RIPARARE I PENULTIMI: UN INTERVENTO

Una notizia e una riflessione (che non è mia, ma che sposo e rilancio).
La notizia è che il WWF ha infine presentato l’esposto contro il Deltaplano a Castelluccio di Norcia, com’è giusto che sia. Magari sarebbe stato bello raccontare la storia com’è davvero, senza presentare implicitamente gli ambientalisti come i soliti fissati che disprezzano le esigenze reali, e le reali disperazioni delle persone, ma pazienza, ci si sta facendo il callo.
La riflessione, in un certo senso, è attinente. Ed è di Mario De Santis, in un commento di ieri a un mio status, amaro, su Facebook a proposito della rabbia che avverto attorno a me. Ma Facebook non conserva memoria, e queste, secondo me, sono parole  che vanno conservate, e meditate. Eccole.
“Quella che descrivi è  la sensazione che provo anche io – e che provo già da anni – tornando a Roma. Forse la capitale è proprio il laboratorio metropolitano di questo fenomeno della rabbia, una rabbia però, attenzione, identitaria e non (solo) socio-economica che accomuna interessi diversi (non a caso nel contratto si vogliono tagliare le tasse e al tempo steso dare il reddito, per ora nessuno spiega bene come fare).
Un fenomeno, questo della rabbia, che esplode nel ceto medio e medio basso, non solo in Italia ma pure in Nord Europa e Stati Uniti. Ma per stare al nostro spazio-tempo, tuttavia vorrei fare un’osservazione di “critica costruttiva”: di questo ceto medio spesso è assente la “rappresentazione” dal discorso pubblico. Forse è la mia impressione, ma ieri l’avevo forte.
Ieri giornata libera, ho avuto molto tempo per assorbire “il discorso pubblico”: media, radio, social. Le mie scelte, e la mia “bolla”. Bene, ieri – certo per la pressione dell’attualità (governo, senatrice Segre, eccetera) – i tre grandi discorsi sono stati: migrazioni, rom, diritti civili della persona. Le tre grandi bandiere. Sconfitte. Ieri in palestra ascoltavo Fahrenheit  e in particolare la pagina appunto sui rom. Quando poi sono andato nello spogliatoio, c’era in corso una discussione di persone che. era evidente, avevano votato per questa maggioranza, perché insultavano “Renzi e quelli di sinistra” e poi hanno chiuso l’orazione con la frase: ” vogliono avere sempre ragione”.
Ecco, bisogna sapere che per il momento la volata è tirata da quelli che di fronte alla razionalità – degli scienziati degli operatori, dei sociologi ecc – si rifiutano d’avere torto. E’ l’urlo profondo di chi non capisce il suo disagio, non necessarimente economico, e incolpa alcuni capri espiatori, alcune entità – grandi o piccole – e va avanti così.
E’ bene secondo me tenere in mente questo. Gli psicologi americani lo hanno verificato: di fronte a persone che facevano un’affermazione di criticità – tipo la nostra “i rom non mandano i figli a scuola e li portano a chiedere l’elemosina” – e a seguito di una dimostrazione evidente e incontrovertibile del contrario (i “numeri” detti dal tuo ospite) concludevano le interviste dicendo “Si va bene, però io ho ragione lo stesso e resto convinto che è così, la mia esperienza dice questo ecc”. Non vogliono più avere torto, vogliono avere ragione. Vogliono per una volta far parte della squadra che vince, ma non vogliono più ricette di sinistra. Delle elitès.
Questo li spinge a seguire la loro convinzione oltre ogni “ragionevolezza”. Ma perché questo? non perché effettivamente rom o immigrati siano il problema centrale – o meglio lo sono, certo – ma c’è di più: sono invisibili, si sentono invisibili e per una volta non è così. secondo loro.
Ed effettivamente però, da più parti, tutti noi, anche in quella parte più di sinistra che avanzava critiche alle politiche sociali “liberiste” di Renzi o Monti, è mancata la “rappresentazione” di chi vive nella zona intermedia e invisibile.
