IL VELENO E L'ANTIDOTO: A PROPOSITO DI PILLON

Prendiamola da lontano. Prendiamola da due commenti come questi:
“Come lo Spirito Santo ha ispirato e ispira degni scrittori ( e scrittrici….), cosi satanasso ispira quelli che gli appartengono per seminare dubbi ed errori”.
“Per fortuna, lo scribacchino ha finito di far danni”.
Lo scribacchino è (era) Umberto Eco. I commenti vengono dai frequentatori della bacheca di Costanza Miriano, che qualche giorno fa ha pubblicato un vecchio  articolo di Vittorio Messori con questo commento: “Un antidoto prezioso al veleno contenuto nel Nome della rosa.”
Diciamo che si salta un po’ sulla sedia, che si resta un poco increduli, ci si dà persino un pizzicotto per capire se si è svegli o meno. Parliamo del Nome della rosa, che non è intoccabile, ovvio, perché nessun libro lo è, giga-seller o meno. Ma da qui a interpretarlo come possibile avvelenatore di pozzi e di cristianità ce ne corre, o ce ne dovrebbe correre.
Riporto queste righe non per pettegolezzo, ma perché forse aiutano a capire in che direzione ci stiamo muovendo.  La direzione del ddl Pillon. Quella del Congresso sulla famiglia, a Verona, da cui persino il capogruppo della Lega si dissocia.  L’immagine pop e rassicurante di questo tipo di integralismi, che si radicano sui social e che dunque, analogamente a quanto fanno alcuni ministri, alternano episodi di simpatica vita familiare a dichiarazioni durissime come quella sull’avvelenatore, era da prendere seriamente in considerazione già al suo apparire, invece di essere classificata come quisquilia.
Allora, per non dimenticare fino in fondo, per non lasciare che siano veleni, questi sì, di tale sorta a intossicarci, vale la pena ricordare che esisteva, ed esiste, un altro modo di aver fede. Grazie a Laura Zanacchi, che sta scrivendo uno spettacolo sul referendum sul divorzio (si chiama L’albero della libertà, viene realizzato nell’ambito del Calendario Civile del Circolo Gianni Bosio, sarà in scena al Teatro Vascello di Roma il 12 maggio prossimo), recupero questo testo straordinario. Leggete, e trovate l’antidoto.
“Dio mio, tra pochi giorni devo votare e sono pieno di tristezza. E’ così amaro ciò che capita: mi si ripercuote nell’anima l’inquietudine dei poveri, l’incertezza dei piccoli, la debolezza di chi non è abituato a parlare.
Perché tutto ciò? Perché questa mancanza di chiarezza? Perché tante bugie? Perché una strumentalizzazione così sfacciata del senso religioso dei semplici?
Signore, ho visto addirittura sui muri la minacciosa frase: “se voti no, sei in peccato mortale”. Chi nega l’unità familiare, chi pretende di dire che il divorzio sia una buona cosa? La vera questione va oltre. Ti senti tu, fratello, di votare una legge che impedisca il divorzio a chi non ha la tua fede? Io mi ero imposto di star zitto Signore, Tu lo sai, perché sentivo l’ambiguità con cui si è imposto ai poveri il referendum. Ma poi ho capito che dovevo parlare: oggi un povero che non riusciva a capire e voleva capire mi ha chiesto di aiutarlo come cristiano. E allora gli ho detto, così come lo dico a Te mio Signore: io voto no, perché mi vergognerei di votare sì davanti alle famiglie che oggi sono divise. Che hai fatto tu Carlo per difendere l’amore di queste famiglie, per arricchire la loro unità? Quando partivano le decine di migliaia di emigranti che hai fatto tu come cristiano? Hai scritto sui muri: “chi lascia partire l’emigrante solo, commette peccato mortale?” Non era quello il momento di agire per difendere l’unità della famiglia? Questi poveri uomini buttati nelle baracche in Svizzera o in Germania per anni e anni come passavano le loro notti lontani dalla sposa? Non hai provato a pensarci?
Io voto no perché voglio essere dalla parte dei peccatori. Preferisco diventare anatema piuttosto che giudicare mio fratello
E tu Signore per chi voti? Mi par di saperlo dalla pace che sento dentro di me”
Carlo Carretto, Piccolo Fratello del Vangelo, sul quotidiano La Stampa 7 maggio 1974

4 pensieri su “IL VELENO E L'ANTIDOTO: A PROPOSITO DI PILLON

  1. Non è un commento molto articolato… Forse una tua osservazione così ben fatta lo meriterebbe… Ma solo la commozione che mi hanno provocato le parole di Carlo Carretto che rappresentano la vera libertà nel rispetto della diversità di pensiero… Grazie.

