SUL CORPO, SULL'ETA', SULLA LIBERTA'

Riporto l’articolo di Michela Marzano, uscito oggi su Repubblica, a proposito dell’eterna giovinezza a cui siamo, pare, condannati. Argomento chiave.
Prima di lasciarvi alla lettura, però, ho una domanda. Retorica, naturalmente. Perchè mi interesserebbe proprio tanto avere qualche risposta da coloro che hanno inneggiato alla libertà dello scrittore e alla sua autonomia interiore. Dal momento che il titolo odierno di Libero, sopra la fotografia di Patrizia D’Addario è (lo scrivo in maiuscolo): SPUTTANATA.
Dunque?
Gli anni passano per tutti e non c’è modo per evitare che ciò accada. Nonostante le innumerevoli scoperte scientifiche e tecnologiche, non sappiamo ancora come fare per “fermare” il tempo.
L’elisir dell’immortalità resta un mito. Eppure il corpo resiste al passare del tempo, sembrando sempre più giovane. Certo, si trasforma, si indebolisce e non dimentica mai completamente le gioie e i dolori che una persona attraversa durante la propria vita. Ma rispetto al passato, anche un passato piuttosto recente, il corpo non è più quel vecchio cappotto che ci portiamo dietro e che vorremmo nascondere. Il nostro corpo è, sempre di più, un alleato fedele che ci permette di “essere” e di “fare” quello che i nostri nonni e i nostri genitori non avrebbero mai osato immaginare. I cinquantenni di oggi sono atletici, dinamici, tonici. Chi potrebbe considerarli vecchi? Non hanno forse il fisico che avevano un tempo i trentenni?
La fissazione per il corpo è il nuovo “oppio dei popoli”. Ognuno di noi si concentra sulla propria immagine fisica in modo quasi ossessivo. Di fronte alle incertezze e ai rischi di un mondo sempre più “liquido”, come direbbe Zygmunt Bauman, il controllo del corpo permette, almeno apparentemente, di combattere l’ansia e l’insicurezza. Che si tratti della chirurgia estetica, dello sport, delle diete o dei trattamenti anti-invecchiamento, tutto contribuisce ad aiutarci a mantenere inalterata la nostra immagine. L’anno in cui siamo nati non significa più nulla: siamo comunque giovani, efficienti, socialmente inseriti, pieni di energia e di desideri. Il nostro corpo è il nostro biglietto da visita, che ci siamo costruiti a forza di sacrifici e di rinunce. A differenza del passato, abbiamo capito che “valiamo”, e che col passare degli anni “valiamo” anche di più.

“Sto meglio ora rispetto a quando ero ventenne, mi sento più sicura di me stessa e infinitamente più bella”, dichiara Sharon Stone quando, nel 2006, viene scelta da Dior come volto per la campagna di una nuova crema antietà. Chi potrebbe d’altronde contraddirla? Chi potrebbe negare che le donne che hanno oggi cinquant’anni assomigliano alle trentenni degli anni Settanta? Il corpo (più o meno rifatto, più o meno coccolato, più o meno strumentalizzato) permette non solo alle donne, ma anche agli uomini, di vivere più volte la stessa vita, di ricominciare a amare e desiderare come quando erano più giovani. Tutto è più facile. Con l’esperienza della vita, si può anche sperare di non ripetere più gli stessi errori… Spinoza l’aveva già detto, in una bellissima pagina del Trattato, quando forse ancora nessuno poteva veramente capire il senso esatto di quelle parole: “Nessuno sa ciò che può il corpo”. Ma il corpo può veramente tutto? Basta “avere” il corpo di una trentenne per “esserlo” veramente?
Il jeunisme trionfante delle nostre società occidentali ha anche dei risvolti negativi. Se non c’è niente di male a voler migliorare la propria immagine e a voler restare giovani, il rischio che si corre è di colpevolizzare gli “altri”, quelli che non ci riescono: le donne che hanno delle rughe, gli uomini meno atletici. Un tempo, il lifting era tabù. Oggi, il nuovo tabù è la vecchiaia. Mostrare la propria età è diventato quasi osceno. La giovinezza è diventata sempre più una sorta di “imperativo categorico” cui ci si deve conformare, se non si vuole essere marginalizzati. Certo, la speranza di vita è aumentata enormemente. Quando si hanno cinquant’anni, restano in media ancora trent’anni di vita. Perché non approfittarne allora? Il corpo ci aiuta, viva il corpo! Che dire, però, di coloro che, nonostante tutto, mostrano gli anni che hanno? Tanto più che i giovani, quelli che hanno veramente trent’anni, hanno tutto il diritto di vivere la propria giovinezza senza sentirsi minacciati dalle generazioni precedenti. È senz’altro piacevole avere genitori che non sembrano vecchi. Ma quando i genitori entrano in competizione con i propri figli, allora c’è qualcosa che non va: la speranza di poter un giorno assumere delle responsabilità di rilievo si trasforma in intolleranza nei confronti di tutti coloro che non vogliono dar spazio ai giovani.
Che si tratti del lavoro o delle relazioni affettive, ogni età ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. Il corpo ci aiuta sempre di più a non sentirci (e a non essere) vecchi prima del tempo. Ma proprio perché ci accompagna sempre, il nostro corpo non smette mai, con le sue imperfezioni e i suoi acciacchi, di ricordarci la nostra storia. Non si tratta di fare qui l’apologia del tempo che passa. Al contrario. È utile e piacevole avere a nostra disposizione tutta una serie di prodotti e tecniche che ci permettono di restare giovani più a lungo. Cancellare, però, qualunque segno che il tempo iscrive sul nostro corpo significa cancellare anche la nostra memoria. Significa l’oblio, il non voler sapere, il non voler mostrare. Significa, infine, sottovalutare l’importanza dell’esperienza, illudendosi che l’immediatezza sia l’unico valore degno di essere riconosciuto. Non corriamo, allora, il rischio che l’essere stesso di ognuno di noi svanisca in un apparire che non dice più nulla di ciò che siamo?


