LA BANALITA' DELLA LINEA B

Mattina, ore 7.45. Vagone della metropolitana, linea B,
direzione Termini.

“Vuole smetterla di leggere?”

La vostra eccetera, che anche nelle ore più avanzate della
giornata tende alla distrazione –specie quando, appunto, sta leggendo- continua
a meditare sull’articolo di Umberto Galimberti a proposito della strage
di Erba. Per essere precisi, ero arrivata esattamente a questa frase:

Il sentimento è l’organo che ci consente di distinguere
cos’è bene e cos’è male, per cui Kant arriva a dire che è inutile definire
cos’è buono e cos’è cattivo, perché ognuno lo "sente" naturalmente da
sé. Questo criterio, che valeva al tempo di Kant, oggi vale molto meno. E la
ragione va cercata nel fatto che i bambini di oggi sono sottoposti a troppi
stimoli che la loro psiche infantile non è in grado di elaborare. Stimoli
scolastici, stimoli televisivi, processi accelerati di adultismo, mille
attività in cui sono impegnati, eserciti di baby-sitter a cui sono affidati, in
un deserto di comunicazione dove passano solo ordini, insofferenza, poco
ascolto, scarsissima attenzione a quel che nella loro interiorità vanno elaborando.

“Mi ha sentito? Chiuda quel giornale”.

A quel punto, in effetti, ho sentito, mi sono rapidamente
chiesta se, come contrappasso per aver citato Io e Annie due
giorni fa, Galimberti si fosse materializzato al mio fianco rimproverandomi di
non aver capito quello che aveva scritto, mi sono persino preparata una frase
di scuse (“Professore, ma in fondo ho solo pensato di essere in
disaccordo, non l’ho mica detto ad alta voce”) e mi sono girata. Al mio fianco
c’era una giovane ed elegante signora. Mi guardava come Annie Wilkes fissa Paul Sheldon quando fa morire Misery. Aiuto.

“Si rende conto di come stiamo viaggiando? Non c’è spazio
per respirare e lei, per sfogliare il giornale, ha allargato i gomiti. Per due
volte”.

Lo vorreste voi un suggeritore come quello di  Amélie? Io pure, ma non ce l’ho. Infatti ho risposto nel modo più insensato possibile:

“Ma non sono neanche le otto di mattina”.

Il sottinteso era che non si può essere così furiosi col
mondo quando si è svegli da poco, ma mi rendo conto che non si capiva . Ed era
comunque ingenuo. Pochi secondi dopo, infatti,  un altro passeggero,
ugualmente elegante e con quotidiano economico d’ordinanza, ha incenerito con
lo sguardo il mio zainetto contenente portatile e le solite dosi eccessive di
libri, che tenevo fra i piedi e che obiettivamente, ad ogni oscillazione del
vagone, sfiorava i suoi.

La banalità del resoconto va ad intrecciarsi con una
considerazione ugualmente banale: le persone che viaggiavano con me (e che, va
da sé, non costituivano un’eccezione, bensì la norma) erano, ad una valutazione
superficiale relativa ad abbigliamento e letture, mediamente agiate e
acculturate. Ma pronte a scattare come belve per la più lieve invasione di uno
spazio fisico ridotto ai minimi termini. Tutto questo – incluse le deduzioni e
le conseguenze estreme che se ne possono trarre – richiederebbe ben altre
spiegazioni e ben altri interventi rispetto all’ennesima chiamata in causa
della televisione tritura-bambini. Anche perché, purtroppo, di adulti stiamo
parlando. Fine della crociata, per ora.

Ps. Ah, anche Simon&Schuster ha scoperto che su
Internet si scrive.

Pps. Sul
Venerdì di oggi la vostra eccetera recensisce King. Qui, la recensione
su Jpod. Su Carmilla, la riproposta dell’intervista a King a firma di
Keith Blackmore.

20 pensieri su “LA BANALITA' DELLA LINEA B

  1. A quell’ora,
    ero già (stranamente ma capita a volte)al bar vicino al lavoro
    Cappuccio e brioche.
    Per fortuna avevo i gomiti a debita distanza.
    Buona giornata Loredana

  2. Dobbiamo aspettarci una strage sul metrò?
    La gente dovrebbe essere più tranquilla, e pensare che alla fine, se ti svegli allegra e ti metti a ballare nei vagoni, poi ti mandano al Grande Fratello. 😉

  3. Scusa, avevi un giornale formato tabloid o formato lenzuolo tipo “Il gazzettino”? Io, sui vaporetti affollati, apro solo i quotidiani del primo tipo. Non vado mica in cerca di rogne, io!!! Credi che voglia rischiare il trancio della carotide per così poco??? A’ n vedi questa!

  4. Cara Lippa, hai reagito con un distacco e una calma degni di un maestro zen… Liang Shiqiu ( cfr. La nobile arte dell’insulto ) sarebbe mooolto fiero di te!
    Anna Luisa

  5. Troppo vicini in spazi angusti, e scatta la rabbia.
    Come quella che spesso avvilisce la convivenza condomininiale: non a caso in questi giorni alcuni commenti sui fatti di Erba chiamavano in causa proprio questo tipo di costrizioni quotidiane.
    Ma non è sempre così, per fortuna. Le riunioni condominiali del mio palazzone (oltre 10 numeri civici), ad esempio, sono sempre magicamente pacifiche. E alla fine qualche nonna apparecchia la tavola con dolci fatti in casa e vino. E tutti sorridono, giuro: io stessa ogni volta stento a crederci.
    🙂
    Giò

  6. Giovanna, mi trasferisco da te:)
    E comunque questa è una delle problematiche più insidiose dei nostri anni (sul versante privato, è il motivo della mia sempre più assidua frequentazione del paesello, dove il postino ti chiama per nome e il sindaco impasta con le sue mani il “polentò”).

  7. mattina, ore 7.45 eccetera eccetera.
    “Le dà fastidio se sbircio?”
    A questo punto, in effetti mi sono materializzato al suo fianco, forse perchè quell’articolo non convince neanche me.
    E a dispetto dei furiosi delle 7 e 45 tiro fuori dal mio zainetto “Memorie dal sottosuolo” :
    Io sono una persona malata… sono una persona cattiva. Io sono uno che non ha niente di attraente. Credo d’avere una malattia al fegato. Anche se d’altra parte non ci capisco un’acca della mia malattia, e non so che cosa precisamente ci sia di malato in me.
    “Non so che cosa ci sia di malato in noi!” Le sussurro.
    Ma sicuramente è qualcosa che ha più a che fare con dei processi interiori.
    L’influenza esterna della società è una condizione troppo costante affinchè possa esserne la causa. L’accelerazione, poi, è sempre all’apice, quale che sia il tempo presente in cui ci collochiamo. In ogni caso pensarla in questo modo alleggerisce il senso di colpa della società stessa, dato che il “progresso” è inarrestabile.
    La cultura invece, questa sì, influisce. E il leggere, in un certo modo, è una forma di preghiera, di terapia dell’animo. Una cura purtroppo ancora poco diffusa in Italia, o almeno non al passo col “progresso”.
    Qui in Italia è ancora inimmaginabile, ad esempio, vedere persone “leggenti” nelle file dei supermercati. Che persone mediamente agiate ed educate siano anche colte non è assolutamente detto. Anzi.
    Ps [allegro] Dal momento che non credo che persone rispettabili come te (posso darti del tu, vero?) siano esenti dalla quotidianità di alcune iniziative… ti nomino e passo il riprovevole testimone dell’ennesima catena. 🙂 Non foss’altro che per vedere come la prendi e come la pensi. Io di solito cestino, questa volta ci ho giocato su. Ciao e grande Lippe!

