“Non capisco l’esigenza attuale di esibire un’identità religiosa e di definire se stessi in opposizione agli altri che divengono così degli estranei. Ritrovo in questo il medesimo stato d’animo del femminismo americano degli anni Ottanta, che esalta allo stesso modo la differenza uomo-donna. Grazie al potere della riproduzione, le donne sarebbero detentrici di comportamenti e valori differenti che permetterebbero di equilibrare il mondo virile fatto di competizione e aggressività”.
Parla Elisabeth Badinter, in una bella intervista a Le Monde che trovate qui.
“Steve Workers è il 99%. Steve Workers è l’icona senza volto e senza età di tutti i lavoratori sfruttati. Steve Workers è il bambino di nove anni che fabbrica mattoni in Mali. Steve Workers è la donna trentaduenne e istruita che sopravvive con lavori precari e non può permettersi di restare incinta. Steve Workers è la collera lucida e tagliente dei lavoratori. Steve Workers è vivo. Steve Workers ti prende a calci con pesanti scarponi da lavoro. Steve Workers è pronto a occupare tutto. Steve Workers dice: il pianeta è una grande fabbrica Foxconn, ma non suicidarti: organizzati e rompi il culo ai tuoi padroni. Steve Workers dice: mangia i ricchi e diffondi la ricetta.”
Steve Workers è un”identità collettiva nata in rete, poche ore fa: qui altre informazioni.
bello… chissà se stiamo assistendo a un pezzo di storia o a un goffo tentativo… interessante anche che steve workers nasca alla morte di steve jobs…
Purtroppo non conosco il francese. Conosco poco anche il femminismo di quegli anni. Mi viene però da pensare che, come spesso accade quando si vogliono cambiare le cose, si può lottare perché il potere venga spartito in modo che ce ne spetti una fetta o per cambiare radicalmente le cose. “Rivendicare” una maggiore empatia, un maggiore valore della relazione e via discorrendo sarebbe stato un bel progetto per rendere questo mondo più umano. I limiti mi sembrano due, soprattutto: a) se non è sviluppata l’assertività, la capacità di dire “no” (come è successo per secoli alle donne) la “cura”, l’empatia, la relazione diventano solo sfruttamento e b) perché non considerarli valori generali dell’umanità e non di uno specifico genere (un uomo può permettersi di essere rozzo e indifferente perché tanto non mette al mondo figli?)?
loredana esiste una traduzione in italiano o inglese dell’intevista della Badinter?
Concordo sul delirio d’onnipotenza del corpo (gravido) femminile.
Diventare madre e toccare con la pancia simili deliri per me è stato a dir poco sconvolgente.
Il tragico è che dietro quest’apologia dell’utero fecondo c’è di tutto. ma proprio tutto… dagli abortisti agli anti, passando per gli atei radicali e poi giù, nel sottobosco religioso più spinto e nelle paludi delle sette new-age….
Purtroppo no: io lo mastico un po’, ma oggi non credo di farcela a tradurlo. Se ci sono volontar* ben vengano.
mi ci metto nella pausa pranzo.
Ho dato una letta all’intervista che mi pare di riuscire a capire bene, la trovo interessante ma molto poco realistica e superficiale su alcune questioni che riguardano i percorsi identitari, in qualche modo mi ha irritata perchè imputa alla religione variabili che secondo me non sono da ascrivere alla religione ma ad altro – a partire dal conflitto arabo israeliano il cui ultimo dei problemi sono le kippah e il ramadan.
Il modo di abitare la simbolica religiosa e la differenza culturale non è determinato dai simboli ma da altro, da altri bisogni e da altre nevrosi o deliri collettivi. E devo dire, gli integralismi e le ritualità che hanno connotato certo ateismo ne sono la prova lampante. E non è detto che rivendicare o individuare una differenza – nel genere nella religione o nell’orientamento sessuale – implichi una gerarchizzazione tra il proprio assetto identitario e quello dell’altro. Se quella interviene si serve della differenza, ma non è la consapevolezza di una differenza a produrre una conflittualità. Spero di essermi spiegata.
se ti fidi della traduzione automatica prova http://bit.ly/qTKz0i
Non ho compreso molto come una consapevolezza della propria bisessualità possa contribuire ad allungare la vita… e mi lascia perplessa il cartesianesimo da lei rivendicato, per quanto includa giuste osservazioni.
