IL MIO CONDUTTORE PREFERITO

Il programma del mattino con il più alto indice di gradimento a Springfield, nel Missouri, era quello della KLFT con l’intervento telefonico degli utenti, intitolato Dite la vostra e condotto da Ray Flowers. Ray aveva a disposizione sei linee telefoniche nella cabina che gli serviva da studio e il mattino del 26 giugno fu l’unico dipendente della KLFT a presentarsi al lavoro. Si rendeva perfettamente conto di ciò che stava succedendo e ne era atterrito. Durante l’ultima settimana, Ray aveva avuto l’impressione che tutta la gente di sua conoscenza si fosse ammalata. Non c’erano i militari a Springfield, ma Ray aveva sentito dire che era stata chiamata la Guardia Nazionale a Kansas City e a St. Louis per «impedire che si propagasse il panico» e «prevenire i saccheggi». Personalmente, Ray Flowers stava benone. Guardò pensieroso la sua attrezzatura – telefoni, congegno segnatempo, scaffali di cassette con incisi comunicati commerciali («Se vi trabocca il gabinetto /E non sapete dove sta il difetto / Forza! Chiamate il nostro ometto / Chiamate l’Ometto Spazzatutto!») e, naturalmente, il microfono.
Si accese una sigaretta, andò alla porta dello studio e la chiuse a chiave. Entrò nella cabina e sprangò anche quella. Spense la musica registrata che usciva da un mangianastri, mandò in onda la sigla del suo programma e si accomodò al microfono.
«Salve a tutti,» disse, «è Ray Flowers che vi parla dai microfoni di Dite la vostra, e stamane suppongo che ci sia una cosa sola per cui telefonare, non è così? Potete chiamarla gonfiacollo o superinfluenza o Captain Trips, ma significa sempre la stessa cosa. Ho sentito raccontare storie orribili a proposito dei militari che proibiscono tutto; se avete voglia di parlarne, sono qui ad ascoltarvi. Per il momento, viviamo ancora in un paese libero, giusto? E siccome stamattina sono qui da solo, faremo le cose in modo un po’ diverso dal solito. Ho spento l’aggeggio segnatempo e penso che possiamo anche fare a meno della pubblicità. Se la Springfield che vedete voi somiglia a quella che vedo io dalle finestre della KLFT, nessuno deve avere una gran voglia di andare a far compere, comunque. «Così, se siete pronti, come diceva mia madre, via! I nostri numeri verdi sono il 656-8600 e il 656-8601. Se trovate occupato, pazientate. Ricordate: faccio tutto da solo.»
C’era un’unità militare di stanza a Carthage, un’ottantina di chilometri da Springfield, e un distaccamento di venti uomini venne spedito a occuparsi di Ray Flowers. Due uomini si rifiutarono di eseguire l’ordine. Furono fucilati sul posto. Nell’ora che ci misero per arrivare a Springfield, Ray Flowers ricevette chiamate da: un medico il quale disse che la gente moriva come mosche e il governo mentiva spudoratamente a proposito di un vaccino; un’infermiera di un ospedale la quale confermò che i cadaveri venivano rimossi a camionate dagli ospedali di Kansas City; una donna delirante la quale sostenne che si trattava di dischi volanti venuti dallo spazio; un agricoltore il quale disse che una squadra dell’esercito con due camion carichi aveva appena finito di scavare un’enorme, lunghissima fossa in un campo vicino alla Route 71 a sud di Kansas City; una mezza
dozzina di altre persone, tutte con una loro storia da raccontare.
Poi furono battuti colpi violenti alla porta dello studio. «Aprite!» gridò una voce soffocata. «Aprite, in nome della legge!» Ray guardò l’orologio: un quarto a mezzogiorno. «Be’,» disse, «a quanto pare, sono sbarcati i Marines. Però continueremo a prendere le chiamate, dovessimo…»
Si udì sparare un fucile automatico e la maniglia dello studio cadde sul tappeto. Una voluta di fumo azzurrino uscì dal foro frastagliato. La porta fu abbattuta a spallate e mezza dozzina di soldati in tenuta da combattimento e con tanto di maschere sul viso fecero irruzione nella stanza.
«Alcuni militari sono appena penetrati in anticamera,» disse Ray. «Sono armati fino ai denti… si direbbe che si accingano a compiere un’operazione di rastrellamento, come accadeva in Francia trentasei anni fa. A parte le maschere antigas che hanno sul viso…»
«Interrompa la trasmissione!» urlò un omaccione con i gradi di sergente sulle maniche. Incombeva all’esterno della parete di vetro della cabina e gesticolava con il fucile.
«Non ci penso proprio!» fu la replica di Ray. Aveva un gran freddo e quando prese a tentoni la sigaretta dal posacenere si accorse che gli tremavano le dita. «Questa stazione è munita di regolare licenza della Commissione federale per le comunicazioni e io sono…»
«Gliela revoco, la sua fottuta licenza! Avanti, interrompa, le ho detto!»
«Non ci penso proprio,» ripeté Ray e riattaccò a parlare nel microfono. «Signore e signori, mi è stato ordinato di interrompere la trasmissione e mi sono rifiutato di eseguire l’ordine, nel mio pieno diritto, ritengo. Questi uomini si comportano come nazisti, non come soldati americani. Io non sono…»
«Glielo ordino per l’ultima volta!» Il sergente puntò il fucile.
«Sergente,» disse uno dei soldati presso la porta. «Non credo che possa…»
«Se quell’uomo dice ancora una parola, liquidatelo,» disse il sergente.
«Credo che stiano per spararmi,» disse Ray Flowers. Un istante più tardi il vetro della cabina andò in pezzi e Ray si abbatté sul quadro di controllo. Da qualche parte si levò un terrificante gemito di retroalimentazione, che andò facendosi sempre più stridulo. Il sergente scaricò completamente l’arma contro il quadro di controllo e
il gemito cessò di colpo. Le lucette sul pannello continuarono ad ammiccare.
Stephen King, The Stand
Per la giornata mondiale della radio, il mio conduttore radiofonico preferito.

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