LA DOPPIA QUESTIONE DI TRIVELLATUASORELLA

Vorrei dire un paio di cose sull’ormai famigerata campagna #trivellatuasorella, e provo a spiegare perché. Sabato scorso, su segnalazione di una follower via Twitter, vengo a conoscenza della vignetta realizzata da una giovane agenzia di comunicazione pugliese, beShaped. La quale riprende – attenzione – un meme che girava spontaneamente da settimane in rete. Il meme originale era semplicissimo: mare (da difendere nel referendum noTriv del prossimo 17 aprile) e slogan. Pessimo slogan, certo. Ma quando si provava a dirlo, la reazione era quasi sempre la stessa: in sintesi, che palle le femministe.
Lo stesso “che palle le femministe” che esce fuori ogni pié sospinto. In parte, e non va negato, perché in alcuni casi capisco come possa esasperare l’indignazione a getto continuo. Per dire,  io non me la sento così tanto di associarmi a quella che riguarda la maternità di Giorgia Meloni in particolare: e non perché  non sia più che sacrosanto che una madre possa fare la sindaca, la ministra e quel che le pare, ma semplicemente perché mi sarebbe molto piaciuto che la levata di scudi sul materno e in assoluto sulla genitorialità e ancor più in assoluto sulla carenza di servizi che riguarda la medesima fosse avvenuta prima e a prescindere, e non a rimorchio: invece, nelle ultime settimane la discussione è stata quasi tutta sulla “naturalità” della maternità medesima. In altri termini: preferirei – ma è un fatto personale – non farmi dettare l’agenda delle  indignazioni da una dichiarazione di Berlusconi, dal momento che – e gli ultimi vent’anni circa lo hanno dimostrato – è un atteggiamento perdente.
Andiamo avanti.
Sabato, dicevo, vedo la vignetta, che mostra una donna stilizzata a quattro zampe, una trivella che si erge, e il solito hashtag, trivellaeccetera. Lo racconto in uno status su Facebook, con i nomi dei quattro soci di beShaped, e con l’auspicio che l’agenzia chiuda. Sbuffo di rabbia? No. I nomi, intanto: i nomi sono pubblici e sul loro sito, non c’è nessuna ricerca investigativa da fare se non un clic. Pubblicarli non è un invito al linciaggio (che purtroppo c’è stato, perché sui social proprio non si riesce ad argomentare, maledizione, e via con i cretiniimbecillivergognaaa): è la richiesta di un’assunzione di responsabilità, esattamente come ho fatto, mesi fa, con gli altrettanto giovani autori (e autrici) degli articoli sulle camerette delle bambine morte. Nomina nuda tenemus, proprio quella cosa lì: se fai una cosa, prenditene la responsabilità.
Cosa è successo dopo? Di tutto. La protesta si è allargata, i quattro ragazzi di beShaped, inizialmente spavaldi e intenzionati a non scusarsi, hanno cominciato a scusarsi. In modo contorto, in verità, con la rapida rimozione dello status di Michela Neglia, la grafica autrice della vignetta, dove si scriveva quanto segue:
“Trivella tua sorella è stato rimosso dai social perché sembrava nuocere in maniera incisiva molte persone. Non mi scuso per aver prodotto una cosa tanto crudele e cattiva. Il mio scopo era quello. Vogliono stuprare il nostro mare. E’ una violenza, e non è tanto differente da quella che si può fare a una persona. Lo stupro è una violazione: ti priva del bello, ti priva della capacità di condivisione e ti priva della capacità di godere. Io non voglio rinunciare a godere del mio mare, non voglio smettere di condividerlo con chi lo abita e lo rende vivo e meraviglioso. Io non ci vedo nulla di sessista. E’ solo orribile, come lo è l’azione di distruggerlo sotto i nostri occhi. Non puoi combattere una cosa brutta con immagini belle, sarebbe come denunciare la guerra postando foto di campi in fiore. Io dico no allo stupro del mare e lo dico senza censure, come sono abituata a fare”.
Se i soci di beShaped avessero lasciato questa motivazione (inizialmente anche su twitter, a firma dell’agenzia), sarebbe stato importantissimo: perché ci sono molti punti su cui discutere. Invece, hanno spiegato che un socio in prova aveva postato tutto a loro insaputa, che lo hanno punito, che non sapevano e insomma scusateci tanto.
Peccato, ma davvero. E peccato anche per i toni accesi che sono seguiti, di qua e di là (Scemi! Bigotte! Fate schifo! Non venite trivellate abbastanza! eccetera eccetera). Perché la questione della libertà evocata dall’autrice (autrice, donna, non di sesso maschile come sosteneva ieri Gramellini nel suo Buongiorno) è interessantissima: è  “non vedere” il problema. Io le credo. Credo che tuttora non si capaciti e continui a chiedersi dov’è l’errore, e ci vorrebbero fiumi di parole, e possibilmente parole dette dal vivo, per andare a ricercare l’origine di questo non vedere. Lo stupro non può essere utilizzato in una campagna pubblicitaria: certo, è stato fatto da fior di stilisti, e giustamente contestato. Tanto meno può essere utilizzato in una campagna che mira a formare una coscienza civile: il rispetto per l’ambiente e per il corpo (delle donne, e non solo) o va di pari passo o non va.
Cosa succederà ora ai ragazzi di beShaped? Davvero l’auspicio, ma senza alcuna cattiveria, è che fermino tutto, ci pensino su e magari, senza arroccarsi sulle posizioni prese, facciano un paio di riflessioni sul concetto di creatività. Dubito che avvenga: molti dei loro coetanei si sono complimentati per essere, comunque, diventati famosi. E su questo, anche, si dovrebbe pensare un bel po’.
Ma c’è un’altra cosa da dire, e riguarda il Comitato NoTriv. Molti dei fautori del sì hanno ipotizzato che i quattro ragazzi lavorino per i fautori del no. Sinceramente, non ci credo. Penso, banalmente, che si siano accodati per fare un po’ di cagnara e procurarsi, appunto, visibilità: e che la faccenda sia loro sfuggita di mano. Ora, però, il Comitato NoTriv ha scritto una nota. Questa:
“Abbiamo lavorato oltre ogni limite di immaginazione per promuovere un referendum che non solo difendesse il nostro mare, ma segnalasse con urgenza l’esigenza di un cambiamento sostanziale del nostro modello di sviluppo. Un modello che sta arrivando al capolinea basato sul consumo dell’energia fossile quanto sulla prepotenza. La nostra campagna mira a lanciare un messaggio di riconciliazione con la natura e gli esseri umani. Riconciliazione possibile solo con un dialogo paritario e rispettoso tra diversi. La prima differenza e il primo cambiamento di rapporto riguardano i due generi. Per questo ci dissociamo e condanniamo fermamente la campagna referendaria dell’agenzia beShaped diffusa con lo spot “Trivella tua sorella”, attraverso una grafica che allude esplicitamente allo stupro (confermata dalla lettera di non scuse diffusa dopo le proteste). Una comunicazione che non sa veicolare un messaggio in positivo, che ha bisogno di richiamarsi alla violenza subita dal mare e che non riesce ad uscire dal meccanismo perverso della strumentalizzazione (e umiliazione) del corpo della donna è un fatto gravissimo.
Coordinamento Nazionale No Triv”
E’ bene che sia stata diffusa, ed è bene che una donna, Laura Cima, si sia battuta affinché venisse scritta. Se posso, andava diffusa prima. Anche ai tempi del primo meme, quello anonimo, che continuava a girare e che qualcuno difendeva perché “così si arriva pure ai tamarri”, eh già. Come se il fine giustificasse sempre i mezzi. Come se chi alzava la mano, o pigiava sulla tastiera, per dire che non funziona così, fosse la solita rompiscatole guastafeste.
Allora, se posso ancora, il problema non è solo dei quattro ragazzi pugliesi: è anche di chi pensa che i diritti delle persone funzionino a compartimenti stagni, adesso pensiamo a questo e poi pensiamo a quest’altro. Funzionano insieme. O non funzionano affatto.