  2. È stupefacente come dal sentimento religioso sia così facile scivolare nell’intolleranza. Sembra un paradosso poi quando queste rigidità si rivelano tra fedeli cattolici, la religione della carità. Suonano ancora più preziose le parole di Carretto

  3. Ero un lettore onnivoro. Spaziavo dai polizieschi al fantasy, dai tomi storici all’avventura. Quel volume era un best seller, e parlava di cose che amavo: medioevo, misteri, labirinti. Così me lo portai a casa, e lo divorai.
    Una caratteristica dei lettori onnivori, di quelli che leggono tanto, è che spesso colgono le fonti da cui gli scrittori hanno attinto. Gli originali. Perché nessuno che scriva lo fa partendo dal nulla.
    Ora, una citazione è qualcosa che può anche far piacere. L’ammiccamento ci può anche stare. Anche la parodia è benvenuta. Ma quando un autore prende le idee altrui e le fa proprie, senza dirlo…ecco, è una cosa che non riesco a sopportare. Non sono pochi i libri che ho lasciato letti a mezzo oppure ho terminato con fatica perché li ho scoperti plagi di opere precedenti. Per fare di meglio del tuo modello devi essere veramente, veramente bravo.
    E no, Eco non lo era.
    “Il nome della rosa” è un libro enormemente sopravvalutato. L’idea di un frate investigatore la troviamo nella saga di Fratello Cadfael che nei paesi anglosassoni aveva appena acquistato notorietà. Il protagonista e il suo assistente sono chiaramente modellati su Sherlock Holmes e Watson, senza possederne statura e carisma ma rubandone temi e metodo. Il modus operandi dell’assassino è preso dai romanzi di Agatha Christie, veleno compreso (ma quell’idea era di Caterina de’ Medici). Il bibliotecario cieco è Jorge Luis Borges, al centro del suo labirinto. E così via.
    A neanche un terzo del libro avevo già capito l’assassino. Mi mancava solo comprenderne il vero movente: ma era troppo stupido e irrealistico da potersi anticipare. I personaggi non si comportavano come persone vere, ma come marionette che lo scrittore muoveva per confermare la sua tesi. Storicamente non stava in piedi, e per uno che si atteggiava a storico questo era il peccato più grave, perché consapevolmente commesso.
    Non avevo però compreso quale fosse la cosa peggiore. Allora non ero ancora abbastanza attrezzato filosoficamente per cogliere in pieno l’intento dell’autore. Il suo nichilismo, la tesi portata avanti a scapito della realtà. Però capivo molto bene che qualcosa aveva avvelenato la trama: un volume che emana qualcosa che uccide. Ci misi qualche giorno, dopo averlo terminato, a comprendere cosa realmente mi disturbava, e l’intuizione mi arrivò improvvisa: in quel libro non c’era amore.
    Nessun amore, di nessuno per nessuno. Perché se tutto è nulla, se tutto è solo nome, allora niente ha senso, neppure l’amore. Nessuno dei monaci crede nell’amore di Dio, o prova piacere ad essere un monaco. Per tutti è una scelta di vita incomprensibile. E allora perché lo sono? In cosa credono, dunque? Ogni cosa è sopraffazione, sesso, potere, ideologia. Il cristianesimo è una scusa, una maschera, non esiste. Ognuno di loro vive in una finzione.
    Ma cosa mi può insegnare un libro del genere? Così diverso dalla vita che vedo, che provo ogni giorno? Un plagio erudito, un pastiche di cose già lette, assemblato male, senz’anima?
    Nulla.
    E da quel giorno ho chiuso con Umberto Eco.
    Rimane la domanda, che mi sono fatta solo molto dopo: come mai un romanzo del genere riesce a diventare un best-seller? Come mai i critici, che pur libri ne devono avere letti almeno quanto me, non hanno colto quanto ho colto io, o, se lo hanno colto, non l’hanno detto?
    E’ un interrogativo che faccio anche a voi. Chi aveva interesse a spingere un libro che diffamava la Chiesa, alterava la storia, echeggiava il nulla? E perchè?

  4. frequentavo all’epoca una comunità religiosa, ero giovanissima ed ero stata con loro a Spello per una settimana di lavoro nei campi e preghiera. Quando uscì questo articolo di fratel Carlo lui che era stato considerato il mistico e l’illuminato divenne d’un tratto l’eretico. Pensava quello che pensavo io, e fu anche per questo che me andai e tornai del tutto laica. Grazie per averlo ripubblicato.

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