  8. Cara Loredana, ti vorremmo inserire nella giuria telematica del Premio Baghetta: se sei interessata, vieni nel blog e scrivici all’e-mail lì segnalata.
    db, per il Circolo Arci Martiri di Turro

  9. Che la psicologia non sia il modo migliore per spiegare le cose umane… ma l’altra sera Andreoli indicava l’ “assenza di senso di colpa” come responsabile dell’aumentata intolleranza che diviene aggressività mortale. Più che spazi reali angusti, spazi mentali ristretti… ma che l’assenza di senso di colpa (quindi se una cosuccia mi infastidisce un po’ te lo dico subito e come mi pare e piace, senza filtrarne l’importanza e soprattutto senza temere la mia forte aggressività) fosse il nuovo dato di realtà da cui difendersi anche in metrò…
    elisabetta

  10. A proposito di spazi mentali angusti… avete visto i deliranti servizi di Studio Aperto sulla strage? Ci sarebbe da indignarsi solo per quelli… Certo, criticare “studio aperto” è come sparare sulla croce rossa… ma ‘sta volta hanno toccato proprio il fondo! Un inviato sul posto che, come uno sciacallo, gira sul luogo del delitto. Si ferma davanti il garage degli assassini e dice: “Guardate, questo mostra la maniacale precisione della signora Rosa…”, e mostra un tubo dell’acqua ben arrotolato e una scopa riposta su una specie di bacheca. Il giornalista si sofferma sul pezzetto di plastica per il quale è attaccata la scopa, “Guardate…”. Poi mandano una foto del soggiorno dei killer, come fosse un grande scoop: “Guardate sul divano, i cuscini ben riposti… La maniacale precisione della signora Rosa”. Tre-quattro servizi al giorno sul caso, collegamenti ogni cinque minuti: mi chiedo io: “E adesso, cosa sarà successo? Si è mica spostato un cuscino?”. Assurdo… delirante… Va be’ che quelli sono dei “mostri”, delle “bestie”: ma chi manda servizi del genere può dirsi, al contrario, così normale, giusto, retto, e dalla parte dei “buoni”?

  11. Oramai il confine tra il torto e la ragione è sempre più labile, come tra giudice di pace e giudice di guerra, uno ha l’ufficio in uno studio rettangolare, l’altro ovale. L’impulsività della mattina oramai è una scienza esatta, nessuno vuole avere torto a quell’ora, la giornata sta per sfondare i nostri timpani e noi custodiamo dentro il terrore di farci trovare impreparati. A Milano a quell’ora la metro non consente alcuno spazio vitale e non dico al giornale, ma bensì a noi poveri e intabarrati passeggeri. Un giorno ho provato semplicemente a farmi aria con il giornale e un tizio che mi stava appiccicato mi ha guardato male. Non ho ancora capito se non gradiva il giornale che sventolavo, o la leggerissima brezza che arrecavo. Ecco, i dubbi sono un’ottima compagnia per noi passeggeri del trasporto pubblico. Ciao

  12. ma a vedere le cose dal punto di vista di chi ha ricevuto – per la centesima volta – una gomitata da qualche parte del corpo non ci prova nessuno?
    ok, magari la furia mattutina è riprovevole, però cercare di capire il possibile disagio degli altri è l’inzio della pacifica convivenza da tanti sbandierata anche qui.
    saluti.

  13. passeggero, va bene che sono distratta: ma non ho dato gomitate a nessuno. La cosa che mi ha fatto riflettere è che semplicimente il movimento di aprire il giornale per sfogliare le pagine e poi ripiegarlo religiosamente, pur senza produrre contatto fisico, era motivo di turbamento. Al bell’articolo di Diamanti sulla trasformazione della provincia, uscito oggi, mi piacerebbe aggiungere qualche riflessione sulla contrazione degli spazi. Tutto qui.

