LA MORTE DI SALINGER

J.D. Salinger è morto a 91 anni. Qui il New York Times.

6 pensieri su “LA MORTE DI SALINGER

  1. Va di moda sostenere che ‘The Catcher in the Rye’ sia uno dei libri più sopravvalutati della letteratura. Per quanto mi riguarda, ne trassi una profonda suggestione al tempo in cui lo lessi (tanto che, per imitare Holden Cauffield, scappai dal collegio). E quale scrittore non vorrebbe avere le chances di Jerome David Salinger? Dall’anonimato all’esplosione letteraria internazionale… per poi permettersi il lusso [tale è] di detestare fama e successo:-/

  2. Qualcuno ha detto che questo è il primo caso di morte di uno scrittore accolta con entusiasmo dai suoi fan che sperano in tutti quegli inediti che pare abbia scritto negli anni di silenzio – il solito caso di bulimia da fandom…
    Ammettiamo pure che scrivesse molto bene e che, ancor più importante, desse una grande importanza a quel che scriveva tanto da convincerlo ad astenersi dallo scrivere o almeno dal pubblicare. Resta, secondo me, che l’influenza del Giovane Holden su migliaia di scrittori e milioni di lettori sia stata perniciosa.
    C’è un filo diretto fra la denuncia della phoniness, dell’inautenticità di Holden Caulfield e, oggi, il concorrente medio del Grande Fratello con i suoi continui ‘io sono vera’, ‘io sono fatto così’, ‘io dico le cose in faccia’, ‘tu sei falso’, ‘tu non sei una persona vera’, ‘lei parla alle spalle’…
    Come fa notare The Onion, The Catcher in the Rye è diventato quasi un marchio della phoniness moderna:
    http://www.theonion.com/content/news/bunch_of_phonies_mourn_j_d
    A un certo punto Holden va a teatro e ci sono i Lunts. Per chi non lo sapesse i Lunts, Alfred Lunt e Lynn Fontanne, furono la coppia regnante di Broadway fra gli anni Venti e gli anni Cinquanta, alternando teatro classico e moderno, serio e leggero, sempre su standard molto elevati. Fecero un film nel 1931 giusto per far vedere che potevano (e fu un successo) e poi, da quei phonies che erano, rifiutarono sempre offerte miliardarie da parte di Hollywood perchè fare film li ‘annoiava’.
    Salinger/Holden ammette che in effetti sono proprio bravi, che sono su un livello superiore agli altri phonies, ma il problema è che sono TROPPO bravi, che lo sanno e che si vede che lo sanno, cosa che li fa ripiombare, pur con un certo stile, nel gorgo della phoniness.
    Insomma, non puoi far finta di possedere doti che non hai e non puoi mettere in mostra le doti che effettivamente hai: a quel punto, non dovendo dimostrare proprio nulla, puoi giudicare con sprezzo tutti gli altri…
    Però, come ho detto, Salinger scriveva veramente bene e dava importanza a quel che scriveva. Quindi un dubbio mi viene: quanto si identificava con Holden? La sua non potrebbe essere, in qualche modo, una satira della mentalità adolescenziale? La descrizione di un giovane fasullo che condanna un mondo fasullo? O, adirittura, che Holden sia in qualche modo uno squilibrato, un futuro Mark Chapman?
    E’ un dubbio che mi venne leggendo A Perfect Day for Bananafish, che mi piacque immensamente.
    Però mi pare che il mondo abbia accolto l’angst adolescenziale del Giovane Holden alla lettera, non ironicamente, e se hanno ragione loro allora no, grazie, non fa per me.
    P.s. Oggi sul Corriere, che in prima pagina aveva una impagabile foto del vecchio Salinger infuriato, c’era una nota sulla notoria difficoltà di tradurre il titolo originale. Considerando che catcher è un ruolo difensivo del baseball e rye non vuol dire solo segale ma anche whisky, il giornalista proponeva ‘Il terzino nella grappa’…

  3. L’ipotesi del “terzino nella grappa” era stata fatta da Italo Calvino in persona, come raccontò la traduttrice del romanzo, Adriana Motti, ed è riportata nella “nota al titolo” che precede l’edizione italiana del romanzo. Non ho letto il pezzo del Corriere ma, se davvero il giornalista ha spacciato questa proposta come sua, non mi sembra una gran bella figura.

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