14 pensieri su “LA DOPPIA QUESTIONE DI TRIVELLATUASORELLA

  1. Un grazie a Loredana Lipperini per la sensibilità, perché si “spende” per la nostra spesso offuscata civiltà, perché trasmette l’idea che ognuno di noi può vivere bene solo se il mondo intorno vive meglio.

  2. Mah, non saprei. Mi sembra che si stia abusando della parola “femminismo” – io qui andrei più a monte del femminismo: uno slogan e un disegno di quel tipo dovrebbero urticare un qualsiasi essere umano perché sì, non per questioni femministe – come l’abitudine di tirare in ballo attività sessuali ritenute degradanti (da chi?). Tanto per dirne una, ritenere il sesso anale un attività degradante è un problema di vecchia mentalità maschile, più che femminista. Se a mia sorella (o a me) piace praticarlo, siamo per forza obbligate a vederci dolore, stupro, umiliazione e vergogna? Perché secondo la mentalità da caserma lo è?
    E anche il tirare in ballo “tua sorella” (come del resto la mamma) non è un problema legato più alla mentalità patriarcale e alla necessità del Vero Uomo di Proteggere Le Sue Donne?
    E se questa mentalità secondo cui sono i maschietti a decidere se e cosa è umiliante per me o per mia sorella mi sembra, più che antifemminista, ridicola, sorpassata e ancorata a schemi del tempo fascista, è solo un problema di femminismo? I temi femministi mi sembrano altri – gli asili nido che non ci sono, il soffitto di cristallo, la pillola del giorno dopo.

    1. Murasaki, uso la parola femminismo perché non è una parola brutta, nonostante la denigrazione, né è limitata alle donne. Tutto quello che tu hai detto rientra nella definizione di femminismo, peraltro: e i simboli sono importanti quanto le questioni pratiche. Andrebbero, anzi, di pari passo (detto questo, non capisco la questione del sesso anale, né cosa c’entri in questo discorso).

  3. E’ per la il disegno del logo, credo. Ma in effetti si può interpretare anche in altri modi.
    Non intendo dire che “femminismo” è una brutta parola, tutt’altro. Solo che a volte mi sembra usata in modo un po’ troppo estensivo, ecco.
    Comunque, come ho scritto, erano solo pensieri in libertà.

  4. per padroneggiare l’ironia senza sconfinare nella volgarità ci vogliono stile e doti da equilibrista. Al posto dei quattro ragazzi pugliesi, e dei loro epigoni, ci starei lontano finchè non s’impratichiscono con la materia

  5. a proposito delle femministe pallose e di questo slogan orrendo, inqualificabile, mi torna in mente quella tale Bacchiddu che aveva avuto la originalissima idea di diffondere una sua foto in bikini come invito al voto per la lista Tsipras.
    Tutto sommato niente a confronto con lo slogan e la foto “trivellatuasorella”.
    Sulla “naturalita” della gravidanza della Meloni invece non condivido le virgolette.