  14. se pensiamo che c’è gente, come un uomo che ho visto io, che sul treno si alza la maglietta e si accarezza e gratta il pancione!

  15. è successa anche a me stamattina alle 8 una cosa simile. mi son preso gli urlacci di un tizio senza avergli fatto niente. c’è troppa gente in giro che odia la propria vita; questo è il fatto. e non è bello.

  16. Si uccide per molto meno in metro. =P
    Fondamentalmente il proprio spazio personale(sui mezzi pubblici, ma anche altrove) è oggi talmente limitato che persino un gomito viene considerato un’invasione dello stesso. Ritargliarsi un posto è già così difficile, non mi stupisce che qualcuno si agiti tanto per preservarlo.
    Che poi meritassero entrambi un calcio sugli stinchi è un altro discorso…

  17. Ne Galimberti
    http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni
    /cronaca/erba-2/umberto-galimberti/umberto
    -galimberti.html
    ne Romagnoli
    http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni
    /cronaca/erba-2/romagnoli-erba/
    romagnoli-erba.html
    mi convincono.
    Galimberti, tra le altre cose:
    Questo criterio, che valeva al tempo di Kant, oggi vale molto meno. E la ragione va cercata nel fatto che i bambini di oggi sono sottoposti a troppi stimoli che la loro psiche infantile non è in grado di elaborare. Stimoli scolastici, stimoli televisivi, processi accelerati di adultismo, mille attività in cui sono impegnati,
    Certo, Galimberti ha ragione quando dice che quelli che lui chiama sentimenti vanno ascoltati e cresciuti, ma posso assicurargli, se avesse dubbi, che nei periodi in cui ho cresciuto la mia infanzia non tutti gli adulti ‘crescevano i sentimenti’ con i figli (più spesso ‘ubbidivamo’ o eravamo castigati e non solo a casa, anche a scuola o in chiesa, altro che ascolto), i tempi moderni avranno anche i loro guai, ma anche il mondo bucolico di un tempo non scherzava.
    Lo sviluppo di ‘sentimenti’ era sovrastato dall’ubbidienza a genitori e adulti in generale, non so dove abbia vissuto Galimberti, l’Italia agricola di 40/50 anni fa questo era e cresceva, compresi i coniugi di Erba, mica nuove generazioni di indifferenti pargoli super-stimolati 🙂
    Posso comunque rassicurare U. Galimberti, nonostante vite agricole spesso allo stato brado nelle campagne o periferie cittadine a terrorizzare e massacrare piccoli animali, (non per sadismo, ma per una stupida curiosità rispetto alle interiora, al comportamento,alle prove di forza ecc) pochi sono diventai vicini irritabili e mortali o serial killer.
    Ho buone speranze che anche i difficili tempi moderni permettano la crescita di molti sentimenti, nonostante tutto 🙂 o a dispetto di.
    Romagnoli invece ricostruisce un certo atteggiamento dei coniugi che posso anche immaginare vero, facendo però tutta una minestra da Gaza ai due condomini. Mi spiace, ma è troppo semplice e semplicistico. Si dà il caso che a pensarla così sia quasi scontato immaginare che i due abbiano solo preceduto, per giorni o per anni, i massacrati dal compiere operazione analoga nei loro confronti. Non mi pare, non riesco a immaginare la famiglia sgozzata in questa veste. Anche Marzouk che oggi auspica vendetta lo fa a fronte di una lesione che non è minimamente paragonabile con i rumori lamentati dai vicini.
    A Gaza purtroppo le offese che gli abitanti subiscono non sono solo rumore (potrebbero fregarsene), ma quotidiano stillicidio di vite e sottrazione di spazio vitale (Kmq, acqua, cibo, beni e quant’altro) tanto che sembrerebbe innaturale e non umana la passiva accettazione di uno stato del genere. Sembra che sia un meccanismo di sopravvivenza quello che ci muove tutti, in circostanze che cercano di negare la nostra stessa vita (non il volume troppo alto di un disco quindi) a far si che volenti o nolenti cerchiamo di difenderci e di far fuori il nostro aguzzino. A Gaza persone perfettamente in grado di affrontare un condominio rumoroso non sono, come d’altronde non lo sarei io e molti altri come me, in grado di accettare passivamente il proprio sterminio.