Sai, scusate mi dilungo, ma penso a dati, faccio osservazioni sulla “sfera della comunicazione” di un certo tipo a me più affine e poi penso a quel che conosco: Roma, appunto, il mio (nostro) quartiere, le persone che ci abitano e anche oltre, penso a mia sorella e suo marito – lui era camionista lei era cassiera, vivono nella suburra di Guidonia, nel 2010 hanno perso il lavoro. Sono stati aiutati in parte dai miei anziani allora, poi si sono messi a fare le pulizie condominiali. Pian piano hanno avuto commesse, sempre più. Ora hanno aperto partite Iva e hanno anche dei lavoranti a ore. I condomini non pagano, hanno subito furti del materiale più volte. Sono sempre in difficoltà economica ma da “imprenditori” – lo sono formalmente ma sono pure sempre dei sottoproletari – e vivono anche l’appartenenza come identità.
Mio nipote lo scorso anno ha abbandonato la scuola, a 16 anni, “tanto studiare non serve”. (a proposito di abbandono: ma non è per necessità, ma per convinzione – errata – e ora ha ripreso)
Nel loro contesto poi i servizi sono quello che sono, per un intervento ospedaliero mia sorella ha atteso un anno. per la perdita del lavoro danno la colpa “agli stranieri” che fanno lo stesso lavoro a meno, per i furti ai rom (nella zona ci sono accampamenti fuori controllo,) in ogni caso il lavoro l’hanno perso, gli attrezzi li hanno rubati. Il cuore del problema è quello, non serve solo dire “non è detto, non è vero”. E’ che si sentono invisibili e non rappresentati in questa “fatica di vivere”.
Non rappresntati realmente – e di fatto, ad essere sinceri è un po’ così.
Noi abbiamo ragione, su stranieri e rom. loro però hanno il danno. E se lo tengono. E monta la rabbia.
Ecco, Ripartiamo da qui, “ripariamo” i viventi da qui. Ma non solo economicamente.
Il contesto di questa zona intermedia – lo è anche urbanisticamente – è terrificante, spesso molti lo sfiorano solo nei film di Garrone, ma non ci fanno mai esperienza vera e finisce per uscire concretamente dalle rappresentazioni, dalla conoscenza vera.
La discussione di un’area cultural-politica è stata (consentimi l’ossimoro ) giustamente ma eccessivamente orientata da certi temi (migranti, diritti, emarginati ultimi). Sono d’accordo, gli ultimi vanno difesi ma c’era un vasto fronte di “penultimi” in sofferenza che non sono entrati se non come “oggetto sullo sfondo” nelle critiche a Renzi – ma mai come reali protagonisti . Certo è faticoso, pur venendo da quel mondo io pure mi guardo intorno e sono esterrefatto , mi sento più a mio agio con un imprenditore milanese progressista che con un disoccupato della periferia romana dove vivo, fascistone convinto: devo rimodulare la mia azione e convinzione politica anche in base a questioni identitarie, non solo economiche. Ma è una discussione tuta da fare ancora e Marx non serve più.
E lo dico con una provocazione bonaria e costruttiva: facciamo che la prossima edizione del Salone del libro sia sempre a tema “la frontiera” ma quella frontiera sia la suburbia degli invisibili?”

Un pensiero su “RIPARARE I PENULTIMI: UN INTERVENTO

  1. scrive bene Mario De Santis, aggiungerei che i penultimi di cui parla, più che non essere stati rappresentati, sono stati sfruttati mediaticamente ed elettoralmente, demoliti della loro umanità e ridicolizzati caricaturizzati. rimpiccioliti alle loro opinioni espresse rozzamente. programmi come la zanzara, ” Dalla vostra parte” di rete quattro, ma anche l’intiero palinsesto di Radio3 hanno contribuito a spingere in questa direzione. Credo che tutta queste persone abbiano finito per riconoscersi magari loro malgrado in una parte politica

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