Ho sempre nutrito diffidenza nei confronti della manualistica al femminile e dei consigli, spesso giocosi, a volte ispirati, sempre semplificati (giocoforza) per affrontare vita, amore, maternità, menopausa, sesso. Evidentemente non sono la sola. Vi posto dunque questo intervento – apparso oggi su Repubblica – di Michela Marzano sull’ennesimo libro dedicato al piacere femminile.
Ps. Se siete a Genova, domani pomeriggio, ci sono anch’io, alla Feltrinelli.
Perché tanto accanimento nel cercare di spiegare il piacere femminile? Da quando il Dottor Kinsey pubblicò, verso la fine degli anni Quaranta, i suoi famosi rapporti sul comportamento sessuale degli esseri umani, le inchieste e gli studi dedicati alla sessualità delle donne si sono moltiplicati. Ormai non passa settimana senza che una rivista femminile non pubblichi un articolo che faccia sfoggio delle ultime formidabili ricette sul tema.
Ma esiste davvero una formula capace di svelare il segreto della jouissance? Per Elisa Brune e Yves Ferroul, autori di un libro appena pubblicato in Francia, Le secrets des femmes. Voyage au coeur du plaisir et de la jouissance, molte donne non riescono ancora a vivere pienamente la propria sessualità. Non hanno ancora capito che il “piacere si impara” e che, per impararlo, non è mai troppo tardi. Costruito intorno a numerose testimonianze femminili, il libro si presenta come una sorta di manuale pratico ad uso e consumo di ogni donna moderna. L´orgasmo, ormai, lo si può misurare e controllare. Basta capire il funzionamento del clitoride, l´anatomia della vagina, la giusta collocazione del “punto G”, l´importanza dei preliminari. Rivelazioni inedite sull´indicibile o ennesimo tentativo di “disciplinare” il corpo delle donne, come direbbe Michel Foucault, trasformando il piacere in una vera e propria ingiunzione?
Quando viene pubblicata la grande inchiesta di Alfred Kinsey, di sessualità si parla ancora molto poco. Certo, la psicanalisi aveva stravolto l´ordine dei valori, mostrando come molte nevrosi fossero intimamente legate alla repressione delle pulsioni sessuali. Criticando la rigidità della morale tradizionale, Freud interviene all´interno di un dibattito che, per secoli, era stato l´appannaggio della filosofia – da Aristotele a Kant, la maggior parte dei filosofi non esitano ad esaltare il ruolo della ragione contrapponendola all´animalità dei piaceri carnali – oppure della medicina classica, che cerca di “normalizzare” il piacere “curandone” gli eccessi. Ma ancora nessuno aveva osato ricorrere alle statistiche e intervistare la gente per studiarne a tavolino il comportamento sessuale. Raccogliendo le testimonianze di più di 12 mila persone, il Dottor Kinsey svela che almeno il 26% delle donne intervistate aveva avuto, nel corso della propria vita, una relazione extraconiugale e che il 62% non esitava a ricorrere alla masturbazione.
È l´atto di nascita di una nuova disciplina: la sessuologia. Ma a qual fine? Con quali risultati?
Nonostante le critiche sulla metodologia utilizzata e le polemiche suscitate dai risultati dell´inchiesta, il Rapporto Kinsey è emblematico di un cambiamento radicale della società. Contiene già tutte le premesse per la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e Settanta. Progressivamente la parola si libera. L´orgasmo viene “sdoganato” anche dal cinema e dalle fiction televisive. Prima in modo più timido – è difficile dimenticarsi della famosa scena di Harry ti presento Sally, in cui Meg Ryan, seduta con l´amico in una tavola calda, dopo aver discusso della possibilità che la donna finga l´orgasmo durante un rapporto sessuale, ne dà una perfetta dimostrazione di fronte a tutti gli avventori. Poi in modo sempre più esplicito, come nell´opera teatrale di Eve Ensler, I monologhi della vagina o ancora nella seria televisiva Sex and the City...
Ma che rapporto esiste tra la liberazione della parola, l´importanza per ogni donna di vivere in modo pieno la propria sessualità e tutti questi libri di ricette che invadono oggi gli scaffali delle librerie e che riducono il piacere ad una serie di gesti e di pratiche che si possono imparare e sperimentare in modo quasi scientifico? Questo tipo di pubblicazioni non sono forse il sintomo di una società in cui ognuno dovrebbe sempre essere capace di “gestire” la propria vita in modo impeccabile, compresa la propria vita sessuale? Si deve “riuscire la propria sessualità” esattamente come si riesce a cucinare una salsa… Se una donna si “pone le domande giuste” e “segue le buone regole”, il risultato è scontato. È il principio della maionese: se “impazzisce” significa che non si è stati capaci di seguire la ricetta alla lettera. Accade la stessa cosa nella sessualità: se non si riesce a “gioire” è perché non si conoscevano le regole oppure perché non si è stati capaci di applicarle. Peccato che, nonostante tutto quello che si dica, la sessualità non sia mai semplice, lineare, tranquilla. Ognuno è rinviato alla propria soggettività e alla specificità della propria esperienza personale. Non esistono regole universali che valgano per tutti. E quando l´orgasmo diventa un´ingiunzione, la sessualità si trasforma in un vettore di “controllo sociale”, un mezzo efficace per ridurre il corpo delle donne ad un nuovo ricettacolo del “biopotere”.
