana, per quanto riguarda il “credo che Barbara Baraldi abbia capito”: ho capito. La storia della produzione di ogni scrittore è complessa. Io sono partita da zero, facendomi conoscere tramite i concorsi letterari, che mi hanno permesso di essere letta dai professionisti del settore. Fino a oggi mi avevano “accusato” di essere troppo al di fuori delle logiche commerciali per le storie che racconto e per il modo in cui lo faccio. Doveva arrivare anche il momento in cui accadesse l’esatto contrario 🙂
    Molti dei miei lettori, fin dalla prima ora, sono adolescenti, nonostante le tematiche, a volte difficili e “adulte” trattate. È stato proprio attraverso la corrispondenza con loro che ho sentito la necessità di scrivere una storia di formazione, declinata nel territorio dell’urban fantasy. Certo, si può banalizzare ogni storia con due parole, se si ha la volontà di farlo. A me per prima non interesserebbe leggere il romanzo su “l’adolescente timida e il fustacchione soprannaturale”. Io cerco di raccontare le storie che mi chiamano e lo faccio con passione. Lascio ogni giudizio a chi ha voglia di leggermi.

  7. Barbara, io ho letto sia il precedente gotico (che in realtà era un noir) sia l’attuale. E, credimi, a me non fa piacere dire quello che dico: proprio perchè credo nel fantastico e spero vivamente che accanto agli autori che vi si dedicano da anni (Eraldo Baldini, Valerio Evangelisti, Chiara Palazzolo, Francesco Dimitri), ne giungano altri che vogliono davvero cimentarsi con questo tipo di narrazione.
    Bene, avviene ora che alcuni scrittori siano passati dal noir-thriller al gotico non appena il medesimo ha trovato mercato. Questo è più che legittimo, e non esclude affatto la qualità del romanzo, nè, tanto meno, la passione.
    Ma se tu mi forzi, io devo dire quel che Scarlett mi è sembrato a fine lettura: la versione italiana di Twilight. Con gli stessi personaggi, costruiti in modo pericolosamente simile agli originali (a parte un cambio di razza da vampiro a mezzodemone) e una trama molto, molto vicina. Adolescente insicura che trasloca da una città all’altra. Cambia scuola. Incontra un “gruppo familiare” di soli, splendidi ragazzi. Uno di loro la protegge e la difende. Nasce l’amore. Non è banalizzazione: è sintesi.
    Dopodiche, va bene, il paranormal romance (stando alle etichette, questa è la definizione corretta di Scarlett, non urban fantasy e tanto meno gotico) ha un suo mercato e l’augurio, sincero, è che vada bene e che catturi le lettrici.
    Ma io spero anche che qualcuno segua la via di Lindqvist: il che non significa aderirvi incondizionatamente, ma cercare una strada originale e personale.