17 pensieri su “SUL CORPO, SULL'ETA', SULLA LIBERTA'

  1. Ridicolizzata, screditata. Questi sono i termini per giustificare uno stile culturalmente accettabile? Sputtanata è un termine che ha la forza d’incidere maggiormente. Per dirla con Scurati scrivere in questo modo è riguadagnare un minimo di gravitas, rinunciando alla levità tendente all’evanescenza. Comunque, non farei leva sui titolacci, che fanno storcere il naso a qualcuno, per considerare un giornale schifoso, becero e indegno.

  2. L’articolo è bello – trovo un po’ inutiile se non addirittura ricattatorio il richiamo a quelli che il lifting decidono di non farlo. Controproducente: fa passare un messaggio magari non condiviso dall’autrice, per cui tutti quelli che si liftano pensano agli altri che non lo fanno come cessi. Ma in realtà non è detto – in realtà sono tanti a fare una certa scelta solo per se, e spesso nella triste consapevolezza che a voja a essere più gnocca – ma il fegato, non lo lifti, li reni non li lifti. Il dentro è il tuo maledetto orologio biologico. Credo che si sottovaluti un po’ la percezione del dentro che hanno i liftati. Se liftano, ma la medicina per la circolazione la prendono lo stesso.
    Però che ci sia una cultura della giovinezza, della non elaborazione, della falsa verginità si è fuori di dubbio.
    Su Libero. Io non capisco mai questo paraculo cortocircuito per cui ogni volta che A contesta una scelta di B B anzichè entrare nel merito, se gli va eh se no poteva anche fottersene, comincia a blaterare dicendo che A è contro la libertà.
    EravamInvece contro la libertà se avessimo detto: bisogna promuovere una legge che impedisca agli scrittori di collaborare con Libero. Questo è essere contro la libertà, cioè desiderare che una propria opinione diventi legge restrittiva, invece se questo desiderio non c’è siamo davanti a un caso consueto B fa un’azione che è suscettibile di opinioni, e A ha espresso un opinione.
    (Io per esempio, diffido spessissimo dai collaboratori del Manifesto – è un pregiudizio? se vede, ma quante coincidenze)

  3. Trovo ottimo l’articolo di Michela Marzano, e pure la puntualizzazione di Zauberei. Questione lifting/trucco: possiamo azzardare, che a una mancata maturazione/elaborazione interiore si vuol spesso far corrispondere una cancellata ‘maturazione’ esteriore? Sintetizzo per mezzo di un dialogo vero con un amico, che fose ho già riportato da qualche parte:
    A: “Ho tot anni ma non me li sento mica”
    B: “Si vede che non ci senti bene”