Diciamo che dell’intervista ho apprezzato alcune affermazioni – sulla confusione tra difesa della laicità e intolleranza, sul ritorno alla natura, sulle possibilità che può schiudere un tempo privo di ideologie. Ma sul suo pensiero riguardo alla religione credo di condividere quanto affermato da Zauberei.
Steve Workers è appena nato, bisognerà dargli tempo di crescere e capire se si tratta di un’identità o di un’entità. Ad ogni modo se ne parla diffusamente in rete e forse se ne sentiva il bisogno. A prescindere dal cordoglio per una morte, un certo tipo di pensiero e di lotta non possono smettere di esistere. SW è un esempio riuscito (ma siamo solo all’inizio) di satira del nuovo millennio che trova radici negli illustri esempi di L. Blisset e San Precario. Ora tocca all’utenza (rivoluzionaria? anticlassista? intellettuale? trasversalmente online?) dare un futuro a SW. L’identità diffusa, cioè che uno non sia più uno e basta, non può più meravigliarcinell’età contemporanea.
Ma diciamo qualcosa anche di Steve Workers, dai.
Steve Workers è l’ennesimo marchio-feticcio con cui spacciare la merce che l’industria culturale vende meglio ai consumatori più raffinati: la controcultura.
bravo Valter.
Mi trovo molto d’accordo col commento di Zauberei, sia per quanto concerne la religione sia riguardo alla distinzione tra rivendicare una differenza e stabilire un’opposizione conflittuale!
Ma diciamo qualcosa anche su come è figo essere contocontrocultura…che è per consumatori ancora più raffinati…se i contor sono dispari sei chiaramente uno sfigato…se sono pari invece sei bravo…
Va be’, ormai è quasi da commedia lo sforzo distruttivo con cui si contrappongono Binaghi e gli Wu Ming (uno sopratutto). Però in effetti, pur apprezzando l’idea di Steve Workers, non so quanto riesca ad uscire dal solito giro. Sarà apprezzato in lungo e in largo nella rete sono sicuro, e troverà molti amici. Ma il simpatico Steve Workers ha un limite per me: i miei contatti che hanno santificato Jobs, il povero Stefanolavoratore non se lo fileranno mai, specialmente con quel cappello maoista (o forse si, ma solo perché qualcuno dei miei “amici” non sa neanche cosa sia un cappello maoista). Insomma il commento di Valter non è proprio del tutto campato in aria o dettato solo dall’acrimonia: la controcultura è una merce per pochi, per i consumatori più raffinati. Sarebbe ora di parlare a tutti. (di fare cultura e non contro-cultura?) Quindi la domanda è: Steve Workers a chi vuole parlare?
Quoto giul. E’ da commedia la rapidità con cui ci si contrappone (mi si nota meglio se…?). Steve Workers è una narrazione della rete, ce n’era bisogno e gli auguro di trovare molte persone disposte ad ascoltarlo senza acrimonia di natura più personale che altro.
Grazie per la segnalazione
Prima di attribuire acrimonia (ma de che?) a chi sfregia i santini e i santuari della controcultura, si legga il seguente e ben documentato articolo sul senso merceologico della medesima:
http://www.eschaton.it/blog/?p=2625#more-2625
Io leggo, ma ho letto anche la discussione su Giap! che si è sviluppata su piani ben diversi e su argomentazioni ragionate, non su due parole, con ovazione di altro scrittore incazzato a seguire.
Manuale del discepolo entusiasta e sprovveduto:
1) Se qualcuno attacca l’idolo è in malafede per principio
2) Anzi è incazzato. Di solito perchè invidioso e rosicone. Infatti, come può trovare un punto debole nel genio cui io mi prostro e che mi dà una base identitaria per confermare la mia (malcerta) soggettività?
3) Non ho argomenti da contrapporre ma comincio a preparare il terreno dichiarando la critica non credibile (poi arriverà il maestro con il pezzo da novanta)
Uno dei vantaggi di essere antipatici è di non avere leccaculi intorno, di cui c’è poco da vantarsi.
ho mandato all’indirizzo trovato su questo blog la traduzione dell’intervista a Elisabeth Badinter, non sapevo bene come metterla qui, in un commento mi pareva un po’ lunghina…
per tradurla ho dovuto leggerla attentamente e alla fine direi che mi è piaciuta. non direi che attribuisca la guerra israelo-palestinese alla kippah o al ramadan, i due “oggetti religiosi” sono per lei inquietanti se usati fuori contesto e solo per ribadire un “io sono qui, tu non mi somigli, pussa via”.
