LIBERTA' DI ESPRESSIONE

“Nell’aula del tribunale di Torino il 28 gennaio 2015 non sarà in discussione la libertà di parola. Quella ossequiosa è sempre libera e gradita. Sarà in discussione la libertà di parola contraria, incriminata per questo. Per questo diritto sto nell’angolo degli imputati. Ho detto le mie convinzioni a un organo di stampa e i pubblici ministeri le hanno fatte rimbalzare su tutti gli altri. Se quelle frasi istigavano, la pubblica accusa le ha divulgate molto di più, ingigantendole e offrendo loro un ascolto di gran lunga maggiore. Quelle parole dette a voce al telefono sono state messe tra virgolette e dichiarate capo d’imputazione. Quelle virgolette attorno alle mie parole sono delle manette. Non posso liberarle da lì, ma quelle manette non hanno il potere di ammutolirle. Posso continuare a ripeterle e da quel mese di settembre 2013 lo sto facendo su carta, all’aria aperta e ovunque. Se la mia opinione è un reato, continuerò a commetterlo”.
“È bene che il giudice chiamato a pronunciare la sentenza sia informato delle intenzioni dell’imputato: se dichiarato colpevole delle mie parole, ripeterò lo stesso reato da criminale incallito e recidivo. Se condannato, mi neghi tranquillamente il beneficio della sospensione condizionale della pena, che si applica all’ipotesi che il reo non ci ricaschi. Se condannato non inseguirò altri gradi di giudizio in cerca di più favorevoli sentenze. Subire condanna per le mie opinioni è offesa sufficiente per non tornarci sopra con altro processo, altra replica dei miei argomenti. Proseguirò la mia opposizione dietro il muro prescritto dalla sentenza. Il mio corpo è d’accordo con me, come succede quando scalo una parete. La nostra libertà non si misura in orizzonti sgombri, ma nella conseguenza tra parole e azioni. Scrivo questo contro il parere dei miei valorosi avvocati, Gianluca Vitale e Alessandra Ballerini, che si sono presi la briga di difendere un cliente intrattabile. A sostegno del pericolo sociale delle mie parole è stata portata la mia vita, il mio passato di militante della sinistra rivoluzionaria italiana negli anni settanta. Non intendo pronunciare una sola parola sulla mia vita in un’aula di tribunale. Non sono incriminato per avere fatto, ma per avere detto. Non devo difendere una circostanza del mio passato, ma le mie frasi. Rispondo a difesa dei miei libri: in quale di essi ho istigato a commettere dei reati? Non nella mia vita, ma nelle mie pagine gli accusatori sono tenuti a trovare riscontri di precedenti istigazioni. Considero un abuso di potere qualunque argomento che coinvolga la mia biografia di cittadino. Qui si processa uno scrittore per le sue frasi. I testimoni che posso presentare sono quelli che hanno letto le mie pagine. Non ne disturberò nessuno. Se crederanno, testimonieranno con un gesto, una firma, una lettura in piazza”.
“Qualcuno a proposito della mia incriminazione ha commentato aggiungendomi la qualifica di cattivo maestro. È titolo che non posso usurpare, dopo il liceo non ho proseguito gli studi. A diciotto anni mi sono congedato definitivamente da esami e maestri. Se voglio imparare una lingua nuova, faccio da me. La nomina di docente, anche se cattivo, non mi spetta. Ma se per maestro si vuole alludere al ruolo di mandante occulto di qualcuno, allora la faccenda va specialmente contraddetta. Né mandante né mandato: quello che ho detto e fatto è opera della mia sola volontà e mostrandomi di persona. Nessuna circostanza della mia vita può servire a farmi passare da mandante o da mandato. Se c’è da andare pure a quel paese, mi ci spedisco da me. Se avessi inteso il verbo sabotare in senso di danneggiamento materiale, dopo averlo detto sarei andato a farlo”.
“Dalle mie parti, al Sud, esiste un altro tipo di responsabilità della parola. Uno augura il peggio a una persona e quella più tardi subisce un incidente. Il tale del malaugurio viene ritenuto responsabile dell’accaduto e dà così avvio alla sua fama di iettatore. Quando in uno stadio del Nord Italia si incita la natura invocando “Forza Vesuvio” si sta istigando un vulcano all’eruzione. La reazione da parte meridionale non è stata una denuncia ma l’esorcismo efficace di una grattatina in zona pubeale. Che la linea Tav in Val di Susa possa essere sabotata, che possa non sbucare dall’altra e da nessuna parte. Che possano finire i fondi pubblici destinati all’affarismo di aziende collegate ai partiti. Che un governo di normali capacità di intende-31 re e volere la lasci incompiuta, come già altri 395 (trecentonovantacinque) grandi lavori in Italia. Che possa essere dichiarata disastro ambientale e i suoi responsabili perseguiti per questo. La linea Tav va sabotata: la frase rientra nel diritto di malaugurio”.
“Oggi la mia parola intralcia il malaffare dei lavori pubblici in Val di Susa, domani potrà fare di più. Insieme alla linea Tav in Val di Susa, si potrà sabotare la volontà di censura. In margine al diritto di parola contraria, desidero scrivere che per me si tratta di dovere. Se non lo facessi, se per convenienza tacessi, badando ai fatti miei, mi si guasterebbero le parole in bocca. Il mio vocabolario di scrittore si ammalerebbe di reticenza, di censura. Perderei la bella compagnia che la scrittura mi tiene dalla remota età del primo raccontino. Per me, da scrittore e da cittadino, la parola contraria è un dovere prima di essere un diritto. Torto: non sto subendo un torto, che riguarda un comportamento scorretto tra privati. Un torto lo può fare un automobilista a un incrocio. Sto subendo un abuso di potere da parte della pubblica accusa che vuole impedire, dunque sabotare, il mio diritto di manifestazione verbale. Sto subendo un processo per questo e non lo sgarbo di un estraneo”.
(Da “La parola contraria”, di Erri De Luca, Feltrinelli)

51 pensieri su “LIBERTA' DI ESPRESSIONE

  1. @Luca Perilli
    Parli di politica e massa media. Ci sono movimenti politici vicini ai NO TAV, come M5S e SEL, ma questi non mi pare appoggino con grande entusiasmo la compagna a favore di De Luca. Lo stesso dicasi per gli organismi di informazione, come Il Manifesto, Il Fatto Quotidiano, Servizio Pubblico. Lo stesso mondo della cultura, a parte i più che rispettabili esponenti che si sono espressi a favore di De Luca, mi pare che per la maggior parte non si senta toccato dalla querelle. Insomma neppure quelli che dovrebbero forzare i meccanismi dell’informazione e portare con decisione il problema De Luca all’attenzione di tutti sembrano pensare che il problema effettivamente tocchi i fondamentali del nostro vivere comune.

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