  6. Abbiamo atteso qualche giorno prima di intervenire pubblicamente, con una risposta che abbia il valore dell’ufficialità, sulla vicenda che vede al centro dell’attenzione mediatica dell’intero Paese la nostra agenzia di comunicazione. E vogliamo partire dal ricostruire quanto accaduto in modo corretto, dal momento che si sono susseguite, di bacheca in bacheca, di commento in commento e di giornale in giornale, versioni talvolta molto discordanti.
    #beShaped è un’agenzia che conta quattro membri effettivi, due uomini e due donne. Non si tratta di un team di soli uomini, quindi, come qualcuno ha sostenuto. Si avvale anche della collaborazione occasionale di altre persone, che non fanno parte dell’organico dell’agenzia. Ad uno di questi collaboratori (regolarmente retribuito, e non uno stagista sottopagato, come pure è stato scritto), era stata affidata la gestione dei social network dell’agenzia proprio per valutare le sue capacità sulla nostra pelle, prima di affidare alle sue “cure” i profili dei nostri clienti. Durante la nostra assenza, questo nostro collaboratore ha ideato e diffuso il banner e l’hashtag #trivellatuasorella, ormai noti a tutti. Lo stesso ci ha informati nella giornata di domenica 13 marzo che il banner pubblicato aveva suscitato alcune reazioni contrarie da parte di numerosi utenti, senza entrare troppo nello specifico. Sicuri delle sue capacità, gli abbiamo consigliato di motivare il senso dello stesso e scusarsi eventualmente se poteva aver offeso in qualche modo qualcuno. E così è stato fatto, anche se in modo maldestro. Abbiamo preso coscienza di quanto fosse realmente avvenuto solo nel pomeriggio di lunedì 14 marzo, quando ormai i social network e i giornali avevano ampiamente divulgato la notizia (e su questo torniamo a breve). A quel punto abbiamo tentato prima di spammare un messaggio che, nel più breve tempo possibile, potesse fornire a tutti coloro che avevano commentato sulla nostra pagina una spiegazione chiara dell’accaduto e, in seguito, abbiamo risposto con più calma prima ai commenti e poi alle mail (quattro in tutto più una telefonata!!). Al nostro messaggio nessuno ha dato alcun peso, continuando tutti a sostenere le tesi più assurde. E ne citiamo alcune.
    La prima e più divertente (ci sia consentito) è che la nostra agenzia abbia avviato la campagna su commissione del Premier Renzi allo scopo di sabotare il Referendum del 17 Aprile; una versione molto simile ha riportato addirittura che sarebbero state alcune compagnie petrolifere a sovvenzionare la campagna. Uguale e contraria è stata una terza teoria, quella che ci voleva assoldati da qualcuno per ledere l’immagine del Premier Renzi. Rassicuriamo tutti: siamo una piccolissima agenzia, nata da pochissimo tempo, che non conta clienti tanto importanti nel suo portfolio. Pertanto simili congetture sono perlopiù figlie del complottismo dilagante quando non di una singolare immaginazione.
    Altre campane hanno dipinto la nostra agenzia come un covo di maschilisti sessisti, senza dignità, senza cervello, ecc. ecc. ecc. Ma questo potremmo anche comprenderlo, se non fosse che dopo le spiegazioni pubblicamente fornite non è comprensibile come mai si continuino ad insultare gratuitamente i nostri collaboratori.
    Ci hanno accusati di aver indotto molte persone a decidere di votare No al Referendum. Altra argomentazione quanto mai bizzarra: chiunque, informato e dotato di un senso critico, sia realmente convinto della sua posizione, non lascia certamente demolire le sue convinzioni da un banner su Facebook!
    Ci hanno accusati di aver fatto una palese incitazione allo stupro! In un Paese, nel nostro Paese, in Italia, in cui noti politici – quelli sì noti, non la nostra agenzia, anche se ringraziamo chi ci ha voluto accordare tanta importanza! – vanno a letto con minorenni, in cui ogni giorno vengono denunciati casi di pedofilia che vedono coinvolti padri, madri e uomini di Chiesa, in cui ad ogni ora del giorno proponiamo in Tv donne nude e messaggi tutt’altro che edificanti, un banner con un omino stilizzato sarebbe considerato un’induzione allo stupro?! Un omino, s’intende, che richiama la figura di una donna; poiché, come pure abbiamo letto in alcuni commenti, se al posto della donna ci fosse stato un uomo, allora non ci sarebbero stati problemi! Alla faccia del bene amato sessismo!
