LA POLITICA DELLE FIORIERE

Amo le piante. Amo le rose, le calle, i gerani, le fotinie, i garofanini. Amo anche quella che chiamano miseria e che cresce spontanea. Amo la lavanda, il rosmarino, il basilico. Mi piace vederli crescere, averne cura, concimarli e dare loro acqua. Con le piante parlo, come mia madre e mia nonna prima di me, e come tutti coloro che a un certo punto della loro vita capiscono che la bellezza sta in ciò che cresce.
Ma, se posso, amo di più le persone.
Per questo sono sbigottita da quanto è accaduto a pochi metri da casa mia, ovvero lo sgombero nell’area della stazione Tiburtina. Via i senzatetto e i migranti, entrino le fioriere e gli orti urbani. Il decoro, appunto. Sono ancora più sbigottita dai toni usati da una giornalista nota e stimata, Federica Angeli, nei confronti degli attivisti di Baobab Experience, che da anni si prendono cura dei migranti, e che sono stati definiti “una setta” e bannati dalla pagina Facebook impedendo di esprimere il loro punto di vista. Che è molto semplice: hanno scritto lettere e chiesto un confronto ad Angeli, delegata della Sindaca di Roma per le periferie e la legalità, che non ha a quanto pare avuto risposta; lo sgombero, con il rifiuto – pare  – di 97 persone di avere un ricovero alternativo è stato effettuato senza la presenza di mediatori culturali che avrebbero potuto spiegare le motivazioni. Leggete e fatevi un’opinione.
Mi perdonerete se riprendo in mano un filo già tessuto ieri e se torno indietro di quasi vent’anni.
Anche io ricordo una fioriera. All’epoca c’era Veltroni sindaco di Roma e c’era Berlusconi.
All’epoca capitò nella mia casella di posta un gioioso comunicato stampa dove si annunciava il posizionamento di nuove fioriere a piazza Bologna. Ricordo di aver pensato: “maledizione, ma prima di posizionare le belle fioriere non potevano posizionare una pensilina al capolinea degli autobus davanti alle poste, frequentatissime da pensionati esposti al solleone in estate e alla pioggia d’inverno?”.
La fioriera stava a indicare, nella banalità della parabola di cui chiedo venia in anticipo, che in politica comunicare era più importante del fare: abbiamo la fioriera, che si vede e si ammira e si annusa. Siamo stati, dunque, bravi. La pensilina, più utile, è meno esteticamente e comunicativamente efficace: anche il suono, pensilina, è bruttino. Fioriera è meglio.
Fioriere sì, esseri umani no. Ma certo, il decoro, ma vogliamo mettere la puzza di piscio contro il profumo del basilico? Vogliamo mettere quei quattro straccioni accampati contro il parcheggio per il car sharing e gli urban gardens? Non c’è paragone, ma certo.
Ma questa, se posso sommessamente dire la mia, non è politica. Questo è inseguire il desiderio d’ordine e pulizia di una parte dei cittadini. Anche maggioritaria, e chi lo nega. Ma grazie alla Dea ne esiste una parte, pure piccola, pure poco utile a fini elettorali, che continua a pensare che prima si accoglie, e poi si pianta il basilico.

2 pensieri su “LA POLITICA DELLE FIORIERE

  1. Brava!
    Bisogna definire i termini dell’accoglienza, stabilire regole e farle rispettare per dare futuro e dignità alle persone che vengono in Italia con un progetto di vita. Non ha senso il lasciar fare dell’elemosina all’ingresso dei supermercati come non ha senso il lavoro nero di chi raccoglie pomodori nel cilento o in Puglia. Possibile che non si riesca ad identificare i proprietari dei latifondi interessati? Non ci credo.
    P.S. Signora Lipperini sono sempre ammirato dell’equilibrio con cui conduce Fahreneit.
    Un saluto
    Andrea Contini

  2. Cara mia,
    è sempre un piacere leggerti e scoprire che la penso ancora come te su determinati argomenti. Non so però come tu faccia ad avere ancora abbastanza energia da scrivere un intero articolo sulla politica italiana. Per me si riduce a tanta visibilità e poca sostanza.
    Ps: Non mi stupirebbe scoprire che le fioriere sono di plastica!

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