Nella sessualità di ognuno di noi, si manifestano tutte le contraddizioni della natura umana. Da un lato, si esprime un desiderio di “possesso”: la volontà di appropriarsi di un´altra persona, anche solo per pochi istanti. Dall´altro lato, ci si “lascia andare”, ci si “abbandona”. È solo allora che si scopre il piacere nel suo aspetto più intimo, anche se nell´abbandono si sperimenta anche la possibilità della dipendenza. Nel piacere erotico, si svelano le nostre fragilità. È solo quando ci si abbandona all´altro e si smette di voler “controllare” tutto quello che accade, infatti, che si può accedere, come spiega Jacques Lacan, alla jouissance. Un piacere che nasce nel momento stesso in cui si “vede” e si “tocca” l´altro. Quando si permette ad un´altra persona di “vederci” e di “toccarci”. «Nei rapporti sessuali, si dà e si riceve», scrive Lawrence, l´autore dell´Amante di Lady Chatterley. «Un nuovo stimolo arriva, quando il precedente è svanito. Qualcosa di nuovo si aggiunge, qualcosa che compensa il sovraccarico di tensione, di cui ci siamo appena liberati».
È quindi sempre una questione di stimoli, ma questi stimoli non possono essere descritti “scientificamente”, perché acquistano un senso solo all´interno della storia personale di ogni persona. Il piacere nasce all´interno di un processo complesso. Un processo che è sempre diverso. Perché tutto dipende dall´alchimia particolare che si crea tra due persone, ed ogni volta si può manifestare una parte sconosciuta di noi stessi, una parte legata ai ricordi della nostra infanzia e della nostra adolescenza, una parte legata alle differenti esperienze che abbiamo vissuto.
Nella proposizione più celebre del Tractatus, Wittgenstein scriveva che “di ciò di cui non si deve parlare si deve tacere”. In modo forse un po´ radicale, il filosofo riassume tutto il senso della propria opera: “tracciare un limite” tra le “parole” e le “cose”. Non è forse questo “limite” che si dovrebbe ritrovare quando si parla del piacere femminile per lasciare le donne libere di sperimentare il proprio piacere, senza illuderle che esistano ricette magiche capaci di aprir loro le porte del “settimo cielo”? Tanto più che le ricette diventano molto più spesso di quanto non si creda delle regole da seguire e delle norme da rispettare.
Sono d’accordo per una parte consistente dell’articolo e sono in disaccordo – il mio solito disaccordo, con le conclusioni che identificano la psicologia popolare con la psicologia scientifica e che confondono il diritto alla libertà coll’illegittimità di una richiesta di aiuto. La psicoanalisi ha avuto il merito femminista di mettere la questione del piacere femminile sul tavolo. Di farne parlare – si chiama democrazia. Poi il come ne ha parlato è stato per Freud e per molti analisti delle prime generazioni un lessico e un linguaggio tutti maschilisti, a cui anche il rapporto Kinsley diede una considerevole sterzata. La psicoanalisi di seconda e terza generazione fino a quella recente invece hanno detto cose molto importanti e utili sul piacere femminile – e che andavano assolutamente dette, e che le donne per buona parte ignoravano, e fuori da molti contesti più colti e autocoscienti continuano a ignorare.
Quello che voglio dire è che condivido in pieno l’idea dell’articolo per cui spesso la manualistica spicciola è deleteria – ma non credo che si possa dire SEMPRE deleteria, credo che per certe persone sia un trampolino di lancio, una piattaforma di partenza con cui cominciare a pensarsi, in mancanza di altro – ma sono in disaccordo con quell’atteggiamento mentale di fondo – tra gli intellettuali e i filosofi così tanto in voga – per cui la libertà soggettiva e il dispiegarsi della soggettività sono sempre primarie rispetto alla dolorosa sensazione del malessere. Per cui insieme ai famosi manuali si buttano anche le risposte che la teoria clinica è in grado di fornire, per amore di libertarietà. Ci sono donne che non riescono a essere felici nella loro sfera sessuale e secondo me è sacrosanto e giusto e democratico che vivano questo problema come tale e cerchino degli strumenti per risolverlo.
forse ot:
Quello che voglio dire – allargando il discorso – che c’è un momento per studiare Foucoult, tenerlo sul comodino farlo proprio, ma c’è un momento in cui va messo da parte. In Italia sta sul comodino da troppo tempo: e infatti sono stati chiusi i manicomi, cosa buona e giusta, ma le persone con malessere e le loro famiglie sono state abbandonate al loro destino. Sai che ce fanno caa’ Libertà?
