IDENTITA'

“Non capisco l’esigenza attuale di esibire un’identità religiosa e di definire se stessi in opposizione agli altri che divengono così degli estranei. Ritrovo in questo il medesimo stato d’animo del femminismo americano degli anni Ottanta, che esalta allo stesso modo la differenza uomo-donna. Grazie al potere della riproduzione, le donne sarebbero detentrici di comportamenti e valori differenti che permetterebbero di equilibrare il mondo virile fatto di competizione e aggressività”.
Parla Elisabeth Badinter, in una bella intervista a Le Monde che trovate qui.
“Steve Workers è il 99%. Steve Workers è l’icona senza volto e senza età di tutti i lavoratori sfruttati. Steve Workers è il bambino di nove anni che fabbrica mattoni in Mali. Steve Workers è la donna trentaduenne e istruita che sopravvive con lavori precari e non può permettersi di restare incinta. Steve Workers è la collera lucida e tagliente dei lavoratori. Steve Workers è vivo. Steve Workers ti prende a calci con pesanti scarponi da lavoro. Steve Workers è pronto a occupare tutto. Steve Workers dice: il pianeta è una grande fabbrica Foxconn, ma non suicidarti: organizzati e rompi il culo ai tuoi padroni. Steve Workers dice: mangia i ricchi e diffondi la ricetta.”
Steve Workers è un”identità collettiva nata in rete, poche ore fa: qui altre informazioni.

61 pensieri su “IDENTITA'

  1. Sì, Valter, ma vedi, continuando a fare della dietrologia, cioè ragionando su chi e sul perché (marketing, manipolazione mediatica, creazione del “caso”, etc.), che è un po’ il corrispettivo del fare “il sociologo, lo psicologo e il cretino” di manfrediana memoria, si perde di vista la semplice sostanza. E cioè – come dice l’annoiatissimo commento qui sopra – che c’è “un malessere profondo che non tarderà ad esplodere nel reale, e non certo per l’inutile nascita del personaggino steve workers, ma perché le nuove generazioni sono davvero in grave sofferenza e l’incazzatura si sta espandendo quasi da sola”.
    Esatto. E’ quello che sta succedendo dall’Europa agli Stati Uniti. I miti non nascono a tavolino. O intercettano pulsioni concrete e diffuse, altrimenti abortiscono in fretta. Steve Workers, secondo me, che non ci ho ancora speso una parola sopra, è un semplice ribaltamento semantico e non ancora un mito. Capisco che il riflesso pavloviano non appena si sente un vago odore vuminchiesco è fortissimo, ma davvero non c’è da scaldarsi tanto. Se Steve Workers avrà fortuna come il suo opposto non è dato sapere, e se non ce l’avrà rimarrà quello che è oggi: un ribaltamento iconografico e simbolico, appunto, che riassume un discorso contro la trasformazione in guru dei capitani d’impresa e la rimozione dello sfruttamento nella percezione che abbiamo del capitalismo ipertecnologico. A giudicare da quanto anche a sinistra si sia disposti alla compiacenza nei confronti del capitalista filantropo che “ha speso le proprie energie ideando oggetti che non a tutti sono dispiaciuti”, direi che non è un discorso inutile.
    Ma non c’è da preoccuparsi: sarà ed è già ben altro a creare rogne. Steve Workers è soltanto uno in mezzo alla folla che si accalca contro le transenne a Wall Street.

  2. Vincenzo Ostuni: pochissime parole in risposta a quelle, inaccettabili, che vengono da parte tua. La mia credibilità consiste nel fornire notizie. Ad altri il compito, più facile e pagante, di inserirsi nel notiziabile. Grazie.
    Ps. Peraltro, mantengo una sospensione di credulità sulla reale identità di chi ha postato il commento. Il Vincenzo Ostuni che conosco scrive in ottimo italiano. E ha un altro indirizzo mail.

  3. Wu Ming4
    Non c’è solo quella dietrologia risentita che è paranoia, ma anche l’archeologia dell’immaginario.
    Per fare un esempio, al di sotto del mito di circoli amicali potenzialmente estensibili all’infinito, cosa vende un social network?
    Cosa acquisisce chi se ne fa membro?
    Sono domande estensibili ad ogni marchio.

  4. Il Vincenzo Ostuni “reale” è un editor della casa editrice che ha pubblicato il mio ultimo libro. Una casa editrice che, nelle persone dei curatori del lato editoriale (bandelle, quarta di copertina, schede ai librai) ha tenuto a inserire nelle mie note biografiche che sono “considerato un esponente della new italian epic”, considerando questa menzione una nota rilevante. Il Vincenzo Ostuni autore del commento del 10 ottobre 2011 alle 10:16 pm considera il NIE una “manipolazione mediatica”. È evidente che il secondo V.O. non sa cosa fa la casa editrice del primo V.O.: fino a prova contraria, mi ritengo legittimato a pensare che non siano la stessa persona.
    Nota a margine: inviterei i diversi amici e colleghi di scrittura a fare il possibile, dal punto di vista dell’espressione linguistica (non certo dei contenuti) a – come si diceva una volta – “non accettare provocazioni”. Ci sono teste di troll (che non saprebbero cosa fare nella vita: il che prova quanto miserabile sia la loro esistenza) che non attendono altro. Come dire: uomini siate e non pecore matte, sicché ‘l troll di voi tra voi non rida.

  5. Il vero Vincenzo Ostuni mi ha appena telefonato da Francoforte, naturalmente smentendo di essere mai intervenuto in questa discussione. Ricordo che il furto di identità è un reato, e che alcuni troll dovrebbero piantarla di pensare che ogni cosa sia loro possibile.
    E concordo con ogni parola detta da Girolamo sul livello fin qui tenuto nel dibattito.

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