  8. Loredana, mi pare interessante il discorso su coloro che davvero vogliono cimentarsi nella narrazione del fantastico rispetto agli autori che per “comodità” o “moda” passano con indifferenza da un genere all’altro. Chi conosce i miei esordi, sa che già nel mio primo romanzo (una storia d’amore tra due ragazze ambientata nella Bologna underground dei centri sociali) compare un accenno al soprannaturale. Visioni, sogni premonitori che si confondono con la realtà. E tra le protagoniste de La bambola di cristallo spicca una medium. Ho avuto l’onore di lavorare con Danilo Arona: Le bambole non uccidono è una ghost story tra la leggenda (il fantasma di Melissa) e le allucinazioni della protagonista. Molte delle mie opere, tra cui Il giardino dei bambini perduti, hanno un forte elemento soprannaturale a sorreggerne la trama; proprio per questo e in virtù delle atmosfere che si respirano, forse, qualcuno mi ha definita scrittrice di gotico. Ma chiedo scusa se non sono in grado di classificare esattamente le mie opere secondo un genere, tendo a basarmi su ciò che dicono gli altri.
    E comunque questo è solo per precisare che non si tratta di improvvisazione o cambiamento di corrente in un momento favorevole a un genere. Non ho mai seguito le mode e ho sempre scritto le storie che avevo voglia di scrivere. Alcune sono rimaste nel cassetto, relegate in un angolo buio dalle logiche editoriali. Scarlett ha trovato una buona distribuzione. Il percorso che mi ha portata ad arrivare lì è diverso da quello seguito da Lindqvist, perché ho cercato una strada personale.
    Quindi, tornando al mio ultimo romanzo e alla trama che riassumi: Scarlett si trasferisce in una nuova città e cambia scuola, come nel ben più celebre Twilight, è vero. E questo è il punto di inizio di moltissimi romanzi, manga, film, storie in generale con protagonisti adolescenti. Tralasciando il mio ruolo di autrice, mi riferisco unicamente ai commenti che ho ricevuto in merito al romanzo; un mio lettore proprio ieri mi ha detto che l’inizio di Scarlett gli ha ricordato quello di Buffy, tutti sono concordi nell’affermare che, sebbene le premesse somiglino a quelle di Twilight, lo sviluppo è ben diverso ed esplora tutt’altri scenari. Aggiungo che la protagonista passa gran parte del suo tempo libero in biblioteca (il suo migliore amico è un anziano bibliotecario), che le vengono consigliati i testi di letteratura classica che spesso le forniscono le risposte ai suoi problemi quotidiani. Poi l’omicidio in biblioteca, al centro della narrazione, fa partire l’indagine di Scarlett, che si svolge in parallelo tra la sua interiorità e gli inquietanti avvenimenti legati alla creatura dagli occhi fiammeggianti. E poi c’è la musica. Una band rock, concerti, i testi delle canzoni. Per non parlare della mitologia dei demoni; non ho certo cercato una sostituzione bello vampiro/bello demone. C’è un intero mondo sotterraneo di gerarchie, regole, tanto vasto da poter essere solo sfiorato nel volume.
    Detto questo, ho grandissimo rispetto per ogni opinione. Ma quando dietro un’opera c’è duro lavoro, studio, creazione di leggende, di personaggi, e dato che seguo silenziosamente questo blog da parecchio, mi pareva giusto intervenire per fornire il mio punto di vista. Anche perché, se persino il romanzo di Chiara Palazzolo nel 2005 venne definito “Twilight all’italiana”, viene da riflettere…
    Per tornare on-topic: a pagina 200, ieri sera, ho dovuto malvolentieri abbandonare la lettura del libro di Lindqvist. È solo una sensazione, ma sono stata sorpresa di ritrovare echi delle atmosfere torbide de La maschera di Innsmouth. E un senso di mistero sostenuto da una narrazione avvolgente. Torno alla lettura. Non vedo l’ora di finirlo.

  9. Precisazione. Non mi uccidere è del 2005. Twilight è uscito in Italia nel giugno del 2006. Avendo letto entrambi, e avendo letto Scarlett, posso assicurare che non dò giudizi a caso. E posso assicurare che i romanzi di Palazzolo sono lontanissimi dall’universo di Twilight, perchè creano un universo coerente (tratto, tra l’altro, dalla tradizione italiana).
    Ad ogni modo, cara Barbara, io rispetto la tua passione, nè mi pare di aver detto il contrario. Dal canto mio, mi ritengo libera di dare un giudizio su un romanzo nel momento in cui questo mi viene inviato.

  10. Ho riportato nel mio intervento appositamente la data di uscita del romanzo di Chiara Palazzolo per sottolineare che in Italia il caso Twilight non era ancora scoppiato, ma alcuni già parlavano di “Meyer italiana”. Anch’io ho letto i romanzi di Chiara e concordo nel trovarli lontanissimi dall’universo di Twilight.
    Come già sottolineato, apprezzo e accolgo ogni opinione sulle mie opere.

  11. Con buona pace di Lindqvist, divincolarsi in mondi lontanissimi ed esordi italianissimi.
    Non accogliere opinioni sulle opere? Forse pretenderle con sottomessa faccia tosta? Inizia protervamente l’estate dei morti viventi. Ovvero i romanzi di Lindqvist li “addoro”, ma parliamo di me. E dopo lui un altro e un’altra e un’altra ancora. I libri altrui come alibi per citarsi addosso.
    Shame on you, shame on you