  4. E su cosa faresti leva, dinosauro? Su cosa giudicheresti “indegno” un giornale?
    Direi che il linguaggio accettabile è, anzitutto, quello che evita gli insulti: “ridicolizzata, screditata” andrebbero benissimo – al di là della questione essenziale del merito della vicenda, dato che, orecchiando alla radio, se ho capito bene è solo un’ipotesi quella che D’Addario sarebbe stata usata contro B., ma Libero la presenta come un dato di fatto, nella titolazione, e questo non è affatto un particolare…
    Usare epiteti del genere è solamente offensivo, e se anche fosse vero Libero cadrebbe in errore. L’insulto è la via più veloce per stigmatizzare una persona. “Ridicolizzare” ha un significato, che si può contestare, discutere. “Sputtanata” è volgare e non ammette molte repliche. Usare un linguaggio del genere nel discorso pubblico, significa incidere in quello stesso discorso, nel senso di far sì che ci senta autorizzati a dare – pubblicamente – giudizi tranchant su persone o situazioni senza elaborazione, pure senza tanti argomenti (se è vero che si tratta di ipotesi). È il meccanismo per cui Boffo, da presunto colpevole di …, viene additato alla pubblica piazza come pederasta molestatore, e questo diventa, agli occhi della gente. Il linguaggio informa di sé il modo di pensare. Con un discorso pubblico di questo genere si prendono scorciatoie per evitare di problematizzare, suggerendo che la realtà sia semplicissima da interpretare. Oltre a legittimare, dare pubblico spazio, a pensieri e giudizi offensivi.
    Discorso troppo lungo, ma a volerlo sintetizzare in due parole, viene in mente la famosa immagine del “gettare merda nel ventilatore ecc. ecc.”.
    Mettendo in fila le prime pagine di Libero di questi anni, uno straniero, o magari i posteri, si farebbero un bel quadro del degrado dell’Italia di oggi.

  5. Dinosauro: l’insulto, il sano caro vecchio insulto, è stato inventato come surrogato al venire alle mani. Se l’insulto diventa normale dialettica e/o sistema per “attirare l’attenzione”, viene meno il suo fondamento. Aspetto con ansia il momento in cui certi giornali daranno in allegato il ceffone al lettore, giusto per risvegliarlo.

  6. Ho letto di fretta, ma l’articolo della Marzano mi ha fatto ricordare di un bambino di circa quattro anni che, dopo aver visto con il padre le macchine anatomiche nel museo san Severo di Napoli, ha esclamato, molto compunto e meditativo, “E io che pensavo di essere bello!”
    Della libertà, effettuale e semantica, ai tempi del cavaliere non ho più fiato per dire.
    Per Gianni Biondillo tanti auguri e un saluto affettuoso a Michela Murgia, sperando che riapra presto il suo blog.

  7. A me invece il pezzo della Marzano è sembrato superficiale, senza nulla di nuovo. E con qualche moralismo banalotto, peraltro. Nulla che non sia ovviamente condivisibile, ma se una fa la filosofa a Parigi mi aspetto che mi illumini, che squarci il senso comune, non che me lo riproponga.

  8. Aggiungo a quanto detto da zauberei sull’articolo di Michela Marzano: spesso coloro che si sottopongono a lifting e incessanti cure e interventi chirurgici per mantenere un aspetto giovane, provano, come chiamarla, una malinconica invidia, una sorta di rimpianto nei confronti di coloro che mostrano tranquillamente rughe, ciccia e segni del tempo.
    C’è, sì, l’orgoglio per i risultati dei propri sforzi (ginnastica, diete, ecc.) ma ci sono anche pensieri come: “Beati loro che riescono a mostrarsi come sono, ma come fanno? oh, ci potessi riuscire anch’io…”.
    Ciao!

  9. Ma quali sarebbero i segni che fanno ritenere che chi si lifta possa dare spazio al proprio cervello per avere pensieri, addirittura, d’invidia per chi non si lifta? Ma qui siamo ai ragionamenti per assurdo: ma come, l’ego spropositato di chi si lifta, che non vede nient’altro che il proprio involucro, che pensa che, data una stuccatina più o meno imponente al’esterno, si possa tornare ai vent’anni o giù di lì, questo ego spropositato, può avere un pensiero nei confronti di altri?
    Secondo me non è possibile, anzi credo addirittura che chi si lifta assuma nei confronti di chi non lo fa un’aria di superiorità sfrontata. Che poi, nel susseguirsi delle liftature annuali o semestrali, un giorno, guardandosi distrattamente allo specchio, la liftata o il liftato, dicano ‘ma chi è quello/a?’ questo è un altro discorso. Se la prenderanno con il liftatore, con il portiere, con tutto il mondo, ma mai ammetteranno, neanche per un attimo, di avere sbagliato nel cercare, attraverso meccanismi aleatori, l’eterna giovinezza. Come dice zauberei, il piccolo inconveniente è il non poter liftare l’interno! Ci arriveranno, probabilmente, diventando dei robot frankesteinizzati, o viceversa, ma difficilmente ‘invidieranno’, o meglio, riconosceranno il buon senso di chi ha la capacità di mostrarsi così, con le sue rughe, le sue calvizie e la sua stanchezza.
    Tutto quanto sopra, naturalmente, sempre con il beneficio del dubbio, che è, per me, l’eterno inseparabile compagno della mia vita.