Non ci sarà neanche bisogno della manualistica, ma mi pare che tutte le rivisite non solo femminili abbondino di consigli sessuali per donne che evidentemente hanno un bel po’ di confusione tra le gambe. E ancora oggi si interrogano sull’esistenza di punti G, orgasmi vaginali, e multipli. Prova tangibile che un’educazione ci vuole, soprattuto per liberarle da questi miti inesistenti, non certo innocui.
Quoto zauberei in toto (anche e soprattutto sul forse OT). E poi sarò pure perfettini, ma la frase di Wittgenstein è «su ciò di cui non si PUò parlare, si deve tacere».
Anche a me oggi pulsa la vena polemica.
La filosofia-divulgazione come questa si pone in posizione censoria rispetto ad altre discipline in virtù di buone parole e buoni ragionamenti. Ma quali effetti produce, quali discorsi mette in moto?
Usare pillole di Foucault, Wittgenstein e Lacan per dire no a un’operazione editoriale (che non cambia regimi e pratiche) non cambia regimi e pratiche.
Cioè, sotto sotto, resta un’operazione operazione che disperde le proprie buone intenzioni scrivendosi nella forma “quanto siamo fighi io che scrivo e tu che leggi e noi che ci intendiamo, e peccato per gli altri”. Peccato.
francamente non ho mai letto un rigo di Foucault, né di Lacan, né di Wittgenstein, eppure l’articolo lo trovo comprensibilissimo. Quindi voglio rassicurare Paolo S: non siete voi soli dotti a capirlo ma anche gli/le idiot* come me.
Le riflessioni della Marzano riguardano la vita di tutte e tutti. Siamo bombardati da manuali (che sia una rubrica televisiva, uno spot, una fiction, un articolo, ecc) che ci danno le regole sul vivere (li chiamano consigli). Regole che riguardano ogni aspetto della vita- da come fare il bucato, a come relazionarsi con gli altri, a come vivere la nostra sessualità. Regole da seguire per essere all’altezza dei modelli che ci vengono imposti.
Ogni volta è una prima volta, è sempre qualcosa di nuovo e di diverso.
I manuali possono servire alle volte per conoscere parti di cui si era all’oscuro a causa di tabù o condizionamenti dovuti all’ambiente e alle credenze da cui si è circondato, ma non devono diventare una guida come se si avesse a che fare con una macchina: premi questo pulsante, muovi quella leva e ottieni un buon risultato. E’ limitativo, ma sembra, e forse è, il messaggio che vuol passare; certo il sesso è piacere, è gradevole, ma è anche un’esperienza per entrare in profondità, in connessione con se stessi e con un’altra persona, una sintonia che va al di là del semplice godimento.
Il sesso è una parte della vita, è naturale e non deve essere un tabù come certe eredità del passato hanno lasciato e nemmeno un’ossessione come lo è adesso, dove l’esistenza è incentrata solo su di esso. Il sesso va vissuto con naturalezza, dargli la sua parte ma non tutta la parte, perché è uno dei modi di conoscere se stessi.
L’orgasmo obbligatorio. il piacere come dovere, la conoscenza del proprio corpo ridotto a spezzatino. Ecco il messaggio di questi manuali: dovete godere femmine del nuovo millennio, in caso contrario siete bigotte, arretrate, soggiogate dal maschio dominante. Bisogna essere assolutamente moderne, soprattutto con la parole (le serie tv HBO hanno sceneggiatori bravi e scaltri).
Tra un orgasmo e un altro dovete fare mille lavatrici, usare il brillantante per la lavastoviglie, fare le mamme, preparare la merenda, pulire ogni 5 minuti i bagni avendo mariti e compagni che non hanno ancora capito a cosa serve la tavoletta del water, poi uscire con l’amica del cuore e andare al cinema, passare in tintoria e leggere un po’ perché la vita non si riduca alla spazzatura differenziata.
Michela Marzano parla dei vissuti di ogni donna all’interno di un processo complesso. Seria, rigorosa e puntuale, senza scomodare Wittgenstein, lascia alle singole di donne il modo per sperimentare il proprio personale godimento. Magari questo piacere non prevede proprio gli ometti, sempre più incartati tra palestre e cerette che nel dubbio di corpi “altri” si godono a vicenda come macachi inconsapevoli. Chi può dirlo?
Donc vada per manuali e manualetti, se proprio necessario. Non farebbero male neanche tre righe di Simone de Beauvoir, a prescindere da orgasmi multipli inesistenti che scriveva:”Nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo malsicuro della propria virilità” e lei ne sapeva qualcosa. E si organizzava, forse, da sola.
Alice, il tuo intervento mi dà parecchio da pensare. Praticamente, mi dici, sono snob al quadrato. Accuso ricevuta e mi rispiego, o almeno provo.
Il problema (per me) in questo caso non è che frammenti filosofici oscurano la scrittura dell’articolo rendendolo difficile, ma che sono anzi usati per una critica del tutto generica, che quegli stessi filosofi qui citati avrebbero trovato insufficiente.
[Io, quasi quasi, preferirei la furfanteria inversa, contrabbandare nel discorso idee da filosofi senza citarli, rendendole però masticabili anche da chi non legge filosofia. Opinione personale. Sogno un Robin Hood del pensiero, che ruba idee ai filosofi per distribuirle in giro.]
All’articolo: ovvio, questo è un intervento su un giornale e non ci sono neanche righe per scavare un po’ di più intorno al problema, ma così come è scritto, l’articolo (che pur si erge a criticare la sessuologia) non è poi tanto più profondo di un testo di Alberoni, e la cosa non fa onore all’intelligenza di Michela Marzano, che per altro stimo.
Errori e refusi. Me ne scuso.
@Alice: scrivi “francamente non ho mai letto un rigo di Foucault, né di Lacan, né di Wittgenstein, eppure l’articolo lo trovo comprensibilissimo. Quindi voglio rassicurare Paolo S: non siete voi soli dotti a capirlo ma anche gli/le idiot* come me”. Se ti dai dell’idiota da sola nessuno ti viene in soccorso, sappilo, quindi lascia perdere i dotti (ma chi? Quali? Dove?).
Anzi mi sembra si dica il contrario, che stare lì a rimuginare su Foucault, Lacan e Wittgenstein ridotti in pillole è il massimo dell’anorgasmia. Fregatene. Saluti.
@Paolo S: ciao, è vero, la Marzano non ha scritto chissà quale articolo ed invece di andare al punto svicola su Wittgenstein e il solito refrain, ma forse non hai mai letto Alberoni attentamente, temo.
Come se la descrizione scientifica delle cause o la declinazione prescrittiva delle ricette potesse aggiungere una virgola alla incapacità di realizzare l’intimità che, nota giustamente la Marzano, è soprattutto confidenza e abbandono. Lo psicanalista in mezzo alla coppia ci fa più o meno quello che ci fanno il prete e l’avvocato divorzista: crescita esponenziale della diffidenza reciproca, intimità ti saluto. Non che il sapere analitico sia da buttare, ma contesto che il suo referente possa essere diverso dall’individuo in acquisizione di consapevolezza. Due narrazioni sempre più articolate non creano intimità, finchè restano due, e l’alchimia del piacere tecnicamente perseguibile al di fuori del mistero dell’unione è la malattia stessa, non il rimedio.
Vincent, su Alberoni mi hai beccato! 🙂
Perché abusare a questo modo di Wittgenstein?
Eh sì, sono sveglio io :), caro Paolo.
Quoto in toto Binaghi, soprattutto il suo pessimismo e la sintassi.
Molto in disaccordo con le conclusioni. Diffido sempre di persone che mi dicono “eh, ma di questo non si puo’ parlare perche’ cambia da individuo a individuo”. Certo che cambia, ma si puo’ comunque provare a individuare dei fili rossi che leghino le varie esperienze. Che ci sono, anche in questi casi.
Che poi molta manualistica di questo genere serva per incartare le ghiande da dare ai maiali poi e’ ovvio.
Eppure Valter questi contesti sono quelli in cui il sapere psicologico produce effetti più tangibili. Anche perchè l’intimità è un punto di partenza che in realtà prevede un tragitto di arrivo e quello li tante persone fanno fatica a compierlo.
Lo so Zaub. Come so che l’analisi personale può portare qualcosa di prezioso nella vita di coppia, in termini di consapevolezza personale. Il fatto è che se l’analisi aumenta la mia capacità di narrazione e integrazione personale, non necessariamente si traduce in un dono per l’altro, che potrebbe anche essere strumentalmente catturato e piegato alla mia narrazione. Le esperienze importanti di una coppia sono quelle che si fanno insieme, magari a un livello più semplice e silenzioso. Poi, non sono sicuro che l’intimità sia solo un punto di partenza: per me è un punto di arrivo, una celebrazione che va oltre il confronto e lo scambio, ricco quanto si vuole ma pur sempre duale.
