LA NOTTE SI AVVICINA: LE REAZIONI CHE NON CAMBIANO

Mi rendo conto che scriverlo ora e qui puzza di saccenteria: ma è solo il desiderio di condividere quel che non sapevo, quel che ho imparato in questi anni. C’è sempre, in un’epidemia, un momento in cui si smette di fare spallucce e di dirci “passerà, è troppo stupida per durare”, come, appunto, diceva Camus. Ecco, è quello che attraversiamo ora: un momento in cui il contagio sembra essere ovunque, e nessuno, credo, riesce più a dire “non conosco nessuno con il covid”. Un momento di bruma e smarrimento, e proprio mentre sto scrivendo, nel privilegio di poter scrivere da casa, sento echeggiare una tromba che suona il silenzio, come già avvenuto, e non so chi sia né perché lo stia facendo, ma non credo che abbiamo bisogno di silenzio.
Abbiamo più  che mai bisogno di parole. Ma.
Abbiamo bisogno di parole pensate, ponderate, e non ce ne sono molte in giro. Abbiamo bisogno di informazioni chiare e non contraddittorie, e non ce ne sono molte in giro. Abbiamo bisogno di sperare, soprattutto, ma non la speranza incosciente, quanto la consapevolezza che prima o poi finirà. Lo so cosa state per replicare: e come ci arriviamo, a quella fine, senza soldi, senza lavoro, senza tutele, con la nostra vita che si sgretola in macerie? Non ce l’ho, la risposta, e magari fosse possibile.
Però, mentre scrivevo, nei tempi ignari in cui la pandemia era soltanto qualcosa che esisteva sulla mia tastiera e nelle mie letture, ho sempre pensato che sperare fosse necessario, così come lo era negli anni sventati che abbiamo attraversato, nei nostri anni di indifferenza dove il dolore degli altri, vicino nelle cronache, ci rimaneva comunque estraneo. Continuo a pensarlo, giorno dopo giorno. Continuo a temere la cosa peggiore: cercare un colpevole, distruggere il colpevole. Con i vecchi, sta accadendo di nuovo: leggo sui social status che considerano i vecchi i responsabili, i disgraziati che non si rendono conto che un paese si sta fermando per loro. Ci crediate o no, l’avevo immaginato prima. Piccolo estratto da La notte si avvicina:
“Cresceva la vergogna, e cresceva la rabbia. A un certo punto dell’epidemia, qualcuno si era messo in testa di denunciare i vecchi, o di picchiarli con un bastone, o di prenderli a calci. I vecchi sono testardi, sanno che hanno poco da vivere e non vogliono rinunciare alle loro abitudini. A qualcuno tremavano le mani al pensiero di fare a meno della passeggiata fino al tabaccaio, e anche ardente di febbre, con gli occhi lucidi e cerchiati di viola nel viso paonazzo, pretendeva la sua Camel da succhiare, e chissà, mentre andava a procurarsene una stecca, quanti ne aveva contagiati prima di morire strozzato dal catarro. Le denunce ci furono, ma nessuno le inoltrò, non ce ne fu bisogno”.
Non esiste la preveggenza, ma una sorta di fede in quel che non vediamo e tocchiamo. Forse è per questo che continuo a credere nelle torte volanti, nei fantasmi, nelle zucche di Halloween, nei vampiri e nei licantropi. Che sono molto più reali delle risse su Facebook, della comunicazione politica e delle strategie del Risiko. Anche adesso. Soprattutto adesso. Forza, compadres, vi stringo da qui, forte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto