DUE PAROLE SULLO STEAMPUNK

Davvero una sintesi sulla questione Steampunk, quella apparsa oggi sul quotidiano. Sapete bene che ci tornerò (peraltro, oltre a parlare diffusamente del romanzo di Francesco Dimitri, vorrei tornare anche sul secondo episodio di Wunderkind di D’Andrea Gl: che non è steampunk, ma fa incursioni nella storia, diciamo così, alternativa). Presto.
«Ti posso portare indietro negli anni», scandisce Mondo Marcio in quella che è la sua rap-recensione, visibile da oggi sul sito di Repubblica. Il passo indietro avviene grazie a un romanzo che potrebbe destare la curiosità del vasto pubblico nei confronti di un genere già molto amato e seguito da una cerchia di fedelissimi. Leviathan, di Scott Westerfeld è infatti in arrivo in libreria per Einaudi Stile Libero, con le illustrazioni di Keith Thompson e per la traduzione di Tiziana Lo Porto. Primo romanzo di una trilogia, Leviathan è opera di uno scrittore specializzato in storie per giovani adulti (I diari della mezzanotte e Vampirus) e appartiene al complesso mondo dello Steampunk. Storia alternativa, e non solo: perchè l´ambientazione (in genere tardo-ottocentesca o primo-Novecento) è al tempo stesso fedele (nella ricostruzione degli abiti o dei costumi sociali) e fantastica, perché punto cardine della narrazione sono macchinari e tecnologie che non erano presenti nella storia reale, e che nella maggior parte dei casi funzionano a vapore (steam). Leviathan, per esempio, è ambientato nel 1914, prima dello scoppio della guerra mondiale. A fronteggiarsi non sono soltanto Imperi e Alleanze, ma due filosofie di vita e di guerra: i Cingolanti (che utilizzano come armi o veicoli macchine a vapore dotate di cannoni e mitragliatrici) e i Darwinisti (che per lo stesso scopo si servono di animali geneticamente modificati). Il principino Alek, erede dell´arciduca d´Austria appena assassinato a Sarajevo, appartiene al primo schieramento. Nel secondo milita Deryn Sharp, una ragazza che si traveste da maschio per entrare in aviazione. Seguono amicizia, avventura, cospirazioni, battaglie, fughe. Leviathan arriva in libreria poche settimane dopo Alice nel paese della vaporità, steampunk italiano di Francesco Dimitri (pubblicato da Salani) e inserendosi in dotte discussioni su Internet che tracciano le differenze fra steampunk storico e steampunk fantasy, o analizzano le opere che si sono affacciate da decenni nel panorama narrativo internazionale: i romanzi di K. W. Jeter e di Michael Moorcock, il fumetto La lega degli uomini straordinari di Alan Moore, i film di Hayao Miyazaki, i manga, i giochi. Perché lo Steampunk è qualcosa di più di un genere o sottogenere letterario: è una cultura. «Come sarebbe stato il passato se il futuro fosse accaduto prima» è il suo slogan. “Ti posso portare indietro negli anni”, appunto.

25 pensieri su “DUE PAROLE SULLO STEAMPUNK

  1. Madonna che palle sta faccenda dell’ucronia. Ma chissenefrega??? Ci sguazzi pure la Lipperini, visto che ama così tanto essere sempre alla moda e riempirsi la bocca di anglicismi idioti.