La vera questione che assilla l’interessante testo della Marzano non è l’ovvia considerazione per cui questa manualistica servirebbe solo a incartare le ghiande da dare ai maiali (ovvio), bensì: “E se scoprissimo per caso attraverso uno di questi manuali qualche metodo efficace per provare l’orgasmo? Se finissero per farci, magari per sbaglio, godere?”. Il pericolo non può essere sottovalutato. Ecco ciò che ha spinto la Marzano a scrivere. Sta denunciando precisamente questo rischio: c’è il rischio che tra tanti testi senza valore, qualcuno finisca per produrre godimento. Ma queste sono cose di cui non si deve parlare…
(Valter – per questo genere di questioni, quando ce ne è la possibilità, spesso in cura ci si va inzimmùla:)
Regazzoni: addirittura un pericolo? Poi è il manuale che provoca godimento? Ognuno gode coi testi che si merita e quindi non si deve parlare? Non si capisce niente. Ha rivisto recentemente “La pianista” di Haneke e ne sei uscito come stranito?
Ecco, guardate questo film attentamente, la Marzano poteva citarlo invece del calepino Tractatus.
Vincent stavo ironizzando sulla Marzano, che fare di più su un testo del genere?
si parla di How To perché questo tipo di manualistica è molto comune nel mondo anglosassone, che è un mondo pragmatico – credo. Da noi queste cose creano una diffidenza istintiva o vengono derise. Dalal lettura del brano sopra sembra che addirittura possano rappresentare una minaccia alla libertà (delle donne). Anche ammesso che lo fossero (personalmente non credo) è una “minaccia” che incombe su donne, uomini e bambini. In Inghilterra e in America esistono manuali per tutti e su tutto.
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D’altra parte il lavaggio del cervello è costante, dovunque ti volti. Dall’educazione in senso classico (quelal ricevuta in famiglia), e su su a salire fino alla pubblicità e alla propaganda. Cerchiamo di crescere bambini liberi di esprimersi, decidere e pensare con la loro testa. Le donne, in questo, possono dare un grande contributo.
Penso che un articolo possa leggersi in molti modi, anche partendo dall’idea che uno ha dell’autore.
Dell’articolo della Marzano, di cui ho letto ‘Estensione del dominio della manipolazione. Dalla azienda alla vita privata’ (in cui leggevo cose che, per infelici esperienze personali, pensavo già), condivido non tanto un’idea, quanto una preoccupazione, secondo me fondata, secondo altri magari no: quella che, in base a all’ideologia aziendalistica in voga ormai da decenni, si offrano (non: si ‘impongano’! non ricominciamo per carità) a donne e a uomini modelli di vita fondati sulla performance e sul successo.
Per la donna la sintesi è: “devi essere un’ottima moglie, un’ottima madre, un’ottima lavoratrice, un’ottima amante!”
(Panico: oddio come faccio?)
“Niente paura: te lo dico io ‘come'” rassicura il manualense di turno.
E giù tomi su tomi su come riuscire ad essere quello che ‘si deve’ essere.
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Ecco questa è la mia preoccupazione e, immagino, pure quella della Marzano.
Poi non ho niente contro le tecniche, né in cucina né a letto. Fare del sesso una metafisica o una mistica potrebbe essere una forma di manipolazione, di segno opposto ma non meno pericoloso, di quella dei manualensi.
Ma questo è un altro discorso e di fronte al refuso nella citazione di Wittgenstein, mi fermo al ‘refuso’ e non mi spingo al ‘lapsus’.
Riconosco però che i piani, nell’articolo della Marzano, un po’ si confodono.
@valeria – sì, capisco, hai ragione sui modelli di vita, anche se non so se si possa parlare di ‘ideologia’ aziendalista. I corsi aziendali che da qualche anno hanno preso piede anche in Italia – un filone che va dalla PNL a Roberto Re, passando per Tony Robbins, e finendo col ‘motivatore’ analfabeta di turno (mi ricordo quello della gaffe di Waterloo) e con i rituali che ha descritto Michela Murgia nel suo primo libro sui call center – sono veramente assurdi. Essendo portata all’umorismo, per me sono solo occasione di divertimento. Ma se mi fossero imposti in un ufficio che mi paga lo stipendio da cui dipende la mia sopravvivenza, non riderei più tanto.
