JOHN BERGER E IO:QUESTIONI DI CATARATTA

John Berger ci ha scritto un libro, bellissimo, che si chiama proprio Cataratta, con i disegni di Selçuk Demirel. Dopo l’asportazione di una  cataratta precoce  all’occhio sinistro, nel 2008, ho provato le stesse sensazioni. E’ per dire che domani mi tocca l’occhio destro, e io sono molto più ipocondriaca di Berger. Per un poco, blog non aggiornato, evidentemente. Abbracci, commentarium, e nel frattempo godetevi Berger.
QUALCHE APPUNTO DOPO UN’ASPORTAZIONE DI CATARATTA DALL’OCCHIO SINISTRO.
“Cataratta”, dal greco kataraktes, cascata o inferriata, un’ostruzione che discende dall’alto. Rimozione della grata che sbarrava l’occhio sinistro. Sull’occhio destro la cataratta resta al suo posto.
Mi diverto a guardare un oggetto chiudendo prima l’occhio sinistro, quindi il destro. Le due visioni sono nettamente diverse. Definire la (le) differenza (e).
Con il solo occhio destro pare tutto usurato, con il solo occhio sinistro pare tutto nuovo. Non vuol dire che l’oggetto osservato dimostri un’età diversa; i segni relativi alla sua età o alla sua freschezza restano gli stessi. Quel che cambia è la luce che cade su di esso e ne è riflessa. È la luce a ringiovanirlo o, quando diminuisce, a invecchiarlo. Un’altra differenza tra la visione dei due occhi riguarda la distanza. L’inferriata si chiude. Con l’occhio sinistro posso avventurarmi all’esterno e la distanza aumenta in due modi. Vedo più lontano e, nello stesso tempo, ogni misura di distanza si estende: un chilometro diventa più lungo, e così un centimetro. Divento più cosciente dell’aria, dello spazio tra le cose, perché quello spazio è pieno di luce come un bicchiere può essere pieno d’acqua. Con la cataratta, ovunque ci si trovi, si è, in un certo senso, in interni .
La mia accresciuta percezione dello spazio fa sì che il mio senso della lateralità — di quel che accade da sinistra a destra, di quel che è parallelo all’orizzonte — sia potenziato. Ho maggior coscienza di quel che mi passa davanti, rispetto a quel che viene verso di me. Mentre la distanza diventa più lunga, la larghezza si fa più ampia.
30 maggio. Cielo insolitamente blu, da tutti i punti di vista, sopra Parigi. Alzo gli occhi verso il pino e ho l’impressione che i piccoli frammenti frattali di cielo che vedo tra i ciuffi di aghi siano i fiori blu dell’albero, del colore del delphinium.
Domani saranno trascorse tre settimane dall’intervento. Se provassi a riassumere l’esperienza che ha trasformato il mio modo di guardare, direi che è come trovarsi d’un tratto in una scena dipinta da Vermeer. Per esempio La lattaia (Rijksmuseum, Amsterdam). Osservi gli oggetti e il pane sul tavolo su cui è posata una ciotola; la fanciulla versa il latte da un bricco, e la superficie di tutto quel che guardi è coperta da una rugiada di luce…
QUALCHE ALTRO APPUNTO DOPO L’OPERAZIONE ALL’OCCHIO DESTRO (26 MARZO 2010), LA CUI CATARATTA ERA PIÙ RIGIDA E OPACA .
Questa volta l’afflusso di luce è meno specifico e più generalizzato. Non è tanto che le cose mi appaiano illuminate meglio, quanto piuttosto che sono acutamente consapevole di come tutto sia circondato dalla luce. L’elemento aria è diventato l’elemento luce. Mentre i pesci vivono e nuotano nell’acqua, noi viviamo e ci muoviamo nella luce.
L’asportazione di una cataratta è paragonabile alla rimozione di una particolare forma di smemoratezza. I vostri occhi cominciano a riricordare le prime volte. Ecco perché quel che sperimentano dopo l’intervento somiglia a una specie di rinascita visiva.
Facciamo chiarezza sulle implicazioni di quel che sto dicendo. Va da sé che, finita l’infanzia, per vari decenni ho visto fogli di carta bianca bianchi come questo. A poco a poco, però, il biancore si è smorzato senza che me ne accorgessi. Perciò quel che chiamavo carta bianca cambiava, diventava più spento. Questo pomeriggio non sono io a rendermene conto con l’intelligenza: è il biancore del foglio a precipitare incontro ai miei occhi, e sono i miei occhi ad abbracciarlo come si fa con un amico che non si vede da molto tempo.
Quando si apre un dizionario per consultarlo, si ritrova o si scopre per la prima volta la precisione di una parola. Non soltanto la precisione di ciò che quella parola denota, ma anche il posto preciso che essa occupa nella varietà della lingua.
Adesso che mi sono state asportate entrambe le cataratte, quel che vedo con i miei occhi somiglia a un dizionario che posso consultare riguardo alla precisione delle cose. Riguardo alla cosa in sé, e anche al suo posto fra le altre cose.
La familiare eterogeneità dell’esistente è meravigliosamente tornata. I due occhi, tolta di mezzo l’inferriata, non si stancano di registrare la continua sorpresa. ( Traduzione di Maria Nadotti)

3 pensieri su “JOHN BERGER E IO:QUESTIONI DI CATARATTA

  1. Mi associo a Sari. E ti racconto che mio padre si sottopose al doppio intervento oltre i 70: ricordo ancora il suo stupore nello scoprire il mondo a 10/10 quando lui non era mai andato oltre i 6-7… Il mio augurio è che tu possa ubriacarti per la continua sorpresa. Un abbraccio.

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