Si scrivono e si pubblicano molti romanzi e testi su Roma. Forse mai come in questo momento. Non so interpretare il segnale, so che si cerca probabilmente di afferrare l’inafferrabile di una città a strati, espansa e molle, ricca di idee e gravida di problemi. Ma so rispondere quando mi chiedono se Roma è cambiata. Sì, dico, è cambiata. Ovviamente con le generalizzazioni del caso, perché Roma contiene tante Roma, e quasi nessun quartiere, o frammento di quartiere, o gigantografia di quartiere, è uguale a un altro. Alle spalle della mia casa c’è Pietralata, e in parte somiglia ancora alla Pietralata di Pasolini, per squarci almeno, per immagini già quasi sbiadite. Ma già qualche metro dopo c’è la bruttezza tiburtina degli edifici sventrati, di quelli costruiti a metà, delle palestre h24, delle sale gioco.
E’ cambiata, e sempre generalizzando è diventata più escludente. Se c’è uno zingaro da menà, dalle mie parti sono sempre pronti, e i roghi, qui, ci sono stati davvero. Ma appunto, se mi chiedono quando è cominciato tutto io lo so: 30 ottobre 2007.
Si chiamava Giovanna Reggiani. Era una donna di 47 anni, aggredita, seviziata e uccisa a Tor di Quinto, Roma. L’assassino è individuato in Romulus Mailat, nato a Vurpar, Romania. Vive in un accampamento. E’ rom, rumeno. Lo sdegno è unanime e non si appunta sul singolo criminale, ma su un intero popolo. Colpevole uno, colpevoli tutti. Politici di ogni segno dichiarano che la misura è colma.
Come rievoca Monica Massari su Il Mulino:
“All’indomani dell’omicidio viene convocato, in maniera irrituale, un Consiglio dei ministri straordinario dall’allora premier della coalizione di centrosinistra Romano Prodi che porta a licenziare un decreto legge per consentire ai prefetti di espellere per motivi di pubblica sicurezza i cittadini comunitari presenti in Italia (solo il giorno prima, il 30 ottobre, il governo aveva varato il cosiddetto “pacchetto sicurezza”). Decreto mai convertito in legge, perché in contrasto con la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini comunitari sul territorio dell’Unione (Romania e Bulgaria avevano fatto ingresso nella Ue all’inizio del 2007).”
Anche Veltroni, sindaco di Roma all’epoca e neosegretario del Pd, cavalca la tigre e sostiene Roma era la città più sicura del mondo “prima dell’ingresso della Romania nell’Ue”. Testualmente:
“Non si possono aprire i boccaporti”
“E’ necessario assumere iniziative straordinarie e d’urgenza sul piano legislativo in materia di sicurezza”
E, come ricorda ancora Monica Massari:
“Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, all’epoca neo-segretario del Pd, si esprime sin da subito con toni allarmati sull’aumento dei reati riconducibili a particolari gruppi nazionali, dirigendo l’attenzione pubblica, da un caso di cronaca specifico, alle presunte responsabilità di una particolare «tipologia di immigrazione che ha per caratteristica la criminalità». Seguono decisioni, a livello istituzionale, ben precise che conducono non solo a radere al suolo l’accampamento dove risiedeva Mailat, ma alla distruzione e a controlli a tappeto dei campi rom a Roma lungo le sponde dell’Aniene, in zona Nomentana, Trionfale ed Eur, e poi anche a Firenze, Salerno, Lecce, Torino, Bologna, nell’arco di poche ore.
Parallelamente, l’allarme sicurezza viene strumentalizzato dalle forze politiche di destra per una campagna di intolleranza e di odio nei confronti dei cittadini rom e rumeni presenti in Italia. Il Circolo delle Libertà-Roma liberale organizza le prime ronde anti-rom già nelle ore successive all’aggressione e gruppi di destra manifestano davanti alla chiesa nel giorno dei funerali di Giovanna Reggiani, inneggiando alla pena di morte; il 2 novembre un gruppo formato da diverse persone armate di coltelli e spranghe aggredisce alcuni cittadini rumeni presenti nel parcheggio di un centro commerciale di Tor Bellamonaca; vicino Roma un negozio di una donna rumena viene danneggiato da una bomba carta e aggressioni e insulti si moltiplicano anche in altre città. E continueranno nei mesi successivi: basti ricordare nel maggio 2008 uno degli episodi più gravi, il cosiddetto pogrom di Ponticelli, nella periferia orientale di Napoli, che costringerà alla fuga tutti i rom del quartiere a seguito dell’aggressione con bastoni, spranghe, taniche di benzina e molotov da parte della folla inferocita nei confronti di una ragazza dell’accampamento accusata di voler rapire un bambino del quartiere”.
Tutti partecipano ai funerali della sventurata Giovanna, una delle tante, tantissime donne aggredite e uccise nel nostro sventurato paese.
A lei tocca diventare un simbolo. I suoi familiari subiscono l’abbraccio di decine di esponenti politici. In suo nome, poche ore dopo, viene firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano un provvedimento che dà ai Prefetti il potere di espellere per motivi di sicurezza anche i cittadini comunitari.
Come posso parlare così di una donna morta?
Non io ne ho parlato. Ma i giornali stranieri.
Leggete.
Il Guardian: “ciò che è accaduto a Giovanna Reggiani ha fatto cambiare la legge del suo paese e fatto esplodere una protesta xenofoba senza precedenti nella storia italiana“.
Il Telegraph: “l’orribile attacco ha scatenato la rabbia degli italiani“.
Sicurezza, si urla. Emergenza!
Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esisteva: omicidi e reati erano ai livelli più bassi dell’ultimo ventennio, mentre erano in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali.
Si tace sul resto. Sulle morti bianche degli operai rumeni nei cantieri. Sulle trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, metà delle quali minorenni.
E’ più facile, così.
Se mi chiedete quando Roma è cambiata (non tutta, non tutti), io conosco la data. E anche i motivi.
Libertà fraternità uguagliannza
quanti delitti si compiono in loro nome.