interessante anche il passaggio sulla biodiversità “più protetta di quanto si protegga l’uomo”: in parte concordo. per molte persone la natura è vista come un povero agnellino indifeso messo a dura prova dall’essere umano. per cui si “protegge la foca monaca”, si “salvaguarda il panda” eccetera. non è così, la natura dell’uomo se ne sbatte, e dopo l’estinzione dei sapiens sarà ancora presente così come lo era prima che la nostra specie comparisse 200mila anni fa.
ma per certi ecologisti “glamour” un panda sulla maglietta è certamente più affascinante. poco importa se chi ha fatto quella maglietta guardagna un dollaro al giorno…
Primo: grazie a letteredalucca, gentilissima e rapidissima
Più sotto posto la traduzione.
Secondo: non mi piacciono molto i toni che sta assumendo la discussione, in generale, su Steve Workers. Correttissimo criticare, ancor più corretto farlo in termini più ampi ed esponendo le proprie perplessità al di là degli slogan. Ugualmente,Mikmak, eviterei di accusare gli interlocutori di acrimonia. Mi sembra che la posta in gioco sia importante, e di certo non va ridotta a battibecco. Grazie.
INTERVISTA di Jennifer Schwartz
Nella sua ultima opera, Chantal Del sol sviluppa l’idea che siamo passati dall’epoca della decostruzione a quella della rinuncia fatalista. L’ateismo, è secondo lei, sinonimo di una forma di nichilismo?
La fine dell’impero della legge religiosa sarebbe secondo me un grande progresso per l’umanità. La religione è certamente una grande consolazione. I norvegesi si sono ritrovati nelle loro chiese, dopo la tragedia del 22 Luglio, ma essa è, ai miei occhi, troppo spesso fonte di intolleranza, di guerre, perfino. Sono tra coloro che pensano che siano i sionisti religiosi che in Israele impediscono in parte la pace, seguendo l’esempio degli islamici radicali. Credere in Dio deve restare una faccenda intima, una pratica interiore. L’eccesso di esteriorizzazione del religioso, i rituali che diventano sacrosanti, il rinchiudersi nelle proprie comunità escludendo gli altri gruppi, è profondamente contrario al mio universalismo, alla mia filosofia, fondata, sopra ogni altra cosa, sulla convinzione che le cose che abbiamo simili ci uniscano. Uscire da questa sottomissione alla verità religiosa sarebbe come uscire dall’infanzia.
Sfortunatamente, non penso che le ortodossie religiose stiano perdendo campo in Occidente o che stiamo ritornando a una forma di saggezza anteriore al cristianesimo. Non stiamo tornando indietro e non credo al tempo ciclico. Stiamo assistendo, al contrario, a un formidabile ritorno del religioso dopo una ventina di anni, sia nell’ebraismo che nell’islam.
Per esempio, dopo gli anni ‘90, si è imposta l’idea che un buon ebreo debba assolutamente mangiare kasher e le kippa un tempo riservate al momento della preghiera si diffondono sempre di più nei luoghi pubblici, nel caso capitasse di nominare il nome di Dio dal droghiere! La stessa cosa sta capitando a un numero sempre maggiore di musulmani: mangiare halal, nascondere i capelli delle donne, o le forme del loro corpo. Se da un lato il cattolicesimo tradizionale sta perdendo terreno, si vedono instaurarsi dall’altro nuove forme reazionarie di sette cristiane come gli evangelici che arrivano dagli stati uniti.
Non capisco questo bisogno contemporaneo di esibire un’identità religiosa e di definirsi in opposizione agli altri trasformandoli così in estranei. Ritrovo in questo il medesimo stato d’animo del femminismo americano degli anni Ottanta, che esalta allo stesso modo la differenza uomo-donna. Grazie al potere della riproduzione, le donne sarebbero detentrici di comportamenti e valori differenti che permetterebbero di equilibrare il mondo virile fatto di competizione e aggressività. Sfortunatamente, questa concezione del mondo che ci riduce al biologico oggi la fa da padrona, soprattutto in seno al partito socialista, attraverso la filosofia del “care” difesa da Martine Aubry.
La ricerca della verità, sarebbe dunque scomparsa, secondo lei?
Chantal Delsol ha ragione su alcuni punti ma da parte mia non ritengo che abbiamo abbandonato la ricerca della verità. La pulsione, il desiderio di verità è senza fine, in questo senso mi distinguo in modo radicale dallo stoicismo, il quale, sia detto en passant, è stato, per me a lungo una filosofia della consolazione. Mi ha aiutato a rispondere a una domanda che mi ossessionava: come sopportare la vita in un campo di concentramento?
