I DONI DI WOLINSKI

Oh sì, i commenti e le analisi, per oggi, restino ad altri. A quelli che hanno scoperto ieri l’esistenza di Charlie Hebdo, a quelli che, in rete come in metropolitana, sussurrano di complotti, a quelli che hanno già (sempre, ce l’hanno, e mi piacerebbe sapere come fanno) il quadro compiuto davanti agli occhi, e dunque sanno, e dunque teorizzano.
Io non so.
O meglio, so di qualcosa che avveniva nei miei vent’anni, quando in una delle stanzette polverosissime di via di Torre Argentina 18 ci si ispirava al tratto di Georges Wolinski per disegnare i cartelli che ci saremmo appesi al collo per un sit in. Amavamo Wolinski, le sue fanciulle nude e danzanti (sì, sciocchine e sciocchini brontoloni e ignoranti: eravamo femministe e adoravamo l’erotismo sfacciato di Wolinski, guarda un po’), e lui amava noi. All’epoca, oltre a dirigere l’agenzia di stampa del partito, collaboravo con una rivista serissima nei contenuti e sgangherata nella redazione, che si chiamava La prova radicale. Quattro gatti, Mario Signorino, Rosa Filippini, Valter Vecellio, qualcosa scritta dalla giovane me stessa. E le tavole di Wolinski, in regalo, per amicizia, che spero qualcuno abbia conservato, perché i miei numeri della rivista sono andati dispersi, per una beffa del caso e  per mia volontà, durante il trasloco.
Voglio ricordare quelli che qualche portatore di sopracciglio inarcato definirebbe hippies invecchiati, che all’epoca si sarebbero fatti una risata a proposito delle discussioni su cosa deve o non deve essere la satira, restando seri, però,  su un punto: la satira sceglie i potenti come bersaglio (se avete voglia, a proposito, rileggete il vecchio ma sempre buono Mentana a Elm Street di Daniele Luttazzi) e non ha niente a che vedere con i rigurgiti con cui viene spesso confusa (“è satira, cazzo!”).
Voglio ricordare, anche, che nessun allegro hippie invecchiato avrebbe mai pensato di morire per una vignetta o due o tre o venti. Ai tempi dei doni di Wolinski mettevamo in conto la morte, intendiamoci: l’abbiamo sfiorata in parecchi, nelle nostre strade dove le pallottole fischiavano e a volte, di deviazione in deviazione, finivano col conficcarsi nella carne di una coetanea, come avvenne a Giorgiana Masi a pochi metri dal mio cammino. Ma non per questo motivo. Questo è il mio pensiero da ieri: inutile, certo, perché io non so, non ho prove, non ho certezze, e non posso offrire che ricordi.

8 pensieri su “I DONI DI WOLINSKI

  1. Grazie per averci ricordato la lotta di tante e tanti per la Libertà di pensare, di vivere e di essere; per averci ricordato che cosa significava essere femministe e il l’uguaglianza e la ‘giustezza’ che per me ancora è il pensiero di sinistra; essere donna. Nonostante lo spreco che stiamo (stanno?) facendo del vostro impegno…
    una donna

  2. Da amante della lingua e della cultura francese conosco molto bene il Charlie così come il Canard Enchaîné. Quanto accaduto in Francia ci ricorda che l’intolleranza e soprattutto il fondamentalismo possono uccidere tutti, a cominciare dalla libertà di ridere di tutto e su tutti (solo dei potenti? Su France Culture non la pensano così, parlano esplicitamente della libertà di esprimere il proprio sguardo sarcastico ovunque e su chiunque: in Italia sarebbe tollerato un Charlie Hébdo? Non credo). Il rischio di questo evento è lo scoppio di quella “guerra di civiltà” evocata a suo tempo da Bush: invece di avere un sussulto laico, si potrebbe opporre il dio “giusto” a quello sbagliato, l’autocensura invece di una maggior libertà di espressione (non di pensiero: nessuno potrà mai impedirci di pensare, quel che si limita sempre è la libertà di ESPRIMERE il pensiero), la discriminazione selvaggia invece dell’inclusione. Dove sono quelli che dicono di credere in questi valori? Da troppo tempo in Italia si sente solo la voce (il monologo) di chi nega questi valori e il flebile sussurro di chi replica loro: non è ora di contrattaccare PROPONENDO una visione veramente e radicalmente laica dello spazio pubblico attraverso un coro di voci alte e forti? Al suo posto vedo avanzare il comunitarismo, padre di molti conflitti spesso sanguinosi.

