“Voglio fare un ringraziamento a Sergio Mattarella. Una delle cose che più mi ha addolorato nei giorni scorsi è stato l’attacco sui social alla memoria di un suo congiunto, adesso non ricordo esattamente, e questa è una cosa che mi è dispiaciuta”. Giuseppe Conte, presidente del Consiglio.
“Cos’è poi, un nome? Tutto. Annamaria Testa ricorda che nel nostro cervello non ci sono oggetti e fenomeni ma, come hanno scoperto Alfred Korzybski e Gregory Bateson, i nomi degli oggetti e dei fenomeni: quando pensiamo alle noci di cocco o ai porci, nel cervello non ci sono né noci di cocco né porci. Ci sono i loro nomi. Se non hai nome, non sei. Se hai un nome, sei come ti immaginano gli altri, e se vuoi essere quel che ritieni di essere devi cambiare nome, perché con un nome non ancora pronunciato sei in salvo, in quanto non nominandoti non ti conoscono, dunque non ti possiedono, e non possono giudicarti. Per questo gli scrittori usano gli eteronimi, per paura, per protezione. Così George Simenon fu Bobette, Christian Brulls, J.K. Charles, Germain d’Antibes, Jacques Dersonne, Georges d’Isly, Jean Dorsage, Luc Dorsan, Jean Dossage, Jean du Perry, Gom Gut, Kim, Georges Martin-Georges, Plick et Plock, Poum et Zette, Georges Sim, Georges Simm, Gaston Vialis, G. Vialo, G. Violis. Così Ray Bradbury fu Guy Amory, D.R. Banat, Edward Banks, Anthony Corvais, Cecil Clairbourne Cunningham, E. Cunningham, Leonard Douglas, Brian Eldred, William Elliott, Hollerbochen, Omega, Ron Reynolds, Doug Rogers, Douglas Spaulding, Leonard Spaulding, Brett Sterling, D. Lerium Tremain.
Elencali, leggili, declamali. Non sono nulla, non ti diranno nulla: sono le opere che ti parleranno, perché si crea un nome per servire una storia, e non il contrario, e nel momento in cui crei il nome crei anche la storia che regge e serve quel nome. Quando nomini crei, sei Adamo nel giardino dell’Eden che allunga una mano verso un gomitolo rosso e fragile che oscilla nel vento e lo chiama rosa, e la rosa è, da quel momento, niente altro che quell’immagine, ed è quello il momento in cui la rosa è per sempre rosa, non quello precedente, in cui Dio l’aveva cavata dal niente dandole una forma sin nombre”.
Da: Questo trenino a molla che si chiama il cuore, e mi si perdoni l’autocitazione.
sì!