Per ritornare alla verità, se è vero che non abbiamo rinunciato, è pur vero che abbiamo perso il gusto delle grandi ideologie. Quelle del XX secolo ci hanno vaccinato per un po’ di tempo! Ci ritroviamo, in questo momento, nel vuoto. Questo mi pare legittimo e sano, dopo quello che comunismo e nazismo ci hanno fatto subire. Questo vuoto è l’effetto di una crisi profonda e molto sconcertante, ma anche assai fruttuosa. Stiamo ripartendo. Non ignoro il fatto che le nuove generazioni ne stiano soffrendo, e che sia questo, forse, un fattore di questo rafforzarsi del religioso.
È necessario, secondo lei, fondare una nuova etica?
La mia ambizione è che ciascuno possa accedere alla responsabilità. Quello che sembra necessario, non è creare una nuova morale, ma ritornare a una morale universale. Un po’ di kantismo sarebbe il benvenuto. Viviamo, contemporaneamente la fine delle ideologie, una rivoluzione tecnologica che ridisegna i rapporti umani, il nostro modo di accedere alla conoscenza, le relazioni tra gli individui, ma anche una rivoluzione di costumi mai vista prima. Percepisco tutto questo con un entusiasmo assai confortante. Qualcosa di nuovo si sta facendo, anche se veniamo sconvolti dalla rapidità dei cambiamenti, anche se non siamo ancora in grado di concepire mondializzazione e globalizzazione.osservate la povertà del nostro pensiero a livello globale. È senza genio. La nostra letteratura è povera e sono colpita dal vedere a qual punto la mia generazione post sessantottina sia di una mediocrità filosofica incredibile rispetto a quella dei nostri maestri.
Il mio sguardo da storica mi aiuta a fare un passo indietro: esistono numerosi periodi, nella storia, di deserto del talento e di pensiero. Questo può durare un mezzo secolo, o anche di più. Lo sconcerto attuale è così profondo che la tentazione di tornare alla purezza iniziale, al fondamentalismo, è grande. La tentazione di dirci: “ci siamo sbagliati, abbiamo sbagliato strada nel perderci nel consumismo, in un mondo artificiale. Ritorniamo agli eterni fondamentali: Dio, o la natura, che non ci tradiscono mai.
Nella sua ultima opera, “il conflitto, la donna e la madre” evoca il rischio del ritorno al naturalismo…
Esiste la tentazione del ritorno ai fondamenti della saggezza umana, ma non nel senso come lo intende Chantal Delsol. La società occidentale è divisa tra due visioni dell’uomo. Da un lato questa tentazione di ritornare alla natura, ai suoi fondamenti, e dall’altro, ci sono coloro che, come me, pensano che debba mantenersi una divisione fra l’uomo e l’animale. Queste due posizioni sono antitetiche.
Crede dunque alla condizione umana?
Sì. Se non ci fosse la condizione umana dovremmo sottometterci alle leggi di natura con tutto quello che comporterebbe in termini di ingiustizia e di sofferenza. In quest’ottica una madre deve allattare suo figlio come qualsiasi altro mammifero. La nostra condizione di esseri umani fa sì, a mio avviso, che si esca dallo stato di natura perché abbiamo un inconscio e dei desideri diversi. Restiamo, certamente, dei mammiferi, ma possiamo, in ragione della nostra storia e del nostro inconscio, adottare comportamenti radicalmente distinti gli uni dagli altri.
Non esiste dunque una specie umana unificata come le altre specie animali.
La storia, la cultura, l’ambiente, sono fattori molto più potenti che la biologia secondo me. Mi definisco cartesiana, ma senza la dimensione estrema di Cartesio. Non capisco come si possa dare la precedenza alla biodiversità naturale piuttosto che all’uomo. Come si può, ad esempio, imporre lupi ai pastori e sacrificare l’uomo e i suoi interessi per salvaguardare la biodiversità? La natura si evolve. Alcune specie scompaiono, niente è eterno. Non capisco il punto di vista catastrofista dei “portatori di verità” del naturalismo. Per quanto mi riguarda metto l’uomo al cuore di tutto, anche se non a ogni costo.
La liberazione dell’individuo avrebbe portato a degli effetti perversi che lei condanna?
L’individualismo estremo, come è troppo spesso il nostro, mi preoccupa. Siamo passati, in quarant’anni e in modo assai brutale, da un modello all’altro, con tutti gli eccessi che questo comporta. Non sento più la volontà di vivere insieme, siamo veramente nel “ognun per sé”. E di conseguenza, si assiste al disprezzo della legge collettiva democratica che mi sconvolge. La pulsione è diventata onnipotente come effetto perverso del riconoscimento positivo dei desideri dell’individuo. Nessuna società sopravvive senza il rispetto della legge. Questo rimanda a una specie di barbarie.
Malgrado questi effetti perversi, non rimpiango la rivoluzione dei costumi. L’allungarsi della durata della vita non è dovuta solamente al progresso scientifico, ma anche a questa rivoluzione psicologica che libera gli esseri umani, uomini e donne, dai vincoli delle norme obbligatorie. Il riconoscere, per esempio, grazie alla psicoanalisi, poi al femminismo, della bisessualità umana- essendo ognuno di noi un mix eccezionale di femminilità e virilità- è stato senza dubbio utilissimo per far sì che oggi si viva più a lungo.
Quali sono, secondo lei, le lotte da combattere nei prossimi anni?
All’infuori di Marine Le Pen nessuno sta difendendo la laicità. All’interno della sinistra la lotta è stata completamente abbandonata se si esclude Manuel Vals. La sinistra ha lasciato che si affermasse l’equivalenza “difesa della laicità = razzismo”. Questo è tragico. Mi batto allo stesso modo per l’uguaglianza dei sessi, la fecondazione eterologa, e per i diritti delle coppie omosessuali. Il ritardo dei nostri rappresentanti su queste questioni è legato da un lato alla sacralizzazione della natura e dall’altro alla velocità dei cambiamenti sociali.
Spero di non essere stato io la causa di alcuni commenti. Semplicemente scherzavo sul fatto che Binaghi e Wu Ming si fanno sempre battaglia, ora uno ora l’altro. Mi faceva sorridere la puntualità della cosa. Detto questo concordo con Valter e la sua critica a Steve Workers. Anzi non capisco come faccia Mikmak a “quotarmi” visto che io “quoto”, in parte, Binaghi. Voglio ribadirlo per chiarezza, questi giochi di controcultura non sono nefasti solo perché sono altri feticci, altra merce sul tavolo. Questa critica, che ha una sua validità generale, nel caso di SteveW. è forse esagerata. Il problema è piuttosto la loro diffusione ristretta. Difficilmente escono dal circoletto.
Secondo me in certi casi c’è un criterio abbastanza semplice e oggettivo per capire quando è satira e quando invece è sfottò ignobile (nel migliore dei casi), che si potrebbe usare come guida minima nel gestire un sito umoristico anche amatoriale.
Ed eccolo: se c’è una vittima e un artefice di una violenza, ridere della vittima non è satira. Es: mentre te menano in quattro, arriva uno e ti prende per il culo perchè non hai una bella cera: satira o sfottò?
Satira invece è mettere in ridicolo l’artefice, per delegittimare il suo operato (es. te menano in quattro, arriva uno e gli fa una battuta su quanto sono prodi e impavidi).
Anche porsi ambiguamente sulla questione, attenuare la gravità, mettere in dubbio che la cosa sia una violenza (specie se questa posizione è già praticata seriamente nel mondo reale) NON è satira (es. te menano in quattro, arriva uno e fa battute sul fatto che in realtà tu ti stai divertendo, che in fondo la faccia da schiaffi ce l’hai ecc.).
A volte può non essere semplice, ma in altri casi, come anna Frank o Primo Levi, non c’è il minimo dubbio su chi sia la vittima. In questa ottica aggiungo alle pagine che andrebbero riviste pesantemente:
http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Violenza_sulle_donne
http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Stupro
(Aggiungo comunque che per occuparsi di temi delicati e sensibili sarebbe opportuno un minimo di consapevolezza, tantopiù se lo si vuol fare in chiave comica, che è una cosa difficilissima…Se invece un sito vuol essere spensieratamente cazzaro, potrebbe limitarsi a argomenti più leggeri.)