    Non credo sia necessario, per spiegare ogni nefandezza umana ritirare fuori sempre la storia che tutto è uguale a tutto, per spiegare i due bastavano queste (o altre, sue o di suoi pari) parole di Borghezio a cui aggiungo mie considerazioni estemporanee.
    «la spaventosa mattanza cui ha dato luogo a Erba un delinquente spacciatore marocchino ci prospetta uno scenario a cui dobbiamo abituarci»
    Ci sono gruppi umani o famiglie che la nostra società tende a svilire con subdola sottigliezza e inumanità (estracomunitari, poveri, zingari, gruppi marginali ecc..) su cui sempre più si stanno riversando le frustrazioni di vite vuote, impoverite, che non riescono a distinguere i reali meccanismi che le stanno stritolando. A queste persone (questi subumani, o subanimali vista la retorica con cui si proteggono -a parole – anche gli animali) si rivolgono sempre più violenze gratuite e per banali o inesistenti motivi. Il moto di sorpresa viene dopo, quando ci si chiede cosa si è fatto di male visto che in realtà si è solo ripulito il mondo da simile spazzatura.
    Incredula e contrariamente alle mie abitudini ho divorato tutte le cronache su Erba e alla fine mi pongo alcune domande: se i due avessere avuto sulla loro testa una famiglia di rispettabli signori che davano lustro a loro e all’abitazione (non una copia mista con marito nato male e per di più ex-spacciatore, moglie volontariamente auto degradata e bimbo sicuramente abominevole)e che condividevano la stessa avversione per i marocchini di *****, sarebbero stati insofferenti in egual modo? avrebbero osato picchiare la moglie di uno che non era extracomunitario condannato alla galera? ucciderne il figlio? o avrebbero insonorizzato la camera?
    non lo saprò mai, ma il dubbio non mi abbandona.
    besos
    dopo aver scritto ho trovato questo, consiglio lettura
    http://salamelik.blogspot.com/2007/01/brava-gente.html
    P.S. Lolip, quelle sul bus sono prove generale di frustrazione individale e sociale, inalterate dall’alba al tramonto, che non riescono più a essere indirizzate al lavoro, ai capi, ai governi, alle mille compulsività compensative, ecc.. alle ragioni che ci umiliano, insomma. Provare a avere opinioni critiche spesso porta a essere etichettati come antisociali o peggio, meglio rinunciare.
    Prova a fare un esperimento. Prova a insinuare in un gruppo di feroci passeggeri il dubbio che il loro malessere dipenda da un gruppo di persone (più scure, vestite male, parlanti altro idioma, fai te) e che tu sei la prima a essere incazzata per il fatto che viaggiano sull’autobus occupando il ‘vostro’ spazio. Forse non ci sarà la caccia all’uomo (non siamo ancora completamente maturi), ma vedrai che alcune facce si illuminano, stramaledicono, sparlano (sono abbastanza mature). Poi, quando i destinatari degli insulti scendono, in genere sorridono, parlano del tempo, ti chiedono che lavoro fai, sono rassicurate dal fatto di avere trovato un loro simile. Peccato che dalla nostra storia del ‘900 sappiamo benissimo dove ci porterà una socialità basata su queste cose anche senza ‘la terza notte di Valpurga, ‘la tela del ragno’ o ‘le uova del serpente’.
    vabbè, esagero, sono molto avvilita, triste, viene fuori la vena pessimista 🙁
    In realtà il mondo è un prato ‘verde Erba’ 🙂

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