  12. Lo so, sono puntigliosa. Barbara: nel 2005, quando è uscito Non mi uccidere, Twilight non era uscito neanche in America. Il romanzo di Palazzolo è uscito a marzo, Twilight, negli Usa, a ottobre. 🙂
    Impossibile aver parlato, allora, di Meyer italiana: a meno di non essere Nostradamus. 🙂

  13. BB non ha bisogno di “citarsi addosso”; per lei, Vincent, parlano i suoi libri: magari puoi farci una chiacchieratina…
    Ha riportato la propria esperienza (tra l’altro rientrava in una tematica proposta da LL) con informazioni che possono ragionevolmente interessare molte persone e lo ha fatto (inizialmente) con il pudore tipico di chi vuole appunto evitare di autocitarsi (tanto da risultare addirittura poco chiara).

  14. Vincent, shame on you: leggiti almeno il thread prima di intervenire. E di che esordi parli, poi?
    Quello che ho visto io leggendo il thread è che uno entra per commentare un libro e si becca una bella frasetta sarcastica in risposta. La Baraldi fa bene a difendere i suoi libri.
    Quanto alla Palazzolo, sarà una coincidenza, ma basta fare un paio di ricerche su Google per rendersi conto che è accusata di aver copiato la Meyer. Pretendere che speculazioni superficiali siano fondate o informate è davvero troppo. Ormai sembra che Twilight sia diventato l’unico metro di paragone in Italia per il supernatural romance. Che tristezza.

  15. Vorrei invitare i Baraldi fan a non esagerare. La frasetta sarcastica, se non vi spiace, viene riservata a chi non ha MAI commentato su questo blog se non quando ha in uscita un romanzo che appartiene al fantastico. Peraltro, se la signora non avesse insistito, tutto si sarebbe chiuso con quel commento.
    Secondo: io ho citato date secondo le quali è IMPOSSIBILE che Chiara Palazzolo sia stata accusata di aver “copiato” un romanzo che è uscito DOPO la pubblicazione del suo. Peraltro trovo di grandissima scorrettezza farsi promozione parlando male di una collega.
    Quanto a Twilight come metro di paragone: se aveste dato un’occhiata a questo blog, o al mio lavoro, avreste notato che non è vero. Il problema, cari Baraldi fan, è che Scarlett è stato modellato su Twilight nella trama e nei personaggi: dunque, il paragone è obbligato in questo unico caso.
    Dopodiche, correttezza (e intelligenza) dovrebbero suggerire quando è il momento di chiudere una discussione e salutare.

  16. Personalmente non mi ritengo “fan” di nessuno. Che dire, meglio che uno scrittore stia attento a cosa ha in uscita prima di postare qualunque commento. Chiudo e saluto.

  17. Chiedo scusa, ma credo di essere stata fraintesa. Mi sono limitata a fare un intervento per commentare un libro, quello di Linqvist, che sto leggendo e mi sta entusiasmando, tutto qui. La dietrologia la lascio agli altri.
    Per quanto riguarda il parlar male di una collega: non l’ho mai fatto. Ho il MASSIMO rispetto per Chiara Palazzolo e per il suo lavoro. Una piccola ricerca on-line rivela ciò di cui parlavo: ALTRI hanno paragonato il lavoro di Chiara a Twilight, IO intendevo affermare che, come nel mio caso, il paragone è ingiusto. Nessuna pubblicità, quindi, solo un’opinione. Che concorda con la sua nel caso della Palazzolo (e sottolineo nel caso della Palazzolo).
    Sono stata accolta con una frase del tipo “ci siamo capite, Baraldi” e di conseguenza ho parlato in difesa delle mie opere. Ma soprattutto ho raccontato la mia storia di autrice nel momento in cui veniva fatto capire tra le righe che mi ero improvvisata al genere fantastico.
    Ora, nel momento che due persone esprimono la loro opinione vengono additati come “fan baraldiani”, perché dovrebbero esserlo? Perché esprimono un’opinione non allineata?

  18. Trovo questa discussione imbarazzante. Quando si entra a commentare con tanto di link al proprio sito dove si strombazzano i propri libri non è dietrologico pensare che ci siano scopi promozionali, anche perchè la Baraldi non ha scritto nulla di sensato su Lindqvist. Lasciar cadere dopo il commento della Lipperini sarebbe stato un segno di stile, visto che i romanzi non devono piacere a tutti. Insistere e tirare in ballo – in modo maldestro – altri colleghi è ancora più imbarazzante.