Manuale del controcontro… critico e acculturato:
1) se oggi non li attacco che vorrà dire?? mi sto rammollendo??sono forse sulle loro posizioni??oddio oddio noooooo…fammi scrivere una cosa contorcontro…una frasetta buttata lì eh…niente di impegnativo…
2)se non mi riesce niente di particolarmente intelligente vorrà forse dire che non ho la mia base identitaria e non ho la soggettività?? azz…famme scrivere un link che rimanda a qualcosa di più corposo che non lo legge nessuno per l’insulsaggine e banalità ma fa molto contorocontro…
3) Oddio speriamo che arrivi il pezzo da novanta così mi ci scontro e dimostro che dialetticamente sono il più forte e non ho leccaculo io…tranne sto Luigi Bernardi che almeno oggi se poteva fare gli affari suoi…..
chiedo venia loredana, per errore ho postato qui un commento destinato al blog di zauberei,
http://zauberei.blog.kataweb.it/2011/10/10/gimmi-five-nonciclopedia/#comments
erano aperti uno accanto all’altro e causa stessa piattaforma mi sono confusa, puoi eliiminarl oper faavore? :_)
Pino Valente, ho appena chiesto di discutere sulla notizia e non sul battibecco, grazie
Francesca: Nonciclopedia sta provando di nuovo a sventolare la bandiera della libertà. Peccato che sul loro forum fosse abbastanza chiaro che la prima uscita fosse stata fatta per proprio tornaconto, e che della legge bavaglio non gliene importava nulla. Quanto alla giustificazione sulla modifica delle pagine: sono in attesa di vedere come reagiranno all’ottima iniziativa di Zauberei che ha chiesto ai commentatori di inviare mail di protesta. Nei fatti, le modifiche degli utenti devono essere approvate dagli admin, mi sembra di capire. Vediamo e, sì, bisogna mandare mail anche sulle pagine che segnali.
Francesca, anzi: ottimo commento.
luca grazie!
prego! anche se è bellino vedere come tanti pensino che io mi chiami Luca e scriva “lettere da luca” quando invece le scrivo da “lucCa”!
d’acchito,e per non voler nutrirsi a forza e sempre a fredda paranoia sembra meglio del fantomatico partito di bagnasco
http://rs2-server.com/downloads/protected/Now%20That's%20What%20I%20Call%20Music%2043/Disc2/11%20-%20Blur%20-%20Coffee%20&%20TV.mp3
@Pino Valente
Se avessi dei difensori del genere tuo mi vergognerei.
Oltretutto sei ignorante come una capra: io sarò sicuramente poca cosa, ma Luigi Bernardi è uno di quelli che letteralmente ha fatto l’editoria italiana degli ultimi trent’anni.
Comunque chiudiamola qui.
Io non ho motivi di attacco gratuito nei confronti dei Wu Ming, ho pubblicamente recensito e valorizzato i loro libri e credo siano tra le poche teste pensanti sulla sponda sinistra del Tevere, semplicemente ho una visione diversa della cultura e vorrei che il marketing venisse chiamato col suo nome. Si può ancora, senza essere considerati dei terroristi di destra?
Sono Steve Workers, e sono nato quattro giorni fa. Ma esisto da sempre.
Il giorno in cui sono nato, mi dicono, è morto uno che si chiamava Steve Jobs e che faceva il capitano d’industria. So bene cosa deve aver provato quell’uomo, perchè la morte la conosco da vicino. Sono morto tutte le volte che il tetto è crollato in testa a un’operaia che prendeva 3,95 all’ora, tutte le volte che un operaio è entrato in una cisterna e non ne è più uscito, tutte le volte che la silicosi si è mangiata un minatore.
Sono nato quattro giorni fa, ma esisto da sempre.
Quando si costruivano le piramidi in Egitto, io c’ero: spingevo i massi e la schiena mi sanguinava per le frustate. Quando in Europa c’era la peste, io lavoravo la terra, ma i suoi frutti andavano al barone. Quando Maria Antonietta mangiava brioches, le mie mani di sarta tremavano per il freddo. Quando hanno aperto l’Italsider di Bagnoli, le mie mani sono saltate tra gli ingranaggi.
Sono nato quattro giorni fa, ma esisto da sempre.
Non so niente di cultura o controcultura o marketing. Conosco la fame, che si vede nelle mia faccia scavata di rifugiato del Darfur. Conosco la sete, che scorre nelle mie vene aperte di indigeno boliviano. Conosco la paura e l’umiliazione, li ho conosciuti nei Centri di Identificazione ed Espulsione per migranti. Conosco lo sfruttamento, perché ha lasciato cicatrici nel mio utero deserto.
Sono nato quattro giorni fa, e probabilmente morirò presto, perché la mia è una vita di lotta. Ma esisterò ancora: io sono solo il nome di una moltitudine di uomini e donne che si è stancata di avere fame e sete, di vivere nella paura, di essere sfruttata. Io cesserò di esistere quando cesseranno la miseria, l’ingiustizia, lo sfruttamento.