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Il caso del manuale sopra, però, mi sembra un po’ diverso. Non voglio assolutamente ricominciare con la diatriba sull’imposizione, per carità, eppure credo che l’imposizione (si o no) faccia la differenza. (Cavolo, ho già ricominciato…)
Infatti, hai già ricominciato 🙂
Riguardo all’idelogia aziendalistica non mi pare di aver detto che nasca o coincida con la formazione aziendale, semmai questa ne è solo la trasmissione avvelenata.
Sull’articolo della Marzano non ho altro da aggiungere, se non che avrei preferito che citasse, oltre che Lawrence, Lacan e Wittengenstein, anche qualche voce femminile, perché le donne qualcosa sulla sessualità, soprattutto la loro, l’hanno detta nel corso di questi ultimi decenni.
Riguardo al corpo e alla sessualità, solo per fare un esempio di genere ‘manualistico’, ci sarebbe il famosissimo ‘Noi e il nostro corpo’, che – essendo sparito da anni dalle librerie- si sente solo, di rado, citare e di cui non si può far altro che favoleggiare.
Ma, solo a fermarsi al titolo, mi pare che denoti una riflessione individuale e collettiva delle donne su di sè e sulla propria sessualità.
Io non l’ho letto, ho il sospetto, però, che tra ‘Noi e il nostro corpo’ e ‘Voi e il vostro corpo’ (come sembra si possa sintetizzare, in un unico titolo, la manualistica corrente che, però – nemmeno questa – ho letto) qualche differenza ci corra.
E mi fermo qui. Anzi mi inchiodo.
p.s. scusate tutti i che del terzo paragrafo e le scorrettezze varie.
[E infatti la parola “lapsus” mi è rimasta nella tastiera… Diciamo che è un “refuso” di cui non si è accorta l’autrice dell’articolo, né il responsabile della pagina culturale di Rep. Non credo che esistano più i correttori; ma sono abbastanza vecchia da averne conosciuti alcuni che su un errore così ci avrebbero inzuppato il biscotto per quindici giorni.]
L’articolo mi sembra noioso rispetto a un tema divertente come quello di un ennesimo manuale “alla ricerca del punto G.” Mi sembrerebbe più interessante capire come mai sia possibile che nel 2010 ci sia ancora bisogno di un siffatto manuale (e sì, ce n’è bisogno).
Sono nata negli anni ’70. Ho “conosciuto” il primo uomo a 15 anni, visto il primo ginecologo a 16, scoperto il primo orgasmo (per caso sotto la doccia) a 20. Ho rubato (perché nessuno me le offriva gratuitamente) informazioni: alla letteratura (erotica e non), ai manuali, alle amiche, ai film e mi sono sempre sentita abbastanza me stessa per elaborare in modo personale queste conoscenze. Il punto G non l’ho mai trovato, ma il suo splendere all’orizzonte come un miraggio, mi ha permesso, nel frattempo, di conoscermi.
La chimica dell’amore, la passione, l’istinto, la diversità di ognuno (non è di questa mancanza che si lamenta Michela Marzano?) non sono sui manuali perché non ce n’è bisogno. Per fortuna prima e dopo Freud, e da quando eravamo scimmie a oggi, queste virtù (o endorfine) scorrono in fiumi d’abbondanza. Quello che manca (e manca!) è invece proprio una cultura del corpo. E questo non per ridurlo a cosa. Semplicemente per avere una base da cui partire verso il suo mistero. Vogliamo parlare di quanta ignoranza c’è ancora in materia, da parte di certi signori uomini? E di quante donne non hanno ancora il coraggio di chiedere la pazienza di un orgasmo clitorideo? Ben vengano le guide, anche stupide.
Mi ricordo che nella libreria di mio nonno, quando ero bambina, c’era una di queste guide al piacere della donna. Era un libro che mio nonno aveva passato a mio padre. Mia madre mi confessa di essere stata una donna “gioiosa”. 🙂
fantastica, A.!
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@valeria. Tutto bene, ma il manuale di cui parla l’articolo non può essere sintetizzato con un “Voi e il vostro corpo” perché uno degli autori è una donna.
Tra parentesi, ne ho vista parecchia di manualistica “How to” nata in Francia (per adolescenti), e in media essa si distingue per un approccio meno pragmatico e più ragionevole e discorsivo ai temi trattati… ecco, anche a me i discors i tipo “ma l’aspetto tecnico è il MAAALE” sembrano dogmi belli e buoni.
Al volo. Diana, il fatto che l’autore sia una donna non basta per fare di un testo una riflessione collettiva.
E pure io sono d’accordo con A., a iniziare da: “Mi sembrerebbe più interessante capire come mai sia possibile che nel 2010 ci sia ancora bisogno di un siffatto manuale (e sì, ce n’è bisogno).”
