TROPPA MUSICA, TROPPI LIBRI E LE PRESENTAZIONI A PAGAMENTO

Ho amato la musica e ho anche lavorato nella musica, in anni lontani. L’ho amata tutta, da Francesco Geminiani ai Ramones (e anche più indietro e più avanti). Eppure adesso ho un problema serio con la musica. Non riesco più ad ascoltarla: certo, ogni tanto mi concedo la felicità di un’aria di Haendel, ma avviene di rado. E non perché sia depressa o perché le mie giornate siano convulse (lo sono, ma il tempo si trova sempre): bensì perché mi viene imposta troppa musica dagli altri.
Comincio scendendo le scale della metropolitana, con i finto-rapper di Romaradiolaradiodellamobilitàurbana (che la dea appaia loro in sogno nelle sembianze di Mozart, per una volta, e renda sensibili le loro orecchie). Continua nella metropolitana stessa, con le decine di suonerie e unz-unz-unz che escono dalle altrui cuffiette. In mezzo, le innumerevoli musiche che non ho scelto, d’ambiente o individuali, e imposte appunto anche a me. Alla fine, ogni santa sera, l’altro unz-unz-unz che proviene dalla piscina vicino casa e accompagna il corso di nuoto sincronizzato e, volando sulle ali vento, mannaggia anche a lui, arriva fino alle mie orecchie.
E’ troppo, diventa troppo. Al punto che qualche volta batto sulla spalla del viaggiatore accanto e gli chiedo, per favore per favore, se abbassa il volume. Non che sia tutta musica “brutta”: in molta parte sì, visto che gli unz-unz non sono propriamente al primo posto nel mio gradimento, ma soprattutto è musica che non ho voglia di sentire e che mi rovina addosso che lo desideri o no.
Ecco. Qualche volta mi chiedo se la fuga di lettori non dipenda anche da un procedimento simile: perché quando si dice “troppi libri” non ci si riferisce soltanto a una questione tecnica che riguarda le librerie, le rese e i conti degli editori e la permanenza sempre più breve dei titoli sugli scaffali. Troppi libri significa che sui social i discorsi non sui libri ma sul “proprio” libro stanno diventando ossessivi: manca poco che diventino l’almanacco del giorno (oggi, 17 marzo: nel 1991 Maradona viene trovato positivo alla cocaina. Nel mio libro c’è, a pagina 128, e così via).
Facile, si dirà: basta evitare di leggere gli status, non rispondere alle mail, disconnettersi. A parte il fatto che non è così facile, non parlo di me, in questo caso, ma della sensazione che ne riceve il lettore, che dai libri rischia di sentirsi aggredito, e che, consapevole che non si può leggere tutto, rischia di non leggere affatto.
Questa lunga e noiosa premessa per arrivare al punto. Si è discusso, proprio sui social, qualche giorno fa, della prassi che non poche librerie stanno adottando nel chiedere di acquistare il libro dell’autore per poter accedere alla presentazione del medesimo. Fra queste librerie ce ne sono alcune a cui va non da oggi la mia immutata stima, dunque non le nomino: anzi, non ne nomino nessuna, perché la prassi è trasversale.
Come altro dovrebbero fare i librai, dicono alcuni, per ripagare le spese del viaggio e pernottamento dell’autore (che, a mio modestissimo parere, dovrebbero essere a carico dell’editore, o almeno ripartite con l’editore)? La questione non è semplicissima, in effetti: da una parte i librai devono sopravvivere, dall’altra non trovo giusto imporre al lettore di acquistare a priori un testo. In molti casi si decide di comprarlo dopo aver ascoltato l’autore. O, certo, non lo si compra affatto in caso la presentazione risulti poco gradita o il libro sia lontano dai propri gusti, oppure ancora non  si compra perché si era andati in libreria per passare il pomeriggio e non perché realmente interessati.
Ecco, non trovo sbagliato chiedere un ingresso a pagamento (prezzo politico, però, inferiore ai 5 euro) come avviene in molti Festival. Ripagherebbe dei costi almeno in parte e lascerebbe però al lettore la libertà di scegliere se acquistare o meno. Non lo trovo sbagliato, aggiungo, ma non mi piace particolarmente, perché preferisco tenere cara l’idea di una libreria dove si entra e si esce senza vincoli, ma capisco anche le motivazioni dei librai.
Rimane quell’idea del “troppo”: quando i libri sono troppi, il rischio è di non goderne più. Questo è il Vero Nodo, direbbe qualcuno: anche per i librai, oltre che per i lettori.

3 pensieri su “TROPPA MUSICA, TROPPI LIBRI E LE PRESENTAZIONI A PAGAMENTO

  1. Così dovrebbe essere, infatti. Però capisco anche che nessun editore può pagare un tour lungo, per esempio, un anno. E allora ci sta che sia chi invita l’autore a pagargli viaggio e pernottamento. Però resto contraria all’idea dell’acquisto imposto, ecco.

  2. Sarebbe un bello slogan sulla fascetta di un libro: vi perderete in un mondo in cui non arriva lo unz unz sincronizzato di chi nuota nella metropolitana.
    Ora che ci penso un incipit come ” Dopo il crepuscolo mi persi in un mondo in cui nuotavano sincronizzati nella cocaina goleador sovvrappeso ” potrebbe essere un Aldo Nove di quelli che si vendono tutto sommato bene nelle librerie in cui lo scrittore presenta il libro.

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