Steve Workers
Bello.
Ma qualcuno ha detto che non sapete scrivere?
Rispondere a critiche di ordine politico con l’esibizione del gesto poetico è l’essenza del dannunzianesimo.
Steve Workers, il fatto che tu venga a promozionarti qui dalla Lipperini la dice lunga sulla tua “identità” (titolo del post). Se c’è una cosa di cui non si sentiva davvero il bisogno, è ‘sta retorica operaistica. Ce l’hai un cassetto?Vatte a riporre, va’.
Valter, che tu ci creda o no, non l’abbiamo scritto né postato noi WM, questo testo, come non abbiamo aperto noi il blog, né il profilo Twitter, né l’account su Facebook, e basterà guardare la cronologia su Twitter per vedere che non è nostra nemmeno l’idea dell’hashtag, e che i contributi sono di un botto di gente da ogni paese. Libero di non crederci e di vederci dappertutto, ma questa cosa sta crescendo da sola e noi le abbiamo solo dato un po’ di risonanza su Giap e qualche input “epigrammatico”. Forse, come scrive lui stesso, quest’incarnazione di Steve Workers finirà presto, ma liquidarla come fai tu è sbagliato. Transitorio non significa effimero, questa performance intercetta desideri reali e dà loro espressione.
Giovanni Brambilla o chi per te: sono stata io a dare la notizia ed è più che coerente che intervenga l’oggetto o soggetto della notizia stessa. Non accetto questi termini e non accetto il trolling. O si discute, ANCHE CRITICANDO, o per il cazzeggio si scelgono altri luoghi, di cui la rete è piena.
Roberto, che tu ci creda o no, l’avevo capito.
Infatti linkando il vostro pezzo ho scritto che avete “scoperto”, non “creato”.
Allora, seriamente, io penso questo.
Come si denuncia il feticismo della merce e del marchio, che nasconde certi rapporti di produzione, o come ovviamente si applica la cosa alle magliette con il “Che”, si può anche dire (io lo dico) che una cosa come “Steve Workers” può servire a coprire l’assenza di un soggetto politico reale sublimandola in uno totalmente immaginario, fondato su qualcosa che è esattamente incapace di strategia e progettualità, cioè la moltitudine de-localizzata e unificata solo dalla categoria troppo labile della subalternità.
Detto questo, è evidente che mi rifaccio più volentieri al Canetti di “Massa e potere” che a Toni Negri, ma questo già lo sai.
Dopo che ho passato dodici ore a cercare mi mandare avanti la baracca mi tocca di sttare a sentire gridare un operaietto del cavolo che mi accusa di aver preso tangenti dai fornitori. E non posso fargli niente. Se fanno della brutta roba guai a chi li tocca. Se si portano dietro gli alcolici nello zaino, non li posso perquisire. Se vogliono stare in vacanza pagata basta che vanno dal medico a far finta di aver mal di testa e gli danno una settimana di mutua.
E potrei continuare. Caro Sig. Workers, per me lei può tranquillamente fare la fine del suo quasi omonimo. Il lavoro in Italia lo tutelo meglio io lavorando dodici ore di giorno e non dormendo le dodici ore di notte pensando a come andare avanti.
Mi scuso con la padrona di casa per il tono un p0′ acceso, ma dopo l’accusa di corruzione leggere di ste cavolate mi fanno saltare i neuroni.
La padrona di casa gradirebbe riflessioni che vadano almeno un pelino al di là del proprio vissuto.
Devo notare una cosa: tanto sono serie e approfondite le discussioni che riguardano il genere, tanto si rischia di scivolare nel qualunquismo in altre. Se non, appena si sente puzza di letteratura, nel commento malignetto (e no, Valter, ti prego, non mi riferisco a te) lasciato là tanto per far sentire che si esiste e si è risentiti. Ed è il motivo per cui Lipperatura si occupa e si occuperà sempre meno di letteratura, peraltro.
Un blog è fatto dal commentarium, non dal titolare. Il commentarium che discute sul genere non scivola mai sulla banalità. In altri casi, sorry, è così.
Grazie mille a “letteredalucca” per la traduzione lampo che è stato un piacere leggere! Avrei una curiosità, se qualcuno può aiutarmi a capire meglio la cosa che mi sfugge ne sarei felice. Verso la fine dell’intervista quando si accosta il riconoscimento della bisessualità umana ad una maggiore longevità… ecco, non l’ho capito.