E già, sarebbe interessante.
a proposito di capire “come mai ci sia bisogno di un siffatto manuale”. Perché non c’è quasi più niente di “facile e naturale”. Tutto è spesso difficile. Marzano scrive: “…molte donne non riescono ancora a vivere pienamente la propria sessualità”. Perché, gli uomini ci riescono? (A 40 anni sono già imbottiti di viagra…) Viverla pienamente è un’impresa per tutti – nel mondo, dico – tranne per pochi fortunati e/o valorosi/e. Ben vengano i manuali, dunque, i blog, i siti eccetera, per chi vuole leggerli.
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Se poi parliamo di quelle immense regioni del mondo dove tutto è ancora un miraggio, dalla semplice sopravvivenza in su, allora il discorso si fa ancora più complicato,certo. Soprattutto per le donne.
@valeria: neanche quella “riflessione collettiva”, però, può configurarsi come un Noi. E’ sempre il punto di vista (o la narrazione) di alcune donne. Alcune di queste riflessioni collettive, poi, lo assumono come punto di vista di tutte le donne.
Si ma ecco – io credo che tra le destinatarie di questi manuali e questo commentarium c’è un abisso di cui non vi rendete conto, e chi abita dall’altra parte di quell’abisso, può arrivare a percepire il commento di A – simpatico anche a me – e l’articolo della Marzano – a me antipatico (io detesto Lacan, e ho sempre un po’ di sospetto verso chi conoscendo Lacan decide di stimarlo – posto che sia davvero questo il caso) come insultanti, arroganti incompresivi, e persino umilianti. Non sono mica tutte signorine urbanizzate che hanno accesso alla rete, che dicono di non aver letto Foucoult ma sanno benissimo di cosa si tratta, e che possono dire con tutta franchezza nel proprio ambiente che a letto (quando ci arrivano) non è che se la spassino. Prima di Freud un sacco di donne A – piangevano piangevano e piangevano. Prima do Freud, prima di Kinsley prima di tante cose del novecento che ha riconosciuto la donna come soggetto sessuale (per poi fermarsi li, ma è stata una gran cosa) le donne dovevano farsi scopare e solo una parte – maggoritaria? relativa? più forte? ma non la totalità – poteva apprezzare la faccenda.
Io detesto per prima la manualistica di cui si parla. Mi preoccupa il fatto che chi se ne serva possa fermarsi li. Ma non condivido la posizione di chi, ritiene che la propria facilità sia quindi per tutti, per cui chi non la condividesse sarebbe cosa? un o una deficiente? Mi infastidiscono una serie di retropensieri che forse erroneamente attribuisco a Marzano, ma certo se ha scritto un testo citando ulbec (ho rinunciato da mo a imparare come se scrive, non ci riuscirò mai) le mie congetture si radicano. La sensazione che ho è che, un tema che offrirebbe riflessioni ben più attente e capillari anche sulla situazione delle donne, sia ridotto a sta solita palla der dominio del sistema e dei cretini che ci si abbeverano. Abbasta, oramai co sta storia siamo filosofi tutti.
Ciao Valerissima:)
Zauberei non so, io penso che una signorina che entra in una libreria e compra il manuale incriminato, è decisamente urbanizzata anche lei. Che poi sia così sciocca da prendere alla lettera i consigli dati e dimentichi che il sesso è mistero e poesia, o lacuna o, perché no, anche povera cosa (a volte), non ci credo.
Intanto mi sembra questo il post per parlare di una campagna che ha fatto il governo francese ad uso e consumo degli adolescenti (sospettati/accusati di conoscere il sesso solo via filmini porno diffusi su internet): un video, diffuso su internet, dove una coppia giovane fa l’amore con molte carezze e molta dolcezza. L’ho visto alla tele francese ma non riesco a ritrovare il link. Era bello.
@Regazzoni: anch’io ironizzavo, chiaro. Meno su un blog che io amo disperatamente ma devo leggere cose del tipo “A 40 anni gli uomini sono imbottiti di Viagra”. Banalità da uncinetto. Prometto a Loredana che mi faccio da parte e sul serio se modera le ragazze da “forum”. Giuro. 🙂
Non vorrei incartarmi ancora di più, ma:
@diana. Sì, certo, se è un ‘noi’ con cui alcune donne (parlanti) si rivolgono ad altre donne (silenti) il risultato non cambia granché: ipsae dixerunt, e amen. Ma se alcune, invece di contenuti e ricette, propongono ‘metodi’ ed esperienze forse qualcosa di diverso c’è. Almeno, per come la vedo io.