  2. Forse c’e’ qualcos’altro, nello steampunk.
    Il rimpianto per lo spirito di “un futuro che non c’e’ piu’ “.
    Basta pensare ai fermenti che si vivevano nel mondo di fine 800-primi 900.
    Un’epoca, che, per certi versi, appariva vivace, piena di speranze, intrisa di cambiamento, dai costumi all’arte alla scienza.
    Si vivevano appena i frutti di tante affascinanti invenzioni, altre sembravano apparire all’orizzonte, ci si nutriva di un positivismo forse un po’ ingenuo.
    C’era ancora cura artigianale e spirito artistico, senza l’appiattimento massificato.
    Chissa’, senza la prima guerra mondiale, quale sarebbe stato il futuro di tutto questo. Ma e’ domanda sterile, perche’ le tante tensioni nazionaliste, imperialistiche, coloniali che si agitavano in sottofondo allo scenario non si potevano cancellare o ignorare.
    Rimane il fascino, l’attrazione per qualcosa di bello e idealizzato.
    Anche, piu’ banalmente, uno sfondo intenso e pittoresco su cui costruire immagini e storie.
    E forse, a saperlo bene analizzare, tutto questo ci direbbe qualcosa di rimando anche sull’epoca in cui viviamo.

  3. Un sotto-genere SF vecchio di trent’anni arriva in Italia, e se ne parla come di una grande querelle culturale. Perchè? Non è una domanda retorica, voglio capire.

  4. Dirò una cosa politicamente scorretta, da amante della fantascienza, da persona che ha divoratto tutto il cyberpunk e che considera “Snow Crash” uno dei romanzi fondamentali della sua formazione…
    scusami Neal, ma a me lo steampunk mi fa l’effetto dei confetti Falqui!

  5. Melmoth, a parte che grande querelle culturale è cosa che hai detto tu, e non io, che mi limito a registrare che
    a) Si traduce Steampunk, sia pure per ragazzi
    b) Autori italiani scrivono romanzi Steampunk
    Se questo sia bene, male, indifferente, non è cosa su cui possiedo certezze. E’, tutto qui.
    Ale, lo Steampunk di Miyazaki, per esempio, a me piace. Sul resto, aspetto e guardo.

  6. Ovvero, Miyazaki è un artista così grande da creare opere splendide pure usando genere che ha detto tutto quel che aveva da dire con The Difference Engine un quarto di secolo fa…
    (e comunque anche lui è molto più originale e potente quando lo lascia perdere del tutto come nella Città Incantata, Totoro e Ponyo…)

  7. Comunque, se posso dare un consiglio, per far uscire i discorsi sulla letteratura e la cultura di massa da certe secche intellettuali diffuse si potrebbe prendere in esame l’ultimo romanzo di Michele Mari, ‘Rosso Floyd’, sui Pink Floyd e il rock in genere. Se volete mi dilungo: per il momento noto solo che mi è piaciuto molto ma mi ha lasciato molto perplesso in egual misura. Di sicuro tratta l’immaginario rock, cioè una parte fondamentale della cultura di massa fra gli anni 50 e 90, cioè nel periodo in cui eravamo giovani, in maniera del tutto originale, sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista linguistico (hint: è scritto proprio in italiano e non nell’italiano doppiato di tanta letteratura corrente)

  8. Continuo a perplimere.
    Ammesso che il ‘nuovo’ sia un valore: la novità dov’è? Nell’uso della lingua italiana? Dico lingua e non ambientazione anche perché questa mi risulta rimanere estera.
    (I do speak and write a decent english though: so, why should I bother?).
    Forse il problema (personale) è che il genere non mi piace. Ci rifletto.

  9. Un genere o sotto genere è innanzitutto un ambiente, come tale è spento finchè qualcuno non lo percorre per creare una storia, che può essere valida o meno.
    Ancora stiamo a sindacare sulla dignità dei generi? I veri cervelli a vapore mi sembrano quelli di qualcuno che continua a credersi doganiere dei generi popolari, in grado di poter dire se sono meritevoli o meno.
    C’è un mondo la fuori che corre a tutta birra, dove si giudicano le opere e si osservano sul territorio le contaminazioni tra opere e cultura di massa annusando l’aria per capire il presente e viverlo appieno.
    Invece di fare discorsi da panchina inps, parliamo dell’opera in questione.
    Comunque, @melmoth l’italia è come un paesino dove ogni cosa fa notizia e quello che conta è dire la propria, si commenta come i nostri nonni seduti al bar commentavano l’auto nuova del farmacista, o le poppe della moglie del notaio che aveva le corna e lo sapeva tutto il paese. In realtà ai più non frega nulla delle cose, e non si crea un vero dibattito o un vera corrente agganciata alla realtà, si ciaccia in attesa del nuovo oggetto di pettegolezzo che passa per il corso italia.
    Lo steam punk, comunque segna l’avanzata del fantastico che supera la dicotomia tra fiaba e modernità e va a riscoprire il mondo meraviglioso del positivismo avventuroso la cui massima espressione è il grande Jules Verne.
    E’ certamente un campo che si continuerà a sviluppare parallelamente agli altri generi e sottogeneri, con gli stessi risultati altalenanti.
    it’s a Wild Wild West.
    D.

  10. @Melmoth, permetti una banalità. Ammesso che parli, un genere (o un sotto-genere) non ha niente da dire finché un autore che ha qualcosa da dire non lo fa suo.
    😉

  11. Mi sembra di aver già detto più volte che ai generi e sottogeneri non sono particolarmente affezionata. Noto, semplicemente (e mi sembrava interessante riportarlo), che alcuni autori si accostano in questo momento, e probabilmente con intenti diversi dai padri fondatori o fiancheggiatori, alla “galassia” steampunk. Chiaro che esistono profonde differenze tra Westerfeld, che ha scritto un romanzo per ragazzi canonico, e Dimitri, che ha semmai usato l’ambientazione steampunk per continuare a raccontare la storia di cui Pan era una delle tappe.
    Dopodiche, Melmoth, mi stai chiedendo dov’è la notizia? Per me il fatto che si pubblichino – in Italia – due romanzi presso due case editrici non piccolissime che decidono di investire sul (genere, galassia, filone, quelchevuoi), è una notizia.
    Ps. Sascha, no grazie. Preferisco approfondire altrimenti, o rischio di fare un grosso torto a Mari. Da come ne parli, ne stai facendo il simbolo del come eravamo.

  12. @ D.M.
    Non per niente Wild Wild West è stato un grosso fiasco che simboleggia l’Hollywood più autoindulgente ed a corto di idee.
    Quanto al mondo la fuori sarebbe interessante darci effettivamente un occhiata invece di guardarlo sempre e solo attraverso la cannuccia dei media e dei generi e delle contaminazioni e ***YAWWWWNNN***, dicevo? ecco, sì, che a questo punto fanno venire davvero in mente i pensionati INPS (vuoi mettere quelli delle pensioni integrative, quanto più cool e trendy?)
    @ L.L.
    No, anzi, quello di Mari è un modo di fare letteratura che approvo in pieno ma non perchè sia ‘passato’. Anche in altre sue opere come Verderame o Tu, sanguinosa infanzia, Mari sa usare la cultura popolare (cioè la cultura prodotta per il pubblico di massa, non quella prodotta dal popolo stesso) senza genuflettersi alla superiore saggezza del fandom ne’ farsi venire rimorsi di coscienza. Anzi, facendo veramente quello che molti dicono di fare, cioè abolire le distinzioni fra basso e alto (mentre i molti vogliono solo cambiargli di posto con spirito di rivalsa insensata)

  13. “Quanto al mondo la fuori sarebbe interessante darci effettivamente un occhiata invece di guardarlo sempre e solo attraverso la cannuccia dei media e dei generi”
    Certo, perchè in Italia si scrive TANTISSIMO genere, specialmente fantastico…
    (Tra l’altro: il noir da un’occhiata al mondo là fuori, e si è visto la quantità spropositata di basso cronachismo spacciata per letteratura che ne è venuta fuori).