Steve Workers, grazie di essere nato e di essere qui. E di ricordarci che esiste la parola moltitudini e non solo le due che si chiamano “cazzi miei”.
@Lalipperini
Lei ha ragione riguardo quello che mi ha detto. Penso comunque che esperienze di questo tipo siano abbastanza generalizzate: i lavoratori precari sono poco tutelati, i lavoratori a tempo indeterminato lo sono troppo. I cattivi lavoratori ai quali non viene impedito di far del male ai colleghi ed alla loro azienda con il loro comportamento (perchè troppo coperti), fanno altrettanto danno che i padroni disonesti.
Paolo, con la retorica contro la tutela dei lavoratori combatto tutti i giorni, perchè interventi del tuo tenore sono la norma fra gli sms di Fahrenheit. Ma sono, ancora una volta, esperienza personale non rapportabile in alcun modo a quel che avviene a livello nazionale. Dove la tutela di chi lavora è, al giorno d’oggi, minima, e regredisce ancora. In questo senso invitavo a guardare al di là del proprio vissuto: che è esattamente quello che ci ha infilato nella situazione di merda in cui ci troviamo ora.
Lucca perdona…. avevo letto lettere da Luca.
Non ho ancora trovato un minuto per leggere la traduzione all’intervista della Badinter… però sta storia delle differene rimarcate (maschio/femmina) la confermo, aleno nel “io campo” d’azione.
In nome della differenza biologica e della potenza generativa del corpo femminile, molte donne sono felici di vedersi negare diversi diritti in sala parto (guardia neonatologica per il figlio, anestesista ostetrico ecc…) pur potendosi appellare a diverse leggi (nazionali e regionali) e al sistema dei Livelli essenziali d’assitenza.
Insomma un po’ coe se i neri sudafricani in virtù del “sentire il ritmo” si fossero accontentati di balalri piuttosto che combattere per la parità dei diritti.
Su israele/palestina… che c’è di male nel dire che la religione è un ulteriore fattore3 di divisione e odio? Le religioni da sempre forniscono ottima carne da cannone e con una spesa minima….
scusate… la mia tastiera è priva di alcune lettere e io scrivo un po’ a razzo…
siccome la padrona di casa mi ha detto di non polemizzare non polemizzo e non commento il battibecco. Mi becco l’ignorante come una capra, tra l’altro meritato, e me lo porto a casa. Il leccaculo non me lo meritavo molto ma chissà, sono ignorante e forse non ne capisco così bene il senso linguistico. Non mi permetterei mai di difendere chicchessia, che già faccio fatica a difendermi da me, e figurarsi se Wu Ming ha bisogno di me. Mi chiedo però, e questo mi preme di più, per quale motivo di fronte a qualcosa come Steve Worker si arricci il naso perchè scrivono male, sono l’ennesimo marchio feticcio, non hanno progettualità ecc ecc…Però dicono e scrivono cose interessanti, per persone ignoranti come me, e se dovessero divenire un marchio amen, me ne farò una ragione…Vorrei che le critiche nascessero in merito a quello che dicono , non a come lo dicono, a una loro possibile deriva markettistica o a una loro incapacità di uscire dal circoletto…forse non è così ma solo il tempo potrà dirlo…
condivido i sospetti di brambilla. tutta l’operazione ricorda troppo da vicino per stile e strategie la creazione di vmo, new italian epic e le altre manipolazioni mediatiche a cui i wuming, ex luther blissett, ci hanno abituato fin dal loro apparire, ma di cui ormai si avverte una certa sazietà. manca solo il solito doppio articolo, uno sull’ unità, l’altro su la repubblica (con l’ormai storica complicità della titolare di questo blog, cui consiglio di salvaguardare meglio la propria credibilità) per tentare di creare il caso dal nulla. cmq stiano le cose, ho sentore io stesso di un malessere profondo che non tarderà ad esplodere nel reale, e non certo per l’inutile nascita del personaggino steve workers, ma perché le nuove generazioni sono davvero in grave sofferenza e l’incazzatura si sta espandendo quasi da sola. trovo peraltro di cattivo gusto il calco sul nome di steve jobs, colpevole di aver speso le proprie energie ideando oggetti che non a tutti sono dispiaciuti.
Beh PinoValente, la mia domanda rimane inevasa, e riguarda proprio l’incapacità di uscire dal circoletto con steve workers…
http://www.youtube.com/watch?v=qxghrG8lpg0
Appunto Wu Ming4. Meraviglioso. E’ il mito.