  19. Cara Baraldi la chiuda qui e si conceda una piccola vacanza in un agriturismo. Basta coi distinguo e le scuse e le precisazioni e si eclissi solo per dieci minuti. Rischia di essere indifendibile e forse lo è già.

  20. E se tornassimo a parlar di Lindqvist? Io sono in fibrillazione, vorrei tanto capire se “Lasciami Entrare” sia stato un fulmine a ciel sereno o meno, soprattutto dopo il deludente secondo lavoro di Lindqvist.
    Chi di voi ha già in lettura “Il porto degli spiriti” per favore posti un parere, non continuiamo a baruffare inutilmente.

  21. Personalmente ho amato molto Lindqvist in Lasciami entrare. Mi ha totalmente rapita sia per l’originalità con cui proponeva un tema che con facilità può scadere nel banale sia per il linguaggio e lo stile (merito dell’ottima traduzione, va detto) intenso, a tratti poetico. L’estate dei morti viventi mi ha entusiasmata meno, forse perchè istintivamente mi aspettavo (ma sbaglio io) una replica del primo, almeno in quanto a sensazioni ma anche quello, ripensandoci a freddo e avendolo ripreso in mano, è un ottimo libro, non una storia sugli zombie, non solo almeno, ma anche un racconto profondo e toccante sul rapporto con i morti, sull’influenza che hanno sulle vite di chi resta. Il porto degli spiriti, letto qualche settimana fa in bozza, ed è stata una faticaccia visto che l’ho analizzato da schermo, mi ha nuovamente riportata alle sensazioni della prima opera. Un viaggio meraviglioso nel labirinto dell’assenza, una scrittura che – se possibile – trova ancor più forza in una trama costruita perfettamente, senza una sbavatura. E mi sono detta che l’ultima cosa che mi andava di fare era incasellarlo in un genere, non avrebbe avuto alcun senso. Ho appena finito di leggere Bitten, l’annunciato successo di Fazi a firma Kelley Armstrong e, che dire, anche qui urban fantasy e paranormal romance si fondono, eppure l’ho bevuto e mi ha affascinata la figura di questa donna licantropo in lotta con se stessa e le sue pulsioni. Amen, sarà letteratura d’intrattenimento? E che sia, ogni tanto credo che anche il lettore più hard possa concedersi dei meritati momenti di pura evasione senza sentirsi in colpa. Se una storia è scritta e tradotta bene perchè chiuderle la porta in faccia? Appunto. Perchè? Buona serata.

  22. P.S Non intendo minimamente confrontare Lindqvist ad Armstrong. Non ci sono paragoni. Era solo per ricollegarmi all’osservazione di Loredana riguardo i pregiudizi degli imbecilli che capita siano davvero infondati e ottusi. Lindqvist ha una resa linguistica che la Armstrong si sogna, tuttavia mi ha divertita la trama. Giusto per specificare.

  23. Era chiarissimo, Carlotta: e devo dire che Bitten ha divertito anche me. Piani diversi, appunto, ma Armstrong sa quel che fa.
    Quanto a Il porto degli spiriti: io lo trovo addirittura superiore a Lasciami entrare. Oltretutto, c’è una prospettiva di schiarita (mi verrebbe da usare la parola redenzione) che in Lasciami entrare mancava. E la coralità del racconto è realizzata in modo magistrale.

  24. Dopo qualche giorno di altri pensieri, entro qui per dare un’occhiata e mi trovo davanti un dibattito assurdo. Scusatemi, ma non credo alle topiche involontarie di alcuni scrittori, soprattutto se si accaniscono a controbattere sui blog altrui. E’ un’opinione, questa, di una persona che legge i libri per imparare, per divertimento, per svagarsi, per capire più la vita; le dietrologie un po’ mortificanti delle beghe, mi imbarazzano e mi fanno pensare ad un mondo che preferirei non conoscere. Già c’è la politica che con i suoi atteggiamenti sgradevoli, mi ferisce grandemente. I dibattiti sono utili, secondo me, solo se hanno un costrutto di base. Altrimenti sono solo parole al vento. Moleste.

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