  3. Ricordate “Il nome della rosa” – e fratello Jorge ? L’oscurantismo è antico , ha fatto e/o fa parte delle Religioni organizzate, di tutte . La satira del potere risveglia fantasmi di libertà e questi – per converso – generano mostri . Non si può lasciare i fantasmi liberi di instillare riflessioni e dubbi pericolosi … Siamo in balia dei mostri . Ma dobbiamo saperli riconoscere . Ma dobbiamo essere capaci di non combattere oscurità con oscurità – perchè allora la sconfitta è scritta . Allora ritorno al Libro di U.Eco – ripenso ad Aristotele .

  4. Il tuo riferimento, Serena, è più che mai pertinente: proprio stamattina su France Inter si parla “del” problema posto dall’attentato a “Charlie”: si può ridere delle religioni? La Francia ha scoperto che è difficilissimo, ieri da parte dei cristiani, oggi da parte di molti musulmani; in entrambi i casi soprattutto dai giovani. Quando le religioni si riprendono lo spazio pubblico, la libertà d’espressione non può che comprimersi, soprattutto il riso (che abbonda sulla bocca degli stolti, non a caso!): l’avanzata del sacro implica necessariamente l’estendersi di ciò che è intoccabile dal linguaggio, specie di quello umoristico o ironico.
    Vado più lontano e penso che se fosse successo in Italia, sicuramente si sarebbe alzato qualcuno a citare Andreotti:”Se la sono cercata”. Sarebbe questo “il secolo di Dio” che ci aspetta? Poveri noi.

  5. Saimo tutti un po’ smarriti, io per primo. ma a me, vedere tutto il mondo avanzato riunirsi a Parigi intorno al simbolo di un giornalino squallido come Charlie mi sembra un tragicomico suggello all’atto feroce di quegli assassini. ma forse anche questa è satira.
    ..

  6. Caro sig. K. non e’ cosi’.perche’la satira tutto e’fuorche’squallore.ricordati di chaplin e del “grande dittatore”. .non dobbiamo scoraggiarci.dobbiamo capire.e allora capiremo davvero.i nostri valori (di noi vecchia europa)sono piu’grandi di noi davvero.

  7. Charlie Hebdo ricorda il nostro Vernacoliere, per la “grevità” di certe sue vignette, soprattutto quelle che prendono di mira la religione (anceh se sono atea, francamente le trovo spesso inutilmente offensive). A me non piace quel tipo di umorismo, ma ogni tanto il Vernacoliere con le sue copertine mi strappa una risata.
    Questo ovviamente non diminuisce di un nanocurie la portata della strage e del crimine assurdo e orrendo che è stato commesso.
    Ma mi chiedo se tra i marciatori per la libertà di espressione parigini ci fossero anche Bernard Henri-Levy e soci, cioè quegli intellettuali e filosofi francesi che chiesero la testa del vignettista Siné, per una sua vignetta pubblicata da Charlie, sul matrimonio del figlio di Sarkozy con una “ricca” ebrea. La vignetta fu giudicata “antisemita”, ci fu la levata di scudi, il direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val, chiese a Siné di scusarsi pubblicamente, Siné rifiutò graziosamente (“piuttosto mi faccio tagliare le palle”, rispose) e fu licenziato in tronco. Evidentemente anche nel mondo del vignettismo antireligioso militante esiste un doppio standard. (p.s. Siné fece causa a Charlie per ingiusto licenziamento e la vinse.)

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