@zaub. non vorrei che il mio commento facesse attribuire a Michela Marzano dei retropensieri che magari non ha. Sono io che avendo letto il suo libro, in cui – se non ricordo male – non si accenna nemmeno alla sessualità, ho dilatato l’ideologia aziendalistica, di cui invece si parla, all’universo mondo, estrapolando il concetto di ‘performance’ e di ‘successo’.
Mea culpa.
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p.s. caro vincent, siccome anch’io, a volte penso che alcuni ‘ragazzi’ indulgano a delle ovvietà da forum, mi potresti suggerire una formulazione virile di ‘banalità da uncinetto’? Te ne sarei molto grata, grazie. 🙂
perle da playstation?
Mi sembra che quest’articolo propenda verso la solita visione della donna sentimentale, il cui piacere è slacciato dalla meccanica che invece è concessa agli uomini, esseri dalla sessualità gretta e funzionale (invidia e vergogna su di loro). A furia di sentirmi ripetere che il piacere delle donne è psicologico a 18 anni credevo di essere repressa e traumatizzata da qualcosa che mi generava nella testa insuperabili barriere. Invece, semplicemente nè io nè i miei amanti di allora sapevamo cosa fosse il clitoride. Smettiamola di dirci che è tutta questione di intimità e di apertura verso l’altro, anche le donne hanno la loro bella (e benedetta) meccanica, più complicata di quella dei maschi, meno intuitiva ed evidente e proprio per questo temuta, nascosta, ignorata.
Sono d’accordo sul fatto che il piacere sia diventato un imperativo, un risultato da ottenere per considerarsi persone di successo, ma il vero danno questo imperativo lo fa appaiandosi all’ignoranza in cui ancora viviamo, a causa della quale una ragazza, dopo un rapporto così così, si ritrova a pensare di essere psicologicamente traviata e sentimentalmente arida. Essere liberi di sperimentare e trovare il proprio specifico piacere, certo, ma diamo al clitoride quello che è del clitoride.
@Valeria: ho letto questo commento non tuo sul Viagra che mi lascia alquanto perplesso. OT. Di ovvietà ne diciamo tante, senza star lì a pensare a formulazioni virili o femminili.
@vincent. Niente di personale, infatti. Solo che a furia di ‘senza star lì a pensare’ si va a finire dritti dritti nello stereotipo.
Già detto che sono puntigliosa. Lo confermo. 😉
p.s. una breve precisazione. Inizialmente (una decina d’anni fa), l’età media del consumatore di viagra era di 57-60 anni. Oggi il viagra viene acquistato online e in famacia (con ricetta) da uomini dai 20 anni in su, con problemi di ansia da prestazione e impotenza, o semplice calo del desiderio. Ne ho parlato per commentare quel “vivere pienamente la propria sessualità”, che evidentemente è diventato sempre di più un problema anche per gli uomini. Mi scuso se sono andata OT.
I dati, Diana. Le fonti. Grazie. Niente chiacchiericci, ma dati.
Ne leggo su tutti i giornali, anche stranieri, da diversi anni a questa parte, da quando il viagra è esploso. l’Italia è terza in Europa, nelel statistiche di vendita di un farmaco che ‘cura’ disturbi di erezione, impotenza, ansia da prestazione, eccetera. Pensavo fossero dati ormai conclamati, ma cercherò link a fonti attendibili. Chiedo scusa.
Concordo con Adrianaaa. D’altra parte, la donna sentimentale è l’idea di donna che alimenta i discorsi teorici della Marzano, come ben emerge dai suoi libri in francese, non ancora tradotti, sulla pornografia in cui parla anche di “donna musa” su cui il compagno si può appoggiare “per sopravvivere e creare” (“Malaise dans la sexualité”, p. 168, per citare la fonte).
Vengo in soccorso alla Diana – con un interessante link in tema di Giovanna Cosenza che postò una ricerca proprio su questo fenomeno
http://giovannacosenza.wordpress.com/2010/03/17/studentireporter-5-i-ventenni-e-il-viagra/
Grazie, zauberei. Ancora non sono riuscita a trovare dati e statistiche autorevoli sul consumo di viagra per fasce d’età dei consumatori. Qualsiasi parola chiave si inserisca accanto a “viagra” spuntano miliardi di siti per la vendita online. Immagino, però, che anche questo possa avere un suo significato, se è vero che gli utenti della rete sono più giovani che vecchi. Ma neanche su questo ho statistche pronte.
@diana: ma perché hai bisogno di statistiche pronte per la pillola blu? A che serve? Che ci vuoi dire? Ha a che fare con la manualistica o con il piacere femminile? Perché questo zelo eccessivo? Quando avrai i dati argomenterai le tue fatiche da google?
Ho cercato dati, perché me li hai chiesti loredana lipperini. Il link di zau forse può essere una buona base per chi volesse approfondire.