  14. Sascha, io ci casco sempre: a risponderti. Tu sei convinto che ogni genere sia cool, trendy e nasca per moda. Bene, cavoli tuoi. Io no. Fermo restando che siamo su posizioni diverse, ti chiedo con gentilezza di non permetterti però di attribuire a me o ad altri atteggiamenti – genuflessioni o altro – che stanno solo nella tua testa.
    Dopodiche: immagino che tu sia fra quelli che pensino di mettere pepe nei blog altrui prendendo posizioni radicalmente ostili. Ripeto per la milionesima volta che questo blog non è interessato ai flame, ma alla discussione. Possibilmente costruttiva.

  15. Ma dai, Melmoth 🙂
    E’ ovvio che non sono validi in quanto steampunk: sono mesi che si afferma la validità del testo a prescindere dal genere, almeno qui. Ripeto, è interessante però notare che ci siano autori che in Italia e fuori si avvicinano ora al filone a svariati decenni dalla sua nascita. Poi, ribadisco quanto detto sopra: stiamo a vedere.
    Quanto ad Alice: mi sembra la più interessante fra le ultime proposte Salani, che mi sembra stia cercando di uscire dal terreno dello young adult puro e semplice. Ci tornerò.

  16. La validità del testo a prescindere dal genere, o la validità del genere a prescindere dal testo?
    .
    Io credo, anzi temo, che quello che sta succedendo qui da noi sia il seguente judo concettuale: poichè fino a ora tutto ciò che apparteneva al genere fantastico era considerato con grande sospetto dalla cultura italiana, a prescindere dal valore, ora una parte dissidente di quella critica va nella direzione diametralmente opposta.
    .
    Mi pare cioè che si ragioni in questi termini: il fantastico può parlare dei grandi temi dell’esistenza, non è un genere ancillare… E non è vero che è un genere solo esterofilo, anche noi abbiamo i nostri paladini…
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    E li abbiamo in effetti. Però vorrei sentire parlare della bellezza del singolo romanzo indipendentemente da quanto siano ‘interessanti’ editorialmente le sue premesse. Vorrei cioè discutere di un testo senza “sposare la causa”, causa che pure mi starebbe a cuore, per diverse ragioni.
    .
    Lo so che questi non sono i termini usati da questo blog e non voglio mettervi in bocca delle parole che non avete detto. Non sto parlando di Lipperatura; cerco solo di capire quali siano le tendenze generali del dibattito sull’argomento, dibattito di cui questo blog a volte contribuisce con interventi di ottimo livello.
    .
    Forse questa fase di ‘razzismo al rovescio’- reazione ad anni di snobismo culturale, è una fase inevitabile, e bisogna passarci per forza. Forse vent’anni fa, quando il giallo usciva dall’ombra era lo stesso. Forse davvero è degno di nota un romanzo che ha il dono di traghettare temi e generi ignoti alla nostra cultura. Però: vorrei parlare del romanzo, non del genere a cui appartiene, o della cultura di cui si fa portatore.

  17. Melmoth: quell’articolo non era una recensione, bensì una segnalazione. Sono due cose molto diverse. Nè, credo, Lipperatura può essere considerata una spia di come vanno le cose nel dibattito culturale, visto che seguo il fantastico da diversi lustri, ben prima che si ventilasse anche la possibilità di una moda.
    Per quanto riguarda la recensione (due, nel caso, Alice e Wunderkind 2), arriverà. Quanto meno sul blog.

  18. Melmoth ci troviamo proprio sullo stesso punto:
    Ci interessa il romanzo, il singolo testo, la causa ci sta anche a cuore, almeno per “pari opportunità” con gli altri modi di narrare.
    Allora di che polemizziamo.?
    Il presente è affollato di cannucce per guardare ed ogni cosa che nasce, o quasi è figlia di una cannuccia, il gioco dei rimandi della realtà coi media e coi generi è infinito ed ossessivo per cui se non ti metti a guardarci non capisci niente del presente.
    Chiaro che se non te le togli mai rischi di finire sotto un tram. 😉
    it’s a Wild wild west era un saluto…
    D.

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