  10. Beh sì per una filosofa questo testo appare un po’ scarsino. L’avrei visto meglio su un allegato di quotidiano, o su qualche giornale femminile in vena di consolazione per le lettrici più mature.
    C’è da dire poi che la vecchiaia è tabù da prima del lifting, ovvio che con le biotecnologie il tabù diventa evidente come il sole , anche nella sua bruttezza, perchè fateci caso, spesso il lifting non migliora affatto il vecchio o la vecchia che vi ricorre. Anzi.
    maria

  11. Ricordo Carmelo Bene in una serata da Costanzo, geniale e delirante al suo solito.
    Qualcuno, un giornalista, un critico, non so, ogni tanto si tirava su dalla platea e gli chiedeva in un tormentone fastidiosissimo “Sì, ma perché lei si tinge i capelli?”
    Uno, due, tre volte… alla fine Carmelo Bene lo fulmina con lo sguardo, e stritola tra le labbra, dolorosamente: ‘Va-ni-tà’.
    Ecco, mettiamo pure la vanità tra le debolezze umane, in fondo quella frase di Spinoza ‘Nessuno sa cos’è il corpo’, citata dalla Marzano (sì, un po’ trovvo ovvia e moralistica) potrebbe essere stata detta con lo stesso tono irridente e disperato di Carmelo Bene.
    Ma mi spiegate perché tutto questo moralistico accanimento?
    Io non credo che oggi si investa ‘solo’ sul corpo, ma in generale ‘sul soggetto’, siamo accanitamente intenti all’automiglioramento: ci sono i salutisti, i vegetariani, quelli che fanno percorsi di crescita personale, quelli che frequentano palestre, quelli che si dedicano all’origami, quelli che studiano il sanscrito antico… modi di liftarsi ce ne sono tanti.

  12. Valeria, quello che tu chiami ‘accanimento’, secondo me, è solo la rcerca di capire, da persone c.d. normali, cos’è chce spinge tanti personaggi a fare ricostruzioi anche dolorose del lproprio involucro. Non credo che a questa ricostruzione dell’involucro faccia seguito una evoluzione dello spirito. Che poi alcune persone c.d. normali (gente comune) aspirino ad avere il copro ed il viso rifatto, è una sequenza direi naturalmente conseuente.
    Per quanto mi riguarda nè sulla daddario nè su chi si ricostruisce faccio la moralista; ritengo semplicemente che questo abbrivio – quello di guardare solo all’involucro (e non credo siano pochi esemplari quelli che lo fanno) senza coltivare il cervello, sia semplicemente una strad sbagliata. Mi può dispiacere per loro, ma la morale è altra cosa. Che tuttavia, credo, dovrebbe essere presa anche in considerazione, ma no ncome ‘ditino alzato ed accusatorio’ solo come riflessione che il corpo non è merce.

  13. @Rosemarie. Scusami Rosemarie, ma si vede che in questo periodo sono allergica alle interpetazioni, mi irrita sentire attribuire intenzioni a comportamenti di persone che non conosciamo.
    La vecchiaia non ha mai goduto di buona fama, la bellezza e la giovinezza invece sì (sto dicendo qualcosa di clamoroso? non mi pare).
    Oggi la tecnica e la medicina offrono la possibilità di intervenire sul proprio corpo, esterno e interno, per ‘migliorarlo’.
    E’ una possibilità con cui dobbiamo sempre più fare i conti, in modo spregiudicato. L’opposizione ‘tecnica cattiva’/’natura buona’ non mi ha mai convinto, anzi la trovo perversamente ideologica.
    Attualmente credo che alcuni si sottopongano a interventi estetici e medici in piena libertà, altri per adeguarsi a modelli imposti dalla società.
    Ecco, preferirei fermarmi a discutere dei modelli mediatici e delle imposizioni sociali, dei valori o disvalori correnti, piuttosto che demonizzare e irridere scelte individuali, su cui non sono in grado di dire nulla, perché non ne so nulla e non sono in grado di fare illazioni.

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