    Per giungere alle dichiarazioni del Presidente Emiliano di questa mattina, che ci vorrebbe addirittura in arresto. Sempre qui, in Italia, dove non vengono arrestati neppure gli assassini, gli stupratori e truffatori!
    Abbiamo chiesto conto all’autore del banner del suo gesto. Ha voluto accostare l’immagine della violenza perpetrata ai danni del nostro mare dalle trivellazioni a quella delle violenze subite da un corpo, con una immagine volutamente provocatoria e d’impatto, che servisse a diffondere due informazioni: il 17 Aprile c’è un Referendum; occorre votare sì. Bersagli che, anche se in modo controverso, sono stati centrati. Peraltro, la scelta della “sorella” non è motivata da un intento sessista, ma dalla ripresa di un’espressione tipicamente dialettale pugliese, per la quale quando qualcuno vuol fare qualcosa di sbagliato, lo si invita a farlo – a seconda dei gusti – alla madre, alla sorella o alla madrina di battesimo. Ma l’espressione è talvolta usata anche come intercalare, avendo ormai perso, nell’uso comune, qualunque senso volgare o sessista.
    Non siamo dell’opinione che tutto va bene, pur di raggiungere l’obiettivo. Questo tipo di comunicazione non era adeguata e non sarebbe stata da noi autorizzata, se ci fosse stato chiesto preventivamente un parere. Cosa che però non è avvenuta. Basti osservare il tono del precedente banner (ripetiamo, precedente, e non successivo e realizzato per “mettere una toppa” come anche è stato scritto) per capire quale fosse lo spirito con il quale, come gruppo, intendevamo esplicitare la nostra posizione. Ed è proprio per questo che l’autore è stato sospeso.
    Tuttavia riteniamo la reazione di alcuni assolutamente esagerata. Se altre esternazioni realmente sessiste suscitassero tanta indignazione, probabilmente oggi vivremmo in un Paese in cui le violenze sulle donne, il loro trattamento oggettivamente discriminatorio sui posti di lavoro, lo stato di minorità che ancora subiscono all’interno delle famiglie, lo sfruttamento del loro corpo nelle pubblicità, sui giornali, in Tv, sarebbero fenomeni ben che dimenticati. E invece quelli che molti autorevoli studiosi hanno definito “vendicatori della rete” si sono scagliati con violenza inaudita contro un semplice banner, arrivando a insultare e minacciare privatamente i nostri collaboratori, a falsificare screenshot, a invadere bacheche private con oscenità di ogni tipo; finanche a scomodare associazioni, politici e testate giornalistiche.
    Su queste ultime vorremmo infine fare un appunto. È ormai fatto noto che i giornali, anche i più autorevoli, utilizzino come fonte per scrivere le notizie, i social network, i quali non sono esattamente il luogo deputato alla raccolta di notizie attendibili, quanto perlopiù alla libera opinione, alla discussione, alla condivisione. Ed è proprio procedendo in questa maniera che molte importanti testate hanno riportato notizie non aderenti alla realtà, senza fare nessun riferimento alla nostra smentita (probabilmente sono stati gli stessi giornali che ci hanno accusati di sessismo a ritenere che la trivella potesse attirare più della verità, o quanto meno del ragionamento!). Il che ci dà la misura di quanto seriamente si faccia informazione nel nostro Paese. Nessuna di queste testate giornalistiche – nessuna! – ci ha contattati; eppure i nostri recapiti erano facilmente reperibili sul nostro sito internet (andando in tilt lunedì sera – dopo la pubblicazione della maggior parte degli articoli quindi – a causa del traffico e a breve di nuovo online). E sarebbe bastata una telefonata fatta per tempo, se davvero l’intento fosse stato bloccare un messaggio insidioso, pericoloso, rivoltante e offensivo. Ma l’intento è chiaro non fosse assolutamente quello!
    La pubblicazione del banner è avvenuta sotto la nostra responsabilità e per questo ci scusiamo. Senza se e senza ma.
    Sarebbe bello anche che ogni parte coinvolta in questa vicenda si assumesse la responsabilità delle proprie leggerezze, della propria volgarità, della propria serietà.
    Staff beShaped

    1. beShaped. E’ un inizio, e va benissimo. Quello che interessa me, come ho scritto, è il “non vedere” la questione: anche un semplice banner, come scrivete, fa parte di una visione generale. E’ singolare che abbiate definito “omino” la figura femminile, che tale è: singolare ma anche indicativo. Come ho scritto, non credo che siate al soldo di nessuno, non credo che andiate denunciati, figurarsi, o altro. Però ci è voluto parecchio per arrivare dal “non mi scuso”, poi diventato “non ci scusiamo” (che ho letto con i miei occhi sabato sera, nessuna falsificazione di screenshot, dai, su) alle scuse “senza se e senza ma”. Non è un problema di scuse, secondo me: quanto di capire come quattro giovani persone vedono il mondo: il proprio e quello per cui provano a lottare, sia pure suscitando il gran casino che avete fatto 🙂 Parliamone, senza comunicato ufficiale però.

  7. Entriamo nel merito.
    – Nei mari attorno all’Italia ci sono 119 impianti di estrazione di gas naturale o petrolio tra Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia
    – di queste 119, 21 piattaforme sono entro le 12 miglia dalla costa
    – la legge vieta ulteriori piattaforme entro le 12 miglia dalla costa
    – di queste 21, 9 hanno concessioni decennali in scadenza che la legge prolunga fino all’esaurimento del giacimento
    .
    Il referendum vuole cancellare il prolungamento delle concessioni in scadenza fino all’esaurimento del giacimento.
    .
    Much ado about nothing or about very little, ma come potete pensare che ci lasciassimo perdere l’occasione per una formidabile sbornia retorica, comprensiva delle grossolane gaffe della BeShaped?

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